La Rocca di Monselice

Queste riflessioni riguardano i lavori che la Regione Veneto, anche con fondi dell'Unione Europea, intende realizzare sulla Rocca di Monselice con l'obbiettivo "della tutela e valorizzazione dei Beni Culturali e della fruizione turistica".

La Rocca (foto 1) è il più orientale dei Colli Euganei le cui pendici e i cui territori limitrofi sono stati interessati da attività antropiche a partire dall'epoca dei Veneti Antichi. Il colle venne fortificato dai Bizantini nella seconda metà del sec. VI, ma il suo ruolo, come fortezza militare, si affermò con i Longobardi che promossero Monselice a Gastaldia, divenendo un importante caposaldo nella difesa del territorio, ruolo che conservò fino all'epoca Carrarese. Dismessa la funzione militare divenne luogo privilegiato per la residenza civile.

Siamo in presenza di un unicum di eccezionale interesse culturale e di un palinsesto straordinario della storia della comunità locale, a partire dalle aree archeologiche: tombe longobarde sulle pendici del colle e, sulla sommità, vestigia della chiesa di santa Giustina oltre a fondazioni e resti di edifici medievali; quindi significativi tratti della complessa struttura difensiva così come si è andata modificando a partire dall'epoca Bizantina, fra cui spicca il Mastio Federiciano (foto 2); il Duomo Vecchio e inoltre numerosi edifici di epoca Moderna: Cà Marcello che ha inglobato le successive strutture, realizzate dall'XI al XIV sec., del castello posto a difesa della seconda cerchia delle mura, la tardo rinascimentale villa Nani Mocenigo con la grandiosa scalinata, ed infine il complesso scenografico della villa che i Duodo si fecero progettare, a metà costa, da Vincenzo Scamozzi, con il giubilare Santuario delle Sette Chiese, cui papa Paolo V concesse il privilegio di ottenere le stesse indulgenze che si sarebbero acquistate a Roma con il percorso devozionale delle Sette Basiliche.

Appare evidente che a partire dall'epoca moderna, tutto il complesso monumentale della Rocca è stato oggetto di una colta volontà progettuale tesa a connotare, non solo formalmente, ma anche simbolicamente il sito.

Per avere una percezione corretta di questo complesso e unitario "Bene Culturale" si deve percorrere a piedi la via Al Santuario che, da piazza Mazzini, a iniziare dal cinquecentesco edificio dell'ex Monte di Pietà porta alla sommità, al Mastio. Solo così, camminando lentamente e in salita si può cogliere il significato processionale delle chiesette, comprendere che il Mastio rappresenta l'estremo elemento di una struttura difensiva medievale che, dismessa la funzione militare, è stata conquistata da quella civile, come conferma la presenza delle ville situate in posizioni dominanti, ad ostentare il potere delle casate. Il percorso, così come è stato storicamente realizzato, in un contesto paesaggistico di estremo equilibrio, consente di fare un'esperienza estetica indimenticabile, passando da un'emergenza architettonica all'altra, con lo sguardo sempre verso l'alto in attesa del prossimo scorcio, fino ad arrivare a quella eccezionale macchina scenografica che è villa Duodo.

Va pertanto ribadito il valore non solo culturale dell'attuale percorso, che oltre ad essere un viaggio nella memoria storica, si configura anche come "itinerario di pellegrinaggio": il salire non è un puro accidente fisico, o peggio un ostacolo da evitare, ma è simbolo di un'ascesa spirituale e un'esperienza ineludibilmente connessa al percorso professionale.

Italia Nostra fin dal 1998, quando si cominciò a ipotizzare, in sostituzione dell'attuale percorso, la realizzazione di un ascensore per portare i turisti sulla sommità del colle, ha iniziato una lunga e defatigante battaglia contro quello che oggi viene "venduto" come un sistema di interventi che dovrebbe favorire la fruizione turistica e la salvaguardia dei Beni Culturali, ma che in realtà, incentiva le modalità di un turismo "mordi e fuggi" del tutto indifferente alla lettura dei segni della storia e del valore di questo Paesaggio Culturale.

Infatti è fuor di dubbio che i lavori autorizzati dalla Regione Veneto con il Nulla Osta della Soprintendenza ai Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto Orientale siano lesivi dell'integrità dei Beni, della loro percezione e ne tradiscano e distorcano la corretta fruizione culturale.

Tre sono gli interventi progettati, da realizzarsi grazie a due finanziamenti distinti che hanno entrambi, come già detto, l'obbiettivo della salvaguardia dei Beni Culturali e dell'incentivazione della fruizione turistica, obbiettivi che nei progetti esecutivi verranno completamente disattesi.

I progetti prevedono la realizzazione di un ascensore, un nuovo accesso al Mastio federiciano e una locanda in una casa rurale ora abbandonata.

Dopo molti ripensamenti e con una serie di atti illegittimi, secondo le Associazioni che hanno presentato ricorso al TAR, sono iniziati i lavori di scavo per realizzare l'ascensore all'interno del colle che, a partire dal parcheggio nell'ex cava Cini, arriverà a circa metà del colle con una portata oraria di 250 persone, capacità che oggettivamente appare sovradimensionata rispetto alle reali "attrattive" della sola sommità della Rocca.

La nostra pervicace opposizione alla realizzazione dell'ascensore, il cui costo è € 3.700.000, deriva dal fatto che si comprometterà gravemente la corretta fruizione di questo complesso ed eccezionale sito monumentale, in quanto, portando i visitatori direttamente a metà percorso si oblitererà gran parte del patrimonio culturale presente sulle pendici del Colle stesso.

Qualora, nel caso più fortunato, i turisti non lo usassero anche come "discensore" sarebbero comunque indotti in una lettura distorta. Infatti, costretti a fare il percorso in senso contrario dopo una breve passeggiata giungendo a villa Duodo non ne potranno cogliere l'effetto scenografico in quanto raggiunta dall'alto; sempre in discesa passeranno davanti alle chiesette del Santuario senza essere in grado di coglierne il valore simbolico di ascesa spirituale e, successivamente, supereranno villa Nani Mocenigo, il Duomo Vecchio, Cà Marcello e il Monte di Pietà, che non potranno suscitare grandi emozioni in quanto tutte viste dal retro.

Infine, dato che l'utilizzo di quasi due terzi del percorso attuale viene confermato dal progetto esecutivo, sorge il dubbio che il percorrerlo non sia poi così disagevole da essere costretti a realizzare, come alternativa, un ascensore. In effetti per risolvere il problema del superamento delle barriere architettoniche sarebbe stato sufficiente posizionare, nelle vicinanze della gradinata del Belvedere, un elevatore meccanico adatto a superare l'iniziale dislivello di pochi metri e riattivare l'originario percorso che conduceva a casa Bernardini, quello che è attualmente utilizzato dai mezzi della impresa che sta eseguendo i lavori di scavo per l'ascensore, da percorrere con un'auto elettrica (foto 3).

Una parte dei finanziamenti del secondo lotto finalizzati alla realizzazione di "interventi per tratti di mura storiche" con l'obiettivo del restauro delle cortine murarie poste sulla sommità del Colle vengono dirottati sulla realizzazione di una nuova struttura di accesso al Mastio, in sostituzione dell'attuale scala che porta all'ingresso situato a ml 8 dal suolo.

Basandosi su ipotesi, a nostro parere, non suffragate da fonti storiche si sostiene che la torretta situata ad ovest del Mastio, i cui resti sono stati parzialmente riportati alla luce da scavi precedenti, contenesse al suo interno una scala che consentiva di raggiungere un ponte di collegamento al Mastio. Sulla base di questa ipotesi, che viene accreditata anche dalla Soprintendenza, è stato elaborato il progetto per il nuovo accesso che prevede di realizzare sui resti medievali, in modo "moderno ma fisiologicamente corretto", un nuova torre alta ml 14 in doghe di larice con strutture portante in ferro che conterrà al suo interno la scala e un ascensore per raggiungere la passerella-ponte di collegamento al Mastio (foto 4). La struttura in ferro sarà ancorata al suolo mediante 14 micropali infissi in una vasca-platea da realizzarsi alla base della torre. Per rendere il nuovo volume più "visivamente permeabile" le doghe di larice siberiano saranno montate leggermente discostate.

A parte il fatto che appare molto discutibile ricoprire completamente con una nuova improponibile struttura quegli stessi reperti archeologici che si dichiara di voler valorizzare, si nutrono gravi preoccupazioni per le modalità con cui verranno realizzate le opere di restauro delle strutture superstiti della torre, in gran parte ancora da scavare, in quanto, dalla documentazione presentata, non appaiono sufficientemente indagate e il cui progetto di restauro appare troppo generico e non adeguato ad un intervento così delicato da realizzarsi su manufatti archeologici dichiarati al limite del collasso.

Molte altre potrebbero essere le ipotesi, anche molto più semplici, per risolvere l'"enigma" dell'antico accesso ed è anche ragionevole presumere che le modalità siano variate con l'evolversi delle esigenze e delle tecniche militari. Quindi è solo in modo strumentale, come vedremo in seguito, che si è scelta questa tipologia di accesso che fra l'altro si configura come una barriera architettonica dato che per accedere all'ascensore ci sono ben 17 gradini!

La riproposizione, quindi, della torre a sostegno del ponte di accesso è assolutamente improponibile, visto che siamo in presenza di una ricostruzione, arbitraria e totalmente fantasiosa di un edificio (o per meglio dire di un volume) del quale ignoriamo tutto: un edificio scomparso da tempo immemorabile e ormai espunto dall'immagine della Rocca di Monselice, come l'iconografia storica attesta in modo inequivocabile. Non va inoltre sottaciuto il pesante impatto che avrà una simile complessa struttura non tanto sul profilo del Colle quanto sulla lettura e comprensione dei manufatti e reperti storici.

L'altra porzione di questo secondo finanziamento era stata destinata alla realizzazione di un punto di ristoro nella ex casa Bernardini, un edificio rurale situato a metà del Colle da restaurarsi con particolare attenzione. Successivamente invece si è deciso di realizzare una locanda con 12 posti letto e un ristorante da 60 coperti. A causa del non previsto ampliamento del volume di mc 1.200 (per cui si è reso necessario procedere ad una Variante al PRG essendo questo tipo di intervento vietato nel Centro Storico) e dell'inserimento di elementi radicalmente estranei ai modi e alle forme dell'edilizia tradizionale locale l'immagine dell'edificio verrà completamente stravolta: sul retro verrà addossato un nuovo corpo a tetto piano rivestito con doghe di larice (!), mentre sulla facciata verrà realizzato un loggiato ligneo d'ispirazione alpina. Si deve sottolineare, inoltre, che questo finanziamento sarà sufficiente al completamento funzionale solo del bar e dei servizi igienici, mentre il resto delle opere rimarrà al grezzo.

Non va sottaciuto infine che la dispersione delle acque luride avverrà mediante la subirrigazione da realizzarsi in un'area ove è accertata la presenza di una necropoli longobarda. Questo "disguido" è causato dal fatto che per tutti questi lavori, nonostante la delicatezza dell'area, non è mai stata richiesta l'autorizzazione allo scavo alla Soprintendenza Archeologica: si è fatto riferimento al solo parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Veneto Orientale che, secondo una recente sentenza del TAR del Veneto, non ha alcuna competenza in materia.

Nell'insieme tutti questi lavori: l'ascensore da 250 persone/ora, il mastodontico accesso per un museo ricavato nelle due stanze del Mastio, locanda che comunque dovrà essere raggiunta a piedi, appaiono oggettivamente come una serie di interventi senza senso, ma che assumono una loro assurda e certamente non condivisibile logica, quando si scopre leggendo, nell'ultima Relazione al Progetto Esecutivo, che esiste un "progetto da tempo condiviso con le istituzioni competenti", di cui si presenta uno schema (foto 5), che prevede di realizzare "il Museo delle Fortificazioni" sulla sommità della Rocca ricostruendo una serie di volumi sui resti medievali recentemente riportati alla luce lungo la prima cortina delle mura (foto 6). È quindi a questa condivisa, ma occulta, volontà di costruire il nuovo Museo che va addebitata la necessità di portare in quota, rapidamente, frotte di visitatori, di realizzare il nuovo ed enfatico accesso al Mastio che ne diventerà il fulcro ed infine di ricavare una locanda nell'ex casa Bernardini.

Non è dato sapere quali siano queste "Istituzioni competenti" che hanno condiviso l'idea progettuale di realizzare questi nuovi volumi mediante strutture in ferro e rivestimento in legno, sempre di larice siberiano!

Per consolidata tradizione valorizzare non vuol dire modificare la percezione di luoghi e di immagini storicizzate con l'introduzione di elementi che non possono essere altro che il frutto di pura fantasia.

Se da una parte è doveroso dedicare la giusta attenzione al turismo, che, sicuramente, concorrendo alla sopravvivenza economica dei Centri Storici, specialmente di quelli minori, ne può favorire la salvaguardia, dall'altra è necessario scongiurare scelte che, attraverso manomissioni più o meno puntuali possono alterare, compromettere e degradare quello stesso patrimonio storico che si intende promuovere e "valorizzare".

È certamente condivisibile l'idea di un Museo, soprattutto se inteso come espressione-testimonianza della storia della città e del territorio e non solo delle fortificazioni, ma esso avrebbe dovuto essere localizzato in uno dei numerosi edifici storici pubblici e privati presenti a Monselice che risultano attualmente inutilizzati e inevitabilmente destinati ad un sempre maggiore degrado.

Sarebbe stato preferibile che la Regione Veneto promuovesse un piano di interventi davvero minimi e di limitatissima spesa, per la eliminazione delle barriere architettoniche dall'attuale percorso di ascesa alla Rocca e che nel contempo s'impegnasse nella realizzazione di un ampio Parco Archeologico.

Siamo costretti invece ad assistere ad uno scenario in cui un notevolissimo impegno economico, con il coinvolgimento anche dell'Unione Europea, sortirà come risultato finale la grave compromissione della realtà monumentale della Rocca. L'area sommitale, ora dominata dal Mastio, sarà mortificata dall'inserimento di nuovi volumi, incongrui sotto ogni aspetto, sia per la forma che per la qualità dei materiali; in più sarà vanificata la secolare unitarietà del Colle nel suo complesso, unitarietà, che come è riconosciuto da tutti è l'essenza stessa e l'identità specifica di questo singolarissimo Bene Culturale. Avremo, infatti, come risultato, due realtà distinte: da una parte il Museo delle Fortificazioni, con le sue baracche di legno siberiano, raggiungibile direttamente dal parcheggio per mezzo dell'ascensore, e dall'altra il percorso monumentale fino al complesso Duodo, Santuario Giubilare delle Sette Chiese compreso.

Infine, su un progetto di simile portata, che segna pesantemente la parte più preziosa del territorio comunale e la secolare identità di un Paesaggio Culturale, sarebbe stato, più che augurabile, opportuno e necessario, il coinvolgimento di tutte le componenti sociali e l'avvio di un dibattito-confronto il più ampio e democratico possibile.

Padova 4 marzo 2008

La presidente

Mariza Letizia Panajotti