Se i nazisti avessero davvero sbaragliato le forze alleate e soverchiato i russi, come sarebbe il mondo oggi? Possiamo trovare una risposta nell’arte contemporanea, come il celebre romanzo di fantascienza di Philip K.Dick denominato “la svastica sul sole” che minuziosamente esplora ogni aspetto di un mondo guidato dalla follia delle armate nere. Esso assume le tipiche tinte cyberpunk caratteristiche dello stile dell’autore, il quale usa una tecnica che accompagna il lettore nella percezione del rumore d’acciaio appena pressato e collaudato che si muove tra gli ingranaggi, l’accento tedesco che si insinua ogni parola, i passi serrati degli squadroni che marciano e uccidono. In concomitanza con la fine della carriera del letterato inglese, ci troviamo nell’era dei contenuti multimediali, e in particolare dei videogiochi. Si appura proprio con i primi shooter che la gente adora sparare ai nazisti in qualunque titolo che lo conceda, e tra questi troviamo proprio un acerbo Castel Wolfenstein, primo capitolo della saga costellata di sequel. Il capolavoro è raggiunto nel 2014, quando ID Software sviluppa una storia perfettamente abbinabile alla natura del titolo, fondamentalmente molto dinamico. Riprendendo il gameplay dei grandi classici, come Doom e lo stesso iniziatore della serie, si dà vita a una perfetta fusione di proceduralità vecchio stile, progresso grafico e avanguardia narrativa forte della lezione letteraria di Dick. "Wolfenstein: The New Order" tocca subito le corde degli appassionati, offrendo ore di gioco colme di sfida e sorprese. Gli ambienti dove si svolgono le vicende narrate si presentano particolareggiati e unici, con ottime animazioni e modelli curati; il fiore all'occhiello della branca grafica è l'originalità dei concept e del design proposto, il quale spazia da climi ordinati e sistematici sino a zone caotiche e disastrate, il tutto in un peculiare contesto anni sessanta. Ogni oggetto in questo mondo dittatoriale sembra assumere l’aspetto della macchina nazista, perfino nelle linee architettoniche dei vari complessi urbani, articolati in molteplici mostri di supercemento tedesco e ferro. La presenza di una forza militare ostile risulta perciò assoluta grazie a certe scelte compositive godibili in ogni livello del gioco. Allo stesso modo il gameplay caratterizza il mondo di gioco entrando in netto contrasto con la compostezza degli edifici nazisti e delle loro uniformi imperanti. La Serie di Wolfenstein è di fatto nota per la sua frenesia e violenza dilagante, con esecuzioni cruente e sparatorie incalzanti che trascinano il giocatore quadro dopo quadro, cadavere dopo cadavere. Si dispone di un ventaglio di armi impressionante, con la possibilità di sfruttare ogni meccanismo di morte in base alle circostanze: laser letali, lanciagranate fucili d’assalto e pistole silenziate sono solo alcuni dei giocattoli con i quali si può sviluppare il proprio stile di gioco.
A compensare la potenza di fuoco dei giocatori agguerriti, un esercito di nazisti si opporrà alla nostra avanzata. Commando delle SS, cani meccanizzati chirurgicamente, droni mitraglieri e temibili super-soldaten sfigurati da esperimenti osceni testimoniano la vasta gamma di nemici con caratteristiche uniche. Il titolo fa quindi della sua meccanica di gioco il suo punto cardine, accompagnandoci in una guerra crudele e necessaria per la libertà. Ed è proprio della guerra che narra questo viaggio tra le rovine del futuro nazionalsocialista, assolutamente certo e imprevedibilmente cattivo. Nei panni del capitano William "B.J." Blazkowicz, americano doc dai tratti ariani, ci immedesimeremo in chi, incapace di tollerare la tirannia, è disposto ad assassinare, dilaniare e sventrare chiunque l’ostacoli. La storia è profondamente ispirata. I personaggi parlano e subito fanno percepire la loro personalità, nel bene e nel male. I dialoghi risultano di fatto scorrevoli e naturali nei vari contesti, e i concetti stessi sono spinosi, difficili, proprio affini ai pensieri che una condizione del genere deve provocare. Durante lo sviluppo esploreremo molti ambienti ostili, e ognuno di questi si incastona inevitabilmente nella memoria del fruitore. “Wolfenstein: The New Order” si guadagna quindi il titolo di videogioco incredibilmente fresco e veritiero nonostante il contesto fantascientifico. Elettrizzante la colonna sonora del caposaldo Mick Gordon, mai monotona e in continuo divenire grazie alla versatilità del compositore, che incastra ottimi brani delicati e riflessivi a tracce Metal sopraffine. Prevedibilmente questo titolo ha creato non poche perplessità in alcuni paesi, come la Germania: qui il titolo è stato censurato sostituendo alle svastiche onnipresenti la lettera W, che nel gioco ha però un significato mirato e specifico, non è un equivalente della croce uncinata. È stata una mossa deludente del governo tedesco che ancora oggi fatica a riconoscere il proprio passato e la terrorizzante evenienza che un secolo fa minacciava l’umanità, proprio a causa loro. L’eliminazione del simbolo madre del nazismo, in un prodotto tale, risulta una grave mutilazione del messaggio che si vuol far passare ed è irrispettoso a livello storico e nei confronti di chi, per colpa del fanatismo tedesco, ha perso la vita.
illustrazione a cura di Gianmaria Epicoco