Punto 4, Escavazione in falda art. 7, 8, 24
Il principio di precauzione, in vista delle irrimediabili e imprevedibili conseguenze di alterare o inquinare i flussi idrici sotterranei, aveva consigliato il legislatore nel 1982 di vietare l’escavazione sotto falda. Anzi non era “consentito portare a giorno, sia pure temporaneamente, le falde freatiche, con lavori di cava, o di avvicinarsi ad una distanza inferiore a 2 m rispetto al livello di massima escursione” (art. 44 L.R. 44/82)
- l’art. 8 delle N.T.A. prevede, sia nelle cave nuove che negli ampliamenti, la possibilità di scavare sotto falda fino ad un massimo del 60% della superficie dell’area di cava (al netto delle aree di servizio?);
- non si indica più il limite massimo della profondità dello scavo.
Naturalmente con le domande di autorizzazione dovranno essere presentati tutti gli studi adatti a dimostrare che si interessa la sola falda libera, che non si creeranno comunicazioni fra la stessa e le falde profonde e la totale ininfluenza dell’intervento sugli equilibri idrodinamici.
Questa scelta di consentire lo scavo in profondità preoccupa non poco per i gravi, imprevedibili e irreparabili rischi idrogeologici e di inquinamento in cui fatalmente sarà possibile incorrere per insipienza, irresponsabilità, casualità o avidità. Non esiste neppure la consolazione di pensare che questo sacrificio rientri nella logica di contenere il numero delle nuove cave: se ne potranno aprire fino al 20% delle esistenti (salvo un maggior numero ai sensi degli art. 6 e 7 più le cave in prestito).
Punto 5, Ripristino ambientale o Recupero.
Il nuovo P.R.A.C. abbandona il concetto di ripristino ambientale previsto dalla art. 14 della legge 44/82 dichiarando implicitamente non perseguibili gli obbiettivi del “risanamento paesaggistico” e della “restituzione del terreno ad usi agricoli” che dovevano interessare le cave dismesse. Se da una parte questo fallimento deriva dalla elusione degli obblighi da parte dei conduttori a causa della labilità dei controlli, dall’altra testimonia la gravità del fenomeno degenerativo subito dal territorio a seguito dei fenomeni escavativi.
- Il “progetto di recupero” (art. 25 e succ.) che prevede le più varie possibilità di intervento che spaziano dalle attività ludiche alla residenza (anche centri commerciali?), fa parte integrante del progetto e, si dice, avrà un grande peso in sede giudicatrice.
- “I progetti di varianti che non presentino modificazioni sostanziali della forma di recupero approvato... saranno denegate o accolte... con decreto del Dirigente della struttura deputata dall’Amministrazione competente, su istanza della Ditta” (art. 35 N.T.A.).
Non è chiaro in che misura questi progetti saranno condivisi dall’Ente Locale e con quali risorse economiche verranno realizzati. Soprattutto, qualora si decidesse di perseguire questa via, appare opportuno, data la quantità di cave situate nei nostri territori, che a monte di questi progetti di recupero si faccia un piano complessivo compatibile e rispettoso degli strumenti urbanistici vigenti.
Punto 6, Limite per la escavazione
Scompare dal nuovo P.R.A.C. la percentuale massima di territorio da sottrarre all’attività agricola per la coltivazione delle cave. Nell’ottica di un piano rispettoso delle tematiche ambientali e in vista di un progetto di riqualificazione e valorizzazione dell’attività agricola questi limiti andrebbero riproposti e possibilmente diminuiti.
É scomparso il concetto di condivisione previsto dall’ art. 8 della Legge 44/82 laddove prevede la presenza dei Comuni interessati durante la formazione del PRAC. Per quanto si rileva dai documenti gli unici sentiti in fase preliminare sono stati gli operatori del settore.
L’inclusione di nuove cave ai sensi degli art. 6 e 7 delle N.T.A. si configura come un’altra elusione del diritto alla partecipazione degli Enti locali.
Infine le cave in prestito sfuggono completamente al controllo degli Enti Locali.
Punto 8, Problemi di legittimità
Si tratta di un Piano sprovvisto di copertura legislativa.
Alla luce di quanto sopra espresso la sottoscritta a nome del Consiglio Regionale del Veneto di Italia Nostra
chiede
che il Piano in oggetto venga ritirato, che si addivenga alla stesura di una legge sulle attività di cava sostitutiva dell’attuale 44/82 che sappia, coerentemente con altri atti deputati al governo del territorio, perseguire uno sviluppo sostenibile nel rispetto e nel restauro del paesaggio.