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Orientamenti per una pastorale degli zingari - Aspetti particolari di Pastorale per gli zingari
Orientamenti per una pastorale degli zingari
Cap. V - Aspetti particolari di Pastorale per gli zingari
Sommario
Aspetti particolari di Pastorale per gli Zingari
57. L’evangelizzazione degli Zingari è missione di tutta la Chiesa, perché nessun cristiano dovrebbe restare indifferente davanti a situazioni di emarginazione o di allontanamento dalla comunione ecclesiale. Anche se la pastorale per gli Zingari ha una sua specificità, e richiede ai suoi diretti protagonisti un’accurata e specifica formazione, un atteggiamento di accoglienza deve così manifestarsi nell’intera comunità cattolica. Occorre perciò sensibilizzare maggiormente tutto il Popolo di Dio non solo per superare l’ostilità, il rifiuto o l’indifferenza, ma per giungere a un comportamento apertamente positivo nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle Zingari.
Aspetti specifici di tale pastorale
58. Per impostare adeguatamente la pastorale per gli Zingari, la dimensione antropologica ha una grande rilevanza, anche perché essi sono specialmente aperti all’impatto “sensitivo” di un evento, soprattutto se riguarda l’ambiente familiare. La loro relazione con la storia resta poi sempre fondamentalmente “emotiva”. I loro punti di riferimento nello spazio e nel tempo, in effetti, non sono fissati dalla geografia o dalle date del calendario, ma piuttosto dalla densità affettiva di un incontro, di un lavoro, di un incidente, di una festa. Le loro reazioni sono piuttosto immediate, guidate da un criterio più intuitivo che da un pensiero teorico, e tutto ciò rende indispensabile una grande capacità di discernimento, di iniziativa e creatività nel modo d’impostare l’azione pastorale.
Accostamento e modi di comunicazione
59. Per la mentalità degli Zingari l’azione pastorale sarà più incisiva quando essa si svolgerà nel seno di piccoli gruppi. Risulta qui più facile la personalizzazione e la condivisione della esperienza di fede, mentre ivi si partecipa agli stessi avvenimenti, illuminandoli con la luce del Vangelo e si raccontano le singolari realizzazioni d’incontro con il Signore. In tali gruppi gli Zingari si ritrovano con se stessi e con la loro cultura ed è apprezzato il loro “protagonismo” e la responsabilità laicale. L’anonimato spersonalizzante toglie invece alla pastorale gran parte delle sue potenzialità.
60. La Parola di Dio annunciata agli Zingari nei vari ambiti dell’azione pastorale sarà da loro più facilmente accolta se proclamata da qualcuno che si è dimostrato, in concreto, solidale verso di loro attraverso gli avvenimenti della vita. Nell’ambito concreto della catechesi risulta inoltre importante includere sempre un dialogo che permetta agli Zingari di esprimere come percepiscono e vivono il proprio rapporto con Dio. Le situazioni vissute spesso dicono più delle idee ridondanti in cui rischiano di perdersi.
61. Occorrerà inoltre valutare l’opportunità di intraprendere traduzioni di testi liturgici, della Bibbia, di libri di preghiere, nella lingua usata dalle varie etnie nelle diverse regioni. Analogamente, il ricorso alla musica – molto apprezzata e praticata presso gli Zingari – negli incontri pastorali e nelle celebrazioni liturgiche è un validissimo supporto, che conviene promuovere e sviluppare. Infine, dato che la memoria visiva degli Zingari è straordinariamente sviluppata, i sussidi didattici in forma cartacea e video, con foto significative, e in tutta la varietà offerta dalle nuove tecnologie, se ben adattati alla mentalità zingara, possono offrire un aiuto prezioso, se non indispensabile.
Pastorale sacramentale
62. La richiesta dei sacramenti da parte delle famiglie si situa in un contesto che riguarda il rapporto reciproco fra Chiesa e Zingari. Essi si rivolgono di preferenza al Rašaj (sacerdote) o all’équipe parrocchiale che hanno saputo dimostrarsi accoglienti e aperti nei loro confronti, senza dubbio perché hanno condiviso anche momenti dolorosi o pericolosi della loro vita. Prima di dare una risposta affrettata, è necessario discernere la qualità della relazione esistente fra la famiglia zingara e la comunità cristiana locale. Questa valutazione determina l’autenticità della domanda, e dovrà incidere nella preparazione al sacramento e nel suo svolgimento.
63. Il battesimo è di solito il sacramento più richiesto. Occorrerà però sviluppare l’accompagnamento spirituale della famiglia e del battezzato in modo tale da arrivare a completare l’intero arco dell’iniziazione cristiana. La risposta data alla prima domanda di battesimo sarà però determinante e si ripercuoterà sull’avvenire, su tutta una vita.
Il dialogo preparatorio alla celebrazione del battesimo deve comunque partire dalla esistenza zingara quotidiana, altrimenti si correrà il rischio di usare un linguaggio religioso parallelo alla loro vita, al quale si aderirà soltanto esteriormente. Bisognerà inoltre fare una scelta accurata del padrino o della madrina, un ruolo che implica l’accettazione di una relazione privilegiata, in continuità, con la famiglia. Per questo la loro presenza, nella preparazione, è molto conveniente, anche se non sempre è facile da ottenere.
64. Vanno dunque evitati sia i battesimi senza l’adeguata preparazione, sia l’imposizione delle esigenze che valgono per i gağé, come se gli Zingari fossero membri “usuali” della comunità territoriale. Se il celebrante non possiede una formazione specifica per una catechesi adattata agli Zingari, converrà dunque che si consulti con il Cappellano degli Zingari più vicino. Durante la celebrazione si dovrà poi curare bene il linguaggio, per poter nutrire e sviluppare la fede dei genitori, dei padrini, delle madrine e di tutta la famiglia presente. Non tutte le parole di cui può servirsi un gağó sono infatti comprensibili a uno Zingaro. Le immagini utilizzate non hanno cioè lo stesso impatto in una differente visione del mondo.
Comunque il battesimo dovrebbe essere celebrato con la presenza di membri di tutto il Popolo di Dio. Come nel caso degli altri cattolici, la famiglia zingara, nella sua diversità, sarà associata alla preparazione e alla celebrazione. Si può giungere così a un’esperienza di cattolicità che può inaugurare un rapporto nuovo tra Zingari e gağé, più ancora se le relazioni istaurate in occasione della preparazione sono mantenute in seguito, condividendo la loro vita.
65. Importante, soprattutto per i giovani, appare una pastorale della confermazione, sacramento praticamente sconosciuto dalle comunità zingare. La relativa catechesi di preparazione consente di recuperare, sul modello catecumenale, le carenze precedenti dell'iniziazione cristiana, educandoli a una libera e consapevole aggregazione alla Chiesa. La confermazione, mentre introduce il battezzato alla piena partecipazione alla vita dello Spirito, all'esperienza di Dio e alla testimonianza della fede, gli scopre insieme il significato della sua appartenenza ecclesiale e della sua responsabilità missionaria. Appare altresì importante dare rilievo all'altro “soggetto” del sacramento, cioè alla comunità, da includere nella catechesi in forma intergenerazionale, perché in occasione della celebrazione dei “suoi cresimati” possa vivere essa stessa la grazia di una nuova Pentecoste, venendo confermata al soffio dello Spirito, nella sua vocazione cristiana e nella sua missione evangelizzatrice.
66. Fonte e vertice della comunione in Cristo e con la Chiesa è l'Eucaristia, memoriale della morte e resurrezione del Signore, sacramento pure non ancora acquisito nel suo pieno significato dagli Zingari. Tuttavia esso trova un risvolto importante nella tradizione di alcuni gruppi circa i banchetti sacri, celebrati di solito in onore del Santo protettore della famiglia o per la pace dei defunti. Vi si loda Dio per le grazie ricevute e si condividono i cibi, prima il pane e il vino, che vengono spesso benedetti dal capo della famiglia ospitante. Questa esperienza di comunione nel convito, in cui gli Zingari affermano l'appartenenza alla propria comunità, può essere permeata da un continuo riferimento a Dio quale fonte dei beni che danno un senso e un valore alla vita, nel qual caso diventa punto di partenza per una progressiva introduzione nella comunità cristiana riunita nella preghiera. Ciò avviene soprattutto nella liturgia eucaristica, dove il sacramento potrà essere rivelato e celebrato quale condivisione dello stesso pane della vita, alla mensa del Padre, nell’incontro con il mistero pasquale, celebrato nell’eucaristia quale memoriale del Cristo fattosi dono per noi. Lo contraccambiamo, fatti noi stessi dono a Dio e al prossimo, nella carità.
67. Il sacramento della penitenza o riconciliazione, pur disertato nella forma sacramentale, trova un preciso riferimento sia nella consuetudine degli Zingari di chiedere continuamente e anche pubblicamente perdono a Dio per le proprie mancanze, sia nella concezione e nel comportamento con cui la tradizione regola la riconciliazione, quando riammette un membro nella comunità, dalla quale era stato dichiarato "impuro" e bandito per gravi infrazioni del codice etico. Il sacramento allora si fa segno visibile di un processo di conversione, nel quale, da una parte, è Gesù stesso che dona, mediante il ministero della Chiesa, il perdono misericordioso del Padre, inscindibile dalla riconciliazione con i fratelli, dall'altra è la risposta umana sostenuta dalla grazia dello Spirito, che si apre alla retta coscienza morale nell'adesione radicale a Dio.
68. Per quanto riguarda il matrimonio, è da considerare che esso è iscritto nella cultura e nella tradizione zingara con varietà di rituali, a seconda del gruppo di appartenenza, ma con uguale sostanza. I due contraenti assumono, cioè, tutti i diritti e doveri coniugali di fronte alla comunità, che sancisce la validità dell’unione, quale status permanente dove i valori etici e naturali – libertà, fedeltà, indissolubilità e fecondità – sono sostanzialmente custoditi. L’unione matrimoniale è qui intesa come totalmente diversa da una qualsiasi semplice unione sessuale e si presenta quindi come un evento straordinario, che si avvicina alla visione cattolica del matrimonio, per cui potrà essere ritenuto, per i battezzati, una base significativa del futuro sacramento, la cui “forma” è richiesta dalla Chiesa. La famiglia, cuore e fondamento della cultura e della struttura sociale degli Zingari, sacramentalmente così rinnovata, si fa terreno fecondo per la formazione di piccole comunità cristiane, nella prospettiva della graduale e piena partecipazione alla vita della Chiesa nella varietà dei carismi e dei ministeri.
69. L'unzione degli infermi è un sacramento non solo non praticato, ma misconosciuto come segno sacramentale di Cristo e preghiera di tutta la Chiesa per il malato. Il rifiuto del sacramento è dovuto alla falsa convinzione che esso sia collegato alla morte. Da qui l'istanza di una evangelizzazione della sofferenza, in cui il malato, unito a Cristo, che si è caricato delle sofferenze dell'umanità (cfr Mt 8,17), vive l'esperienza della sua infermità come abbandono fiducioso a Dio Padre e come apertura generosa alla solidarietà con gli altri sofferenti, così disponendosi ad accogliere il dono della guarigione, che Dio può operare nel profondo dell'anima, irradiandone gli effetti sul corpo. Il sacramento può trovare un efficace punto di partenza nella grande sollecitudine per i malati e in particolare per i morenti, che sono portati dall'ospedale a "casa" perché possano ancora godere dell'amore e della tenerezza della famiglia e della comunità.
La liturgia dei defunti, insistentemente richiesta per il timore che il defunto non si senta adeguatamente onorato, è chiamata a purificare e a perfezionare, alla luce del mistero pasquale, il culto tradizionale dei morti, vissuto in tutti i gruppi, pur con modalità diverse, in modo comunitario, con grande enfasi e generosità.
I pellegrinaggi
70. I pellegrinaggi sono espressione devozionale molto apprezzata dagli Zingari. Risultano, di fatto, attraenti occasioni di riunione per le loro famiglie. Spesso poi i “luoghi sacri” di incontro con il “Santo”, o la “Santa”, sono legati alla storia familiare. Un avvenimento, un voto, un cammino di preghiera vissuti come un incontro personale con il “Dio del Santo o della Santa”, cementano in effetti la fedeltà di un gruppo. Se la Chiesa, grazie alla presenza di Cappellani, di religiosi/e, o di laici, condivide, comprendendola, la preghiera degli Zingari, amministra loro il battesimo o benedice un matrimonio, il pellegrinaggio disporrà i partecipanti a un’esperienza di cattolicità che condurrà dalla “Santa” o dal “Santo” alla persona di Cristo e a legami ecclesiali con i gağé.
Pure i battesimi preparati in questi luoghi di pellegrinaggio possono essere celebrati con maggiore profondità e autenticità, perché risultano più familiari e sono scelti per tempo dagli Zingari stessi. In tali occasioni sarà altresì possibile, mediante catechesi adattate agli adulti, approfondire la fede in Cristo partendo dalla loro religiosità.
71. Anche la Via Crucis, svolta e ripetuta specialmente durante i giorni del pellegrinaggio, è di solito molto apprezzata. La si vive, cioè, come una celebrazione penitenziale che gli Zingari possono animare con maggiore facilità, giacché le stazioni della Via Crucis di Cristo parlano a loro cuore a cuore, rimandandoli alle sofferenze della vita e invitandoli a operare a favore della riconciliazione con i gağé e tra Zingari. Ma anche la pia recita del Rosario fa parte dell’orante peregrinare.
La presenza di Sacerdoti, religiosi/e e laici che vivono vicino a loro durante alcuni giorni, rende inoltre possibili molteplici riunioni e conversazioni in cui gli Zingari prendono la parola e testimoniano la loro fede, nutrendosi di un Vangelo condiviso. In queste occasioni ci sono altresì possibilità di contatti con gağé, che modificano spesso l’immagine negativa degli Zingari nell’opinione pubblica e distruggono generalizzati pregiudizi.
72. Per questo è conveniente promuovere tutti i vari tipi di pellegrinaggio, ma in particolare quelli a dimensione internazionale, nei quali più facilmente si sperimenta la cattolicità vissuta. Devono essere analogamente sostenuti i pellegrinaggi regionali, più accessibili anche alle famiglie povere. Seppur questi pellegrinaggi, meno conosciuti, non sono soliti avere una funzione formativa, possono però trasmettere il gusto del Vangelo, alimentando la fede di ognuno. Essi costituiscono inoltre una buona occasione per promuovere i grandi pellegrinaggi, attraverso le testimonianze delle famiglie che vi hanno già partecipato, vivendo momenti indimenticabili e incontri inediti.
73. È necessario infine che la comunità responsabile di un santuario coordini il pellegrinaggio zingaro e prenda contatto con qualche responsabile della relativa équipe pastorale, soprattutto se in loco non si è abituati alla loro cultura e alle loro tradizioni. In questo modo si potranno anche analizzare le eventuali reazioni degli abitanti della città o del paese dove sorge il santuario, o del vicinato, per conoscerne il tenore e stabilire gli opportuni interventi. Se non si agisce in anticipo, l’alloggio delle famiglie o lo stazionamento delle carovane possono suscitare infatti tensioni il cui ricordo negativo durerà a lungo.
Le sfide della Pastorale per gli Zingari
Passaggio dal sospetto alla fiducia
74. Il fatto di presentarsi con amore e con il desiderio di proclamare la Buona Novella non è sufficiente per creare tra Zingaro e Operatore pastorale gağó un rapporto di fiducia, perché la storia ha un suo peso e, dopo tanti torti subiti, la popolazione gitana resta sospettosa di fronte all’iniziativa di chiunque cerchi di penetrare nel suo mondo. Il superamento di questo iniziale atteggiamento può solo provenire da dimostrazioni concrete di solidarietà, anche attraverso una condivisione di vita.
Ogni dimostrazione e ogni atto di reciproco perdono consolidano poi la fiducia e la solidarietà, favorendo l’instaurazione di rapporti positivi tra Zingari e gağé. In tale contesto si inserisce la parola di Papa Giovanni Paolo II ai fedeli, il 12 marzo 2000, quando si chiese perdono anche per i peccati commessi nei confronti degli Zingari dai figli della Chiesa nel corso della storia.
Dalle varie credenze alla fede
75. Analogamente a quanto succede fra i gağé, molti Zingari sono battezzati ma non evangelizzati. La sola “credenza in Dio” non è sufficiente, nella visione della fede cristiana, perché è necessario arrivare all’accoglienza autentica di Gesù Cristo e del suo messaggio. Il passaggio dalle credenze alla fede può essere eventualmente avviato attraverso itinerari di tipo catecumenale, che portino i battezzati al gioioso incontro con la persona del Signore.
Questo sforzo verso la maturità della fede cristiana dovrebbe sradicare quella fuorviante credulità che spesso porta alla pratica della chiromanzia e più in generale alla superstizione. Vanno altresì superate le concezioni errate sul significato dei riti liturgici. In questo contesto occorre rimettere sul giusto binario le richieste di sacramenti motivate da intenzioni sbagliate o incomplete, come lo è il desiderio della salute corporale del bambino.
Ecclesialità, ecumenismo e dialogo inter-religioso
76. Una fede matura è anche fede ecclesiale, vissuta cioè stabilmente in seno alla Chiesa. Mentre il contatto con membri di altre confessioni cristiane e religioni potrebbe essere un’occasione d’arricchimento, non giova certo alla crescita della fede un cambiamento di appartenenza con passaggio a una Chiesa o comunità ecclesiale determinata dato che tra queste e la Chiesa cattolica vi sono importanti divergenze, non solo di carattere storico, sociologico, psicologico e culturale, ma soprattutto nell'interpretazione della verità rivelata (cfr UR 19). È da evitare dunque anche la contemporanea frequentazione di due o più chiese, il che significherebbe un’anomala spaccatura fra fede e sua celebrazione nel culto.
77. È inoltre necessario distinguere accuratamente le confessioni cristiane dalle sette e dai “nuovi movimenti religiosi”. Questi ultimi possono eventualmente attirare – a volte addirittura con metodi permeati di proselitismo non evangelico – l’innata religiosità degli Zingari, ma non si configurano come realtà autenticamente ecclesiali. Perciò si dovrà fare tutto il possibile perché gli Zingari non cadano in lacci settari.
Comunque occorre tener presente che le frequenti migrazioni li mettono in contatto congağé e Zingari appartenenti ad altre confessioni e religioni, e da ciò sorge la necessità di impostare la pastorale con giusta prospettiva ecumenica e inter-religiosa, sia nel modo di presentare il messaggio evangelico, sia nel rapporto con i credenti delle altre confessioni e religioni.
78. Un ruolo particolare potrebbero avere in questa pastorale specifica i nuovi movimenti ecclesiali che lo Spirito Santo suscita nella Chiesa. Con il forte senso della dimensione comunitaria, con l’apertura, la disponibilità e la cordialità loro peculiari, possono costituire in effetti un luogo concreto per l’espressione “emotiva” religiosa degli Zingari, nonché favorire la loro migliore evangelizzazione, in una reciproca interazione.
Analogamente sarebbe utile creare nella pastorale specifica per gli Zingari, uno spazio per le associazioni cattoliche internazionali e/o nazionali, che rimangano, però, in costante rapporto di comunione e di collaborazione, a seconda delle circostanze, con il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, con la Chiesa locale e la Direzione nazionale che si occupa dei Nomadi.
La secolarizzazione
79. Costatiamo a questo proposito che essa, generalizzata in molte società di oggi, investe sempre più anche gli Zingari e in particolare quelli più integrati nel mondo dei gağé. L’urto ha la particolarità di trovarli “meno preparati”, perché la situazione di separazione dal resto della società li aveva finora risparmiati da questo pericolo. Adesso invece ne subiscono quasi d’un tratto l’impatto. La secolarizzazione ha poi una presa del tutto speciale sul mondo giovanile, più facilmente attirato da false prospettive che si offrono, e ciò a danno della religiosità vissuta in seno alle famiglie. I giovani entrano sempre più in contatto con altri giovani gağé, che spesso non manifestano alcun interesse religioso, suscitando negli Zingari interrogativi ignorati dai loro genitori. Questi non sono poi così preparati per rispondere a domande che a loro volta non si sono mai poste, perché finora Dio risultava “evidente”. Ciò rende pressante una pastorale giovanile degli Zingari, che va impostata in modo prioritario.