"Bignami" sulla

Legge Urbanistica Regionale n. 11 del 23 aprile 2004

"Norme per il governo del territorio"

(sostituisce la legge 61/85)

Padova, 30 novembre 2005

Cari amici, allego il "Bignami" sulla legge urbanistica regionale 11/2004 preparato per i soci di Italia Nostra nel tentativo di spiegare con parole chiare gli obbiettivi della nuova legge urbanistica. Ve lo allego in quanto sono convinta che solo se la società civile sarà presente e sarà coinvolta nelle scelte relative alla gestione del territorio, come prevede la legge, qualche cosa necessariamente cambierà. Se lo ritenete utile fate girare questo Bignami perché è importante che il maggior numero possibile di persone venga "alfabetizzato".

Maria Letizia Panajotti, presidente del Consiglio Regionale Veneto di Italia Nostra


Gli obbiettivi e le finalità di questa legge sono condivisibili e talmente innovativi, per la cultura veneta, da rischiare di essere velocemente sterilizzati oppure trasformati nell'ennesimo rito formale. Molto dipenderà, come vedremo in seguito, anche dalla cosiddetta “società civile”.

1. Cambiamento metodologico e nuovi attori della programmazione del territorio

Il precedente sistema di costruzione del Piano Regolatore era basato su decisioni prese da pochi intimi, nelle segrete stanze del potere: in realtà solo una manciata di persone, con il supporto di tecnici “graditi”, avevano il potere di stabilire cosa fare e dove. Questo ha comportato che talvolta le scelte urbanistiche siano scaturite più da interessi privati che dalla ricerca di quello collettivo.

Ora, con la nuova legge 11/2004, per costruire il Piano, per ciascuno dei vari tematismi oggetto della programmazione (residenza, mobilità, verde pubblico, servizi…) si dovranno approntare vari scenari che dovranno essere sottoposti alla VAS (Valutazione Strategica Ambientale) per verificare quale sia la rispondenza alla sostenibilità ambientale di ciascuno, e le cui le scelte finali dovranno essere il frutto di un confronto con la società civile, associazioni portatrici di interessi diffusi comprese. Dovrebbe essere così garantito, con trasparenza, il perseguimento di un interesse collettivo sostenibile nel rispetto dei beni culturali ed ambientali e delle risorse naturali.

2. Necessità della alfabetizzazione e di una corretta informazione

Se la “società civile” deve essere il nuovo attore della progettazione del territorio (è previsto avvenga a tutti i livelli della pianificazione, da quella regionale a quella comunale) e la “partecipazione” è la nuova parola d’ordine, sarà indispensabile prima di tutto far capire alla gente che le problematiche urbanistiche non sono un ambito astruso di competenza dei soli tecnici, ma che sono alla portata di tutti anche perché tutti le subiscono quotidianamente sulla propria pelle. Quello che deve essere eliminato è il bagaglio oscuro e ostico del linguaggio tecnico (a partire dallo smodato uso degli acrostici: VAS, VIA, VINCA…).

L’Amministrazione Comunale dovrà mettere in atto un reale processo di alfabetizzazione dei cittadini. In tutte le occasioni e incontri, a partire da quelli più squisitamente didattici, tecnici e politici, dovranno usare un linguaggio piano e chiaro.

La partecipazione dovrà essere stimolata adottando tutti i trucchi delle tecniche della comunicazione al fine di suscitare interesse, consapevolezza e partecipazione fin dalla fase preparatoria del Piano stesso. In questo modo si potrà anche mettere fine alla prassi della costituzione dei comitati che avviene solo quando arrivano le ruspe, fenomeno che regolarmente si manifesta proprio perché la maggioranza della popolazione è completamente all'oscuro delle scelte urbanistiche.

Non meno importanti sono le modalità con cui si provvederà all'informazione.

Se il cittadino è chiamato a discutere e valutare vari scenari, gli si devono fornire tutti gli strumenti adeguati per poter scegliere la soluzione migliore: il che significa che tutti debbono essere in possesso delle stesse informazioni, informazioni che devono essere sufficienti, complete ed organizzate.

Per spaventare e allontanare i neofiti basta seppellirli con chili di dati ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica).

3. Contenuti e finalità innovativi

Fra i molti obbiettivi che si pone questa legge, quelli più innovativi sono:

  • lo sviluppo sostenibile e durevole: per la prima volta questo concetto entra nella legislazione urbanistica veneta. Naturalmente viene confermato come obbiettivo primario la ricerca dello “sviluppo”, ma nei limiti che saranno definiti dalla compatibilità ambientale: rispetto dell’ambiente, delle risorse rinnovabili e di quant'altro verrà indagato con la V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica), uno sviluppo che inoltre non dovrà esser effimero;
  • il risparmio del territorio: per la prima volta si riconosce al territorio non edificato un valore in sé, contrastando la convinzione molto diffusa che il valore delle aree vuote consista nel fatto che prima o poi diverranno oggetto di urbanizzazione;
  • la nuova Legge stabilisce un limite massimo per la quantità dei terreni agricoli che potranno essere trasformati in aree urbanizzate per cui, per dare risposta a eventuali reali e verificabili bisogni di nuova edificazione, gli strumenti privilegiati dovranno essere la riorganizzazione e la riqualificazione urbanistica;
  • la tutela delle identità storico-culturali: questo obbiettivo, così come formulato, indica chiaramente che anche nei confronti dei Beni Culturali si intende cambiare atteggiamento: non dovranno più essere considerati il freno, ma il vero motore dello sviluppo. A questo proposito viene recepito quanto anche in ambienti lontani dal mondo ambientalista si va da tempo sostenendo e cioè che, anche da un punto di vista strettamente economico, i Beni Monumentali e Ambientali rappresentano un valore aggiunto, non solo come semplici elementi accessori estetico-intellettuali, ma in quanto fattori connotanti identità e riconoscibilità dei luoghi, connotano in modo positivo anche le imprese, e pertanto non solo devono essere tutelati, ma considerati la base strutturante della progettazione territoriale.

4. Valutazione ambientale strategica VAS

La Valutazione Ambientale Strategica VAS è uno degli elementi fondanti della nuova legge e, secondo il principio di precauzione ambientale, ha l’obbiettivo di determinare l’impatto che l’attuazione delle previsioni degli strumenti di pianificazione avranno sull'ambiente naturale e storico, verificarne la congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità proponendo misure di mitigazione e di compensazione.

La V.A.S. non deve fare indagini e analisi a tutto campo fine a se stesse per produrre chili di fotocopie, come spesso succedeva con la legislazione precedente, ma solo indagini mirate, solo quelle che possono servire a far capire cosa potrebbe succedere.

Naturalmente anche le risultanze della V.A.S. devono essere messe a disposizione del pubblico.

5. Equità di trattamento economico: la perequazione

Si deve riconoscere che nella precedente legislazione urbanistica si è verificata una grave disparità di trattamento economico nei confronti dei proprietari a seconda che i terreni in loro possesso fossero destinati all'edificazione o a servizi pubblici (parcheggi, verde pubblico, scuole ecc…). Nel primo caso il proprietario, a fronte un modesto contributo in oneri di edificazione e di urbanizzazione, realizzava un utile notevole, nel secondo o subiva l’esproprio oppure il terreno poteva rimaneva vincolato per anni.

Dato che come conseguenza di un tale regime dei suoli si è diffusa l’opinione che il diritto di proprietà comprenda al suo interno anche il diritto all'edificazione, l’imposizione del vincolo a destinazione pubblica era vissuto come un sopruso e un’ingiustizia. Lo steso dicasi per l’imposizione del vincolo storico-artistico o paesistico, che invece di essere considerato come un riconoscimento della qualità del bene è considerato una limitazione della privata libertà d’uso (che come spesso si è visto ha portato alla distruzione o al danneggiamento del bene stesso).

L’introduzione del meccanismo della perequazione si propone quindi di raggiungere una giustizia di trattamento economico nei confronti dei proprietari dei terreni e di incrementare il patrimonio di aree pubbliche da destinare ai servizi a costo zero per l’Amministrazione.

In modo semplice si può dire che un ambito (le aree) sottoposto alla perequazione viene assimilato ad un condominio: per esempio dato un progetto di nuova edificazione residenziale al cui interno sia previsto anche del verde pubblico, i singoli proprietari riceveranno utili e pagheranno oneri solo in proporzione ai millesimi del terreno in loro possesso, indipendentemente dalla specifica destinazione d’uso dell’area in loro possesso.

Non si può sottacere l’aspetto negativo di questo meccanismo che di fatto sprona a “distillare dal mattone” il verde e le aree per i servizi. È infatti evidente che in questa logica la nuova edificazione sempre di più sarà chiamata a “pagare” le aree di interesse pubblico ed inoltre le nuove volumetrie inserite nelle previsioni dei piani urbanistici finiranno per assumere anche una connotazione “etica”. Meccanismo che in realtà appare perverso in sé in quanto il consumo ulteriore del territorio e l’aumento del peso antropico diventano lo strumento principe per rispondere al diritto di una comunità di poter disporre di aree ad uso collettivo e che viene sempre più insistentemente giustificato dalla disponibilità sempre più limitata delle risorse pubbliche.

5. Riqualificazione urbanistica: credito edilizio

Per risolvere situazioni di degrado, per poter procedere al restauro del paesaggio, per la demolizione di opere incongrue (i più o meno famosi mostri architettonici) si potrà procedere al riconoscimento del credito edilizio, praticamente, in cambio della demolizione, si riconosce al proprietario una volumetria che potrà essere recuperata in altri ambiti anche all'uopo individuati. I crediti verranno annotati su registri e saranno liberamente commerciabili.

6. Nuovi strumenti urbanistici comunali

La legge 11/2004 affida ai Comuni la responsabilità completa e diretta relativamente alla gestione del proprio territorio, le responsabilità saranno immediatamente individuabili e non più palleggiabili fra vari Enti.

Il vecchio P.R.G. (Piano Regolatore Generale) viene sostituito da due strumenti, uno di natura strutturale, il P.A.T., e uno di natura operativa, il P.I.

  • il P.A.T. (Piano di Assetto del Territorio), elaborato su previsioni decennali, è finalizzato a definire le scelte strategiche di assetto e sviluppo del territorio comunale, delinea le linee generali e governa le invarianti (tutto ciò che non si potrà mai modificare) e, non assegnando alcun puntuale indice di edificabilità, non determina alcun diritto del proprietario nelle singole aree, ma definisce nel complesso l’obiettivo da perseguire. Il P.A.T. dalla sua entrata in vigore sarà efficace a tempo indeterminato.
  • il P.I. (Piano degli Interventi), chiamato anche Piano del Sindaco, ha validità per 5 anni, si realizza mediante Piani Attuativi (definiamoli piani operativi) ed ha capacità confermativa nei riguardi della proprietà, nei limiti sopra espressi. Trascorsi però cinque anni dall'entrata in vigore del P.I. le previsioni relative alle aree di trasformazione o di espansione decadono se non sono stati approvati i Piani Attuativi (decade quindi il vecchio concetto di “diritto pregresso” tanto spesso invocato nella legislazione precedente per cui era praticamente impossibile, per le aree destinate all'edificazione, un successivo cambiamento di destinazione). Ugualmente decadono le previsioni per nuove infrastrutture e aree per servizi per i quali non siano stati approvati i Piani Esecutivi.

Inoltre più Comuni in aree omogenee (ad esempio l’area termale) possono dare vita al:

  • P.A.T.I. (Piano di Assetto del Territorio Intercomunale), piano comune che si può occupare anche solo di pochi tematismi, ad esempio limitarsi alla mobilità, inquinamento, energia rinnovabile... È evidente la auspicabilità di questo tipo di piani in quanto la maggior parte delle criticità, oggi, hanno una dimensione sovra comunale, come ad esempio mobilità e inquinamento, e quindi non ha più senso che vengano affrontati al livello di ogni singolo comune.

7. Procedure per la realizzazione del P.A.T. e/o P.A.T.I.

Al fine dell’elaborazione del P.A.T. (o dei P.A.T.I.) l’Amministrazione elabora un:

A. Documento Preliminare che contiene in particolare:

a. gli obbiettivi generali che si intendono perseguire e le scelte strategiche di assetto del territorio;

b. le indicazioni per lo sviluppo sostenibile e durevole per il territorio.

Questo documento, base della futura progettazione del Piano, dovrebbe essere il risultato della concertazione anche con la società civile e strutturata nelle seguenti fasi:

    1. Fase informativa e conoscitiva:
      • incontri per illustrare i contenuti della legge e per iniziare quel processo di alfabetizzazione che consentirà al maggior numero di persone possibile di interessarsi ai problemi della gestione del territorio;
      • devono essere forniti tutti gli elementi utili per la conoscenza dello stato del territorio, principalmente mediante la diffusione di dati “elaborati” in modo da essere leggibili e comprensibili.
    2. Fase del confronto: attraverso tavoli e riunioni tematiche si organizzeranno momenti di confronto in cui verranno elaborate e discusse varie ipotesi per giungere a obiettivi condivisi che si propongano il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.

Prioritaria la circolazione delle informazioni sia fra i vari tavoli tematici sia fra i vari livelli della programmazione provinciale e regionale per comunicare e confrontare, in tempo reale, le priorità e le scelte.

Il Documento Preliminare viene steso dalla Giunta e adottato dal Consiglio Comunale.

Tralasciamo di affrontare il meccanismo burocratico per l’adozione e sottolineiamo solo che questo documento è la base della successiva elaborazione del P.A.T. (o P.A.T.I.), per cui è importante che gli obbiettivi da perseguire siano condivisi e che fin da subito siano stati attivati tutti i meccanismi necessari per una partecipazione vera, non burocratica e/o rituale.

B. Elaborazione del PAT o PATI

La Giunta affida ad un professionista la responsabilità della stesura del Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.) e ad un altro la elaborazione della Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.), con il supporto degli Uffici Tecnici e degli Assessorati.

Elaborazione del Progetto e della V.A.S. devono procedere contestualmente in quanto, come già detto, la V.A.S. serve per verificare la compatibilità degli scenari man mano che si delineano.

I meccanismi della partecipazione dovrebbero essere gli stessi di quelli messi in atto per la definizione del Documento Preliminare: costituzione di tavoli di confronto articolati in tematismi, sempre con tempestivo ed esauriente accesso ai dati, ai documenti e alle tavole di progetto con continui riferimenti alla progettazione di livello superiore.

Per quanto riguarda l’iter di approvazione, nella logica di questo “bignami”, è sufficiente dire che il P.A.T., una volta approvato dalla Regione il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.), sarà approvato della Provincia stessa con procedure molto semplificare in quanto è previsto che anche la Provincia abbia partecipato alla stesura del P.A.T. (concertazione).

C. Piano degli Interventi (P.I.)

Il Piano degli Interventi si rapporta con il Bilancio Pluriennale Comunale e, in attuazione del Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.), definisce gli interventi che si prevede di attuare in 5 anni attraverso i vari Piani Attuativi e Piani Esecutivi.

8. Ufficio del Piano

A prescindere dalla complessità delle operazioni di progettazione appare evidente la necessità di istituire un Ufficio del Piano che affianchi Assessori, Tecnici Incaricati e l’Ufficio Urbanistico con il ruolo primario di collettore e trasmettitore delle informazioni, delle istanze e delle scelte. Dovrebbe avere inoltre il compito di semplificare l’approccio alla lettura dei dati, di elaborare schemi, questionari, verbali, e di intraprendere ogni iniziativa atta a favorire la partecipazione, e infine a stabilire costanti collegamenti con i vari livelli di pianificazione.

9. Problemi e rischi

  1. Questa legge non è esente da problemi e ambiguità ma, per i nostri ragionamenti, è importante sottolineare che sicuramente le nuove procedure troveranno delle grosse resistenze da parte dei tecnici e dei professionisti che saranno costretti a cambiare mentalità: passare cioè dalla ormai tradizionale prassi dallo zoning (in quest’area ci metto questo e in quell'altra quest’altro) agli scenari (elaborazione di varie ipotesi da verificare con la V.A.S.), da parte dei politici che potrebbero sentirsi defraudati di una parte di potere e considerare la partecipazione solo una seccatura e infine da parte degli stessi operatori economici che si dovranno misurare con un nuovo tipo di imprenditorialità “virtuale” derivante dalla teoria della perequazione e dei crediti edilizi.
  2. Come già detto, la Legge 11/2004 affida ai Comuni la responsabilità completa e diretta della gestione del proprio territorio. Questa grossa novità si risolverà in un evento positivo solo nella misura in cui si potrà contare su una reale partecipazione e conseguentemente un reale controllo sociale, altrimenti, essendo così vicine le scelte della gestione del territorio (con tutte le citate implicazioni non solo di ordine economico-speculativo ma anche di reperimento delle risorse pubbliche, I.C.I. in primis) alle realtà del potere politico locale, potremmo continuare ad assistere a scelte sconsiderate, non facilmente rimediabili, in quanto, di fatto, da un punto di vista normativo, sono caduti tutti i meccanismi di veto e di controllo di tipo gerarchico.
  3. Il rischio più concreto che corre questa legge è che la partecipazione, il concetto più innovativo di tutto il disciplinare, si trasformarmi in vuoto rito burocratico. È quanto sta già avvenendo in moltissimi casi di cui siamo a conoscenza, salvo rarissimi comuni virtuosi: Feltre innanzitutto, Ponzano Veneto e, per l’approccio corretto, Noventa Padovana. Infatti varie Amministrazioni, dopo aver approntato il Documento Preliminare (singolarmente o collettivamente a seconda si tratti di P.A.T. o di P.A.T.I.) per lo più fotocopiando lo schema orientativo predisposto dalla Regione, hanno invitato gli aventi diritto ad una riunione separata, da una parte le forze politiche e i vari Enti e dall'altra la cosiddetta società civile, Associazioni Ambientaliste comprese. In tutte e due queste riunioni il Tecnico incaricato ha esposto ai convocati il Documento Preliminare, già approvato dalle varie Giunte. Un documento talmente generico e vago sul quale non si può che esprimere una altrettanto generica condivisione di massima. Come non si può infatti non essere d’accordo, in linea di principio, sulla necessità della tutela delle ville venete e su proponimenti similari espressi a un livello di definizione che non entra mai nella particolarità e nella criticità delle varie realtà territoriali? Per quanto riguarda la riunione in cui erano state invitate le Associazioni Ambientaliste si è assistito ad una imbarazzante sfilata di uomini di buona volontà che per lo più si sono limitati a fare dichiarazioni “ideologiche” e che, coscienti della inutilità e impossibilità di proporre o affrontare qualsiasi tema, data la struttura stessa della convocazione, non hanno neppure tentato di porre problemi di carattere metodologico in ordine alla concertazione. Il tutto è poi piombato nel più assoluto silenzio e quindi nulla è più dato sapere su che cosa succede o succederà e come. Un esempio a caso: un Comune della cintura di Padova, facendo seguito all'unico citato incontro, “dovendo concludere la prevista procedura di concertazione” ha chiesto alle Associazioni “di formulare entro il 30 settembre 2005 le eventuali proprie osservazioni e/o indicazioni” sul Documento Preliminare. Appare evidente come questo Sindaco abbia espresso in modo concreto quanto auspicato da molti altri suoi colleghi: tornare alla prassi della precedente legge urbanistica. Le Osservazioni infatti erano l’unico strumento previsto dalla 61/85 per consentire a privati e Associazioni di far sentire la propria voce, ma allora si interveniva a giochi chiusi, dopo che il P.R.G. era stato disegnato, corredato di tutte le sue indagini e soprattutto adottato dalle forze politiche interessate. Per assurdo quindi le Osservazioni così come previste nella vecchia legge 61/85 erano una cosa più seria di quanto non sia in questa circostanza in cui gli obbiettivi da “osservare” sono definizioni di principio assolutamente vaghe e avulse da qualsiasi legame con lo stato reale del territorio. Non può sfuggire che le procedure messe in atto fino ad ora da quasi tutte le Amministrazioni disattendano gli obblighi puntualmente descritti dalla legge in quanto nulla è stato intrapreso per una reale partecipazione, partecipazione che è prevista espressamente a tutti i livelli della pianificazione.
  4. Visto come si stanno comportando la maggioranza delle Amministrazioni Comunali, sorge il dubbio che la V.A.S. sia stata recepita nella legislazione urbanistica veneta non tanto per convinzione, ma come mero adeguamento alla Direttiva 2001/42/CE onde evitare le sanzioni dell’Unione Europea. Bisognerà quindi vigilare anche che la V.A.S., struttura portante dello sviluppo sostenibile, non si esaurisca nella compilazione di una serie di indici e di matrici tesi a supportare obbiettivi predeterminati dai soliti poteri forti.
  5. Va ricordato infine che non risulta che alcun P.A.T. o P.A.T.I. in esecuzione, tranne quelli definiti virtuosi, abbiano definito gli obbiettivi dello sviluppo sostenibile, come espressamente previsto dalla legge 11/2004. Ci domandiamo che azioni le realtà sovraordinate, in particolare la Regione che dovrà approvare il primi P.A.T. e le Province, intendano intraprendere di fronte al dilagare di questi comportamenti scorretti e illegittimi.

10. Deroghe all’art. 48 della Legge 11/2004

L’art. 48 comma 1 legge 11/2004 stabilisce che fino all'approvazione del primo P.A.T. i Comuni non avrebbero potuto adottare Varianti allo strumento urbanistico vigente, salvo quelle finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico.

Non si può che condividere questa “norma di salvaguardia” prevista dal legislatore per tutelare il territorio in attesa dei nuovi Piani, ma a molti è subito apparsa talmente limitante che fin da subito la Regione ha provveduto con una leggina a concedere la possibilità ai Comuni di presentare in Regione Varianti al P.R.G. fino al 28 febbraio 2005 da approvarsi secondo le indicazioni della superata legge 61/85.

Come è noto c’è stata la corsa a presentare Varianti per tutto e di più. In Regione ne sono pervenute più di mille e c’è ancora tempo per presentarle fino al 31 dicembre 2005!

Ma questa deroga non è apparsa sufficiente per cui il Consiglio Regionale, nonostante il parere negativo di tutte le Province, ha provveduto il 24 novembre 2005 ad approvare un’altra leggina, la Legge Regionale 50, che consente alle Amministrazioni di procedere, anche in assenza di P.A.T., con le Varianti praticamente senza limitazioni secondo quanto indicato dall’art. 50 della legge 61/85.

Inoltre l’entrata in vigore della nuova normativa del territorio agricolo, che avrebbe dovuto avvenire il 20 ottobre 2005, è stata ulteriormente prorogata al 30 giugno 2006!

11. Conclusioni

Per concludere non possiamo che ripetere che il dispositivo della legge 11/2004 è condivisibile, ma alla luce di quanto sta succedendo (continue dilazioni dei tempi dell’entrata in vigore delle varie normative, deroghe varie e generalizzata applicazione di metodologie scorrette), non possiamo essere troppo ottimisti sui risultati che questa legge potrà avere nei confronti di quella diversa gestione del territorio da noi tanto auspicata.

Siamo comunque convinti che, a partire da questa innovativa legge, sia possibile salvaguardare quello che resta del nostro territorio, intraprendendo anche azioni di restauro del paesaggio e di riqualificazione di aree degradate, solo se riusciremo, grazie ad una costante partecipazione, a far valere le reali istanze della società civile contro gli interessi dei poteri forti.