Il colle della Rocca di Monselice

Al Presidente del Consiglio Regionale

dottor Giancarlo Galan

Al Soprintendente per i Beni Architettonici ed Ambientali

arch. Guglielmo Monti

Al Direttore dell'Ente Parco dei Colli Euganei

Nicola Modica

Al Sindaco di Monselice

dottor Fabio Conte

Alla Stampa Locale

Marzo 2007

Per non essere confusi con quegli "avvoltoi di vario genere e natura che rivolgono i loro sguardi e artigli verso la Rocca e il Castello", come il Presidente Galan apostrofa coloro che non condividono il progetto elaborato dalla Regione per la Rocca di Monselice (ai sensi dell'Accordo di Programma Quadro n. 4 - Sviluppo locale - Interventi per la valorizzazione turistica e del patrimonio culturale) cominceremo con il riproporre testualmente quanto avemmo modo di esprimere in occasione delle Osservazioni al P.R.G. di Monselice nel lontano 1992, in epoca quindi non sospetta, in merito a quella che era allora una generica, ma già preoccupante, ipotesi di un nuovo percorso per raggiungere la sommità della Rocca tramite un ascensore non meglio definito:

"Tutto il complesso monumentale della Rocca - scrivevamo allora - è il frutto di una colta volontà progettuale tesa a connotare non solo formalmente ma anche simbolicamente il sito. Per averne una percezione corretta si deve percorrere a piedi la strada della Rocca da piazza Mazzini: dal basso verso l'alto fino al Mastio. Solo così, camminando lentamente e in salita, si può cogliere il significato processionale delle chiesette, comprendere che il Mastio rappresenta l'estremo elemento di una struttura difensiva che, dismessa la funzione militare, è stata conquistata da quella civile, come conferma la presenza delle numerose Ville situate in posizioni dominanti, ad ostentare il potere delle casate. Il percorso, così come è stato storicamente realizzato, in un contesto paesaggistico di estremo equilibrio, consente di fare un'esperienza estetica indimenticabile, passando da un'emergenza architettonica all'altra, con lo sguardo sempre verso l'alto in attesa del prossimo scorcio, fino ad arrivare a quella eccezionale macchina scenografica che è villa Duodo. Che cosa accadrà invece al visitatore seguendo il nuovo percorso? Arrivato a Monselice parcheggerà l'auto o scenderà dal torpedone nella Cava, con l'ascensore salirà sulla Rocca e sul Mastio. Inizierà quindi la discesa nel bosco fino a villa Duodo di cui non potrà cogliere l'effetto scenografico in quanto la raggiungerà dall'alto. Sempre in discesa passerà tangente alle chiesette, di cui non potrà capire il significato di ascesa spirituale e, continuamente disturbato dal panorama sottostante, che non è un grande spettacolo, supererà villa Piacentini, il Duomo vecchio, villa Nani Mocenigo, Ca' Marcello e il Monte di Pietà, che non potranno suscitargli grandi emozioni dato che saranno tutte viste dal retro. Alla fine della discesa arriverà in piazza Mazzini e, fatti due passi, risalirà nella sua auto".

Oggi dopo aver preso visione dei progetti esecutivi non possiamo che constatare la validità di quanto sostenevamo 15 anni fa. Ribadiamo il valore culturale dell'attuale percorso: si tratta di un itinerario di pellegrinaggio, le Chiesette sono immagine delle sette Basiliche Romane, nel quale il salire non è un puro accidente fisico, o peggio un ostacolo da evitare, ma è simbolo di un'ascesa spirituale, ed è, sul piano estetico, un'esperienza ineludibilmente connaturata al percorso processionale. Indurre i visitatori a percorrere l'itinerario in senso inverso (a testa in giù anziché a testa in su) vuol dire misconoscere la natura stessa del monumento che si pretende di "valorizzare".

Siamo più che mai convinti che i visitatori, indotti dall'ascensore stesso ad un rapporto con i luoghi tipo mordi e fuggi, lo utilizzeranno anche come discensore con buona pace della stessa passeggiata nel bosco e lungo le vie centrali di Monselice. A nostro avviso sarà l'ascensore in sè a rischiare di configurarsi come la vera nuova attrattiva turistica.

Non possiamo non chiederci come il nostro Governatore, che è anche Assessore alla Cultura, possa sostenere che la realizzazione dell'ascensore consentirà di raggiungere due obbiettivi essenziali: la "conoscenza e la valorizzazione del bene". Ad eccezione del Mastio che sarà "valorizzato" da un accesso facilitato (si fa per dire, come vedremo meglio in seguito) nulla sarà comprensibile e potrà essere davvero valorizzato e goduto, in quanto tutto il percorso e l'approccio ai monumenti si svolgerà, come già detto, in senso contrario.

Ci siamo spesso interrogati per quali ragioni un uomo colto e sensibile come Aldo Businaro, che è anche stato negli anni settanta consigliere di Italia Nostra, abbia potuto proporre e sostenere quest'idea, senza trovare delle risposte soddisfacenti e coerenti con lo spessore culturale del personaggio.

Ma non è tanto il ragionare su Businaro, e sulle sue tante indubbie benemerenze, che ci interessa qui, quanto approfondire la disamina dei singoli aspetti del progetto per evidenziarne gli elementi negativi che ci costringono a dissentire profondamente dal parere favorevole espresso dal Soprintendente Guglielmo Monti.

Il progetto, promosso e finanziato dalla Regione per la valorizzazione turistica dei Beni Culturali, oltre alla realizzazione di un impianto di risalita da ricavarsi all'interno del colle, prevede il "restauro e l'ampliamento" della ex casa Bernardini, situata a metà costa ed ora ridotta a stato di rudere, e la costruzione ex novo di una struttura-torre (contenente una scala e un ascensore) che per mezzo di una passerella consentirà l'accesso al Mastio.

Indubbiamente la scelta di ricavare l'ascensore nella roccia è stata suggerita al fine di ridurre l'impatto visivo. Comunque non tranquillizza l'ipotesi che il colle, che ha già subito in un passato non lontano una dissennata opera di estrazione di materiale lapideo, sia di nuovo oggetto di un consistente intervento di scavo: è prevista una galleria di 120 metri con una sezione di ben 25-30 metri quadrati corrispondenti a circa 4.500 metri cubi di materiale da estrarre anche con l'uso di esplosivi, la cui metodologia di intervento è comunque affidata alla discrezionalità della ditta esecutrice dei lavori e tesa al contenimento dei costi.

L'invocata necessità della realizzazione dell'ascensore per eliminare le barriere architettoniche appare puramente strumentale in quanto l'ascensore non raggiungerà comunque la sommità del colle, ma si fermerà a metà strada fra la casa Bernardini e il Mastio. Questo fa pensare che il tracciato del percorso attuale sia considerato già agibile per i disabili e che quindi, senza sconvolgere non solo la lettura ma anche l'integrità dei luoghi, potrebbe bastare a risolvere i problemi di quanti hanno difficoltà motorie la sola realizzazione di una struttura atta a consentire il superamento della scalinata del Belvedere, accompagnata naturalmente da un'adeguata sistemazione dell'intero sentiero.

Il progetto oltre alla realizzazione dell'ascensore prevede altri interventi, uno più discutibile dell'altro, tutti lontanissimi da ciò che sarebbe lecito attendersi in un contesto tanto prezioso.

In particolare risulta a nostro avviso inaccettabile l'idea d'innalzare a pochi metri dal Mastio una torre-scala-ascensore rivestita di doghe di larice siberiano alta più di dodici metri dalla quale, tramite un ponte-passerella, penetrare nel Mastio stesso. Per giustificare la realizzazione di questa torre si prende a pretesto quello che si presume fosse l'antico sistema di accesso al Mastio. L'effetto sarà d'un impatto facilmente immaginabile, comportando lo stravolgimento del profilo del colle, sul quale, accanto al Mastio federiciano, svetterà, visibile da ogni dove, un incongruo parallelepipedo con annessa passerella, realizzato solo per consentire l'accesso ai due vani del Mastio, di cui quello superiore si continuerà a raggiungere con l'attuale scala larga 70 cm incassata nella muratura.

Va ricordato che ai visitatori con problemi motori sarà comunque precluso l'accesso al Mastio, poiché si dovranno superare ben 17 gradini per raggiungere l'ascensore (per il momento non finanziato) all'interno della torre di accesso.

Quanto alla presunta valorizzazione, nonostante nella relazione che accompagna il progetto si lamenti il grave stato di degrado delle strutture archeologiche sulla sommità della Rocca, nemmeno un euro è stato destinato al loro restauro, e ciò a fronte del poderoso impegno finanziario complessivo.

Appare comunque bizzarro che si pretenda di valorizzare dei reperti di archeologia medievale ricoprendoli completamente con una struttura lignea che, per quanto si voglia definire "permeabile", ne limiterà notevolmente la visibilità, per non parlare di che cosa si vedrà se e quando venisse realizzato l'ascensore.

Altrettanto gravi paiono infine le modalità d'intervento nella casa ex Bernardini, destinata a diventare albergo-ristorante. Si tratta di una tradizionale casa rurale che, sia per il suo carattere sia per il contesto nel quale si trova, pur con la compatibile destinazione a luogo di sosta e ristoro, avrebbe dovuto essere oggetto di un intervento di restauro e che invece sarà sfigurata con l'aggiunta di elementi radicalmente estranei ai modi e alle forme della tradizione costruttiva locale: sul retro, previo sbancamento, sarà addossato un nuovo corpo, rivestito anch'esso di doghe di larice, mentre sulla facciata verrà realizzato un loggiato ligneo d'ispirazione alpina. Si tratta di interventi in contrasto con quanto previsto dal Piano Ambientale del Parco dei Colli Euganei e difficilmente consentiti anche in ambiti ben più reconditi.

Azioni di vera valorizzazione del patrimonio storico artistico del nostro Paese, anche nell'ottica d'incentivarne la fruizione turistica, non possono prescindere da una scrupolosa conservazione e da un complessivo rispetto dei siti. Nel caso di Monselice sarebbe stato auspicabile e preferibile un impegno della Regione per la realizzazione di un Parco Archeologico e per il restauro del sistema difensivo urbano di cui la Rocca è parte integrante e culminante, anch'esso in condizioni di preoccupante degrado.

Se da una parte è doveroso dedicare la giusta attenzione al turismo, che sicuramente concorrendo alla sopravvivenza economica dei Centri Storici ne può favorire la salvaguardia, dall'altra gli interventi e gli strumenti da approntare devono scongiurare scelte che siano causa di degrado dell'immagine complessiva e di distruzioni puntuali del patrimonio storico, ma soprattutto tali interventi devono promuovere una fruizione appropriata e consapevole ai Beni culturali ed ambientali.

Distinti saluti

la Presidente

Maria Letizia Panajotti