Valorizzazione turistica e del patrimonio culturale della Rocca di Monselice

Padova, 19 settembre 2007

Fin dal 1992 esprimemmo la nostra contrarietà in merito a quella che era allora una generica, ma già preoccupante ipotesi di un nuovo percorso per raggiungere la sommità della Rocca tramite un ascensore non meglio definito, contrarietà che oggi ribadiamo nei confronti del progetto messo ora in atto dalla Regione per la Rocca di Monselice all'interno del programma di interventi per la valorizzazione turistica e del patrimonio culturale.

Ribadiamo che tutto il percorso monumentale di salita alla Rocca è il frutto di una colta volontà progettuale tesa a connotare non solo formalmente ma anche simbolicamente il sito. In particolare la parte centrale con le sette chiesette, immagine delle sette Basiliche Romane, costituisce un itinerario di pellegrinaggio, nel quale il salire non è un puro accidente fisico, o peggio un ostacolo da evitare, ma è simbolo di un'ascesa spirituale, ed è, sul piano estetico, un'esperienza ineludibilmente connaturata al percorso processionale.

Siamo più che mai convinti che i visitatori, indotti dall'ascensore stesso ad un rapporto con i luoghi del tipo "mordi e fuggi", lo utilizzeranno anche come discensore con buona pace della passeggiata lungo le vie centrali di Monselice e quindi anche dei commercianti.

L'ascensore in se stesso rischia di diventare la vera ed unica attrattiva turistica di Monselice.

L'invocata necessità della realizzazione dell'ascensore per eliminare le barriere architettoniche, appare puramente strumentale in quanto l'ascensore non raggiungerà comunque la sommità del colle, ma si fermerà a metà strada fra l'ex casa Bernardini e il Mastio. Questo fa pensare che il tracciato del percorso attuale sia considerato già agibile per i disabili e che quindi, senza sconvolgere non solo la lettura ma anche l'integrità dei luoghi, sarebbe stato sufficiente, per risolvere i problemi di quanti hanno difficoltà motorie, la sola realizzazione di una struttura atta a consentire il superamento della scalinata del Belvedere, accompagnata naturalmente da un'adeguata sistemazione dell'intero sentiero.

Il progetto oltre alla realizzazione dell'ascensore prevede altri interventi, uno più discutibile dell'altro, tutti lontanissimi da ciò che sarebbe lecito attendersi in un contesto tanto prezioso.

In particolare risulta a nostro avviso inaccettabile l'idea d'innalzare a pochi metri dal Mastio una torre-scala-ascensore rivestita di doghe di larice siberiano alta più di dodici metri dalla quale, tramite un ponte-passerella, penetrare nel Mastio stesso. Per giustificare la realizzazione di questa torre si prende a pretesto quello che si presume fosse l'antico sistema di accesso al Mastio.

L'effetto sarà d'un impatto facilmente immaginabile, comportando lo stravolgimento del profilo del colle, sul quale, accanto al Mastio federiciano, svetterà, visibile da ogni dove, un incongruo parallelepipedo con annessa passerella, realizzato solo per consentire l'accesso ai due vani del Mastio, di cui quello superiore si continuerà a raggiungere con l'attuale scala larga 70 cm incassata nella muratura.

Non va sottaciuto che ai visitatori con problemi motori sarà comunque precluso l'accesso al Mastio, poiché si dovranno superare ben 17 gradini per raggiungere l'ascensore all'interno della torre di accesso.

Quanto alla presunta valorizzazione, nonostante nella relazione che accompagna il progetto si lamenti il grave stato di degrado delle strutture archeologiche sulla sommità della Rocca, nemmeno un euro è stato destinato al loro restauro, e ciò a fronte del poderoso impegno finanziario complessivo.

Appare comunque bizzarro che si pretenda di valorizzare dei reperti di archeologia medievale ricoprendoli completamente con una struttura lignea che, per quanto si voglia definire "permeabile", ne limiterà notevolmente la visibilità, per non parlare di che cosa si vedrà se e quando venisse realizzato l'ascensore.

Altrettanto preoccupante il progetto di "restauro e l'ampliamento" della ex casa Bernardini, situata a metà costa ed ora ridotta a stato di rudere, destinata a diventare albergo-ristorante. Si tratta di una tradizionale casa rurale che, sia per il suo carattere sia per il contesto nel quale si trova, pur con la compatibile destinazione a luogo di sosta e ristoro, avrebbe dovuto essere oggetto di un intervento di restauro e che invece sarà sfigurata con l'aggiunta di elementi radicalmente estranei ai modi e alle forme della tradizione costruttiva locale: sul retro, previo sbancamento, sarà addossato un nuovo corpo, rivestito anch'esso di doghe di larice, mentre sulla facciata verrà realizzato un loggiato ligneo d'ispirazione alpina. Si tratta di interventi in contrasto con quanto previsto dal Piano Ambientale del Parco dei Colli Euganei e difficilmente consentiti anche in ambiti ben più reconditi.

Azioni di vera valorizzazione del patrimonio storico artistico del nostro Paese, anche nell'ottica d'incentivarne la fruizione turistica, non possono prescindere da una scrupolosa conservazione e da un complessivo rispetto dei siti. Nel caso di Monselice sarebbe stato auspicabile e preferibile un impegno della Regione per la realizzazione di un Parco Archeologico e per il restauro del sistema difensivo urbano di cui la Rocca è parte integrante e culminante e che versa in condizioni di preoccupante degrado.

Se da una parte è doveroso dedicare la giusta attenzione al turismo, che sicuramente concorrendo alla sopravvivenza economica dei Centri Storici ne può favorire la salvaguardia, dall'altra gli interventi e gli strumenti da approntare devono scongiurare scelte che siano causa di degrado dell'immagine complessiva e di distruzioni puntuali del patrimonio storico, ma soprattutto tali interventi devono promuovere una fruizione appropriata e consapevole ai Beni culturali ed Ambientali.

La presidente

Maria Letizia Panajotti