ANNO 1930
Inizia un nuovo decennio, caratterizzato dall'assestamento del potere politico, dal rafforzamento della centralizzazione e della militarizzazione del paese.
Per uscire dalla crisi economica in cui giaceva la nazione, senza per altro ancora parlare di espansione dei confini in cerca di colonie da sfruttare per il benessere della popolazione, o meglio di alcuni, e per conseguire l'omogeneità delle masse si rese necessario introdurre in ciascuno l'idea della coesione nazionale in tutti i momenti della giornata, siano essi stati lavorativi o ricreativi.
Il 20 marzo venne costituito il Consiglio Nazionale delle Corporazioni, che doveva stabilire un'alleanza tra datore di lavoro e lavoratori, uniti per il bene supremo della nazione. Alle corporazioni venne affidato il compito di formulare le "norme per il regolamento dei rapporti economici collettivi tra le varie categorie della produzione
La tendenza dominante di tali disposizioni era quella di agire sui costi di produzione riducendo il salario (decurtandolo del 25%) in modo di avere un calo nel prezzo di vendita del prodotto finito che garantiva la competitività sul mercato e quindi un ennesimo guadagno da parte degli industriali. Successivamente vennero colpite anche altre classi oltre al proletariato: gli impiegati e i ceti medi.
Mussolini ribadì pubblicamente il concetto dell'unità nazionale, con l'enfasi che caratterizzava ogni suo discorso, affermando: "Tutti hanno marciato, fornendo così un bel esempio di disciplina!", come se fosse stato possibile ribellarsi ad un simile regime. Il malcontento della classe lavoratrice si manifestò palesamente durante il discorso che Mussolini tenne a Milano nel maggio dove, come sintomo di aperto diniego nei confronti della politica economica attuata a discrezione del regime, i presenti si rifiutarono di applaudire. La disciplina voluta dal fascismo si spinse oltre: si istruirono militarmente perfino i bambini, inquadrandoli fin da piccoli nei ranghi ed attribuendo ad ognuno la propria collocazione nella scala gerarchica.
Tale gerarchia era così composta:
MASCHI ----------------------------------------------------------------------------- FEMMINE
Dizione ------------------------------------------------ Età ------------------------- Dizione ---------------------- Età
Figli della Lupa ........................................................Fino a 8 anni ...…......... Figlie della Lupa …………. Fino a 8 anni
Balilla ...................................................................…...8 - 13 anni ................... Piccole Italiane …....…........ 8 – 13 anni
Avanguardisti .......................................................... 14 – 17 anni .................... Giovane Italiane ................. 14 – 17 anni
Giovani Fascisti .........................................................18 – 21 anni .................. Giovani Fascisti ................. 18 – 21 anni
Ogni raggruppamento era caratterizzato da una propria divisa, che doveva essere acquistata dalle famiglie stesse. Le Piccole-Giovani italiane indossavano: camicetta bianca, gonna nera pieghettata che arrivava fin sotto al ginocchio, scarpe nere, basco o bustina di color nero, foulard nero al collo. I Balilla portavano calzoni corti, camicia, calze e fez ovviamente il tutto di colore nero. Ai piedi calzavano scarponi di tipo militare. Gli Avanguardisti si distinguevano dai balilla per i calzoni che risultavano essere alla zuava, fasce e un cappello simile a quello alpino, ma senza penna. I Giovani Fascisti sfoggiavano un' uniforme di tipo militare costituita da: camicia nera, pantaloni alla zuava neri che venivano introdotti negli alti e lucidi stivali neri, il fez con fronda su di un lato completava la divisa.
Pure esibendo l'uniformità nell'aspetto, si distingueva con frivolezze e con altri segni evidenti un gruppo di soggetti, appartenenti allo stesso raggruppamento, dagli altri. Cosi il Balilla armato del proprio moschetto di legno si differenziava dal Balilla semplice e dal Balilla col tamburo, e dal Balilla recante il "gagliardetto"
I giovani di età compresa tra i 17 e i 19 anni erano tenuti a frequentare i corsi di premilitare dove si istruivano le "reclute" ai fondamenti della vita di caserma.
Sotto la guida attenta di un rappresentante del partito i giovani marciavano inquadrati, salutavano romanamente, si addestravano al puntamento in bianco, preparavano insomma, dietro la facciata della pace e del progresso fascista, la guerra. Chi non partecipava alle lezioni del pre-militare veniva richiamato presso la caserma dei Carabinieri dove, in espiazione delle proprie colpe, doveva dedicarsi a lavori punitivi come:
tagliare la legna, pulire la caserma, pulire i veicoli del parco macchine, ecc. Simili punizioni venivano inflitte anche ai ritardatari dopo aver subito la classica lavata di capo sentendosi attribuire il termine di "lavativo", "vergogna della nazione", e similari.
I maggiori rappresentanti dei partiti politici democratici, messi al bando dal regime totalitario fascista, si erano rifugiati a Parigi nell'illusione che la dittatura dovesse crollare da un momento all'altro per motivi economici. Tale tesi aveva un minimo di fondamento in quanto lo stesso Guarneri, un autorevole economista, avava parlato di baratro in cui minacciava di cadere l'economia italiana. L'opposizione comunista continuò a lottare fino al '28, quando quasi tutti i dirigenti del partito vennero condannati al confino e al carcere dai tribunali speciali.
Gli elementi che varcarono il confine con la Francia, in seguito a questi avvenimenti, portarono una nuova ventata di attivismo, un maggiore desiderio di lottare, di combattere, riuscendo in breve a vincere l'attesismo e il fatalismo in cui vivevano gli antifascisti tradizionali; tutto ciò contribuì a dare all'antifascismo un'accentuazione più volontaristica.