ANNO 1920
Il l° gennaio fu indetto uno sciopero agrario in tutta la pianura padana che ebbe vasta partecipazione: ci fu inasprimento ulteriore della tensione sociale e numerosi furono gli scontri con le squadre fasciste. Le conquiste, ottenute per mezzo di questa lotta unitaria, andarono però, col tempo, sempre più riducendosi: nelle campagne gli agrari reagirono alle rivendicazioni sostenute dagli affittuari con le disdette, unico strumento a loro disposizione per piegare la resistenza della classe contadina. Le milizie fasciste cominciarono ad operare in vere e proprie squadre organizzate contro gli scioperanti e nello stesso tempo creavano scompiglio nell'opinione pubblica con falsi ideali d'italianità attaccando gli operai d’origine slava impiegati a Trieste, quasi fossero usurpatori di posti di lavoro sottratti alla manodopera nazionale.
L'odio contro il socialismo si evidenziò con la devastazione della sede romana del giornale socialista avvenuta il 20 luglio dello stesso anno.
A supportare i lavoratori agrari nelle loro rivendicazioni entrarono in sciopero, il 30 agosto, le maestranze dell'industria. La direzione del partito socialista non si assunse l'onere di organizzare l'agitazione perché ritenne che essa fosse di carattere puramente economico. Venne così a mancare la principale direttiva sulla quale i lavoratori fondamentalmente contavano. I Sindacati, spinti dalla situazione contingente, accettarono l'abile mediazione del Primo Ministro Giolitti, che pose termine alla vertenza con la promessa di presentare un disegno di legge riguardante un miglior controllo operaio all'interno delle fabbriche. Durante le agitazioni il sindacato "bianco", che pure non aveva saputo cogliere l'occasione di opporsi alle sempre più frequenti violenze fasciste, esortò gli operai a rientrare nelle fabbriche. La non omogeneità delle masse, la mancata unità d’intenti, la non chiarezza degli obiettivi da raggiungere portò il 19 settembre alla cessazione della spinta rivoluzionaria del proletariato italiano. Si andò così alle urne il 7 novembre per le elezioni amministrative; il partito socialista incrementò i propri suffragi, arrivando ad avere la maggioranza assoluta in 2.162 comuni su di un totale di 8.059; tra questi comuni vi fu anche Vimercate, che elesse a capo della Amministrazione Comunale, Stefano Assi.