ASIANOMADS

Lettere agli amici   2016 - 2020

Lettere agli amici   2016 - 2020

Sommario

2020

Altri virus

Dicembre 2020

Cari amici, vi scrivo dall'altro mondo (Bangladesh).

Molti di voi hanno sperimentato come nel 2020 sia stato triste vedere vicini e famigliari ammalarsi di un virus in molti casi mortale e non poter fare nulla. Essere stati impotenti di fronte alla morte vi ha fatto versare tante lacrime. Ma, lasciatemelo dire: molte volte vi abbiamo parlato di altri virus ben più pericolosi, che però erano distanti da voi.

La malaria, la TBC, il virus della denutrizione. Nell’anno 2020, soltanto in Italia le vittime del Covid19 sono state 75.000, mentre da noi, nell’altro mondo, quasi 1 milione di persone sono scomparse per la malaria, oltre 4 milioni e mezzo per la TBC ed hanno superato gli 11 milioni i morti registrati per denutrizione (o a causa della fame), senza contare tutti gli altri anonimi. Ma, anche se gridavamo, eravamo lontani e non potevamo farci sentire.

In America o in Europa non era un problema se in Africa o in Asia o in Sudamerica moriva qualche milione di persone in più o in meno per quei virus di cui ho parlato sopra, o per carestie, o cicloni, o terremoti: vedere i propri raccolti distrutti da un tifone, gli animali che muoiono per la carestia, vedere i figli ammalarsi perché denutriti, senz’acqua e senza cibo, e poi morire.

Da 75 anni in Italia non ci sono più guerre e molti di voi non hanno mai sperimentato cosa significa trovarsi improvvisamente senza casa, perché è stata distrutta da una bomba o vedere un figlio portato via per essere impiccato o ricevere la notizia che il figlio non tornerà più dal fronte o assistere a battaglie con morti, feriti e distruzione.

In Africa e in Asia ci sono almeno 30 paesi che soffrono per il virus della guerra, ma di queste cose c'è neppure da parlarne sui vostri giornali e meno ancora in televisione, se non sporadicamente. La morte di un sudafricano o di un bengalese non è mai stata un problema, perché essi valgono poco. E perché valgono poco? Perché non producono nemmeno per la loro sopravvivenza e certo molto meno per il mercato: per una società il cui primo valore è il denaro, chi non produce è inutile, se non dannoso, perché finisce per mendicare alle porte degli Stati ricchi.

L'esperienza del Coronavirus ci ha dimostrato che tutti questi problemi sarebbero risolvibili e in tempi brevi. In meno di un anno si è trovato un vaccino contro il Covid19, perché l’Europa e l'America hanno sperimentato sulla propria pelle quanto fosse devastante. Invece il nostro mondo, che è quell’altro mondo, dopo decine di anni continua ad essere flagellato da tutti gli altri virus di cui ho parlato, con milioni di morti ogni anno. Voglio ancora richiamare alla mente uno degli ultimi scandali. Negli ultimi giorni alla televisione e sui giornali si é molto parlato dei vaccini, delle statistiche di quanti ogni giorno e dove sono stati o saranno effettuati, in Italia, Germania, inghiltrrra, Stati Uniti etc. Abbiamo sentito qualche intervento o tavola rotonda dove si sia riflettuto sui paesi del terzo mondo? Quali sono le possibilitá di essere vaccinati in Africa, nel Subcontinente indiano, o nel Sud America? Qualche voce sporadica sí, (Banglanews dice che nei paesi poveri non potranno sperare nel vaccino piu dell'uno su dieci), ma senza alcuna ripercussione, eppure, lá ci sono alcuni miliardi di nostri fratelli e sorelle. Meglio sarebbe dire che devono essere bruciati tutti, almeno qualcuno si sveglierebbe e comincerebbe a schierarsi a favore loro, ma la dimenticanza é aver rinunciato ad essere degni abitanti di questo pianeta.

Negli ultimi 20 anni sono stati fatti molti progressi e questo ci dice che è possibile sperare in un 2021 più umano, più attento agli altri e più creativo nella solidarietà. Nessuno si scoraggi, né si lasci vincere dalla paura di non farcela.

D. Renato Rosso 

Cari amici...

15 agosto 2020

La data odierna e’ significativa, anche se la lettera la riceverete dopo alcuni giorni.

Oggi 15 agosto, e’ festa della Madonna che va definitivamente a casa da suo figlio, ma prima di quell’ ultimo viaggio quanti passi, su questa terra! Casalinga a Nazareth, fa la serva per tre mesi da sua cugina. Si sposa, mette su famiglia. Con Giuseppe tirano su un figlio che ha dato  tante preoccupazioni sia da piccolo che da grande. Una volta lo perdono per tre giorni. A trent’ anni li lascia per occuparsi di altri. Maria quando puo’ lo accompagna. Una volta , in sinagoga dopo una omelia coraggiosa i suoi compaesani lo spingono fuori furiosi, gridano e corrono tutti insieme per buttarlo giu’ da un burrone e Maria, disperata, in mezzo a quella folla, cosa poteva fare? Quella volta non ci sono riusciti ad ucciderlo, ma qualche tempo dopo si’. Lo hanno crocifisso. E lei, questa madre straordinaria e’ ancora la’ ai piedi del figlio che muore. Se le lacrime di questa donna sono tante, molto di piu’ le gioie. Dal si’  di Nazaret, al canto del Magnificat al figlio risorto per sempre.  Questa stessa Donna, dopo essere salita al Cielo per firmare la sua residenza ufficiale e’ subito scesa e adesso si occupa di noi in Bangladesh. Ho voluto cominciare con questa bella notizia cosi’ sapete che non siamo soli.

 Come va in Bangladesh lo sapete in parte dalle notizie ufficiali, ma, vivendo qui, cerco di dare qualche dettaglio in piu’. Cominciando con una notizia bella e’ che la percentuale dei morti di coronavirus tra gli infetti, in Bangladesh, e’ molto piu’ bassa che in Italia e altri paesi. Pochi giorni fa i dichiarati guariti sono oltre 160 000  su 280 000 colpiti dal contagio. I morti sono stati 3600 (Statistiche ufficiali, 10 agosto)

Il Covid-19 in Bangladesh e’ arrivato piu’ tardi che in Cina e in Europa. Pensavamo di essere risparmiati per il caldo e per la popolazione abbastanza giovane, ma questa speranza non si e’ realizzata.  Dall’ inizio di maggio all’inizio di giugno le notizie ufficiali mostravano come ogni giorno aumentava il numero dei malati e dei morti dopodiche’ dall’ inizio di giugno la situazione si e’ stabilizzata e il fatto che non ci sia stato un aumento significativo potrebbe dare una speranza in piu’. I contagiati sono rimasti 3000-4000 al giorno e i morti oscillano tra i 30 e 40. Ma dietro le quinte le cose non stanno cosi’. In un territorio a sud-ovest del Bangladesh dove vivono  16 milioni di abitanti c’ e’ un centro solo dove si fanno i tamponi. Spesso si dice che si apriranno nuovi centri, nuovi macchinari sofisticati etc. ma la realta’ e’ diversa.. Se i candidati all’ esame sono 500 al giorno o se sono 50 000 il risultato sara’ sempre lo stesso perche’ piu’ di quel limitato numero di esami non si puo’ fare. Quindi nessuno sa esattamente cosa capita tra la nostra gente. Poiche’ fare ipotesi e’ sempre azzardato preferisco  dare  tre notizie che conosco.

 Quando e’ arrivato il cyclone Amphan  che ha distrutto migliaia di case e allagato interi villaggi sono stati evacuate 2 milioni di persone ospitate in oltre 4000 rifugi per cicloni, senza alcuna distanza sociale per diversi giorni, in seguito molti si sono riparati sotto tende improvvisate lungo la strada senza spazi decenti. Che pensare di tutti i malati di quella regione?Tamponi? nemmeno per sogno. Ci si ammala, si guarisce e si muore. 

C’e’ un paese povero come tanti altri che si chiama Shatpoisha (potremmo tradurre “settecentesimi”) gia’ il nome e’ un programma. E’ a 150 chilometri da dove mi trovo. Conosco un giovane (28 anni) che e’ stato operato dai nostri medici italiani di “Operareper” e vive in quel villaggio. Lo seguo specialmente per le medicine. Da 20 giorni lui e la madre hanno febbre, tosse e asma. 15 giorni fa stavano morendo sia lui che la madre, poi si e’ trovato un ottimo medicinale, molto caro, ma efficace. Mi diceva, in questi giorni, che in ogni famiglia di questo suo villaggio c’erano e ci sono malati, tutti con sintomi simili. Un medico ha detto a qualcuno di loro che non hanno il Covid-19, ma di fare attenzione come lo avessero (almeno non si spaventano). Tra i vicini di casa di questo mio amico Masum, durante sette giorni sono morte 8 persone. Gli ultimi due con eta’ di 26 e 18 anni, L’ottavo giorno tre morti alla sera, il nono giorni altri tre. E quei morti? qualcuno li ha registrati come vittime del Coronavirus? E chi si e’ accorto di loro? Se questo villaggio fosse un’ eccezione, sarebbe solo una disgrazia in piu’, ma temo che siano centinaia di migliaia in queste condizioni.

Terzo fatto grave e’ stato  il lockdown. In molte aree la popolazione al 70% vive con un lavoro a giornata. Generalmente in queste famiglie non ci sono riserve. Il cibo dipende dal lavoro del giorno. Quando c’ e’ stato l’ ordine di non uscire, e’ automaticamente cessato il lavoro. Dopo tre giorni e’ iniziato il digiuno o comunque una alimentazione che non merita piu’ quel nome. Diventati deboli e fragili, per morire non e’ necessario un Coronavirus, ma basta una diarrea o qualunque infezione

Personalmente, come vi dicevo nella lettera precedente,  continuo a rimanere abbastanza recluso, a causa dei miei 75 anni e i polmoni non in forma, ma i miei e nostri collaboratori, pur con tutte le precauzioni sono presenti nei vari campi. Essi, visitando le famiglie personalmente e hanno gia’ incontrato oltre 250 mamme con bambini al di sotto dei sei mesi di eta’ e si e’ cominciato ad offrire a ciascuna, degli integratori che facilitando la produzione del latte danno un beneficio sia alla madre che al bambino. Si continuera’ questo aiuto per sei mesi. Sono state rimesse in piedi e coperte con ondulati di zinco almeno 120 case distrutte dal ciclone. E speriamo di farlo ancora per un centinaio di famiglie. Ho creato poi una specie di pensione per 110 bambini e non solo che hanno bisogno di medicinali sistematicamente ad esempio malati di epilessia o cardiopatici e altri ancora. Sono state poi eseguite alcune urgenti operazioni chirurgiche che negli altri anni, i nostri cari amici medici di Parma, ci offrivano gratuitamente. Questo e’ quello che si sta facendo con i vostri aiuti. Mentre resto qui senza muovermi, grazie a tanti di voi, stanno continuando i progetti tra le comunita’ nomadi dei Saharawi, in Brasile, Israele, Madagascar, India e Bangladesh. Nell’ ultima lettera che vi ho scritto chiedevo un aiuto per l’ emergenza Coronavirus e Ciclone Amphan, in Bangladesh, ora, pur senza mai smettere di fare il mendicante, vi  scrivo per dire grazie a tutti voi che avete solidarizzato con noi e avete dato la possibilita’ di intervenire ad alleviare almeno un poco di fatica di tanti fratelli e sorelle in questo paese.

Dio ci benedica.

Don Renato

Ultime notizie dal Bangladesh

Giugno 2020

Cari amici,        

la presente lettera circolare avrei dovuto inviarla la scorsa settimana dopo che siamo stati visitati dal devastante ciclone Ampham, ma non lo feci perchè tutti i miei collaboratori erano impegnati sul fronte del Coronavirus.

Ora è possibile dividerci sui due fronti e cercare di alleviare alcuni colpiti da questa seconda calamità. 

Io non sono qui a salvare il Bangladesh, mentre quello che posso fare è alleviare un poco la fatica di alcune famiglie. Per la precisione io sono abbastanza recluso (causa Coronavirus) per i miei 75 anni e  per i miei polmoni, che dopo la malaria di 15 anni fa, sono rimasti in parte compromessi; ma i miei collaboratori, pur con tutte le precauzioni, sono ben presenti ed efficienti, anzi lo sono sempre stati fin dall’inizio del Lockdown.

Voi avete avuto informazioni su quanto sia stato devastante il Ciclone Ampham.    I morti sono stati alcune decine ma per ora essendocene diversi dispersi non c’è ancora un bilancio completo e attendibile.    Il vento ha raggiunto i 140 km/h, e le onde del fiume sollevate di quattro metri si sono abbattute contro gli argini, spezzandone  diversi chilometri e allagando una gran quantità di villaggi, che rimarranno in quella condizione ancora per chissà quanto tempo.    180 000 case parzialmente o totalmente distrutte, ovviamente non erano case in muratura. Centinaia di migliaia di alberi sradicati.     400 000 ettari di terreno hanno totalmente perso le loro coltivazioni.    Ma una delle maggiori calamità per quanto riguarda l’economia, è stata  la distruzione e la perdita di 5017 allevamenti di pesci e gamberi.                                                                

Queste informazioni provengono dai resoconti della Caritas Bangladesh (fonte attendibile). 

Ora migliaia di famiglie sono sistemate ai bordi delle strade sotto stracci di tende o in qualche angolo di case parzialmente diroccate, senza servizi igienici, con diarree e infezioni varie, causate da una situazione dove mancano le più elementari condizioni igieniche. 

Si aggiungono poi le diverse giornate passate sotto la pioggia.  La fatica e le sofferenze sono tante.    Prima che si scatenasse il ciclone, l’Esercito, i Vigili del Fuoco, la Guardia Costiera e la Marina Militare con migliaia di volontari hanno evacuato oltre due milioni di persone e stipati in oltre 4000 rifugi-per-cicloni.  Sono rimasti 24 ore o almeno una notte a nessuna distanza sociale, per difendersi dal coronavirus. A distanza di due settimane da quella notte non so che cosa ci si possa aspettare.

Vi ho comunicato alcuni dati che probabilmente conoscevate già e la conclusione non è  che dobbiamo salvare il Bangladesh, come ho già detto sopra, ma possiamo pur fare la nostra  parte.    

Questa  raccolta fondi la faccio a nome di chi ha perso tutto o quasi. 

Il nostro sforzo e specialmente quello dei collaboratori sul campo,  è solo  per alleviare un poco la sofferenza causata dal  ciclone, specialmente dove non arrivano gli aiuti “ufficiali”.

Non dimenticateci nella preghiera

d. Renato

 

Per donazioni

IBAN: IT35 X050 1801 0000 0000 0121 609

Intestato a RUAH ONLUS 

5X1000   Codice Fiscale 94046690015

Resoconto petizione e video

11 maggio 2020

video edito dal gruppo giovanile albese FuturAlba

NOTA

Non lasciatevi ingannare dalle prime immagini pensando di averlo già visto

TESTO

Il messaggio che segue è circolare per i collaboratori che in questo mese e mezzo si sono prodigati in questa campagna del bicchiere pulito

D. Renato 

Dhaka,  11 maggio 2020


PNB (Pastoral care of Nomads in Bangladesh)

Resoconto per collaboratori

Da luglio a dicembre del 2019 un centinaio di studenti a Khulna e a Rajshai, hanno iniziato la campagna del bicchiere pulito.

Nei paesi del terzo mondo, lavando spesso i bicchieri con acqua fredda si corre un grande rischio, specialmente per TB e Coronavirus.

Dal  15  marzo al primo maggio continua la campagna solo per il Bangladesh.   

Si sensibilizza la popolazione con megafoni in strada, poster, adesivi  davanti ai rivenditori e ristoranti.

Sono stati informati 12 giornali e 10 canali televisivi, e tutti i Vescovi cattolici i quali a loro volta hanno informato le parrocchie.

Con il Lockdown si è continuato a comunicare con  email, facebook, Whatsapp, Messanger.

Inviati 35 000 messaggi via telefono a Dhaka.

Invitati 2000 NGO a farsi portavoce presso il governo.

200 Organizzazioni non governative contattate personalmente via telefono invitando ad attuare con creatività nei propri  territori.

9000 email inviate a organizzazioni e privati invitando il Ministero della salute e la Primo Ministro ad informare la popolazione.

Con l'inizio di maggio si considera il nostro lavoro di informazione terminato. 

Intanto si pone il problema di avvisare anche i ministeri della salute di 109 stati tra i paesi piú poveri del terzo mondo.     

145 persone si dichiararono disponibili ad inviare 109 e-mail ciascuna ad altrettanti ministeri della salute e capi di stato specialmente dell'Asia, Africa e Sud America.

Dal 27 aprile al primo maggio sono stati inviati 15 805 email e ogni ministero della salute ha ricevuto 145 messaggi.

Era una questione di coscienza avvisare queste popolazioni. Accompagneremo con la preghiera affinché le autorità  dei vari paesi, informino nel modo migliore le loro popolazioni. 

David Murmu

 direttore esecutivo della PNB (Pastorale dei Nomadi in Bangladesh )

Petizione al Ministero della Salute in Bangladesh 

20 aprile 2020

 Insieme ad altre istituzioni e cittadini chiediamo che il governo protegga la popolazione da un problema grave che esiste in Bangladesh. I bicchieri del thè dei mini-bar sulla strada e i bicchieri dell'acqua, nei ristoranti, lavati con acqua fredda sono diventati un grande rischio per la trasmissione del Coronavirus. Se stare vicino agli altri, è diventato pericoloso, molto più pericoloso bere a un bicchiere usato da un altro se questo bicchiere non è stato lavato in acqua bollente..

Chi è inadempiente commette un reato per procurata epidemia colposa.

Chiediamo pertanto al governo un intervento tempestivo avvisando la popolazione che oltre a lavare le mani, rispettare la distanza dalle persone e fare attenzione alla tosse e allo starnuto, chiedere che prima di bere a un bicchiere, in un locale pubblico, venga assolutamente lavato con acqua bollente o venga sostituito da un "usa e getta" appena si riprenderanno le attività normali.

Quello che segue è da copiare, incollare e spedire, nei prossimi due giorni, ai tre indirizzi email, due del Ministero e uno nostro per sapere quanti hanno partecipato. 

Indirizzo della Primo Ministro Sheikh Hasina: info@pmo.gov.bd

Indirizzo del Ministro della Salute Sr.Jonah Jahid Malek: minister@mohfw.gov.bd

Nostro indirizzo da mettere in copia: aescdfbd@yahoo.com 

 Petition to the competent Authorities    

Together with other Institutions and citizens we ask the Government to protect the population from a serious problem existing in Bangladesh. The cups and glass used for tea in small dhokans on the streets, the cups and glass in restaurants are washed with cold water, therefore they have become a huge risk for the transmission of coronavirus. Standing close to other people is dangerous, but it is far more dangerous to drink from a cup or a glass used by another person if it has not been sanitized with boiling water. Those who fail to do so commit a crime for helping the spread of the epidemic. Therefore, we ask the Government to intervene immediately by warning the people to wash their hands, maintain social distancing, cover mouth and nose when they cough or sneeze, but also ask for cup and glass rinsed in boiling water or use disposable cups and glass.       

Signature     

 Ora se vuoi saperne di più, per tua informazione, puoi leggere la nostra storia qui di seguito.

Come ti sei accorta/o, con questa circolare desidero comunicare ciò che sto facendo con i miei e vostri collaboratori. Stiamo sensibilizzando e chiedendo al Governo Bengalese un intervento per proteggere meglio la popolazione dal rischio del coronavirus, perchè se arriva violento in questo paese il tutto diventa un'Apocalisse.

Come hai spedito il testo sopra, in inglese, invia anche questo messaggio ai tuoi amici e chiedi che facciano la stessa cosa. Se arriveranno migliaia di questi messaggi al Governo Bengalese sarà più facile ottenere.

Un testo simile in bengalese è inviato a migliaia di organizzazioni e cittadini.

Ecco la nostra storia:

    

Lo scorso anno un centinaio di studenti ha iniziato la campagna del bicchiere pulito con dei posters (*) davanti ai mini-bar del thè e davanti ai ristoranti spiegando di lavare i bicchieri con acqua bollente per evitare la trasmissione di malattie specialmente la TB (oggi il coronavirus). 

L'iniziativa, cominciata a Khulna e a Rajshahi è andata anche bene, ma di questo passo ci vogliono 10 anni per raggiungere tutto il paese, mentre una disposizione, un decreto del governo, risolve in 5 minuti a costo zero. 

La soluzione è quindi la seguente: prima di bere il thè nei mini-bar di strada, far lavare il bicchiere, sempre, in acqua bollente e allo stesso modo, nei ristoranti, i bicchieri dell'acqua disposti sui tavoli devono essere sempre precedentemente lavati o immersi in acqua bollente. 

Non adempiere questo dovere é molto grave ed é catalogato come "reato per procurata epidemia colposa". In Italia in questo periodo casi come questi vengono puniti fino a 3000 euro di multa e a 12 anni di reclusione (anche se poi di fatto nessuno sarà andato in prigione). Non é um consiglio di igiene, ma un dovere civile per difendere la societá bengalese. 

Il nostro gruppo di volontari ha fatto arrivare 35000 messaggi telefonici nella capitale e raggiunto oltre 2000 NGO (Onlus) invitando ciascuno a fare la sua parte. Si è lavorato con posters davanti ai locali pubblici del thè e ristoranti, adesivi su autobus e rickshaw, si è dato avviso con megafoni in strada e da ultimo Whatsapp, Facebook. Abbiamo pure trovato chi cercava solo qualche vantaggio da questa situazione. Quando iniziammo la campagna del "bicchiere pulito" pensavamo di lavorarci in 10 anni, ma l'arrivo del Coronavirus non ce lo permette più.

Purtroppo abbiamo poco tempo per cambiare una cultura. Lavare i bicchieri in acqua fredda, in tempi normali, può anche essere sufficiente, perchè abbiamo gli anticorpi necessari, ma non abbiamo gli anticorpi per il coronavirus. È difficile cambiare una cultura in poche settimane ma siamo forzati a farlo. 

L'autorità del Governo come proibisce alle auto di transitare con il semaforo rosso o in un senso inverso può anche proibire ai rivenditori di the e ai gestori dei ristoranti di non lavare i bicchieri con acqua fredda, ma usare assolutamente l'acqua bollente e la stessa polizia può controllare gli abusi degli indisciplinati.      

Questo problema è condiviso da oltre 100 paesi del mondo (ovviamente i paesi poveri), ma nessuno ne parla perchè non è un problema dell'America nè dell'Europa. I paesi ricchi infatti, nei ristoranti, da anni hanno risolto con la tecnologia il modo di lavare e sterilizzare tutte le stoviglie .

Per essi il problema non esiste, ma per noi esiste in maniera prioritaria.

Già 100 anni fa al tempo della Spagnola che lasciò 50 milioni di morti, si lavavano i bicchieri in acqua bollente. Sono passati 100 anni E noi ce ne siamo dimenticati.

E' necessario con urgenza l'intervento del governo.

d. Renato Rosso

 

Lettera agli amici  

25 marzo 2020 

Carissimi,

con questo breve scritto comunico agli amici che mi hanno aiutato anche per quest’anno che, nell'area dell'educazione e della salute, c’è un cambio di rotta. Gli aiuti che sono stati dati per la scolarizzazione verranno usati appena le attività scolastiche riprenderanno e speriamo che questo avvenga presto. Per ora la maggior parte delle iniziative sono sospese.

Invece qualcosa di bello e di nuovo sta prendendo piede.

Lo scorso anno, con un centinaio di studenti desiderosi di fare del volontariato, ho iniziato una vera e propria campagna per combattere la TBC e altre malattie. Cosa è capitato? In ogni angolo abitato del Bangladesh si trovano dei mini-bar (poco più di un tavolino con una stufetta a gas che mantiene l'acqua bollente per fare e vendere il thè, con qualche "rudimentale" biscotto). Su questo tavolino ci sono ancora alcuni bicchieri e un secchiello di acqua fresca, nel quale si sciacquano i bicchieri dopo l'uso. Vi lascio immaginare come può essere ridotta quell'acqua dopo due ore. Sani e malati bevono il thè, così l’acqua sporca diventa un distributore di TBC e quant’altro.

Il rimedio? Molto semplice: lavare i bicchieri con un po’ di quell'acqua bollente. Il nostro lavoro è consistito nel metterci di fronte ai mini-bar con un poster che illustra un NO perentorio all'acqua sporca e la soluzione igienica dell'acqua bollente. 

Lo scorso anno, a Khulna e a Rajshai, dove per sei mesi si è insistito a chiedere questo atto civile, si sono ottenuti risultati sorprendenti.

Con l'arrivo del Coronavirus questa norma igienica è diventata una necessità assoluta. Con una temperatura alta (questa settimana ci sono da 30 a 38 gradi di calore), sono meno urgenti molte norme igieniche indispensabili in Italia, ma questa e altre iniziative simili potranno diventare abitudini appropriate per il nostro caro Bangladesh. Oltretutto il beneficio di questa misura di sicurezza andrà ben oltre il periodo (speriamo breve) di questa calamità, infatti l’avevo impostata pensando alla prevenzione della TBC.

Per alcuni mesi concentreremo tutte le nostre forze per estendere questa norma, che Dio lo voglia, a tutto il Paese, anche se i mini-bar sono milioni. Gli aiuti che arriveranno nei prossimi sei mesi saranno impegnati per questa campagna.

Se in Bangladesh dovesse capitare qualcosa di simile all'Italia, sarebbe un'apocalisse, se si pensa alla quasi totale inesistenza di strutture ospedaliere e alla fragilità di gran parte della popolazione, non sufficientemente alimentata.

Il profeta Giona predicò per quaranta giorni che Ninive sarebbe stata distrutta: era quasi certo che non sarebbe successo, ma continuò a gridarlo per quaranta giorni. Senza essere profeta, io sono quasi sicuro che Dio ci risparmierà, perché qui ci sono tanti poveri che meriteranno la protezione anche per noi. Intanto continuiamo a gridare come Giona.

Allego un comunicato tradotto in italiano e un mini-video pure in italiano, per mostrarvi anche visivamente di cosa si tratta, perché è difficile da immaginare.

Continuiamo a pregare per i malati, per i defunti e per coloro che li curano.

D. Renato


SI CHIEDE CON URGENZA ALL’AUTORITA’ COMPETENTE DI DIFFONDERE UN COMUNICATO SIMILE

Insieme alle varie misure di sicurezza ( come lavarsi le mani,tossire nel gomito, stare distanti un metro, ecc.) c’è da aggiungere una urgentemente in Bangladesh, per evitare il contagio del Corona virus. Prima di bere il thè o altra bevanda (dai mini- bar “dhokan” aperti sulla strada) chiedere che venga sempre e assolutamente lavato il bicchiere con acqua bollente.

2019

Lettera di fine anno

Carissimi amici, sono appena rientrato in Bangladesh dopo essere stato in Israele per rinnovo del visto. Avevo spedito una lettera circolare per gli auguri di Buon Natale ma per un errore di internet non è partita. 

Ora recupero, come mi  è stato consigliato, inviandovi l’ omelia del 24 dicembre da Nazareth  e due altre omelie che fanno parte di un triduo per l’Avvento.

Non dimenticate la nostra piccola missione del Bangladesh nelle vostre preghiere.

 Don Renato lo zingaro

 

Pasqua 2019

Carissimi amici,  

questa lettera è rivolta particolarmente ai nostri sostenitori, come un tentativo di resoconto di cose belle (i fallimenti li tengo per me). 

- Nella scorsa lettera vi parlai della tragedia nella cattedrale di Jolo (Filippine), con trenta cristiani uccisi: ebbene voglio ricordare che nessuno dei nostri collaboratori tra i Bajau (gli zingari del mare) ha desistito dal continuare a lavorare in quella regione così agguerrita. 

- In India (Rajasthan), 20 persone appartenenti al gruppo nomade Bill, dallo scorso anno inscenano 12 spettacoli al mese (durante la notte, per una durata di 3 ore) nei villaggi della regione, cantando e drammatizzando il Vangelo, per ravvivare la fede in quella popolazione seminomade. 

- In Bangladesh continua con entusiasmo un progetto di filtri per la potabilizzazione dell’acqua che, in futuro, spera di raggiungere 72 villaggi. 

- Sempre al nord del Bangladesh, lo scorso anno alcuni alveari hanno popolato la regione Nord-Ovest di Rajshai, arrivando a 31. Si sono aggiunti altri 3 giovani e gli alveari di api sono arrivati a 91 e vengono spostati regolarmente nelle aree della fioritura. 

- Sono iniziate alcune scuole tra i nomadi cestai di Sylet, che vivono in condizione di vera e propria schiavitù tra le coltivazioni di thè.

- La manioca, tubero che nutre milioni di africani e brasiliani, era pressoché sconosciuta in Bangladesh. 100 giovani studenti (tutti Mahali cestai) hanno portato i germogli di questo tubero in altrettanti villaggi, per farlo conoscere e iniziarne la coltivazione. 

- Il progetto di prevenzione per la Talassemia continua: i volontari sono arrivati a 40. 

- Continuano, direi con buoni risultati, altri progetti relativi a: famiglie aperte all’adozione, scolarizzazione, interventi sanitari e catechesi in 2 gruppi.  

- In Brasile la Pastorale dei Nomadi, con un buon gruppo di zingari e amici loro, continua a lottare con manifestazioni e incontri, ottenendo tutta una serie di benefici per le popolazioni nomadi, come facilitazione per la scuola e posti riservati nelle università. Una settantina di Rom e Calon sono stati inseriti in movimenti ecclesiali. 

- E ora, ancora una notizia bella: in occasione del decimo anniversario del giornale ufficiale del governo, il 10 gennaio u. s. la Primo Ministro del Bangladesh, S. Hasìna, con altri otto ministri, durante una celebrazione alla presenza di oltre 23.000 persone, ha consegnato a 30 cittadini (tra cui registi, poeti, cantanti e due educatori) il premio “DHONNOBAD sir”, che si può tradurre “premio della gratitudine”. 

Uno dei due bengalesi, che opera appunto nell'area dell'educazione e che ha ricevuto il prestigioso premio, è David Murmu, direttore esecutivo della Pastorale dei Nomadi del Bangladesh. Se si pensa che, tra le ONG dedite all' educazione scolastica, una di queste conta quasi 2 milioni di alunni, risulta evidente che la selezione per il premio non ha tenuto conto della dimensione, né della quantità o qualità del lavoro svolto dalle organizzazioni, ma ha voluto premiare un comportamento di altruismo gratuito e disinteressato nei confronti degli altri. 

Un esempio: David Murmu, il nostro giovane premiato, 47 anni, sposato con tre figli, appartenente al gruppo Mahali nomadi cestai, cristiano e catechista, dopo l’università rifiutò un prestigioso lavoro per potersi occupare del suo gruppo tribale. Per diversi anni ha gestito le nostre scuole mobili nella sua regione e, quando il primo gruppo di 60 studenti è arrivato alla terza liceo, per preparare alla maturità liceale quei giovani (30 ragazzi e 30 ragazze Mahali), liberò due stanze della sua casa paterna, in terra battuta senza finestre, offrendo loro vitto e alloggio per tre mesi, appunto, in casa sua. Scelse poi per loro i migliori insegnanti a disposizione per ottenere dei risultati prestigiosi, almeno negli ultimi 10 anni. 

Un altro aspetto che sottolineo personalmente è il fatto che, mentre David ha gestito ingenti somme di denaro a favore del suo gruppo, non ha modificato nemmeno una singola porta della sua casa in terra battuta, dentro la quale ospita pure 10 bambini adottati. 

E' inoltre significativo che, negli ultimi anni, David abbia venduto la motocicletta per ben cinque volte per risolvere le emergenze della sua gente: è un gesto che dice molto. Alla sua casa oggi bussano in tanti, bisognosi di medicine, di controlli medici, o di una coperta in più durante l’inverno e altro.    Stupisce il fatto che il governo bengalese - a fronte di oltre il 90% di mussulmani - abbia assegnato un tale premio a un cristiano che, pur meritevole, rappresenta appena lo 0,04% della popolazione. Io non conosco nessuna giuria che, senza alcun interesse di tipo politico -propagandistico, abbia fatto la scelta di premiare un cittadino che vive in un villaggio alla periferia del mondo: questo fatto mi fa concludere che in Bangladesh si può ancora sperare molto. 

A titolo di barzelletta, vi descrivo ora l'atteggiamento di David: la polizia gli comunicò di recarsi a un certo indirizzo nella capitale per ricevere un premio, ma senza specificare quale. Quando arrivò a destinazione, vedendo quella marea di gente, lui pensò di aver sbagliato indirizzo, ma, mentre stava tornando indietro, vide un grande poster con la sua foto e il suo nome. Trovò subito una spiegazione: pensò che si trattasse di una lotteria e che potesse aver vinto un qualche premio per qualche sorta di fortuna, quindi partecipò a tutta la celebrazione senza emozionarsi, ritenendolo appunto l'esito di un volgare sorteggio. Solo dopo, quando vide i reportage dei giornali, si rese conto che doveva esserci stata una qualche selezione. 

Questo ultimo fatto, per i benefattori, riassume l’idea che probabilmente i contributi in denaro sono stati spesi bene. E ora Buona Pasqua! Quella notte, durante l’ultima cena, appunto alla vigilia di Pasqua, Gesù si è fatto a pezzi (con quel pane) per gli altri, per noi, per tutti, e ha chiesto a ciascuno di noi di compiere lo stesso miracolo per gli altri. 

D. Renato   

 

Quaresima 2019

Bangladesh , marzo 2019 

Cari amici, 

vi invierò ancora un saluto per Pasqua, ma all'inizio della Quaresima desidero chiedervi una preghiera in più per trasformare una pagina di cronaca nera in una pagina di cronaca del perdono. 

Ecco la notizia. 

 Qualche settimana fa (27 gennaio) abbiamo avuto un grave lutto nelle Filippine, precisamente nella “nostra” cattedrale di Jolo (isola di Sulu), dove due bombe hanno lasciato una trentina di morti e un centinaio di feriti.   In quella diocesi abbiamo alcuni progetti con i Bajau (zingari del mare), sostenuti da voi e il vescovo è il nostro presidente della Pastorale dei nomadi delle Filippine (Mons. Angelito). 

La prima volta che celebrai messa in quella cattedrale (oggi totalmente distrutta all’interno), nella processione d'ingresso avevo a destra e sinistra non i chierichetti con candelieri ma i soldati col mitra, in qualità di scorta. Quel mattino, un'ora prima della messa, si era trovato un morto davanti alla chiesa, e tre ore dopo la mia uscita dall’isola, sulla piazza principale, una bomba aveva lasciato tre altri morti. Le quattro isole dell'estremo Sud delle Filippine, (Basilan, Sulu, Tawi Tawi e Siasi) ospitano un gran numero di terroristi che settimanalmente fanno attentati contro i cristiani sull’Isola di Mindenão. 

Nei primi anni sembra che i terroristi vivessero nella giungla (3.000 nella foresta di Basilan), mentre oggi sono sparsi su tutto il territorio di quelle quattro isole. I terroristi si identificano con il gruppo di Al-Quaeda, di Abu Sayyaf e altri.    Due anni fa due nostri insegnanti erano stati sequestrati per 43 giorni. Erano stati invitati a diventare mussulmani per salvare la vita. Essi hanno accettato la condanna a morte e rimasero fedeli a Gesù Cristo e quasi per miracolo, al termine della prigionia non vennero giustiziati, ma improvvisamente rilasciati senza pagamento di riscatto.                         In quel mese 250 terroristi, dopo aver letteralmente occupato la città di Zamboanga, erano stati uccisi (senza un solo superstite) dallo stesso esercito filippino. 

È chiaro che invito gli amici a unirsi in preghiera per invocare il perdono per gli uccisori, la scoperta di nuove strategie per ricomporre la pace su quelle regioni e la possibilità di continuare le attività a favore degli zingari del mare che si muovono con le barche lungo le coste di quelle isole. Altra comunicazione è che quest'anno non sono stato in India per problemi relativi al visto, e quando riuscirò a tornarci, mi sarà comunque impedito di visitare almeno una dozzina di regioni. 

Ringrazio comunque il Signore che mi ha permesso per 25 anni di muovermi in ogni angolo del paese senza restrizioni: grazie a questa libertà sono nate una quarantina di associazioni (tipo ONG, ONLUS, NGO) che oggi si occupano dei nomadi in quel paese. 

Dio ci conceda una santa Quaresima. 

Don Renato 

 

2018

Riflessioni per il Natale 2018 

Bangladesh, Natale 2018       

Carissimo amici 

Sono passati 100 anni da quando è terminata una delle più terribili guerre della storia, che ha coinvolto un gran numero di nazioni con troppi milioni di morti. 

In passato vi sono state guerre di indipendenza, di liberazione, guerre di attacco, di difesa. I capi di stato le hanno sempre chiamate guerre giuste, ma anche chi si è considerato vincitore ha fatto un triste baratto: ha ricevuto denaro, terre, posizioni strategiche per le guerre successive e ha pagato tutto questo con la vita di uomini, donne, bambini e giovani soldati, tutti innocenti. 

Coloro che si sono combattuti, per attacco o per difesa, probabilmente sono stati spinti, da una parte e dall’altra, dall’atto di ubbidienza che ogni soldato compie, in nome della libertà, per difendere la vita del proprio Paese. Il soldato, generalmente, non conosce le bugie dei capi ed è spinto a credere che questi siano onesti o, almeno, in buona fede. Il soldato non conosce quasi mai le imboscate che essi gli tendono sotto il nome di sacrificio, di martirio, che spesso è a servizio del potere di un capo di stato, di un re o di un imperatore. 

Mentre combattevano contro degli avversari, i soldati della Prima e Seconda grande guerra spesso cadevano in ginocchio gli uni davanti agli altri, per essere seppelliti poco dopo nella stessa fossa o sotto la stessa neve, con lo stesso sacrificio e la stessa innocenza. Da vivi si chiamavano nemici, perché così i capi avevano decretato, ma da morti solo fratelli. Da una parte e dall’altra, le mamme e i papà hanno pianto le stesse lacrime. 

Per fare memoria ancora un momento sulle fatiche di chi ha vissuto sulla propria pelle quelle guerre, riporto a braccio poche righe dell’ultima lettera scritta da mio padre mentre stava rientrando dall’allucinante tragedia della Russia: diceva che erano partiti dal fiume Don pensando di avere appena qualche giornata di marcia e avevano già camminato per ben 49 giorni con marce ininterrotte che erano durate fino a 30 ore. Per 22 giorni avevano solo mangiato la neve e, in seguito, qualche buccia di patate o di bietole. La temperatura arrivava dai 30 fino ai 48 gradi sotto zero. Dal primo giorno avevano addosso gli stessi vestiti, con le pieghe dei pantaloni, le giacche e il pastrano pieni zeppi di pidocchi, con quel terribile fastidio che non impediva di dormire solo perché, quando c’era la possibilità di fermarsi nelle baite dei russi, tutti cadevano in coma dalla stanchezza. Le scarpe le avevano buttate già nei primi giorni perché provocavano il congelamento. Si erano fasciati i piedi con strisce di stoffa generalmente ricavate dal mantello o dal pastrano. Ovviamente avevano sempre camminato nella neve per decine di ore di seguito e fu in queste estenuanti marce della disperazione che il maggior numero di soldati incontrò la morte. Dei 12 alpini partiti dal mio piccolo paese di 1.500 abitanti, solo 2 hanno fatto ritorno… 

Da oltre 70 anni in Italia non abbiamo guerre e abbiamo dimenticato cosa significa morire e veder morire per cause non naturali. Ci siamo anche dimenticati della nostra guerra e di quelle degli altri, specialmente di una di queste, forse la più terribile: la guerra della fame o della denutrizione. 

In Bangladesh e in India ho visto troppi denutriti condannati a morte precoce. Di fronte a loro, spesso ho solo saputo offrire la mia impotenza. In trent’anni, dal 1915 al 1945, le due Guerre mondiali combattute con le armi hanno provocato oltre 70 milioni di morti. Negli ultimi trent’anni, dal 1988 al 2018, la guerra della fame ne ha uccisi oltre 3 miliardi, anche questi innocenti come lo furono i soldati delle nostre guerre di ambo i fronti. 

E noi? Continueremo a lamentarci perché le persone che tentano di sfuggire dalla guerra – fatta con le armi o provocata dalla miseria – ci chiede un angolo, anche solo una grotta, come a Betlemme, dove sostare? 

2.000 anni fa a Gerusalemme le porte erano rimaste chiuse. Solo in un accampamento di pastori, dove non c’erano porte, si è trovato un angolo per il Natale.   

Don Renato 

  

P.S. Una piccola comunicazione. Tutti sapete che nel mondo ogni giorno avvengono grandi cambiamenti e alcuni ci toccano da vicino. Quest’anno non ho ancora ricevuto il visto per andare in India, dove diversi progetti della Pastorale dei nomadi continuano ad esistere e a modificarsi. In ogni caso, anche se riceverò il visto, in ben 12 regioni non potrò più andare per restrizioni poste dal governo. 

Vi chiedo di dire un grazie veramente sincero a Nostro Signore che mi ha permesso di ricevere il lasciapassare per 25 anni e di raggiungere qualunque regione dell’India (cosa che oggi non sarebbe più possibile), il che ha consentito di promuovere diversi progetti e sensibilizzare specialmente religiosi e preziosi laici che continuano tutt’oggi i loro impegni di promozione umana e di evangelizzazione presso le popolazioni nomadi di quel Paese. A tutti Buon Natale, ma proprio quello di Gesù.   

 

Lettera agli amici  

Dhaka - 13 aprile 2018             

Carissimi, 

vi scrivo poche righe per il dopo Pasqua,                   

Sono arrivato a Dhaka dall'India da pochissimo. 

Negli ultimi giorni abbiamo avuto a Bhopal l'incontro nazionale della PACNI (Pastorale dei nomadi in India). Nonostante l’immagine dell’India come paese che si sta riscattando economicamente e socialmente, ci sono ancora tante ombre che soffocano quella nazione: troppi politici non si preoccupano del bene del paese, problemi delle Caste, sacche di estrema povertà, migrazioni interne e non solo; in una parola si fa ancora molta fatica e gli zingari non sono certo coloro che hanno la vita facile, ma con un po’ di ottimismo, almeno dal punto di vista delle attività svolte da coloro che collaborano con me, si può dire che il bilancio è molto buono.           

La risposta di coloro che iniziano una qualche attività con i nomadi  è sempre una sorpresa. 

 C'è la novità di una suora cinquantenne piena di spezie in corpo che sta iniziando un lavoro sui diversi versanti: sociale, pastorale, scuola e salute, con una comunità zingara di  Kalibilia all'estremo nord del paese. Sarà una comunità di tre suore che si occuperanno in particolare delle adolescenti, molte delle quali sono dedite alla prostituzione, non tanto come degrado sociale, ma come attività che quel gruppo esercita da tempi immemorabili (in passato accompagnavano gli eserciti anche come cantanti e danzatrici) .         

Un'altra comunità di tre suore sta iniziando in una regione che, se Dante Alighieri l'avesse visitata, avrebbe creato il decimo girone dell’ inferno, solo per quella regione forestale. Altro che il fiume Stige! Là c'è di tutto: povertà, la dura vita della foresta, malattie a scelta ecc.. 

La zanzara  Phalciparum svolazza all'ingresso, poi mentre i visitatori si riposano arrivano, quelle della Denghi e tutto il resto. 

Ci sono poi gli animali dello zoo, ma da quelli ci si difende meglio perché si vedono e si sentono da lontano. 

I nomadi della regione fino a poco fa erano esclusivamente escursionisti della foresta con caccia e pesca. Ora, cosa è saltato loro in mente non si sa, ma hanno voluto  "stanziarsi" molto relativamente in una regione abbastanza vicino a una strada già asfaltata (a circa 100 chilometri). Questi fratelli, che sono un tutt’uno con la foresta, si fermano pochi giorni e poi ripartono. Qualche anziano rimane  e alcuni bambini iniziano a frequentare una specie di scuola almeno qualche mese all’anno. 

Se poi presso questi gruppi nascerà dell’interesse per la scuola stessa, si potrà pensare a degli insegnanti mobili che li accompagnino nei loro spostamenti in foresta.  

Queste suore che avevo incontrato qualche anno fa, ma poi persi di vista, pretendono di lavorare in quel posto. 

Nonostante molte domande non sono riuscito a capire come la loro Madre abbia avuto il coraggio di pensare una cosa di quel genere e bisogna concludere che lo Spirito Santo soffia dove vuole.                   

Un'altra bella notizia che ha rallegrato la mia deformazione professionale di prete è che le due comunità di Banjiara (i più zingari dell'India), che sono state battezzate dopo un lungo lavoro di un prete francese, un catechista indiano e due altri preti locali, non sono di 500 -400 cristiani come avevo inteso negli ultimi anni, ma il numero si riferiva alle famiglie e quindi sono circa 3000- 2000 battezzati. 

Continua ad essere vero che in India la vita per i cristiani è sempre difficile e sfida ancora più grande è rischiare di predicare il vangelo, ma probabilmente in quella regione molto isolata il pericolo è stato minore, e i quattro predicatori di vangelo non hanno certamente paura degli integralisti o dei fanatici indiani e anche la comunità Banjara ha tutte le carte in regola per difendersi, attaccare e non esclude per nulla il martirio. 

In passato i Banjara erano i trasportatori di beni tra occidente e oriente e si spostavano con carovane che raggiungevano fino a 5000 carri: veri re della strada e re della foresta, in grado di difendersi dalle piraterie organizzate e quindi molto pericolose.   

Quasi improvvisamente, con le costruzioni di strade e l’arrivo del trasporto motorizzato, in breve sono rimasti a piedi nudi e poco più che mendicanti. 

Nelle due regioni dove essi vivono io vedevo sempre un buon numero di persone, ma ignoravo che dietro le quinte degli alberi e piccoli villaggi si nascondesse ancora un numero così elevato di Banjara e il fatto che abbiano cominciato a conoscere un poco Gesù Cristo mi fa un piacere immenso.           

In Rajasthan il progetto dei “Gospel Singers” appunto cantori, attori e predicatori del Vangelo, nella comunità nomade dei Bhil, mi sembra che si stia strutturando bene: sono una ventina e almeno cinque di questi a tempo pieno e mediamente realizzano 12 spettacoli (predicazione, canto e drammatizzazione di varie pagine del vangelo) al mese, nei vari villaggi e parrocchie dove essi stessi  si invitano o vengono richiesti.           

Le altre iniziative che conoscete continuano con sufficiente entusiasmo.              

Via auguro un buon dopo Pasqua.                                                                                  

Don Renato

 

Quaresima 2018 

Carissimi,

lo scorso anno inviai questo testo della Passione e morte di Gesù a una decina di amici e poiché fu utilizzato in diverse parrocchie e anche in una Via Crucis cittadina del Venerdì Santo, ho pensato di inviarlo a tutti voi che ricevete le mie due lettere all'anno con l'augurio di una santa quaresima.

Don Renato lo zingaro


IL COMPIIMENTO


Osanna al Figlio di Davide, lo gridò il popolo in festa. 

Osanna ripeterono i bambini. 

Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. 

Le donne si affacciarono alle porte, si coprirono il volto e sorrisero di gioia e ricordarono che era proprio Lui, Gesù, quello che aveva benedetto i loro figli. 

Osanna! Osanna! 

Lo proclamarono tutti Nuovo Re di Israele. E gli anziani si sollevarono dalle loro stuoie 

E ringraziarono: lascia, o Signore, che noi ce ne andiamo in pace, ormai abbiamo visto, si’ abbiamo visto la salvezza del nostro popolo. 

Adesso conosciamo chi e’ il salvatore. E ancora pregarono e cantarono: 

quanto e’ grande il tuo nome su tutta la terra, o Signore. 

La tua grandezza è’ più alta dei cieli, e oggi, proprio con la bocca dei bambini e dei lattanti affermi la tua potenza contro i nemici, per ridurre i ribelli al silenzio e noi possiamo cantare. 

E il popolo canta: Osanna! E’ Lui il nostro salvatore. Eravamo ignoranti, ci ha illuminati, eravamo malati ci ha guariti, eravamo peccatori ci ha perdonati. 

I demoni che portavamo dentro vedendo Lui sono fuggiti e noi siamo stati liberati. 

Osanna al Figlio di Davide, ci ha fatto vivere. 

Osanna! Osanna! 

Il corteo si era fatto lungo, tutta Gerusalemme era corsa, amici e nemici. 

Alcuni stavano in silenzio, ma chi gridava, diceva Osanna! 

Evviva Gesù! 

I malati ricordarono le loro guarigioni. 

Gli apostoli e i discepoli si rallegrarono per la loro chiamata e si sarebbero fatti bruciare vivi pur di non perdere l’ occasione di essere là, in quel omento, 

Alla destra e alla sinistra d Gesù il Salvatore. 

Osanna! Benedetto colui che viene! 

Per un momento quel canto aveva fatto tacere ogni suono. 

Gesù sarà incoronato! E’ Lui il nuovo Re. Pilato, Erode e i Sacerdoti del tempio se ne andranno, capiranno e sapranno che hanno sbagliato strada, hanno tradito la religione e se ne andranno per sempre.

Il Regno di Gesù, il nuovo Regno sarà stabile per sempre, sarà come un albero 

piantato lungo il fiume che dà frutto a suo tempo e sarà coperto come scudo 

dalla bontà del Signore. 

Mentre gli altri si vantano di carri corazzati e di cavalli, noi siamo forti nel Signore e il nostro Regno resterà in piedi per sempre. 

Il nostro Re Gesù dominerà tutte le nazioni e dinanzi a Lui persino i morti 

si prostreranno. 

Osanna, Osanna, Osanna al Figlio di Davide. 

E i discepoli sognarono e cantarono: la vittoria e’ vicina. 

Dio preparerà una mensa sotto gli occhi dei nemici, essi saranno vinti per sempre. 

Il Signore Gesù sarà Re per sempre. 

Felicità e grazia ci saranno compagne tutti i giorni della nostra vita e noi abiteremo col Signore per lunghissimi anni. 

Osanna, Osanna, Osanna al Figlio di Davide. 

Ma molti fanno silenzio, hanno paura. erode e la corte hanno paura. 

I sacerdoti e i servi del Tempio hanno paura. Si respira odore di sangue, l’aria e’ pesante. Si teme la rivoluzione. 

Tra i molti amici di Gesù alcuni sognano la rivolta: una rivoluzione che cambierà la storia di Israele. 

Anche chi canta smorza la voce, di tanto in tanto e’ assalito da paura. 

Poi qualcuno bisbiglierà: se la rivolta esplode Roma si vendicherà e non resterà più una pietra sull’altra nel Tempio.  Le nostre case  saranno distrutte 

e tutti noi e i nostri figli saremo flagellati, inchiodati, uccisi e deportati. 

Non resterà più nulla di Israele. 

Ma ancora si ripete: Osanna al Figlio di Davide, poi lo si disse più piano, poi si fece un grande silenzio. 

Mentre Gesù guardava ogni cosa, qualcuno continuò a pensare: eppure è Lui, 

sì Gesù è il Messia, Osanna. 

Benedetto colui che viene nel nome del Signore. 

Ma si fece tanta paura nel cuore di tutti e qualcuno parlò sotto voce: meglio soffocare, sì , soffocare la rivolta prima che esploda. 

Meglio che qualcuno muoia adesso. Se aspettiamo, saremo tutti uccisi. 

Uno alzò la voce: meglio che muoia uno adesso piuttosto che tutti dopo. 

Altri udirono e ripeterono: sì, meglio la morte di uno. 

Quelli che prima facevano silenzio presero forza per ripetere: meglio che muoia uno adesso. 

Quelli che avevano paura si fecero coraggio per ripetere: sì, e’ meglio che muoia uno adesso. 

Quelli che temevano di perdere il potere gridarono: meglio che muoia uno adesso. 

Gli scribi e i farisei gridarono, quelli che erano ipocriti gridarono, la generazione incredula, piena di paura gridò, le vipere e i sepolcri imbiancati 

gridarono tutti: sì è meglio che muoia uno, crocifiggilo, sì crocifiggilo. 

Nessuno voleva mettere mano Su Gesù ed inchiodarlo, ma tutti volevano 

che altri lo facessero. Un sacerdote disse a Pilato: crocifiggilo tu. 

Pilato al sacerdote: crocifiggilo tu. 

Erode disse: crocifiggetelo voi. E tutti gridarono: sia crocifisso! Sia crocifisso! 

Qualcuno pianse E gridò altre parole, ma fu soffocato dall’altro grido: 

sia crocifisso! Sia crocifisso! 

E Gesù diventò triste, triste fino alla morte, ma non per la sua croce. 

Tra quelle urla si rivolse al Padre e con tutto il Suo Spirito  gridò, nel Suo silenzio: sì, e’giunta l’ora, mi arrendo nelle Tue mani affido il mio Spirito, io voglio che si compia la Tua volontà, che e’ anche la mia. 

Ecco io vengo. 

Dopo questa consegna la tristezza lo inchiodò prima dei soldati. 

In ogni caso Gesù non pensò ai chiodi, ne’ ai flagelli, ne’ all’essere lasciato solo, no, pensò al cuore di Pilato che doveva essere perdonato e curato. 

Pensò ad Erode e vide chiaro quanto era malato e bisognava pur guarirlo. 

I soldati che lo flagellavano e lo deridevano erano immaturi e superficiali e bisognava farli crescere senza che si lasciassero uccidere da terribili sensi di colpa, dopo aver capito. 

Intanto seguì con lo sguardo Giuda, lo vide allontanarsi, mentre stavano caricando la croce sulle sue spalle. 

Era spezzato dal dolore, ma quasi non se ne accorse perché col pensiero seguiva suo fratello. 

Dopo pochi passi perse l’equilibrio e cadde in un tonfo  sotto il legno della croce e tutti pensarono che era stato quel peso a farlo cadere. 

In realtà, Lui, Gesù aveva visto nel cuore suo fratello staccarsi da un albero, 

appeso a una fune, come foglia morta ed ebbe pochi secondi per guarirlo. 

Gesù arrivò in tempo, ma lo scandalo rimase là, appeso per sempre. 

Un amico, che aveva predicato con Lui, aveva scacciato i demoni, guarito i malati, aveva pregato con Lui, aveva ricevuto la più grande amicizia del mondo e adesso il suo corpo era là a testimoniare il tradimento. 

E Gesù pur avendolo guarito, pianse e si rialzò con la croce, riprese il cammino, si guardò intorno e vide Pietro. 

Ma Pietro non si accorse che quello era Gesù, non lo riconobbe. 

Gesù pensò che il suo fratello, primo tra i dodici, avesse perso la ragione, ma subito lo vide piangere, piangere come chi ha perso il padre, la madre, la sposa e l’unico figlio. 

Allora capì che il cuore stava guarendo e riprese a camminare. Vide sua madre e fu il primo sorriso  di quel giorno e anche Maria, che raccolse tutte le forze, in quel momento, sorrise. 

E gli disse: ho capito, io non piango per Te, cosa che non fai nemmeno Tu; noi piangiamo per loro. Vai Figlio, vai in fretta, stanno tutti aspettando che la tua consegna sia compiuta. 

E Gesù camminò più veloce. 

Intanto, una donna si rallegrò l’anima  perché arrivò vicino a Lui, e con quel cuore che Lui stesso aveva purificato Lo amò e Gli asciugò il volto. 

Gesù la guardò e gli occhi dissero: il mio volto, lo avrai sempre con te, lo potrai vedere sempre perché hai il cuore puro. 

Uno intanto, Lo aiutò a portare il legno della croce mentre altri portavano i chiodi, i martelli, le scale, le corde. 

Con sforzo cercò tra la folla qualcuno e vide che i dodici non c’erano; appena uno lo seguiva a distanza. 

Cadde un’altra volta, e si ruppe il cuore. Forse non era ancora il momento 

di lasciarli. 

Così giovani, così immaturi. Quando un padre sta morendo vorrebbe vedere i figli abbastanza adulti. 

I dodici, così bambini, come avrebbero potuto continuare la missione di Gesù? 

Gesù cadde ancora pensando alla sua comunità così impreparata, così paurosa, così delusa. 

Gesù si sentì solo, nudo, sulla montagna dei crocifissi. 

Appena appoggiarono i chiodi, l’urlo di Gesù spaventò gli stessi soldati. 

Aveva sentito i martelli che inchiodavano gli schiavi accanto a Lui e gridò: 'Padre, abbi pietà di loro’. 

Io so perché sono qui, ho una ragione, ma essi forse sono andati a rubare 

per sfamare i loro figli, forse sono stati mandati perché schiavi. 

Padre, guarda loro, allevia il loro tormento. 

Gesù aveva sentito entrare i chiodi nei polsi dei vicini, di quei suoi fratelli, 

di quei suoi figli come fossero entrati nella sua stessa carne; nel frattempo 

era stato crocifisso anche Lui. 

Per un momento I soldati lo pensarono morto, perché stavano passando 

nella sua mente migliaia di crocifissi che urlavano, bestemmiavano, si ribellavano, mentre si contorcevano nel dolore; impiccati,fucilati,crocifissi, impalati: erano milioni. 

Gesù riaprì gli occhi e disse: Padre. 

Poi non sentì più i chiodi, solo si ricordò che più volte aveva ripetuto: resterò con voi fino alla fine. 

Ricordò in quel momento, che fino alla fine del mondo non avrebbe più 

lasciato la croce. 

Fino a quando ci sarebbe stato un fratello, un figlio carne della sua carne sul patibolo, Lui, Gesù sarebbe dovuto stare con lui. 

Ricordò che fino a quando ci sarebbe stato un cuore inchiodato dal peccato, 

Lui, Gesù sarebbe dovuto stare con lui. Ricordò che fino a quando ci sarebbe stato un bambino inchiodato sulla croce dei poveri Lui, Gesù sarebbe dovuto stare con lui. 

Il peccato e il dolore del mondo e del tempo gli caddero addosso e Lui, Gesù gridò e morì. 

Dopo tre giorni quando i suoi  lo videro risorto  si rallegrarono, ma pur nella festa di una speranza compiuta, Gesù mostrò loro che le sue ferite erano ancora aperte. 

Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del tempo. 

Quando il servizio si fece pesante e rischiò di scoraggiare quei figli, un giorno 

uno corse sul Golgota, dove un crocifisso gemeva bruciato dal tetano e col respiro soffocato, lo guardò intensamente e si accorse che Gesù dopo tanti giorni era ancora là e disse: veramente Lui e’ il Figlio di Dio. 

 

2017 

Lettera di Natale agli amici  

Bangladesh - dicembre 2017          

Come spesso mi capita, sono in ritardo per un augurio di buon Natale, ma con voi so che va bene anche un mese dopo o prima. Sono appena rientrato in Bangladesh dopo un mese di vere scorribande o meglio scorri-con-bande in India dove ho pure partecipato a un incontro della Pastorale dei nomadi nel Sud-India. Abbiamo marcato presenza in 101 e il Vescovo di Madurai e’ stato presente tutto il tempo con noi. Eccetto una quindicina di religiosi erano tutti zingari di 12 gruppi diversi (come in Italia ci sono i Sinti, I Rom, I Manush, etc). Tra essi molti sono chiromanti, altri mettono in scena piccoli spettacoli, altri ancora incantatori di serpenti etc. Abbiamo passato un periodo molto ricco insieme e uno degli aspetti piu’ preziosi e’ stato il fatto che tutti o almeno veramente in tanti riuscivano ad esprimersi, fare le loro proposte, reclamare il rispetto pure essendo tagliati fuori dal mondo, richiedere giustizia dove il Sistema delle caste e’ ancora molto discriminante , razziale e irrazionale. Risalendo verso il nord ho rivisitato alcuni luoghi che avevo letteralmente perso nella memoria. Arrivato a Mariammali vidi un campanile bello e un poco strano. Mi ricordava il campanile di una chiesa-aperta con ampio muro rotondo tipo colonnato san Pietro, ma ovviamente senza colonne. Spiegai che esiste un campanile simile nello stesso stato di Karnataka. Ma essi pur essendo nomadi 9 mesi all'anno mi dissero di non conoscere campanili simili. Poi spiegai che quello che conoscevo era il campanile di una chiesa aperta. Tutto risolto. Era la stessa. La chiesa da aperta che era e' diventata bella, ampia e coperta, come ogni chiesa, infatti il Prete francese che lavorava 20 anni fa in quella regione penso’ di non costruire una chiesa perche’ non c’erano ancora cristiani ma penso’ di costruire uno spazio, affinchè questa popolazione nomade riuscisse anche se per pochi mesi all’ anno a trovarsi a discutere dei loro problemi, scoprire strategie nuove per una vita piu’ dignitosa ed eventualmente imparare a pregare insieme e perche’ no? conoscere Gesu’ Cristo. A quel punto chiesi informazioni sul parroco, sull’insegnante, sul catechista. Mi informarono che il parroco era morto lo scorso anno ( come ho gia’ detto, io avevo perso i contatti). Il prete zelante ha lasciato una straordinaria eredita': oltre 500 nomadi Kotachas battezzati e in una comunita’ non distante, poco meno di 200 famiglie di Bangiara (copia quasi perfetta dei Rom europei) diventati cristiani pure questi. Almeno adesso ho ripreso i contatti con i due preti (uno dei quali appartiene alla comunita’ Bangiara) che lavorano in queste due comunita’ anche se i Korachas restano nel villaggio solo un mese a Natale uno a Pasqua e un altro mese ancora, per le celebrazioni dei matrimoni. 

Ora sono rientrato in Bangladesh e mi informero’ al piu’ presto di come e’ andato l’ incontro con il Papa a Dhaka, perche’ in quei giorni ero in India. Prima di chiudere l’ augurio tradizionale di buon Natale voglio lasciarvi ancora un ricordo prezioso che potrebbe fare bene anche a voi specialmente a qualcuno se vive momenti simili. 

Mi trovavo in un Santuario per il ministero del Perdono. Sono stato autorizzato a riportare questo dialogo che ho cercato di trascrivere il piu’ fedele possibile per ripetervi che la fedelta’, il coraggio e la speranza esistono ancora.

“Sono disperata. Cerco solo qualcuno che mi dia la forza per andarmene, perche’ all’ inferno non riesco piu’ a vivere. Da venti anni mio marito mi tradisce e mi imbroglia continuamente. Ho scoperto una volta una quantita’ folle di debiti, non mi sono data per vinta, l’ ho riabbracciato e mi son dichiarata disponibile a pagare insieme a lui, anche se quei soldi erano stati spesi molto male e contro di me. Poi e’ arrivato il gioco. Una notte, mio marito e’ arrivato visibilmente disperato al punto che non poteva nascondere cio’ che era capitato. Bisognava pensare, da quel momento di affittare una casa, perche’ la nostra non era piu’ nostra. Per un momento pensai di buttarlo giu’ dalla finestra e assicuro che ne avrei avuto tutta la forza.

Ho poi cominciato a perdere i primi tre figli: si erano alleati a procurarsi la droga. Si scambiarono gli indirizzi delle amiche. Rientravano con refurtiva in casa. Il padre ubriacato dal gioco, dai debiti e dalle sue passioni non li vedeva piu’. Io gridavo di fronte al crocifisso: “Basta!, Basta! Ti lascio da solo su quella croce! Ti lascio da solo con loro, veditela tu. Scappo e basta” In realta’ sapevo che a restare sola sarei stata io. Dove andare? Non intravedevo nemmeno un altro girone dell’ Inferno e sono restata. E’ arrivato il tumore e la chemio. Queste due ultime fatalita’ in realta’ furono le uniche disgrazie che mi avvicinarono un poco i figli, ma anch’ essi non avevano la forza di cambiare.

Da due anni dissi a mio marito che avevo bisogno di conservare almeno un poco di dignita’ e per questo gli chiesi di non toccarmi, E cosi’ da due anni viviamo solo piu’ come vicini. La figlia se ne ando’ e la persi definitivamente. Non e’ piu’ tornata. Io la capivo e avrei voluto Fare io la stessa cosa: andarmene e sparire.

(io Renato) ascoltavo tutto questo e mi domandavo: “Che cosa vorra questa moglie e madre? Che cosa si aspettera’ da me? Mi ricordai che Papa Francesco nel ministero della riconciliazione chiede ai sacerdoti di dare delle risposte liberanti, risolutive e vere. Ho pregato. Quella signora comunque non si arresto’ di raccontare altre lacrime. Presi poi un poco di forza e dissi: “Se suo marito avesse avuto lui il tumore e avessero solo potuto operarlo in America con la conseguenza di una emorragia di denaro lei l’ avrebbe fatto operare?” “Ma certo, perche’ quella disgrazia non sarebbe dipesa da lui, ma adesso, lui potrebbe non giocare”. E io timidamente dissi: “Sei sicura che lui possa non giocare? Sei sicura che lui possa non tradirti e di conseguenza inventare una menzogna per coprirne un’ altra?” Dopo un momento lei disse “Qualche volta l’ho pensato” Abbiamo poi parlato della schizofrenia che affligge le persone che appaiono sane e libere mentre sono malate e schiave. Le dissi che per principio ogni volta che qualcuno arriva con fardelli pesantissimi io cerco di pensare che quella persona che si accusa tanto, potrebbe essere la persona piu’ innocente di questo mondo. Parlai di Gesu’ che sulla croce non solo perdono’ i crocifissori, ma li difese: “Padre perdonali prche’ non sanno quello che fanno” e in quel modo, dichiaro’ che il peccato e’ pazzia. E dissi poi che la sua rabbia contro il marito e come conseguenza, la sua faccia di rimprovero non accendeva piu’ nessuna luce in casa. Poi aggiunsi che lei certamente sta male accanto a lui, ma lui non stara’ meno male accanto a lei. Mi ricordai poi che lei aveva parlato di dignita’ e allora osai dirle: “pretenda tutta la dignita’ che una moglie e madre merita!” Mi guardo’ stupita, poi continuai e dissi: ?”Domani lei se ne vada via da un marito cosi’ e anche se ne vada dai figli, la famiglia non la deve nemmeno piu’ lasciare perche’ non c’e’ piu’. .Lei si cerchi un’ altra vita. In fondo ha parlato di meritare la sua dignita’. Vada signora, vada, ha gia’ aspettato troppo. Mi ha detto che anche le sue amiche le hanno detto ripetute volte che e’ stupida e che tutte le prevaricazioni che ha gia’subito hanno pur un limite e lei ha diritto alla sua liberta’ “. Lei mi guardava con gli occhi stralunati. “Oppuure -aggiunsi- risposi suo marito, lo scelga di nuovo, ma questa volta sapendo che e’ malato, che e’ malato nell’ amore, che forse non riuscira’ a non giocare, neppure a non essere infedele e sul suo telefonino continuera’ a trovare delle foto e dei messaggi dolorosi per lei e lei potrebbe provare a fare con lui proprio come Dio fa con noi. Ci ama e noi continuiamo ad essere infedeli e lui continua imperterrito a volerci bene e noi sembra ci divertiamo ad offenderlo e lui proprio perche’ e’ Dio vince sempre. Scusi, poi ci son i suoi figli e in questo caso anche se ladri e tossicomani, lei li potrebbe almeno non privare di avere una madre e perche’ no? Una madre che vuol loro bene, che li adora, che non si aspetta nulla ma solo di voler loro bene perche’ sono innocenti; in fondo essi non hanno chiesto di nascere nella vostra famiglia e voi accogliendoli vi siete assunti delle responsabilita’. Fin quando essi saranno vivi voi sarete incollati a loro nella buona e nella cattiva sorte. Si, i suoi cinque figli e suo marito probabilmente sono tutti innocenti e lei cosa pensa? Dove pensa di trovare piu’ dignita’? nella prima o nella seconda ipotesi? Lei mi chiese: “ Mi permetta, esco solo un momento ad avvisare che mi aspetti ancora un momento” e usci’ e dal piccolo finestrino vidi questa donna abbracciare e stringere un uomo e baciarlo ripetute volte. Io non sapevo che quella specie di marito la stesse aspettando. E lei gli disse a voce alta: “ aspettami ancora cinque minuti, vengo subito” E senza nessuna risposta torno’ a terminare l’ incontro”. 

Quest’ anno ringrazio anche il Signore per essere prete da 45 anni. 

BUON NATALE! 

d. Renato

P.S. Dopo 25 anni di missione tra gli zingari in Asia ho preparato un resoconto globale delle principali attivita’ e dei gruppi con cui abbiamo (voi ed io) lavorato insieme.

Lo troverete sul sito: www.mondonomadi.it e sul sito Asianomads

 

 «Da 45 anni prete! E’ un grande dono»

29 giugno 2017

Oggi ringrazio il Signore per il mio quarantacinquesimo anniversario di ordinazione presbiterale: da 45 anni prete! è un grande dono. Ho mai meritato nulla e meno ancora questo bel regalo. Mi trovo in Israele per un poco di tempo in quanto desidero fare qualcosa per una porzione di popolo di Dio che è quello degli zingari di Gerusalemme e le migliaia di Beduini che accampano nella regione tra Gerusalemme e Gerico. Essi vivono una situazione drammatica perché dovrebbero sparire in quanto tutti lo vorrebbero, ma essi cercano di resistere e io con alcuni Rabbini ebrei, due suore Comboniane e alcun mussulmani cerchiamo di appoggiare le loro rivendicazioni all’esistenza con informazioni o raccolta firme o incoraggiando i bambini a frequentare assiduamente la scuola in questi accampamenti per evitare che i soldati buttino giù scuola e baracche. 

Sono arrivato poco fa da una visita a un campo di Beduini e una famiglia di zingari. Poiché i soldati israeliani hanno promesso che fino a novembre non distruggeranno nessuna tenda, nè baracche, nè scuole (cosa che facevano, fino a poche settimane fa, una decina di volte al mese), le suore stanno organizzando alcune giornate di attività per i bambini. Spero di poter fare anche la mia parte. Nel tempo libero che è molto sto in Basilica a Nazareth per attendere alle confessioni dei pellegrini. Generalmente i penitenti vanno volentieri da uno straniero che probabilmente capirà poco e dimenticherà subito i peccati perché vecchio e io queste tre cose le posso garantire. Ogni giorno assisto a miracoli in questo luogo di grazie e il mio compito è quello di contemplare quello che lo Spirito Santo compie e da parte mia posso solo rallegrarmi. 

Per dire grazie anche alle vostre preghiere che mi hanno accompagnato in questi anni e spesso mi hanno portato in braccio, vi racconto una delle storie che capitano a Nazareth.  

Sono arrivati 55 pellegrini dalla Spagna in pellegrinaggio a Nazareth. Quattro preti hanno concelebrato una solenne messa all’altare mentre il quinto prete restò nell’ultimo banco in borghese e se ho capito bene non aveva detto al gruppo che era prete. Poi confidò che era venuto in pellegrinaggio offertogli dai suoi colleghi preti. Egli aveva già comunicato ai preti della sua diocesi che la settimana seguente avrebbe celebrato l’ultima messa e poi avrebbe lasciato il ministero perché dopo tanti tentativi di recuperare quella missione in cui aveva creduto e nella quale si era speso per tanti anni, adesso non ce la faceva più. Capì che non era riuscito a maturare come prete e ora la solitudine e la stanchezza e anche qualche problema di salute lo avevano portato a questa decisione ormai accettata con rassegnazione. 

Terminata la Santa Messa sono stati invitati a scendere nella Basilica inferiore dell’Annunciazione per pregare davanti alla piccola casa-grotta dove si venera l’Annunciazione a Maria.

Tutti scesero.

A questo punto devo fare una digressione: In Israele è di costume di tanto in tanto che quando sul mezzogiorno la gente arriva dall’acquisto del pane ancora caldo se incontra qualcuno anche sconosciuto spezza volentieri un pezzo di quel pane e lo offre. 


Torno all’ingresso in Basilica

I 55 pellegrini stavano entrando in Basilica quando un bambino che portava il pane sotto braccio ancora caldo, si fece largo tra i pellegrini per poter passare. Spezzò un pezzo di pane e lo pose nelle mani (avete già capito di chi) si proprio nelle mani di quel prete che si preparava a celebrare l’ultima Messa. Lui non capì cosa stava avvenendo e il Padre Francescano spiegò che a volte si offriva un pezzo di pane caldo a qualcuno anche sconosciuto, come usanza in Israele. Il bambino ovviamente corse probabilmente a casa. Avessi dovuto dargli un nome l’avrei chiamato Gabriele. Ma perché quel pezzo di pane spezzato proprio a quel prete? Quell’uomo che si preparava a spezzare per l’ultima volta il pane nella Messa si trovò quel pezzo di pane in mano e scoppiò a piangere e con lui i quattro preti mentre entravano a pregare davanti a quella santa casa di Maria. Non è più necessario raccontare il seguito perché lo avete già capito. Quell’uomo ricevendo quel pezzo di pane che diventò come un fuoco di Pentecoste nella sua mano, che riuscì ad incendiarlo, interpretò quel segno come l’invito a non smettere ma continuare a spezzare il pane e così fece.

i fatti come questo mi confermano che il Cielo è molto vicino alla terra.

Auguri e buon estate. 

d. Renato lo zingaro 


Allego anche questa email che ho appena ricevuto. 

Ciao zingaro! Ho ricevuto casualmente stamattina la notizia del tuo anniversario. Oltre a mobilitare i miei monelli ho lanciato il messaggio a una schiera di amici che volentieri hanno accettato l’invito di pregare per te... 

Che bello!! Tanti anni di matrimonio con Gesù... La tua vita matrimoniale penso sia simile a quella di un qualsiasi matrimonio cristiano... Avrai avuto momenti belli e altri difficili, dove la tua fede è stata messa a dura prova...  Avrai gioito con Lui, avrai litigato con Lui, avrai combattuto con Lui e per Lui, ma dopo 45 anni siete ancora insieme!! E' l’augurio è che possiate celebrare le nozze d’oro e di platino e soprattutto quelle eterne che solo Dio può donare!!

Ti abbraccio forte!!

 

 Lettera per Pasqua e resoconto degli ultimi anni

Pasqua 2017          

Cari amici, 

dalla Pasqua dello scorso anno ho registrato una serie di avvenimenti carichi di grazia, dolore e gioia. Quando lo scorso anno avevo scoperto che gli zingari in Armenia, 100 anni fa, erano cristiani, ho pensato che probabilmente potevano essere stati coinvolti nel Genocidio dei Santi Martiri Armeni, dove un milione e mezzo di Cristiani, hanno dato la vita per fedeltà a Gesù Cristo. Il 5 giugno trovai un documento che parlava di 7000 zingari deportati e uccisi, martiri per Gesù Cristo. Il testo di un testimone oculare dice: “Nel giugno 1915, il governo centrale ha promulgato un’urgente ordinanza di deportazione nel deserto di Der Zor, a carico dell’intera popolazione armena della provincia di Kastemouni, dove si trovavano circa 1.800 famiglie o 10mila persone, incluse più di mille famiglie di zingari-armeni”. (G. Balakian, Armenian Golgotha. A Memoir of the Armenian Genocide, 1915-1918, p.106). La parola “Deportazione “era una parola truccata per dire condanna a morte.

Ai turchi non interessava tanto uccidere dei cristiani ma convertirli all’Islam e coloro che non accettavano la nuova religione mussulmana venivano torturati e uccisi . Di questi 7000 zingari solo 10 davanti alle torture accettarono di diventare musulmani mentre gli altri sono entrati nel numero dei martiri. Un’ altra testimonianza dice: “Un capitano dei Giovani Turchi, mentre andava da Erzurum a Costantinopoli, portò notizie di ciò che era capitato a Kastemouni e Grigoris Balakian, l’autore di ”Armenian Golghota”, afferma: “Il nostro panico raddoppiò quando abbiamo udito i dettagli dei massacri degli Armeni (zingari), nelle città e nei villaggi vicino a Chankiri (cioè la provincia di Kastemouni)”. (G. Balakian, op.cit., p. 114. 60 G. Balakian, op.cit., p. 117). E ancora Balakian ci racconta di una ragazza che aveva iniziato la deportazione in una carovana di donne e ragazze, dove otto su dieci erano zingare. Egli racconta che un giovane turco nativo di Sungurlu, mentre accompagnava il convoglio delle deportate, fu conquistato dalla bellezza di una di esse. Propose alla ragazza di salvarsi: diventando musulmana e sposando lui avrebbe evitato la morte. Ma la ragazza rispose: “Perché non diventi tu cristiano, così io ti sposo?”. Il rifiuto mandò il giovane turco su tutte le furie e lei fu immediatamente torturata. In seguito le fu amputato un seno e, rimanendo sempre ferma nella sua fede, fu ridotta in tanti pezzettini. (G. Balakian, op.cit., p. 117). 

Ho consegnato personalmente la documentazione storica al Patriarcato Armeno di Etchmiadzin in Armenia e a Papa Francesco in quanto questa notizia è una preziosa pagina di storia della Chiesa firmata dagli zingari.        

Una importante notizia di altro genere è la conclusione di un progetto in India nella Diocesi di Jabua comprendente i territori di confine del Madia Pradesh/Gujarat/ Rajasthan.

Nel 2000, in seguito ad alcune proposte per provvedere a una qualche forma di scolarizzazione dei bambini pastori del Distretto di Jhabua, abbiamo iniziato a lavorare con 27 insegnanti con Supervisori e Coordinatore. Il progetto ha poi raggiunto il numero di 57 insegnanti e in seguito con doppio turno hanno raggiunto un centinaio di gruppi minori e oggi il progetto probabilmente ha compiuto la sua missione.  

Il NEG (Conferenza Episcopale Indiana) e la PACNI (Pastorale dei Nomadi in India) hanno provveduto al finanziamento in questi 16 anni .               

Nel 2000, nel Distretto di Jhabua, c’erano 804 villaggi con 40 000 Charwaha (bambini pastori) nei villaggi a cui se ne aggiungeva quasi i due terzi nelle aree urbanizzate si superava comunque certamente i 100 000 bambini che vivevano l’intera giornata a pascolare. 

Nel 2000 un bambino in ogni famiglia si dedicava al pascolo dal mattino alla sera sulle aride e pietrose colline di Jhabua. 

Nel 2000, almeno 22% dei bambini facevano i pastori. In quell’ anno iniziai delle scuole mobili per questi bambini, dove gli insegnanti erano anche catechisti. 

Ogni mattina, nel villaggio di una trentina di bambini, con 300 bovini si spostavano con l’ insegnante nei luoghi di pascolo. 15 bambini si incaricavano di controllare gli animali mentre gli altri 15, con l’ insegnante, attendevano a un’ ora di scuola; dopo un’ora si davano il cambio e così per tutta la giornata. 

Nel 2004 i bambini pastori delle scuole mobili hanno raggiunto il numero di 1700 all’anno. 

In questi 16 anni oltre 10 000 bambini hanno frequentato le nostre scuole mobili per bambini pastori (molti di essi hanno frequentato almeno due anni di scuola e un buon numero ha continuato le scuole superiori. Qualcuno ha pure fatto un anno soltanto). 

Nel 2005 I primi bambini delle scuole mobili hanno iniziato il passaggio alle scuole statali di quella Regione 

Nel 2000 nei villaggi appena il 5% dei bambini si permetteva il lusso della scuola, mentre oggi solo più lo 0’6% continua il lavoro di pastore. 

Ovviamente la storia è cambiata. Fino a 10 anni fa le colline di questa regione erano coperte di bovini e bambini che li pascolavano. Oggi con una visione a 180 gradi puoi scorgere uno o due gruppi con pochissimi animali. Questa settimana facendo un sopralluogo dalle 9,30 del mattino alle 12,30 del pomeriggio sulle colline di Thandla abbiamo incontrato appena due gruppi accompagnati da pastori adulti con un solo adolescente. Cosa è capitato? 

I bambini che 16 anni fa frequentavano queste scuole mobili, oggi sono sposati con figli e non vogliono più che i loro bambini facciano questo lavoro, per questa ragione molti di essi hanno venduto gli animali lasciando così i bambini liberi di andare a scuola, in altri casi alcuni adulti sostituiscono i bambini che rimangono liberi per la scuola e negli ultimi due anni il Governo ha provveduto a una scuola in tutti i villaggi. 

In conclusione possiamo rallegrarci perché oggi dopo 16 anni la maggior parte dei bambini lavoratori possono sostituire il lavoro minorile con la scuola. 

Nel 2014, la Conferenza Episcopale Indiana, grazie a questo progetto, classificò la PACNI (Pastorale dei Nomadi in India) tra le 5 Istituzioni nazionali che più stavano contribuendo alla lotta contro il Lavoro Minorile. 

In sostituzione a questo progetto proposi un lavoro di catechesi nelle città di migrazione dove sei mesi all’anno le famiglie Bhil si accampano nelle periferie delle città e per sei mesi lavorano nell’edilizia, ferrovie o altri lavori pesanti. I Catechisti avrebbero il compito di rappresentare la loro chiesa di origine, riunendoli per momenti di preghiera e di catechesi. Il Vescovo si è dichiarato ottimista per questo progetto di otto catechisti impegnati a tempo pieno assistendo la comunità nomade durante i mesi di nomadismo. Intanto, sempre in quella regione, un gruppo di giovani cantori e attori hanno iniziato una attività lavorativa (con un nostro progetto) che consiste nel portare il Vangelo nei villaggi con serate di catechesi, canti e drammatizzazione di fatti e parabole del Vangelo. 

Si sta pure preparando un progetto di 370 nuovi insegnanti per i seminomadi Mahali del Nord Bangladesh. Se il progetto va in porto sarà finanziato da una Istituzione inglese. 

Scusate se ho parlato solo di progetti ma queste erano due notizie troppo importanti che, chi mi accompagna con preghiere ed aiuti, non poteva ignorare. E poi non dimentichiamo che per noi cristiani ogni azione sociale è un atto di culto a Dio stesso, perché così Lui vuole. 

A tutti auguro una Buona Pasqua 

Don Renato 

P.S. Sto preparando un resoconto di questi “nostri” 25 anni di Asia con i nomadi di questo continente. Si tratta di un CD con molte immagini di foto e video per avere un’ idea di chi sono gli zingari in questo continente e che cosa si è cercato di fare con loro. Lo invierò solo a chi me lo chiede e per questo ho bisogno di avere il vostro indirizzo di posta cartacea. Sarà inviato gratuitamente con molta gioia perché se uno lo chiede significa che è interessato a questa missione e io mi sentirò anche più gratificato. 

 

 Cari amici...

In qualche angolo del Bangladesh - gennaio 2017       

Sono in ritardo per gli auguri di Buon Natale, per cui anticipo quelli del 2017.

Quest’anno vi risparmio la lettera circolare di Natale. Per 6 mesi a distanza di due settimane avete ricevuto un capitolo di una storia che mi ha tenuto impegnato negli ultimi 10 anni specialmente durante i viaggi, in treno, alle stazioni o negli aereoporti, insomma una lettera abbastanza lunga. Mentre la scrivevo a me ha fatto del bene. Uno degli scopi principali è stato non tanto voler dare risposte meno arrugginite, ma stimolare a riflettere su grandi temi della vita. Se qualcuno avesse perso alcuni capitoli può trovare il testo  completo su internet: "Il Dialogo dei Monaci". Chiedo scusa per non aver sempre saputo tradurre in parabole, racconti o testimonianze alcune pagine che sono rimaste un poco pesanti. Tutti sappiamo che è molto più difficile scrivere facile che scrivere difficile.

Colgo l’occasione per ringraziare Franco Bardino per il lungo, paziente e prezioso lavoro che ha fatto in questi sei mesi. Egli si è prodigato nel farvi arrivare i testi a scadenze fisse; infatti qualche amico mi disse che avrebbe preferito ricevere il testo a puntate e così si è fatto. Ringrazio Antonella Saracco che ha fatto da correttrice di bozze  e molto di più specialmente quando alcune espressioni non erano chiare. Grazie ancora  a due amici teologi che mi hanno assistito durante il cammino. Un grazie speciale ai molti amici che con quell’occasione hanno instaurato un dialogo con me continuando ad approfondire i temi.

Poichè questa lettera è inviata anche a diverse comunità religiose che non hanno la facilità di Internet, comunico che se desiderano avere quel testo lo possono chiedere a un amico che ha computer e stampante scrivendo semplicemente  "il dialogo dei monaci renato rosso"

Se a qualcuno il testo sembra troppo lungo non si preoccupi che entro breve invierò un riassunto o meglio una scelta di pagine, le più semplici e significative.

Vi auguro di prepararvi bene anche quest’anno a ricevere il regalo di Natale: Gesù Cristo

Don Renato

 

2016

Lettera per Pasqua 

In qualche angolo del Bangladesh - marzo 2016 

Cari amici, sono sempre di più le cose che vorrei condividere con voi, però  riconosco che anche i vostri tempi sono  limitati.      

25 febbraio 2016     

La piccola missione con gli zingari del Bangladesh e India va bene grazie in primo luogo alle vostre preghiere e ai vostri aiuti. Quest’anno sono aumentati gli insegnanti tra i nomadi in Bangladesh, ma sono aumentati anche i malati. Non pensate che ci siano più  malati che in passato, semplicemente i bengalesi si rassegnano di meno a morire per non poter comprare le medicine o per non poter fare un intervento chirurgico. La solidarietá (spesso spinta dalla disperazione) sta comunque aumentando.  Il lavoro missionario in questo Paese continua ad essere  comunque caratterizzato dall’emergenza. Non si fa tanto ciò che si desidera, ma ciò che si è forzati a fare. Interrompo questa lettera, proprio per un'urgenza e la riprenderò appena possibile.       

10 marzo 2016

Qui a Khulna,  si vive costantemente l’emergenza, come durante un terremoto e  ogni giorno bisogna dissotterrare qualcuno.  E da queste macerie non si estrae mai nessuno in modo risolutivo e definitivo.  E nessuno dopo il nostro intervento  può dire :”adesso sono veramente totalmente dissotterrato”, no, nessuno lo può dire.  Anche noi missionari  liberiamo il braccio a uno,  un piede a un altro, o solleviamo un poco la testa a un altro , ma nulla di risolutivo. Se le persone non vivono da sepolti sotto le macerie di questo permanente terremoto vivono  però in stato di terremotati permanenti. In che modo? Cosa capita di fatto? Ieri mattina all’ospedale della Diocesi trovo una mendicante che ha la ricetta in mano e dice: ”Dove trovo i soldi per comprare le medicine?” Qui ovviamente non esistono le mutue.

Una mamma  ha 28 anni con due bambini uno dei quali ha nove anni, sordomuto  e quasi totalmente paralizzato, il marito vive con il rixò. L’altro ieri e ieri sono stato con loro per fare degli esami e la conclusione  ormai chiara è che necessita di un intervento chirurgico a Dhaka con un costo di quasi 3000 euro. Parlando con un medico e religioso mi è stato detto: ”Quando ci troviamo di fronte a casi simili concludiamo che con tre mila euro possiamo risolvere i problemi di salute di decine di persone”. In seguito io continuai la domanda: “E se questa mamma è tua sorella che fai? Continui ad essere d’accordo che  è meglio aiutare decine di malati anziché  lei a non morire?”

E quando si decide di aiutare? Può capitare  ciò che capitò a Inaiat:

5 anni fa quel ragazzo (25 anni) aveva bisogno di un intervento chirurgico al cuore, molto costoso. Arrivò l’aiuto e si fece l’intervento con successo.

Poi decise di sposarsi perchè un mussulmano che non si sposa se lo può è peggio di uno che non va a pregare in Moschea . Ha avuto bisogno di trovare un lavoro e ne trovai uno presso  un piccolo ristorante.  E con un aiuto successivo il ragazzo si è sposato realizzando il più importante sogno della sua vita. E’ nata la prima bambina e l’anno seguente la seconda. La mamma delle due bimbe, per la scarsa alimentazione, con pochissimo latte ha avuto bisogno di una adozione a distanza per sopravvivere. Quest’anno Inaiat, pur molto giovane,  e’ morto di infarto. La moglie ieri mi ha telefonato per dirmi che domani passerà da me per un aiuto.

Non posso però dimenticare  che il bene è vincente. Come vi ho parlato delle fatiche incontrate oggi, devo però riconoscere che la Provvidenza non abbandona mai. Ieri un pensionato italiano mi ha dato un assegno da 1500 euro e la causale era la seguente: “Mio figlio è stato operato con successo e ovviamente con l’aiuto della mutua,  per cui mi sento in dovere di aiutare un altro che la mutua non ce l’ha”. Così anch’ío divento un collega della Provvidenza.

Anche in Bangladesh il bene vince. Gente che ha tutti i diritti di scoraggiarsi e continua a lottare. La solidarietà  tra i poveri è straordinaria. Lo scorso anno, quattro mamme, poverissime, due senza marito, non hanno rinunciato all’operazione a cuore aperto per il loro figlio. La spesa per ogni intervento non era inferiore ai 2500 euro (in Bangladesh una cifra da capogiro). Queste mamme sono andate dai parenti, dagli amici, hanno bussato a tutte le porte, ma hanno vinto tutte e quattro.

Nove anni fa in seguito a una operazione a cuore aperto di uno zingaro insieme all’ex cappellano della Pastorale dei nomadi in India si è iniziata una fondazione per operare bambini malati di cuore che non avrebbero mai potuto fare l’intervento con le loro forze (quasi 3000 euro per ogni bambino,in India costa di più). Quest’anno si è arrivati a 544 bambini operati con successo (aiutati dalla Germania). Ho riportato questo fatto per dire semplicemente  che c’è anche  molta solidarietà.

Poi non dimentichiamo che ci siete voi con tutte le vostre iniziative che sanno asciugare tante lacrime. Tra i miei “vostri” zingari lo scorso anno 800 mamme hanno ricevuto medicinali-integratori durante i primi sei mesi di allattamento. A causa di una alimentazione indecente le mamme dopo il parto sono sempre con pochissimo latte e questo intervento di quattro medicinali,  aiuta già dopo una settimana dalla cura ad aumentare il latte, con grande beneficio di mamma e figlio. Poi, sempre con i vostri aiuti, le scuole continuano (quest’anno un progetto inglese ha aggiunto 125 insegnanti a quelli già esistenti) e pure le “famiglie aperte” che hanno adottato 104 bambini (generalmente orfani) e non hanno fatto una adozione a distanza, ma in casa loro; queste pure  offrono una grande speranza.          

20 marzo 2016 

Questa mattina per LA DOMENICA DELLE PALME  avevo programmato tutto per la processione e messa solenne a cui avrei partecipato come concelebrante.  Ho lasciato tutto e son partito con una macchina privata, altrimenti non sarei arrivato in tempo e ho raggiunto una ragazza di 16 anni sposata da due mesi, con un "tumore"  che necessita un intervento chirurgico (se sarà possibile) dai nostri medici volontari che ogni anno vengono a regalare un mese di lavoro gratuito a questo paese. I medici stanno quasi partendo, per cui ho fatto un tentativo all'ultima ora. Sono rientrato in questo memento dopo i 400 Km. Ho appena  incontrato il chirurgo e ho concluso la mia Domenica delle Palme dicendo grazie al Signore. Celebrerò questa sera privatamente ma non dimenticherò che questa mattina nella mia processione c'era solo una bambina mussulmana di 16 anni che cantava a squarciagola: Osanna, Osanna al Figlio di Davide!!! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore a portarmi in Ospedale!!!". E così trascorro le mie giornate in ringraziamento,

Buona Pasqua.  

Don Renato 

P.S. 1 

Fare propaganda politica è peccato? Penso di no, vero?

Ho un amico che è appena venuto a trovarmi in India. E’ presidente della onlus che si occupa dei progetti per i nomadi in Bangladesh e India. Ha la virtù di essere professionalmente ben preparato, ma ha un difetto molto grande per la politica: è onesto e intransigente. Ha comunque  il coraggio di presentarsi alle elezioni comunali di Torino come consigliere. Si chiama Alberto Pugno. 

P.S. 2

Dopo Pasqua proporrò un capitolo di un libro che prima di pubblicarlo desidero condividerlo con voi e leggere eventualmente le vostre riflessioni . Chi riceve questa lettera via carta sa che lo potrà trovare su questo sito.