Paesaggio dei Colli Euganei e nuovi "ampliamenti": il caso Ascierto

Padova, 7 marzo 2011

Al Corriere della Sera

Al Gazzettino

Al Mattino di Padova

La vicenda della villa dell'on. Filippo Ascierto a Turri di Montegrotto, nel Parco Regionale dei Colli Euganei, ci fornisce l'occasione per fare alcune riflessioni sul Paesaggio, tema che raramente viene indagato nelle sue molteplici implicazioni.

Innanzitutto che cosa si intende oggi con la parola Paesaggio? Il termine non allude certamente più a vedute eccezionali o a panorami esotici, ma pone il tema della "forma" che ha acquistato un certo territorio a seguito delle azioni antropiche che si sono sviluppate nello scorrere dei secoli. Ogni società ha trasformato il suo territorio per adattarlo alla proprie esigenze socio-economiche e culturali, lo ha trasformato imprimendo il proprio segno.

Il Paesaggio è quindi il grande archivio della storia, è la memoria visiva delle comunità, è l'elemento che più contribuisce a connotare la loro identità, che le rende uniche e assolutamente originali. Elemento prezioso che quindi deve essere tutelato con intelligenza e assiduità all'interno del naturale processo di trasformazione, salvaguardandone gli elementi qualificanti.

Se tutto viene registrato e tutto quindi, nel bene o nel male, diventa "Paesaggio", ogni società ne è responsabile, e ogni società si rispecchia nel Paesaggio che produce. Noi tutti, quindi, siamo gli "attori" del nostro Paesaggio, certamente con livelli di responsabilità diversi.

Dal secondo dopoguerra, anche nella nostra regione si è attivato un meccanismo modello veneto di sviluppo che, se da un lato ha consentito il riscatto sociale di una gran parte della popolazione, dall'altro nella incosciente e colpevole indifferenza dei più, ha quasi completamente cancellato i caratteri originari del dolce Paesaggio agrario veneto che, per il miracoloso equilibrio tra natura e architettura era considerato, fin dai tempi dei viaggiatori del Grand Tour, la quintessenza del Paesaggio italiano, il Giardino d'Europa.

La scarsa intelligenza dei luoghi, la paurosa mancanza di cultura, il disinteresse generale per la Cosa Comune e per i Beni Culturali, visti come impicci e non come elementi connotanti l'identità dei luoghi, hanno prodotto la cosiddetta città-diffusa o città-dispersa, nella quale viviamo, che è la sommatoria di paesaggi per lo più anonimi, disordinati, non funzionali, congestionati, inquinati e non accoglienti.

Siamo arrivati a questo livello di degrado, ormai riconosciuto da tutti, nonostante la grande produzione di normative nazionali e specialmente regionali che, sulla carta, si erano date come obbiettivi qualificanti la tutela dei Beni Culturali, del Paesaggio, della memoria e della bellezza dei luoghi, e il risparmio del territorio.

Gli "attori" di questi nuovi Paesaggi sono tutti coloro (politici, amministratori, tecnici, imprenditori), che con mille cavilli, mille distinguo, mille distrazioni, pressioni, indulgenze e benevole interpretazioni, hanno gestito le Norme consentendo a molti "di tutto e di più", sempre o quasi ai limiti della legalità, fidando comunque sulla generale disattenzione e purtroppo talora su un diffuso consenso sociale.

Per dare la misura dell'abisso clamoroso che continua a separare i proclami politici dalle concrete scelte, basti pensare alla Legge regionale n. 4/2008 e alla appena promulgata Legge regionale n. 30 del 23.12.2010, che allargano incredibilmente la possibilità edificatoria in territorio agricolo, considerato ormai più come zona di espansione edilizia che come risorsa economica legata all'agricoltura e al turismo, e tanto meno come segno secolare dell'identità veneta. Al punto da sollevare le proteste indignate degli stessi Comuni più avvertiti come Cortina. Se non bastasse, la Regione ha voluto estendere queste leggi perfino ai Parchi Regionali, vale a dire a quelle limitate porzioni del territorio, come il delta del Po, le Dolomiti i Colli Euganei, ecc., che, per le loro qualità eccezionali, la Regione stessa aveva in passato ritenuto di dover tutelate con particolari disposizioni.

Ci si domanda adesso come sia concepibile applicare, in modo assolutamente automatico e acritico, anche in questi contesti straordinari, nel nostro caso nei Colli Euganei, una normativa già in sè assai criticabile e deleteria, quale quella che nelle aree agricole consente, a chiunque, di ampliare qualsiasi volume edificato fino ad una cubatura di 800 m3, con il risultato che si può trasformare una casetta bracciantile (due stanzette a piano terra) di 32 m2 in una villa di 266 m2, cui, ovviamente si possono aggiungere tutti i vani interrati che si desiderano.

Vorremmo ricordare a quanti ogni giorno si appellano alla "identità veneta", che l'edilizia rurale è elemento fondamentale del Paesaggio regionale, quasi più della villa, perché enormemente più diffuso e testimone di una storia di lunga durata fatta certo anche di durezze e difficoltà, ma che in ogni caso aveva saputo elaborare forme e caratteristiche di grande equilibrio e sobrietà.

Cosa succederà al paesaggio dei Colli Euganei, e al Veneto, se oltre alle nuove edificazioni sempre legalmente autorizzabili, tutte le baracche e le casette bracciantili si trasformeranno in ville con terrazze, poggioli e tetti aggettanti? La memoria della cultura di villa di cui tanto ci vantiamo gioca proprio sulla dialettica fra l'edificio nobiliare / padronale e la modesta casa contadina, l'uno esaltato dalla presenza dell'altra. Distruggere e alterare, come si intende fare ora sistematicamente, uno dei due poli compromette inesorabilmente anche il significato e la comprensione dell'altro.

L'on. Ascierto è intervenuto in quel Bene Comune che è il Paesaggio dei Colli Euganei, trasformandolo in modo non positivo: non solo è stato demolito un manufatto caratteristico, ma in sua vece è stata imposta una tipologia totalmente estranea ai luoghi e in evidente contrasto con le normative edilizie vigenti, che prevedono esplicitamente che gli ampliamenti siano almeno "eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria" (art. 44, c. 5, LR 11.2004). Basta confrontare le immagini dell'edificio abbattuto con quelle del nuovo per trarre le inevitabili amare conclusioni.

La presidente

Maria Letizia Panajotti