Il termine “maschera” ha un’etimologia incerta. Si pensa derivi da mascara, un'espressione del latino medievale che indica uno “spettro” o un “essere demoniaco”, ma non è facile stabilirlo con esattezza perché la sua storia si perde nella notte dei tempi: le maschere più antiche risalgono a circa 9000 anni fa e sono scolpite nella pietra.
Coprire il proprio volto con un altro finto coinvolge gli aspetti più diversi e disparati delle prime civiltà: può avere una funzione religiosa o rituale, bellica e naturalmente di spettacolo. In questo senso, uno degli esempi più celebri e raffinati si trova nell’antica Grecia, nel teatro. La maschera qui ha la funzione di nascondere, è uno strumento di finzione, un elemento ipocrita (non a caso in greco hypocrités è l’attore), ma allo stesso tempo fa da tramite tra il mondo terrestre e quello divino: indossando la maschera l’attore può identificarsi con la divinità e abbandonare le sue spoglie mortali.
Attraversando i secoli e tutte le forme d’espressione, la maschera arriva fino ai giorni nostri e trova terreno fertile anche nella Settima Arte. Ancor più che nel teatro, dove la maschera denuncia fisicamente la sua presenza, il cinema crea altre identità, mondi paralleli, è rappresentazione, messa in scena, ambigua costruzione rispetto alla realtà. Esso stesso è in fondo una maschera traslucida e invisibile che scorre davanti ai nostri occhi, perciò si presta particolarmente a usare questo strumento.
La funzione prima della maschera è quella di nascondere la verità. Può essere impiegata per coprire ferite o deformità e allo stesso tempo dare nuova forza e fascino a volti indeboliti o deturpati. È il caso di Erik, il fantasma dell’Opera creato dalla penna di Gaston Leroux, il genio musicale costretto a vivere nell’ombra dei sotterranei del teatro parigino e ad indossare una maschera a causa “dell’odio degli uomini”. Ma anche della maschera cinematografica per eccellenza: Darth Vader. Gettato tra le fiamme dal suo maestro e ridotto ad uno stato semi larvale, si nasconde dietro ad una complessa armatura che diventa simbolo di protezione e di terrore e rappresenta un vero e proprio totem della sofferenza che si cela dietro di essa.
Altro elemento che la maschera può nascondere è la vera identità della persona, per agire in maniera anonima e indisturbata. Impossibile a tal proposito non citare tutti i film di supereroi, in cui la maschera non è solo un mezzo per celare la propria identità civile, ma diventa un modo per non anteporre l’uomo al simbolo e permettere di portare avanti l’eredità spirituale dell’eroe. A questa categoria appartiene anche una delle prime maschere portate al cinema, quella di Zorro, - interpretato da Douglas Fairbanks nel 1920 - che usa la sua falsa identità per difendere i più deboli dalle ingiustizie del potere. Negli anni più recenti si può ricordare Point Break (1991), in cui a nascondersi dietro a delle maschere non sono eroi, bensì rapinatori conosciuti come la “banda dei Presidenti”, che compiono rapine velocissime e senza lasciare alcuna traccia usando i volti di Nixon, Johnson, Carter e Reagan.
Il cinema però non si fa mancare proprio nulla e la maschera diventa, al contrario, un mezzo per rivelare la verità, una natura intima e profonda che riesce a uscire allo scoperto solo grazie ad “un altro volto”. Il pensiero va a The Mask (1994), in cui la vera protagonista del film è proprio una maschera voodoo che permette all’indossatore di esternare i propri pensieri e fantasie, garantendogli forza e invulnerabilità, ma anche perdita di stabilità mentale e di autocontrollo.
Accanto al suo ruolo funzionale, inoltre, la maschera può assumere anche un valore simbolico. Si pensi ad esempio alla serie tv La casa di carta (2017-2021), in cui la ormai celeberrima maschera di Salvador Dalì - uno dei personaggi più amati della cultura spagnola - indossata dai protagonisti li rende dei ladri non violenti e amici del popolo, oltre a dare alla loro missione i contorni di una protesta. Parlando di maschere e contestazioni non si può tralasciare V per Vendetta (2005). Il capolavoro delle sorelle Wachowski, ispirato dal fumetto di Alan Moore, ha consacrato la straordinaria carica simbolica della maschera. Pochi anni dopo l’uscita del film il movimento di protesta Occupy Wall Street adotta la maschera cerea di Guy Fawkes e lo porta nelle manifestazioni di tutto il mondo. Contemporanee all’uscita del film sono invece le prime azioni del collettivo di pirati informatici noto come Anonymous, che utilizza la maschera di V per comunicare col resto del mondo. Ma Guy Fawkes, il più famoso membro della congiura delle polveri del 1605, non è l'unico la cui maschera rappresenta un emblema della coscienza civile e dello spirito insurrezionalista. In Joker (2019) gli abitanti di Gotham City, ispirati da un omicidio compiuto dal protagonista in una metropolitana, indossano maschere da clown in segno di protesta nei confronti degli strati della popolazione più ricchi e potenti, colpevoli del degrado in cui versa il resto della popolazione.
Una simbologia del tutto diversa assumono le maschere nell’ultimo film di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut (1999). Diventano delle vere e proprie porte segrete che permettono l’accesso ad un universo arcano di sogni e fantasie, di identità nascoste nell’ombra. Un misterioso territorio del non detto in cui tutto vacilla e si confonde nella vertiginosa oscurità dell’anima.
Ritornando alla presunta etimologia del termine, la maschera può essere anche un sistema per incutere timore, attraverso un’espressività fissa e statica che toglie umanità al personaggio. E’ il caso di Belfagor, il fantasma del Louvre, protagonista del classico del cinema muto di Henri Desfontaines; della maschera della saga di Scream (1996-2022), ispirata a L'urlo di Edvard Munch; di Jason Voorhees di Venerdì 13 (1980), di Michael Myers di Halloween (1978)...
In questo “carnevale” di volti celati, emerge come la maschera sia un elemento intrinseco della natura umana. Ciò è evidente in particolar modo ai giorni nostri, nel mondo dei social, in cui ognuno di noi possiede infinite identità; nascosto da una maschera virtuale, l'individuo è libero di interpretare molteplici personaggi. Sarà un caso che in latino maschera si dica “persona”?