L’opera d’arte intitolata “Can’t help myself” degli artisti cinesi Sun Yuan & Peng Yu e presentata alla Biennale di Venezia nel 2019 , è una macchina situata all’interno di un cubicolo di vetro e illuminata dal soffitto.
La macchina consiste in un braccio robotico simile a quelli spesso utilizzati in linee di produzione come le fabbriche di automobili. Ma questo braccio appositamente modificato ha un solo compito: spazzare il liquido, che è rosso scuro e sembra sangue, in un cerchio perfetto tutto intorno ad esso con movimenti ritmici e calcolati che lo accomunano ad una danza.
L’opera viene definita come una fatica di Sisifo, in quanto il liquido continua a rifluire incessantemente. La macchina lavora all'infinito su un compito che non può mai terminare. Questa sensazione di lavoro senza fine si allarga con l'ambiente circostante: il robot è infatti bloccato all'interno di un cubicolo che ha elementi di un ufficio o forse lo spazio di lavoro di un doganiere.
Non c'è una porta nel cubicolo e quindi nessun modo per uscire.
L'impossibilità del compito è interrotta ogni tanto da una combinazione di 32 passi di danza, che attribuiscono al robot un carattere spaventosamente umano. Il braccio robotico non si limita a funzionare – non posso trattenermi, come dice il titolo – ma interrompe il suo lavoro salutando i visitatori, eseguendo un 'twist', 'scratch an itch', 'bow and shake', o una piroetta. Molti dei passi di danza preprogrammati hanno un aspetto familiare: cambiano immediatamente il carattere del braccio robotico in qualcosa di quasi umano, come a identificare qualcuno che si prende una pausa di danza dal suo incessante lavoro.
Al di sopra del cubicolo sono presenti sensori di riconoscimento visivo che misurano se il liquido si avvicina a un cerchio perfetto e anche se ci sono visitatori nei dintorni. In entrambi i casi, il robot inizia a esibirsi, ballare, muoversi e salutare, per cui interagisce chiaramente con il visitatore.
Guardare l’opera Can't Help Myself è come guardare un animale in gabbia e i visitatori interagiscono con esso come tale. Il lavoro ha un lato cupamente umoristico: per quanto tu balli e ti agiti, la gigantesca pozza di sangue non può essere nascosta.
Lo spettatore non può far altro che guardare, oltre la teca di vetro, mentre si viene pervasi da un profondo senso di inquietudine: è dunque un automa umanizzato che spala sangue senza uno scopo preciso ma che non ha possibilità di fermarsi.