ANNO 1938
Giunse così il momento di mostrare all'alleato germanico la potenza militare e le strutture belliche dell'impero italico. L'occasione opportuna fu data dalla visita di Hitler, avvenuta dal 3 all'8 maggio. Mussolini voleva a sua volta impressionare il dittatore nazista facendo sfilare, col passo romano, le centurie della neo-formata G.I.L. in aggiunta ai battaglioni delle Camicie Nere. Vennero mobilitate tutte le componenti sociali che, in tutti questi anni, il regime aveva creato affinchè emergesse lo spirito unitario, la fede cieca, la fiducia incondizionata della nazione nel proprio Duce.
Questi, memore dell'impeccabile effetto scenico delle "notti nere" di Berlino, affidò ai gerarchi più fidati il compito di rappresentare in Roma, con accurata ricercatezza, una colossale parata, simile ad un antico trionfo, che avesse risonanza nei tempi a venire. La tragicommedia della competizione dimostrativa paragonava i due capi a due contendenti che, in un simbolico braccio di ferro, si disputavano le sorti del mondo. La politica parallela dei due dittatori, spiccatamente antisemita l'uno, prettamente antidemocratico l'altro, ne uscì rafforzata. Due mondi, due mentalità, tradizionalmente opposti venivano forzatamente unificati dall'infamia e dai peggiori sentimenti dell'animo umano, evidenziando così come tutti i regimi totalitari avessero un comune denomiantore.
Il più debole, e Mussolini forse inconsciamente sapeva di esserlo, doveva necessariamente allinearsi col più forte, seguendone le linee politiche e militari.
In tal modo si introdusse in Italia, anche se inizialmente in maniera piuttosto blanda e senza mai raggiungere comunque i livelli nazisti, la caccia all'ebreo.
Il 14 luglio iniziò ufficialmente la campagna antisemitica con la pubblicazine del "manifesto sulla razza e con la messa in vendita del volume" la difesa della razza.
Successivi decreti, emanati nel mese di agosto, vietarono agli studenti ebrei il diritto ad iscriversi alle scuole pubbliche e agli ebrei in genere di adire agli uffici pubblici. Mentre in Italia i provvedimenti in favore della razza ariana erano di carattere meramente legislativo, in Germania la caccia agli ebrei, iniziata fin dal 1933 coi campi di concentramento, raggiunse il culmine con la "notte dei cristalli" un selvaggio "pogrom" anti-ebraico, nel quale migliaia di ebrei furono catturati e deportati nei lager. L'obbligatorietà sorta con l'accordo di unificare i destini nazionali costrinse Mussolini a promulgare il nuovo codice civile includente la legislazione razziale, che diveniva così operativa a tutti gli effetti anche se applicata a discrezione e con saltuarietà.
IL PREFETTO DELLA PROVINCIA Dl MILANO
(...) visto che, con recente provvedimento il conte senatore GianGiacomo Gallarati Scotti, Podestà di Vimercate, è stato nominato Podestà di Milano.
Ritenuta la necessità di provvedere alla temporanea reggenza del comune di Vimercate, fintanto che non sarà costituita la nuova amministrazione ordinaria del comune stesso:
DECRETA
che il Cav.Dott. Rodolfo D'Addario, primo segretario di Prefettura, è incaricato di reggere temporaneamente l'amministrazione del comune di Vimercate.
Al predetto Funzionario verranno corrisposte le indennità del grado in £. 50 - per ogni giorno di presenza, oltre al rimborso delle spese di viaggio.
Milano, lì giugno 1937-XVI.
IL PREFETTO F.to G. Marzano
La compatezza nazionale e l'allineamento ideologico sbandierato dalla dittatura trovava una seria opposizione negli antifascisti. Queste persone continuavano instancabilmente nella clandestinità ad operare affinchè i veri ideali democratici non venissero sepolti. "Nel 1938 distribuimmo alcuni volantini in opposizione alla politica del regime e alla entrata in guerra, che ormai si annunciava come assai prossima. Poco tempo dopo venni arrestato col Dott. Marturano, Valagussa Giovanni ed altri compagni. Venimmo tutti imprigionati: fui trattenuto per 5 mesi nel Carcere di S. Vittore e per altri 7 a Regina Coeli, dove venni lungamente interrogato e malmenato affinchè indicassi i nominativi dei miei compagni di lotta. Fui in seguito scarcerato per insufficienza di prove e perchè non diedi alcun aiuto alla polizia di regime, visto che nulla feci per mettere gli sgherri sulle tracce del gruppo clandestino al quale appartenevo
(Ambrogio Vergani)
"(...) l'attività antifascista fu intensificata in questo particolare periodo: si tenevano frequenti contatti con i gruppi di Milano, a volte interrotti a causa delle incursioni della polizia con conseguente arresto dei compagni deputati a mantenere detti rapporti. All'interno del gruppo vimercatese si cercava un luogo idoneo per la stampa di manifesti clandestini; si era provato in alcuni cascinotti, ma, data la tarda stagione autunnale, l'inchiostro gelava. Decidemmo allora, non trovando di meglio, di stampare in casa mia.
Prendemmo tutte le necessarie precauzioni; fu portato il materiale per l'operazione di stampa e, data la nostra incompetenza, venne in nostro aiuto il dottor Marturano. Il lavoro era appena iniziato ed ecco che la sentinella, nascosta in cortile, rientrò precipitosamente riferendo di aver sentito rumori sospetti. Uscito per rendermi conto di quello che succedeva, avvistai delle ombre in un angolo, e subito mi resi conto che eravamo in trappola. Ritornare sui miei passi per avvisare i compagni della prossima irruzione era impossibile. Tali ombre si intravvedevano nella porta che si spalancava sulla piazza e dinnanzi a me vi era una scala che conduceva all'abitazione sovrastante la mia. Salii senza affrettarmi come se non mi fossi accorto di nulla; arrivato all'ultimo piano trovai tutte le porte chiuse e, sentendoli salire, per non dare sospetti, ridiscesi. Fui avvicinato da due uomini con in mano una lampadina tascabile e una rivoltella.
Mi chiesero immediatamente chi fossi, risposi chiedendo chi fossero loro per rivolgere ad un galantuomo questa domanda, e per tutta risposta mi costrinsero a scendere in cortile, dove mi ritrovai circondato da una decina di individui che volevano sapere cosa facessi ad un'ora così insolita fuori di casa. Una donna usci di casa, avendo sentito strani rumori, e scorgendomi disse loro che ero una persona per bene e non un lestofante.
Il capo del manipolo mi disse che se ciò era vero dovevo mostragli la mia abitazione; non potevo assolutamente portarli in casa mia, dove ancora vi erano i compagni all'opera. Ebbi un attimo di esitazione e lui si insospettì. Entrai nel corridoio: la scarsità di illuminazione mi aveva sino a quel momento favorito. Riprendendo la calma mi resi conto che i miei accompagnatori erano solamente in due. Pensai rapidamente e, invece di dirigermi verso un'abitazione, aprii con violenza la porta che dava sulla piazza. La luce, per un istante, li accecò. Subito ne approfittai e correndo a perdifiato, perdendo nella corsa le pantofole, mi diressi verso la chiesa.
Sentii intimare alle mie spalle: "Fermati o sparo!"; accelerai il passo, nei pressi della chiesa fui raggiunto e mi sentii afferrare per il cinturino del gilè. Con uno strattone il cinturino si ruppe e riuscii a guadagnare via S.Marta e quindi via del Torchio, fortunatamente scarsamente illuminate. Caddi per terra sfinito, pur conservando limpidi i miei riflessi. Trattenni il respiro cercando di cogliere il più debole rumore dei miei inseguitori: regnava il silenzio più assoluto. Un lampo di speranza mi invase e, con uno sforzo sovrumano, mi rimisi in piedi. Con un ultimo sforzo attraversai di slancio via Carducci, raggiungendo un portone in via Pinamonte e dirigendomi subitamente sui solai, che ben conoscevo avendovi lavorato. Passai quella notte, era il primo dicembre 1938, inzuppato di acqua fuori e di sudore sotto, e se non rimasi assiderato fu perchè i trucioli di granturco mi avevano salvato facendomi da coperta. Dopo due o tre giorni raggiunsi a piedi Milano attraverso i campi, poichè la caccia, aperta nei miei confronti, era spietata, tutte le strade bloccate. Andai da persone amiche in un abbaino di un grande caseggiato. Dopo circa una settimana queste mi riferirono che la polizia aveva individuato il quartiere dove mi ero rifugiato, ma non ancora la via. Mi dissero anche che avevano visto facce sospette vicino alle porte dei grandi caseggiati e, alle portinaie, gli agenti chiedevano se erano giunti recentemente dei forestieri. Mi sentivo come un animale braccato, e tutto ciò durò per due mesi. Fortunatamente non riuscirono ad identificare il mio rifugio e così, dopo innumerevoli traversie, riuscii a raggiungere la frontiera con la Svizzera. Appena espatriato fui subito arrestato dalla Gendarmeria elvetica, che mi tradusse in carcere dove trascorsi un mese in segregazione: il tempo necessario per informarsi presso l'Ambasciata Svizzera a Roma circa la mia identità e la mia attività. Venni così dichiarato "straniero indesiderabile" ed espulso. Raggiunsi Basilea e da qui, clandestinamente, varcai la frontiera francese e finalmente raggiunsi la meta desiderata: Parigi. A Parigi presi contatti coi numerosi antifascisti espatriati e, tramite loro, giunsi a conoscenza della dinamica dei fatti.
L ' O.V.R.A. (polizia politica del regime) fu informata della nostra attività antifascista da una spia che si era infiltrata nel gruppo del dott. Marturano. Questi, prendendo il tram per venire a Vimercate, non si accorse che due macchine lo seguivano, e quindi li condusse involontariamente al luogo del nostro ritrovo. Di quella retata io fui l'unico superstite; vennero infatti arrestati: il dott. Marturano, Mauri Vittorio, Valagussa Giovanni e Vergani Ambrogio.
Purtroppo gli arresti di gruppi politici erano abbastanza frequenti, in quanto i componenti erano ex-vigilati speciali e quindi sottoposti a controllo particolare."
(Cesare Levati)
"Una delazione condusse la polizia politica milanese ad una riunione di comunisti a Vimercate, il primo luglio 1938, e permise l'arresto di 4 partecipanti."
SENTENZA n. 55 del 12 maggio 1939
TRIBUNALE SPECIALE FASCISTA - AULA IV
Capo d'imputazione:
Presid. TRINGALI - ReI. LANARI
Organizzazione del Partito Comunista d'Italia, appartenenza al
medesimo, propaganda sovversiva
MARTURANO SERGIO Cagliari chirurgo 14 anni
MAURI VITTORIO Cavenago nichelatore 14 anni
VALAGUSSA GIOVANNI Lomagna fabbro 5 anni
VERGANI AMBROGIO Vimercate meccanico assolto
VISITA DI S.E. IL SEGRETARIO DEL PARTITO E DEL FEDERALE
Nel pomeriggio di Sabato 15 c.m. il Segretario Federale si recava ad ispezionare la G.I.L. ed i corsi premilitari ed a visitare la Mostra degli Artigiani e del prodotto locale. Mentre al ritorno dalla Mostra il Federale s'intratteneva con alcuni rurali in una casa colonica, S.E. il Segretario del Partito, Achille Starace, arrivava improvvisamente a Vimercate e si recava sul campo del Littorio dove, raggiunto dal Federale e dall'Ispettore Berra, ispezionava i corsi premilitari, impartendo istruzioni, ed assumendo il comando di alcuni reparti.
In seguito si recava alla Casa della G.I.L. ed alla Mostra dell'artigianato, accolto ovunque da manifestazioni di entusiasmo da parte della popolazione. Recatosi alla Casa del Fascio, l'Ispettore di zona gli consegna un'artistica pergamena coi nomi dei Camerati e dei cittadini che hanno offerto al Duce con sottoscrizione lo stabile della Casa del Fascio. S.E. il Segretario del Partito ringraziava del saluto rivoltogli dall'Ispettore, della vibrante accoglienza, e prometteva di portare al Capo del Governo la pergamena quale testimonianza di fervida fede fascista dei Vimercatesi. (19)