26 aprile 1986: nella centrale di Chernobyl, nella Repubblica socialista sovietica ucraina, l’inavvertita violazione delle procedure di sicurezza causa una fusione del nucleo del reattore, ne consegue il peggior incidente nucleare della storia. Sebbene siano 65 sono le morti direttamente causate da questo evento, l’ONU ne stima globalmente circa 4000, considerando anche le morti dovute alle conseguenze indirette dell’esplosione, in particolare alla diffusione di grandi quantità di radiazioni nell’area circostante alla centrale. Il disastro ha trasformato Chernobyl in un inferno agli occhi del mondo: un territorio posseduto da demoni invisibili ed ineluttabili che uccidono e deformano l’Umanità.
Questi sono i demoni dei nostri tempi: gli isotopi rilasciati nell’atmosfera, le radiazioni, più in generale l’energia nucleare e forse anche il progresso tecnologico umano nel complesso.
Ma la parola demone ha un significato più ampio di quello che intendiamo nel senso comune: la sua radice etimologica, dal greco antico, daimon (Δαίμων) indica generalmente creature di natura divina, se non proprio il potere divino. “Ora sono diventato morte, il
distruttore di mondi”: il fisico Robert Oppenheimer, uno dei protagonisti del progetto Manhattan per la realizzazione della bomba atomica, ha rivelato di aver pensato a questo verso della Bhagavad Gita, testo sacro indù, alla visione della riuscita di Trinity, il primo test di detonazione di un ordigno nucleare. È il dio Vishnu incarnato in uomo a pronunciare questo verso, trasfigurandosi nell’infinità delle sue forme. Ecco perché l’energia nucleare è un demone più di ogni altro frutto del progresso: è potere divino calato nelle mani degli uomini, un potere che può essere sia distruttivo, come nel caso di Trinity, sia costruttivo.
Il caso di Chernobyl ci ricorda questo aspetto dell’energia nucleare, la sua natura di potere sovrumano. Il disastro accaduto spaventa, così come spaventano le stime sugli effetti sulla popolazione e sull’impatto ambientale circostante: è chiaro come altre catastrofi di questa portata possano mettere in serio pericolo il pianeta intero, fuoriuscendo da qualsiasi confine geografico. Chernobyl è l’inferno dei nostri tempi perché è quel che rimane del nostro mondo quando i nostri demoni ci sfuggono di mano, quando la civiltà soccombe sotto il peso del progresso.
Per combattere la paura lasciata da un evento così tragico, proviamo ad affidarci ai dati.
Dopo Chernobyl il livello delle misure di sicurezza prese all’interno delle centrali nucleari è aumentato notevolmente: questo è evidente anche dal ridottissimo numero di incidenti, anche di minore entità, verificati da allora, solo 3 dalla fine degli anni 80’, di cui 2 senza rischi esterni all’impianto. Il considerevole miglioramento della sicurezza risulta lampante anche se si considera che attualmente al mondo sono attive 449 centrali, un numero molto maggiore rispetto agli anni ‘80.
Accanto a Chernobyl, il grande disastro nucleare di cui si parla è quello di Fukushima, centrale nucleare giapponese danneggiata da un terremoto di magnitudo 9.0 nel 2011. A seguito di attente analisi sul lungo periodo, tuttavia, è stato evidenziato dall’ONU in un report rilasciato a marzo 2021 che l’incidente di Fukushima non ha causato danni sulla salute della popolazione.
Insomma, sembra che dal disastro di Chernobyl sia passata un’importante lezione riguardo alla sicurezza delle centrali nucleari, anche a livello internazionale: l’ente dell’ONU che regola l’energia nucleare, l’ENEA, ha fatto passi da gigante in questo senso, impegnandosi nel continuo rinnovamento degli impianti e delle tecnologie utilizzate. Dalla tipologia di reattore di Chernobyl, chiamata GEN II, ne sono state già sviluppate 2 più avanzate, la GEN III e la GEN III+ (migliori per quanto riguarda la solidità dell’impianto, la protezione dalla fuoriuscita di radiazioni, l’efficienza produttiva, la riduzione della produzione di scorie e la possibilità di riutilizzare questi sottoprodotti nel processo di fissione) ed è già in progettazione la nuova GEN IV, che si stima sarà pronta nel 2030.
Forse, dunque, stiamo imparando a convivere con queste tecnologie, tenendo a bada i loro lati più oscuri. Chernobyl in questo è stato il vaso di Pandora: ha liberato nella coscienza collettiva quei demoni maligni che prima non appartenevano alle centrali nucleari, ma solo agli ordigni atomici. Liberati i mali dell’energia nucleare, però, stiamo imparando a controllarli, lasciando in libertà solo i demoni benevoli, poteri divini favorevoli allo sviluppo umano, come la produzione colossale di energia delle centrali nucleari.
Quel che è rilevante di questa fonte di energia è la sua sostenibilità: esclusi i demoni maligni delle radiazioni, contenuti dagli standard di sicurezza, il funzionamento delle centrali nucleari ha impatto quasi nullo sull’ambiente. Quasi nullo perché il funzionamento della centrale dipende chiaramente dall’estrazione del combustibile fissile, l’uranio, che sicuramente non è virtualmente illimitato e, in ogni caso, bisogna considerare le emissioni causate dal processo di estrazione. Tuttavia l’impatto dovuto alla dipendenza dall’uranio è minimo, dal momento che sono minime le quantità di questo combustibile necessarie al funzionamento delle centrali, considerando l’elevata densità energetica dell’uranio, circa 10’000 volte superiore a quella del petrolio (un chilo di uranio può produrre una quantità di energia pari a quella prodotta da 10000 chili di petrolio).
L’altro aspetto, che viene tirato in ballo quando si parla di sostenibilità dell’energia nucleare, sono le scorie prodotte nel processo di fissione. In realtà anche queste sono in minima quantità rispetto alla produzione totale: si stima che se l’energia consumata da una persona nel corso della sua intera vita fosse prodotto da una centrale nucleare, le scorie prodotte complessivamente occuperebbero il volume di una semplice lattina di alluminio. È inutile dire inoltre che, se ben conservate, le scorie hanno impatto ambientale nullo e il loro confinamento, essendo in quantità estremamente ridotta, non è eccessivamente dispendioso.
Se tutto ciò non dovesse bastare a convincervi della sostenibilità delle centrali nucleari, considerate un ultimo orizzonte di sviluppo: si sta studiando un metodo per sfruttare l’idrogeno prodotto dal raffreddamento dei nuclei dei reattori, ricavando in pratica carburante come sottoprodotto “di scarto”.
Il disastro di Chernobyl, tuttavia, non va dimenticato: deve restare il monito indelebile della pericolosità dell’energia nucleare, i cui demoni maligni possono essere confinati, ma non distrutti. Quel che è certo è che ora come ora abbiamo bisogno di poteri sovrumani per risolvere la crisi ambientale: le stime per il futuro del pianeta continuano a essere terrificanti, soprattutto a causa dello sfruttamento insostenibile delle risorse. I demoni del progresso potranno darci questi poteri, forse: basta stare attenti ai pericoli, continuare a trovare nuove e migliori gabbie per gli spiriti maligni, per potersi alleare con quelli benevoli.
illustrazione a cura di Gianmaria Epicoco