Comunicato stampa - Nuovo ospedale
Padova, 21 ottobre 2014
Premesso che, per la localizzazione del nuovo ospedale in via Corradi proposta dall'Amministrazione comunale, è indispensabile preventivamente accertare che l'area prescelta sia la più adatta sotto tutti i punti di vista: idrogeologico, dimensionale, di accessibilità..., va rilevato che su di essa gravano vincoli archeologici per la presenza della più grande necropoli paleoveneta della città.
Nell'area adiacente, nel 1975, in occasione degli scavi per la realizzare gli impianti sportivi dell'Università, sono state rinvenute 132 tombe a incinerazione, in sei delle quali, accanto al defunto, era stato sepolto anche il suo cavallo. Queste tombe sono databili fra il VI e il IV sec. a.C. Siamo in presenza quindi di un'area importantissima per la storia di Padova.
Da quanto pubblicato dai giornali, sembra che il sindaco consideri questo stato di fatto solo un inconveniente facilmente superabile mediante richiesta di "deroga" alla Soprintendenza archeologica.
Nonostante in campo archeologico non esista la possibilità di deroghe, e che i tempi previsti per realizzare l'ospedale non siano compatibili con quelli di uno scavo archeologico in un'area di così ampia superficie, che necessita di tempi molto lunghi, la Soprintendenza potrebbe comunque dare l'autorizzazione se, prima dell'inizio dei lavori, si provvedesse ad asportare tutti i reperti archeologici mediante la tecnica detta "cassonatura" che consiste nel prelevare compatti blocchi di terreno al cui interno si trovano i reperti che si vogliono recuperare. Questi cassoni vengono successivamente trasportati in magazzini e quindi portati in laboratorio per lo "scavo" vero e proprio, cui dovrebbe seguire il restauro e, auspicabilmente, la fruizione pubblica. Questa soluzione di compromesso non è il massimo, non solo da un punto di vista scientifico, in quanto asportando i soli reperti senza sottoporre tutta l'area a scavo archeologico si perderanno certamente moltissimi dati e informazioni utili agli studiosi, ma anche perchè questi nuovi cassoni, rischiano di andare a fare compagnia ai molti già giacenti nei magazzini e pervenuti dai precedenti scavi, su cui non si è ancora riusciti a intervenire per la cronica mancanza di fondi da parte della Soprintendenza.
In realtà data la fragilità di molti dei materiali, si dovrebbe agire con grande celerità per evitare processi degenerativi non controllabili, con la perdita di dati preziosi a causa del profondo mutamento ambientale, del ricovero in magazzini non climatizzati, e quindi sottoposti agli sbalzi di temperatura stagionali, per non parlare della possibilità di eventuali incidenti e furti.
A nostro avviso, l'intervento potrebbe essere accettabile solo se nel piano economico verrà inserita una voce di spesa adeguata a sostenere gli oneri del recupero dei reperti, del loro restauro in laboratorio, della esposizione dei pezzi più significativi in un luogo adeguato e la collocazione dei restanti materiali in magazzini accessibili agli studiosi.
La presidente
Maria Letizia Panajotti