Prefazione di Kalyan Kumar Chakravarty al libro "Nomads of South Asia - Anthology of 400 Nomadic Groups and Gypsies of India" di Renato Rosso e Kalyan Kumar Chakravarty
Questo volume è il risultato di quasi due secoli di studi fra i nomadi da parte di studiosi occidentali. La maggior parte dei lavori passati riflette però la convinzione orientalista di Karl Marx, sulle popolazioni asiatiche, riflessa anche nella asserzione del 18 Brumaire di Luigi Napoleone, "loro non possono rappresentare loro stessi; loro devono essere rappresentati". La rappresentazione è egemonica e piena di pregiudizi ideologici. I vari articoli in questo volume devono essere letti nel contesto della missione britannica di stabilire un'autorità politica sulla società indiana, e, dell'esteriorità della rappresentazione fatta dagli orientalisti britannici, stando fuori dal contesto indiano, esistenzialmente e intellettualmente. Troppe volte il vero nomade non è preso in considerazione, è invece rappresentato chi è visto come un nero, non stabile, una frangia indesiderata in un paese colonizzato e come un criminale, un crudele selvaggio. Trascendendo la descrizione dei loro modi di vita, esce il tentativo continuo di classificare i nomadi sotto categorie peggiorative, siano loro mendicanti religiosi come i Bairagis o i Jogis, menestrelli erranti come i Bauls, acrobati come i Bazigars, con i loro cavalli come Bhats, mendicanti professionisti come i Dewars, a preti come i Koravas, fattucchieri come i Kurumbas, maghi sacerdoti come i Pradhans, o gruppi come i Chapparbands o i Jogis. Sono definiti come persone con pratiche criminali o, con tendenze demoniache, fabbricanti di monete false o rivenditori di metalli. Ed ancora: incalliti giocatori come i Bhils, ladri delle ferrovie come i Bhampas, scassinatori come i Doms, furfanti come i Minas, ladri come i Kalandars o i Rahwaris, la natura pugnace dei Gosains è stata menzionata con un disgusto malamente nascosto, il furto è stato descritto come una parte congenita della religione dei gruppi, senza tentare di comprendere i vari modi nei quali i loro stili di vita sono stati disturbati da intrusioni esterne e non capendo che le vittime della distruzione non dovrebbero essere biasimate come agenti di tale distruzione.
I riti matrimoniali, le varie pratiche cerimoniali, i miti originari, leggende, feste, modi di adorazione, divinità, autogestione, abitudini sessuali del nomadi sono descritti in questo volume. Il testo è inframmezzato con discussioni sulle lingue, letteratura, storie del popolo e canzoni di gruppi come il Bhats, Kanjars, Kodasor Todas o, delle tecnologie dell'esistenza, includendo la coltivazione mobile dei Baigas, il sistema i caccia dei Bhils, gli armenti bovini dei Gaddis. Le divinità del popolo e consigli tribali che governano i vari gruppi, includendo quelli del Bagdis sono anche state elencate. Informazioni preziose sono state date sulla così chiamata demonologia dei Kanjars, e materiale è stato fornito sulla mitologia dei Singbonga e sull'adorazione del sole fra il Mundas. Comunque, queste informazioni non sono complete, in quanto si è deciso di lasciare questi gruppi ai loro propri modi, piuttosto che imparare o imparare dalla loro lingua. C'è, invece, una concentrazione nella descrizione di sacrifici umani, stregoneria, promiscuità femminile, pratiche prematrimoniali, maschere grottesche, ubriacature di vari gruppi come Banjaras, Barwas, Bhils, Budukalas, Madaris, Oraons. C'è anche un piccolo tentativo di comprendere la saggezza, il metodo e la natura specifica delle abilità e tecnologie, la religione, la filosofia, o il rituale dei culti popolari. Come risultato, i gruppi nomadi sono stati presentati come un massa amorfa, caratterizzata da pratiche animistiche o feticistiche pratica che non ha un parallelo nelle più progredite ed evolute forme di pensiero. L' implicito suggerimento di una missione redentrice, per proteggere il territorio indiano dal tribalismo, dal dissenso, dalla violenza, è naturalmente basato sul discorso globalizzante degli Europei, che si sono assunti il non richiesto onere di civilizzare il mondo non europeo, senza consenso alcuno. In questo modo, la informazione, la circolazione della rappresentazione delle culture nomadi sono state imbrigliate da una visione di potere e di impero. Gli habitat di comunità nomadi sono stati visti come un possesso esterno al mondo europeo pronto per l' appropriazione. L'assenza di diritti individuali dei nomadi e dei loro armenti è stata la premessa per dichiarare i loro campi come "Terra Nullius" e quindi per sloggiarli, per appropriarsi delle loro terre, nell'interesse dell'impero. L'atteggiamento sprezzante nei riguardi dei nomadi indiani, implicito in quanto sopra, riflette atteggiamenti simili nei riguardi dei nomadi in tutto il mondo. (Jean Paul Clerbert, The Gypsies, 1963; W.R.Rishi ,Ed. Roma, 1974).
Sono stati chiamati Zingari, Gypos, Boemi, Egiziani o Rabouin (messaggeri del diavolo); accusati di causare flagelli naturali e epidemie; trattati dal Governo come Paria, come una peste e una piaga; come vagabondi, lordi fra lingua comprensibile e maniera; come non umani senza diritto alcuno; esposti al mercato degli schiavi; sottoposti a obblighi militari ed a tasse ed esclusi dalla società civilizzata. Gli Zingari sono visti come i discendenti di Caino (fabbro ferraio in lingua Semitica), fratello di Abele che è maledetto nel testo della Genesi, "quando tu coltiverai terreno, esso non produrrà e da adesso in avanti tu sarai un vagabondo ed un fuggitivo sulla terra". Nella Tempesta, Caliban (Kaliben è una parola del Zingaro che vuole dire nerezza) è uno spirito torturato. La follia della persecuzione è evidente nella profezia di Ezechiele, "disperderò gli egiziani i tutte le nazioni". È evidente nella mitologia, collegando il fabbro con i nemici di Dei, come giganti negli intestini della terra come Prometeo addomesticò il fuoco.
La diaspora dei nomade è paragonabile a quella degli ebrei, e centinaia di migliaia di Zingari sono stati liquidati dai Nazisti nei loro campi di concentramento allo stesso modo degli ebrei. La ragione per tale persistente e implacabile persecuzione del nomadi è il riduttivo stereotipo delle loro abitudini, delle pratiche di stregoneria diabolica, delle loro abitudini lascive e delle loro tendenze criminali. Quanto sopra è stato associato alla natura sempre più sedentaria della civilizzazione umana nella quale la virtù è venuta a essere identificata con abitudini fisse, abitazioni o lavori. L'abitudine nomade di vagabondare, senza un domicilio o un'occupazione, è stato considerato un'offesa. Nessuno si meravigli poi che tale persecuzione talvolta è stata la causa stessa delle loro abitudini devianti di cui sono accusati. I termini con cui si identificavano nomadi come Baluchis, Yoruks (vagabondi in turco), Amorites, Scythians, Cimmerians e Sarmatians si sono più tardi applicati a comunità etniche.
Il pastoralismo nomade è stato dimostrato contenere un'ambivalenza tra sedentarismo e nomadismo; tra gruppi che cacciano, a partire da campi stagionali, con risorse di acqua, e gruppi che fanno vere e proprie migrazioni. In India, i Bhotias, i Gujjars e i Gaddis variamente combinano l'allevamento del bestiame bovino con il commercio e con le coltivazioni. L'insistenza sulla riabilitazione di nomadi e tribù, sotto una categoria comune così che loro possano stare in un luogo, possano costruire case e possano vivere come i buoni cittadini di una comunità, mostra ancora una volta il pregiudizio su di essi e il rifiuto per capire il valore delle loro tradizioni. Il ricercatore può potere acquisire solamente una comprensione dei Nomadi quando lui trascende le riduttive categorie di omogeneizzazione e può guardare alla varietà degli approcci dei nomadi alla gestione delle risorsa e alla sopravvivenza in ecosistemi diversi. Deve inoltre superare i prototipi stabiliti circa le correlazioni linguistiche di nomi nomadi come Luri e Nuri, Dom e il Lom, Zotts e Jats in India e il Medio Oriente, Manush in Francia e in India; la somiglianza di tecnologie e professioni; l'unità di radici della lingua di base; l'uniformità della segreta gestualità Patrin, comunicata attraverso modelli, disegnata su muri o rami dell'albero; la comune caratterizzazione come non nomadi di gruppi nomadi quali i Gadjo o contadini indaffarati. Il ricercatore deve anche superare il mito romantico del bambino di Bohemia, circa la sua libertà maestosa, e bellezza non soggetta a influssi; e, oltre l'immagine del nomade come persona con vestiti sciolti, capelli arruffati, orecchi lunghi. Lui ha da ricordare le loro abilità nell'allevamento equino e nel commercio dei cavalli, nella costruzione di manufatti di metallo, nella pesca, e ricamo; la loro alimentazione base, che include bacche, funghi, radici, frutti selvatici, vegetali, miele e piccoli mammiferi; la loro musica e danza, come Flamenco o Chochek, accompagnata da strumenti musicali come tamburelli, tamburi, cetre. liuti, cembali, pifferi e violini e la varietà di salti, acrobazie oltre ai loro vari tipi di carri. Deve investigare sulle loro predizioni e divinazioni circa il terreno e ambiente; la loro sussistenza e le tecnologie di gestione delle risorse; la loro farmacopea, che utilizza piante, magia e musica; la forma e il significato di motivi come serpenti e stelle, sole e luna, che appare su amuleti e talismani, bastoni e scettri, su giacche, stivali, o tatuaggi. Deve ricostruire il significato del loro uso multiplo della carovana come casa, officina e trasporto; le loro tende. Finalmente deve ricordare la loro conoscenza orale, folclore, religione e filosofia, preservati in dialetti. Lezioni preziose di socializzazione ci vengono dal modo con cui i Bhotia hanno occupato le sette valli del fiume di Uttarakh e, sulla forza di istituzioni come i dormitori della gioventù, chiamati Rangh-botta, collegate attraverso valichi con i mercati tibetani. La varietà di caste, che sottolineano le attività professionali dei Gaddis, le varie denominazioni religiose e strategie della sopravvivenza, incluse nel termine Gujjar, non può essere ignorata nell'applicare marcatori di identità uniforme in questi gruppi. Durante la maggior parte del loro tempo su questa terra, gli antenati dell'essere umano e contemporaneo si sono mossi come nomadi e cacciatori, frequentando deserti, montagne, giungle o terre dello artiche, e quindi tutti gli estremi climatici e ambientali. La vita che migliora le strategie, evoluta da essi nel corso di tali movimenti ha autoimposto una limitazione alla loro proprietà e tecnologie dei materiali, l'informalità della loro organizzazione socio-politica, le cerimonie relazionate ai loro cicli di vita, rimangono fonti di informazioni preziose per i modi di vita alternativa. I primi creatori di attrezzi, nel Pleistocene furono i cacciatori, che trovarono anche modo di esprimersi in diverse forme artistiche. La memoria dell'ambiente preistorico ancora sopravvive nei modi nomadi di divisione del lavoro, nella distribuzione dei prodotti, nelle strutture dell'autorità. Sopravvive nei modelli della migrazione innati nelle simbiotiche comunità di uomini e armenti, attraverso il movimento del loro orologio biologico interno, attraverso i cicli annuali. Secondo Ibne Khaldun, pensatore arabo del 13° secolo ed autore del Muqaddimah, il moto migratorio, risultante o culminante in ingrandimento territoriale era essenzialmente legato al ciclo dinastico delle civilizzazioni. Questo è evidente nel modo in cui varie tribù nomadi dell'India legano le loro fortune storicamente o mitologicamente con le vicissitudini di dominazioni e regni, specialmente in India Centrale e Occidentale. I Gade Lohar di Gadulia o fabbri che usano piccoli o grandi carri di buoi, chiamati "wan" e "tango" , sembrano, dopo avere lottato spalla a spalle con i Rana Pratap di Chittor, avere come missione quella di non condurre una vita fissa, dormire in una capanna, prendere acqua dai pozzi, usare lampade o visitare il forte di Chittorgarh. Mentre questo può o non può essere sopportato da fatti storici, la condanna stabilisce la validità dell'asserzione di Ibne Khaldun. Recentemente i movimenti migratori tibetani sono stati causati dall'occupazione cinese del Tibet e alla lotta contro la loro religione, sui loro taboo e sulle loro pettinature. La memoria di questi movimenti coercitivi, riflessa nella cultura dei nomadi offre indizi per la conoscenza della lingua umana prima dell'invenzione della scrittura. Le tradizioni orali sull'allocazione del pascolo, sulle strade della migrazione e sui diritti per gli armenti sono una base di leggi non scritte. La tradizione nomade è una fonte della storia orale dell'umanità, riportata su pietre, tessuti, maschere, tempi buddistici, dal Medio Oriente all'Asia centrale, attraverso la catena montuosa del Taurus-Zagros, dall'Atlante all'Altai. La maggior parte dei motivi nel vocabolario della prima arte indiana è originata dalle culture nomadi asiatiche. Motivi quali mostri mitici, tritoni, centauri, palmette, caprifoglio, loto e campana, greca e spirale, voluta e svastica, rosette e petalo, albero e montagna, campane e bandiere, ombrelli e bandiere hanno viaggiato attraverso disegni su ceramiche e tessuti nelle migrazioni nomadi di menestrelli, artisti, giocolieri ed acrobati. Questi motivi riducono forme antropomorfiche, zoomorfiche e teriomorfiche a modelli geometrici e essenziali, esempi di una vita dominata dalle astrazioni della natura.
Terreni accidentati e tetri, con lastre pietra, marcano tombe di uomini coraggiosi; pelli di capra, la sua lana o tende del feltro, tappezzerie e tappeti, provvedono al ricovero e sostentamento dal freddo, venti burrascosi, montagne, steppe e deserti; barche con abitazione per asciugare gli indumenti e riporre le reti; elaborate e coloratissime acconciature per capelli, piene di gioielli; pasti comunitari con un unico piatto centrale; sale conservato in recipienti vari e trasportato a dorso di cammello per barattarlo per cibo, stoffe e utensili della famiglia; contenitori per l'acqua fatti di pelle, e resi impermeabili da una soluzione a base di acacia marrone e rossastra; calabash ricoperte di pelle, archi che utilizzano criniere equine; corpi scuri che brillano nelle acque, o corpi che tessono assieme in un cerchio; barbe e baffi accuratamente curati; catenine, braccialetti, caviglieri e ornamenti coloratissimi fatti di vari metalli o materiali, perline di metallo e ottone levigato, questo è quanto possiamo oggi vedere quando siamo con i nomadi.
I campi nomadi che sono localizzati nelle valli settentrionali, oppure sui depositi alluvionali sono stati soggetti a degrado, ma anche al dilavamento generato dalla deforestazione. Tende, vasi del cuoio e altri utensili sono troppo fragili per permettere un'adeguata conservazione nel tempo ed è questo il motivo della scarsità dei reperti. La Microstratigrafia ha rivelato manufatti di ceramica, forni, macine, zangole ed altri utensili necessari alla vita nomade nei campi estivi in vari paesi tra cui Afghanistan, Iran,Turchia, Persia. I campi dell'esercito di Mughal, le rovine di città come Persepoli, e molte città Romane, imitano la struttura di un accampamento, e tende sono state usate davvero sulle rovine dei palazzi di Sassanian e dei distrutti Caravanserragli del periodo di Seljuk (Rogers Cribb, Nomads in Archeologia 1991: pp.77-81, 84,112,149-151).
Il lavoro di Renato Rosso deve essere quindi interpretato come derivante dalla ricca eredità nomade. Lui ha visitato moltissime comunità nomadi in tutto il mondo come parte del suo continuare la missione del pastore per eccellenza: Cristo. Lui ha curato anche l'istruzione dei nomadi e dei loro bambini in parti diverse del mondo. Lui ha catturato il ritmo della loro vita e i cambi nella loro espressione in diversi momenti della giornata, in momenti di gravità, ansia, meraviglia, divertimento, gioco, curiosità ansiosa, in ritratti di qualità insolita. Lui ha registrato il loro cibo ed il loro abbigliamento, la policromia dei loro vestiti, i forti profili etici delle loro famiglie, nelle varie cerimonie. Lui ha visto i volti grinzosi e stanchi dei vecchi e quelli freschi e sorridenti dei bambini. Ha costruito una galleria di immagini di un orgoglioso, auorispettantesi e privo di ansie, popolo che ha gran cura degli ornamenti e della bellezza, in un contesto talvolta di comunione con quelli animali che sono fonte di cibo e sostentamento. Le fotografie mostrano talvolta Renato Rosso che vive assieme ai nomadi, è questa sua esperienza che ha reso non arido il suo lavoro. I Rabaris, i Gadulia Lohars e i Kalbelias sono mostrati sorridenti e pieni di gratitudine. I Bhopa sono stati mostrati in immagini di cerimonie sfarzose, con cavalli e elefanti.
Gli sforzi di Renato Rosso assumono inoltre un significato speciale alla luce del risorgimento recente di sentimenti di amicizia globale fra le comunità nomadi di tutto mondo. Questo risorgimento è stato dimostrato anche nello sviluppo del movimento dei ROM che ha portato anche alla difesa dei diritti sanciti dalla Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite. I Rom stanno lottando in ogni paese contro ogni forma di discriminazione razziale. Notissimi artisti sono stati attori come Yul Brynner o musicisti come Reshma. L'esempio dei Rom e la situazione attuale dimostrano la necessità di includere le comunità nomadi dell'India in una più grande forma di fratellanza nomade, la cui premessa è l'eliminazione di molti pregiudizi ancora esistenti. Sarà un giorno ben triste quello in cui gli esseri umani dimenticheranno il loro passato nomade in favore di una vita sedentaria. I nomadi dovrebbero essere riconosciuti come comunità dell'ecosfera che vivono in comunione con ecosistemi diversi e potrebbero provvedere, anche se parzialmente, a contrastare l'invasione della biosfera che sta cambiando il nostro ecosistema col pericolo dell'esaurimento delle risorse.
Dr. Kalyan Kumar Chakravarty
Director
Indira Gandhi Rashtriya Manav Sangrahalaya
(National Museum of Mankind)
Bhopal (INDIA)
Questo articolo si riferisce ai Nomadi che si possono incontrare nei vari continenti e che, pur vivendo in contesti estremamente diversi, hanno atteggiamenti notevolmente simili. Basta pensare agli eschimesi che vivono in regioni ghiacciate e ai Beduini che vivono nella sabbia dei deserti, o ai Nomadi che passano la loro vita nelle tende di un accampamento mentre altri si muovono in gruppi su piccole barche, veleggiando su fiumi o sul mare. Tutti essi hanno in comune la cultura del viaggio e sono stati indelebilmente marcati dalla loro tradizione di incessante migrazione. Questi Nomadi non sono nati nel giardino del paradiso ma sono il prodotto dell'intera storia dell'umanità.
A questo punto è opportuno dare un'occhiata alla loro storia conosciuta. Una forma di vita fissa, in contrasto con la vita nomade dei popoli semitici cominciò 6000 anni fa circa, nel nord dell'Egitto.
Il benessere derivante da una vita fissa attirò molti di quelli che erano vagabondi. Inoltre il potere organizzato di una società sedentaria contribuì sia ad imporre la nuova forma nuova di vita, differente da quella dei Nomadi, che ad asservirli per allargare la sua propria base di potere. (Lo stesso fenomeno aveva potuto iniziare 1000 anni prima in Mesopotamia portando quella società ad un elevato grado di civilizzazione e di sviluppo.
Don Renato Rosso
Lo stesso potrebbe essere accaduto nella civilizzazione della Valle dell' Indo, probabilmente allo stesso tempo o più tardi.) Lentamente, la vita fissa, o in forme spontanee o attraverso conquista, si estese a tutto il mondo conosciuto. Ciò nonostante alcuni gruppi della frangia rimasero attaccati al nomadismo e mantennero una sorta di ponte o rete della comunicazione tra i gruppi che erano ormai sedentari e non viaggiavano più lungo le vecchie strade. Quelli che oggi noi chiamiamo Zingari potrebbero essere i discendenti di quei gruppi. Anche al tempo odierno essi non hanno dimora fissa.
Dico "potrebbero" in quanto il discorso è piuttosto complesso. Da una parte questi gruppi hanno potuto tentare di preservare intatto il loro modo di vita ma, per sopravvivere, hanno dovuto accettare nei loro propri clan l'integrazione e incorporazione di elementi etnici stranieri. Questi ultimi, venendo dall'esterno, tesero naturalmente ad accettare pienamente lo spirito prevalente del gruppo, ma allo stesso tempo portarono elementi nuovi nella cultura. Questo processo ha avuto luogo nel corso di millenni, producendo cambiamenti nel loro fisico, nel colore della pelle e nelle percezioni dell'anima "zingaresca".
Per tutte queste ragioni noi possiamo sottolineare il fatto che la nostra storia registrata, della quale noi così spesso parliamo e siamo orgogliosi (o frequentemente anche vergognosi), è relativa ad un periodo di tempo che non va oltre i diecimila anni. Invece la preistoria, che ha visto tutti gli sforzi dell'uomo per uscire dalla foresta ed iniziare il processo della umanizzazione integrale, appartiene ai nomadi ed è relativo a milioni di anni.
Di quando in quando i Nomadi, attratti o respinti dai più disparati fenomeni, hanno adattato il loro modo di vita a climi e condizioni ambientali che non erano soltanto difficili, ma virtualmente impossibili. Ma non soccomberono ai 70° sotto zero durante l'era glaciale, o ai 70° gradi sopra nei deserti.
Stavano cercando permanentemente gli ambienti più appropriati per vivere. Fuggendo dai pericoli maggiori, raggiunsero tutti i continenti e così si distribuirono, senza estinguersi, su tutto il globo.
I Nomadi furono i primi a sperimentare incontri con Dio e perciò a sviluppare forme diverse di fede sostenute da qualche sorta di strutture religiose. Organizzarono gruppi familiari molto uniti e le prime strutture sociali. Attraverso i millenni hanno fatto scoperte sulle quali è basata la nostra civilizzazione. Sono i Nomadi cha hanno avuta la civilizzazione più grande, in quanto tutte le altre sono basate su di essa.
Avendo imparato a sorridere ed a piangere, impararono anche a creare giochi. Lentamente i giochi divennero più complessi e difficili e, in quella che chiamiamo "la nostra civiltà" si sono tramutati in guerre e lavori pesanti. Negli ultimi millenni il gioco si è convertito in una lotta per il potere e la gloria. I giocatori divennero lavoratori. I vincitori furono unti come imperatori e i vinti asserviti. Ciononostante, lungo questo percorso di storia complessa e frammentaria alcuni gruppi sono rimasti nomadi, sempre interagendo con le altre culture ma scegliendo per essi stessi la libertà, anche al duro prezzo dell'alienazione.
Quando europei o americani dicono che gli Zingari vengono dall'India, spesso pensano all'India come un punto nel continente asiatico, ma se noi andiamo a India comprendiamo immediatamente che la Nazione indiana non è un punto ma un continente vero e proprio, quello che chiamiamo subcontinente indiano. Le sue realtà umane e sociali sono estremamente eterogenee e complesse. Incontrando i Nomadi dell'India ci chiediamo: Appartengono a questa nazione di popoli o vengono da altri paesi?
Gradirei spendere più tempo nel chiedermi se è accettabile parlare di Zingari indiani. Può essere detto, a riguardo all'uso dell'epiteto Zingaro, che quando gli inglesi vennero in India loro incontrarono alcuni Nomadi molto simili a quelli che in Europa loro chiamavano Zingari, e perciò li identificarono con lo stesso nome. Fecero questo ben prima di rendersi conto del profondo collegamento tra i Nomadi indiani e europei. Il nome è divenuto un nome comune associato a quello delle regioni diverse nelle quale si trovano. E così in Europa noi spesso li identifichiamo come Zingari italiani, spagnoli, polacchi, francesi, russi ecc. Noi li chiamiamo anche con i loro nomi corretti: Rom, Sinti, Kalao ecc. In India noi spesso parliamo di Zingari indiani e poi specifichiamo i loro nomi divisionali come Lambadis, Gadia Lohar, Koravas, Rabaris, Baydda ecc.
Perciò usare la parola Zingaro è non solo accettabile ma anche molto preciso, in quanto è questa la parola che, oggi, rappresenta fedelmente i gruppi Nomadi. Malgrado ciò zingaro non è sinonimo di nomade.
Per esempio, nella mia opinione, non si dovrebbero chiamare Zingari i Nomadi che vive in isolamento in una foresta dell' Himalaya e senza qualsiasi relazione con gruppi fissi. Dovrebbero essere chiamati tribù anomadiche. Così gli eschimesi, a seguito del loro passato isolamento, non furono mai chiamati zingari. La corretta letteratura antropologica e filologica corretta ha esteso il nome zingaro a una varietà di gruppi (che sarà considerata in seguito), ricorrendo a un'analogia dei gruppi europei e americani, constatando dei veri collegamenti tra di essi.
Utilizzando una metafora, si può dire che gli Zingari sono ponti tra società fisse e diverse, mentre le tribù Nomadi sono solo pilastri isolati, senza gli archi di connessione. Tali archi potrebbero essere caduti o non essere mai esistiti, almeno nella storia recente. Ciononostante, se ci interessano i ponti, dobbiamo porre attenzione anche ai pilastri isolati, in quanto potremmo trovare con sorpresa delle interessanti connessioni che esistevano nel lontano passato.
A qualcuno che chiede: "gli zingari europei vengono da India? Da quale particolare gruppo derivano?" posso rispondere solamente che, se oggi nel subcontinente indiano possiamo elencare circa 400 gruppi e sottogruppi di Nomadi, possiamo dedurre che 500 anni fa, c'erano probabilmente solamente 100 gruppi, solamente 50 mille anni fa ed anche meno 2000 anni fa. In tutto questo periodo i gruppi si frammentarono e si moltiplicarono. Il conglomerato di tutti questi gruppi, non di un gruppo specifico, può essere considerato l'antenato di quei gruppi che emigrarono prima in Europa e poi in America.
Se la ricerca nei gruppi diversi deve essere legittima ed accurata nello stabilire collegamenti nuovi per arricchire la loro storia, è necessario fare uso di tutti gli elementi disponibili. E questo significa includere le lingue di gruppi fissi e il modo di vita di Nomadi non strettamente considerati Zingari. C'è stata una forte enfasi, negli anni recenti, sul fatto che la lingua Panjabi è molto vicina alla lingua europea degli Zingari.
Sono portato a pensare che il Gujarati è più simile ad essa di quanto lo sia il Panjabi. In ogni modo, entrambe appartengono a gruppi fissi, mentre se noi entriamo in un campo nomade dei Lambadis, Koravas o Baydda, noi troviamo un genere di lingua che negli ultimi pochi secoli si è accresciuta separatamente, ma in questi Nomadi troviamo il fuoco e l'essenza dell'anima degli Zingari. Quando utilizzo il termine anima dei popoli non sto usandolo nel senso filosofico o teologico, ma mi riferisco all'anima naturale della creatura umana attraverso cui istinti, sentimenti, riflessioni, fiducie, speranze, aggressioni, altruismo, egoismo e cooperazione hanno reso possibile all'umanità di crescere, maturare, cadere per poi evolversi. Questa anima varia da persona a persona e da popolo a popolo. Questa è l'anima alla quale mi riferisco quando parlo dell'anima di un Nomade o di uno Zingaro. È questa un'anima che non è considerata semplicemente in termini razziali, storici o linguistici, ma che abbraccia tutte queste dimensioni. È l'anima del Popolo Zingaro che non può essere descritta, ma "sperimentata" quando gli Zingari te la offrono.
Se pensiamo ai nostri antenati umani sul pianeta terra, abbiamo bisogno di andare indietro nel tempo per circa 20 milioni di anni soltanto. Archeologi hanno trovato delle tracce del Dryopithecus datate 15-14 milioni di anni fa circa. Malgrado fosse alto appena un metro e con un cervello leggermente più piccolo di un bambino dell'Homo Sapiens di un anno, poteva viaggiare attraverso tre continenti. Segnali della sua esistenza furono trovati in Cina, India, Pakistan, Ungheria, Austria, Macedonia, Germania, Spagna, Francia e Egitto. Fra i suoi discendenti noi possiamo riconoscere il Pingidae, il Gigantopithecus (che non era un gigante) e il Ramapithecus. Il primi due, dopo aver esplorato Cina, India e l'Africa orientale, si estinsero, mentre il Ramapithecus divenne l'antenato del Homo Erectus. 14 milioni di anni fa, era dislocato in India, Pakistan (Islamabad) e Africa orientale, nell'area vicina al Lago di Turkana e Koobi Fora. Poi la pista archeologica fu persa per i successivi 8-9 milioni di anni. Comparve di nuovo con la scoperta di un fossile importante trovato nell'Etiopia settentrionale. Questo campione di Ominide era alto 1,25 metri, aveva un cervello di circa 400 centimetri cubici e datava 4 milioni di anni. Un scheletro, trovato a Koobi Fora era, da alcuni, considerato vecchi di 3.6 milioni di anni ma altri hanno ridotto la sua età a 2.5 milioni di anni. Perciò è molto difficile stabilire il luogo dove questo passo importante dell' evoluzione (l'aumento sostanziale delle dimensioni del cervello) avvenne: in Asia, o in Africa? Allo stesso tempo questo Ominide stava divenendo Erectus. Tuttavia si sviluppò in Africa e cominciò presto a muoversi verso l'Europa e l'Asia. Arrivò al Himalaya meridionale, e si mosse attraverso il nord di India verso le regioni settentrionali della Cina.
Nel sito di Longuppo, vicino al lago di Yangtze e non lontano da Beijing, furono trovati due premolari di circa due milioni di anni. Poi, l'Erectus discese nelle Isole Indonesiane. Dei resti umani furono scoperti nei residui di un'eruzione vulcanica di 1.7 milioni di anni fa nell'isola di Jawa. Nel suo cammino di ritorno verso l'Africa, lasciò dei segnali datati 1.5 milioni di anni fa circa in Israele a Ubeidiya sul suo modo, ed anche un bambino di dodici anni in Kenya, vicino al lago di Turkana. Nello stesso periodo, quelli che erano stati in Asia si erano insediati nelle aree a sud di Beijing.
Il loro resti datati un milione di anni furono trovati a Chen-Cha-Wo e Nihewan. Resti più recenti ( 600.000 anni ) furono scoperti a Yunxian. L' Homo Erectus arrivò a Beijing 400.000 anni fa. I gruppi che erano andati in Europa erano arrivati nell'area di Budapest 200.000 anni prima.
Le prime impronte di un Homo Sapiens di 300 - 250 mila anni fa, con un cervello simile al nostro, e cento centimetri cubici più grande del cervello dell'Homo di Beijing furono scoperte in Francia a Swanscombe e Montmaurin. Un tipo primitivo di Neanderthal di 150 mila anni fa ha lasciato evidenza archeologica vicino a Weimar in Germania ed a Roma in Italia.
Tra gli 80 ed i 35 mila anni fa le dimensioni del cervello erano tra 1350 e 1700 centimetri cubici. L' Uomo di Neanderthal ora era pronto al più lungo viaggio nella storia dell'umanità: dopo una lunga era glaciale il pianeta ancora una volta stava divenendo più caldo e l'uomo aveva cominciato la riconquista delle perdute pianure settentrionali, e così in breve tempo tutti gli spazi del pianeta furono recuperati. Molti studiosi badano a essere concordano sul fatto che anche l'Australia fu raggiunta 50.000 anni fa.
Le forme fisiche di una attuale creatura umana si raggiunsero 40,000 e 30,000 anni fa e dall' Uomo di Neanderthal si arrivò all'Homo Sapiens. Scheletri circondati da preziosi manufatti archeologici, scoperti principalmente in Europa Occidentale, danno evidenza di un vero Sapiens Nomade che era un buon cacciatore e pescatore capace di usare attrezzi fatti di ossa e denti di orsi e leoni. Anche se lui non usava ancora archi e frecce per cacciare, sapeva come usare un arpione. Non cucinava ancora il cibo, ma sapeva cucire e assicurare il cuoio con dei bottoni rudimentali. Non aveva animali domestici, nemmeno il cane che fu addomesticato più tardi. Era un cacciatore primitivo che non addomesticava animali o utilizzava armi sofisticate, ma sapeva come tenere un flauto nelle sue mani e suonare per suo diletto: era realmente divenuto un essere umano adulto.
È degno di menzione il fatto che l' Homo Erectus era sopravvissuto fino a quel tempo e, probabilmente, vissuto insieme all'Homo Sapiens per un certo periodo, fu assimilato da quest'ultimo. L' Homo Erectus, dopo un viaggio di due milioni di anni ha lasciato la sua ultima traccia fossile 35.000 anni fa. Scomparve, lasciando l'Homo Sapiens come l'unico sopravvissuto della preistoria umana. Trenta mila anni fa avvenne una svolta significativa nella vita dei Nomadi. Fino ad allora si erano mossi su spazi aperti e enormi cacciando, pescando e raccogliendo i frutti della terra, anche se in maniera rudimentale e primitiva. Ma si stava avvicinando una nuova glaciazione. Gran parte del globo si stava ricoprendo di ghiaccio ed i Nomadi furono costretti ad emigrare dal nord al sud del pianeta. Dovevano abbandonare le montagne, rifugio naturale dalle bestie selvatiche, ed occupare valli e pianure che erano più calde. Ma gli animali selvatici come rinoceronti, elefanti, renne,orsi etc fecero lo stesso. La vita stava divenendo più difficile per ognuno e l'uomo dovette fronteggiare queste bestie selvatiche. Le prime creature umane erano incapaci di uccidere tali animali, ed anzi fuggivano da loro rifugiandosi nelle montagne, ma ora questo non era più possibile.
Fu necessario unirsi in gruppi e scoprirono che come gruppo erano più forti ed anche capaci di attaccare altri gruppi umani che occupavano migliori ubicazioni. Fu probabilmente a quei tempo che i Nomadi cominciarono a organizzarsi in gruppi sociali e clan. Le necessità fece utilizzare la loro intelligenza che, con un cervello di 1700 centimetri cubici, era aumentata. Inventarono modi nuovi di caccia e pesca, usando trappole, ami e lenze e furono presto in grado di cacciare anche gli animali più grandi. Con la caccia e la pesca avevano abbastanza per sostenersi; avevano cibo, vestiti, attrezzi per caccia e pesca; i materiali utilizzati erano cuoio, ossa, corna e denti. Tutto stava divenendo utile per le intelligenti creature umane. Non si privarono nemmeno del "lusso" dell' arte. Applicarono una visione estetica alla creazione di attrezzi e ai dipinti sui muri delle loro caverne, con la rappresentazione della loro vita quotidiana. La storia di 30 mila anni di vita nomade è registrata nei dipinti che sono stati trovati in Australia, Europa, Asia e Africa.
Uno sviluppo nuovo del modo di vita nomade arrivò diecimila anni fa: l'inizio di un modo sedentario di vita. L'abilità di approvvigionare semi asciutti e frutti per l'anno intero e forme primitive di coltura stava cominciando a dividere la comunità umana: da una parte quelli che scelsero una dimora stabile e dall'altra quelli che continuarono a essere Nomadi. Molto presto il mondo Nomade avrebbe subito un'altra divisione. Da un lato quelli che continuarono a vivere come Nomadi ma in isolamento nelle foreste e nei deserti senza qualsiasi genere di relazione a gruppi fissi; dall'altro quelli che vissero in relazione con altri gruppi semi-nomadi o fissi, costruendo ponti attraverso gruppi e culture diverse, rendendo possibili gli scambi di beni culturali, artistici e economici. Inoltre stavano creando una vera e specifica cultura che cautamente chiamo una Cultura degli Zingari (sebbene il termine Zingaro apparirà molto più tardi), che ancora sopravvive nei campi degli Zingari in diversi paesi del mondo.
È l'agricoltura che è responsabile di questa grande rivoluzione nel modo di vita dei Nomadi. La prima evidenza archeologica di coltivazioni di fagioli, piselli e cetrioli sono datate circa 11.000 anni fa, in Thailandia. Una porzione di tali raccolti fu asciugata e conservata per l'anno intero. Ciononostante questa forma di coltivazione non mostra alcun collegamento con la vera e successiva cultura agricola che fu la base di sopravvivenza di gruppi umani semi-fissi o dissi. Alcuni intagliarono pietre, circa 5.000 anni A.C., per utilizzarle probabilmente come attrezzi agricoli. Negli anni 5.000 - 4.000 A.C., l'agricoltura è presente in Mesopotamia, Egitto, Palestina, Siria, Turchia, Iran e India. Un sviluppo indipendente avveniva in Messico. Le forme primitive di agricoltura erano molto diverse. Basta pensare a come è diverso il tipo di agricoltura di gruppi semi-nomadi dalla nostra. C'erano, fondamentalmente, tre tipi di agricoltura. Il primo tipo consistette di portare dalle foreste (che erano l'ambiente naturale del clan sulla) semi vegetali e alberelli di palma o qualsiasi altro albero che produceva frutti conosciuti ed utili. Un secondo tipo di agricoltura fu molto più sofisticato. Richiese di bruciare le foreste per piantare i semi nelle ceneri fertili. Per questo tipo di agricoltura era necessaria soltanto pioggia abbondante e non attrezzi particolari o attrezzi di metallo. Il terzo tipo di agricoltura verrà solamente più tardi, con l'abilità di costituire attrezzi adatti e con l' utilizzo di animali addomesticati.
Dopo questi primi cambiamenti dovuti al nuovo sistema di dimora fissa e di agricoltura, il Nomadismo prese una svolta nuova quando imparò ad addomesticare gli animali. Anche in questo caso il nomadismo pastorale sembra avere due rami distinti: gruppi semi-pastorali connessi con le comunità di agricoltura e Nomadi pastori. Le comunità primitive, dopo aver sviluppato le prime forme di agricoltura, scoprirono che l'addomesticamento degli animali selvatici poteva offrire vantaggi significativi: potevano essere utilizzati come valido aiuto nei lavori di agricoltura, si poteva usare il loro latte e qualche volta anche la loro carne. La prima evidenza archeologica di addomesticamento risale a 8.000 - 6.500 anni fa in Palestina e il Medio Oriente. I primi animali a essere addomesticati, con l'eccezione dei cani che già erano stati addomesticati in Siberia, furono pecore, capre, maiali e uccelli. È solamente più tardi in Mesopotamia, Siria, Palestina, Europa Meridionale e Tibet che bovini, asini, cammelli e yak furono addomesticati. Le prime comunità semipastorali furono stabilite in relazione a quanto sopra: andavano per un periodo certo di tempo in giro con i loro armenti e poi torvano indietro al villaggio per coltivare. In alcuni, parte della famiglia restava a casa, mentre i maschi giovani erano quelli che fronteggiavano la fatica della vita pastorale. Il nomadismo pastorale si sviluppò fra quelle comunità agricole che erano divenute semi-nomadi. Era questo un genere di nomadismo pastorale in comunità che mai avevano avuto una dimora fissa, dipendente dalla terra da coltivare, o con il vero senso di casa. I primi Nomadi che erano cacciatori, pescatori e cercatori cominciarono ad incorporare nei loro campi e viaggi migratori un numero più o meno grande di animali domestici. Le ricerche archeologiche non hanno però prodotto evidenza relativa ai due gruppi pastorali distinti. Ciononostante evidenza di un gruppo pastorale e nomade, mai coinvolto nell'agricoltura né mai stabilitosi in un luogo fisso è stata trovata nella regione asiatica di Minussinsk-Altai. Nell'anno 2000 A.C. questi Nomadi possedevano bovini, pecore e cavalli. Successivamente cacciatori tribali della Mongolia, Kazakhstan e Siberia cominciarono ad avere un'attività pastorale che radicalmente cambiò la loro economia e il loro modo di vita. Contemporaneamente nell'Asia occidentale i Cassiti, gli Ittiti e i Mitanni (1.900 - 1.700 A.C.), utilizzavano anche i cavalli sia per lavori che per la guerra. L'uso di cavalli nelle guerre si espanse rapidamente a Europa, Africa del Nord, Asia Centrale e Asia Orientale.
E' bene ricordare che all'incirca nel 1.500 A.C., un altra forma di cultura pastorale stava cominciando a svilupparsi coll'addomesticamento di cammelli in Arabia,: la cultura Beduina che sopravvive ancora nei nostri giorni. Dall'Arabia la cultura Beduina, sotto nomi diversi si propagò ad ovest verso l'Africa del Nord, il deserto di Sahara e l'Etiopia, e ad est sino all'Iran. Oltre ai cammelli cominciarono ad addomesticare pecore e capre che li rifornivano di lana, pelli, latte e carne. Con l'uso dei cammelli i Nomade divennero presto anche trasportatori di beni e protettori di piccole carovane. Questa pratica si estese a Pakistan, Afghanistan e India occidentale, dove ancora sopravvive.
Mentre possiamo dire che i Nomadi, nel loro perenne peregrinare, abbiano scoperto la comunicazione delle parole, arricchito la loro propria conoscenza linguistica e usate le parole come beni di scambio culturale, è principalmente dovuto ai gruppi fissi che a tali modi di comunicazione fu data una forma scritta che ha permesso la riproduzione e la sopravvivenza di vecchie lingue. Le lingue, nel loro sviluppo naturale o in forme forzatamente strutturate, sono storicamente un elemento inapprezzabile dal quale possiamo scoprire collegamenti e connessioni tra gruppi umani che, superficialmente e per ragioni geografiche, sembrano invece essere lontani. In questo breve scritto tenterò di far vedere come la scrittura è divenuta un documento prezioso per la nostra ricerca.
Le più vecchie tavolette scritte, datate circa nel 3.300 A.C., furono scoperte a Jammed Nasalin, sul letto del fiume Tigri in Mesopotamia. Le iscrizioni su queste tavolette sono in un genere fonetico di scrittura che si sarebbe più tardi sviluppata in una forma più ricca di scrittura sillabica e alfabetica. C'erano state delle altre forme di comunicazione scritta prima di questa data. Gli uomini primitivi avevano rappresentato eventi di caccia, battaglie, e scene di vita della famiglia, dipingendoli su pareti di pietra e nelle caverne, usando disegni stilizzati e segni che erano di comprensione immediata ma che limitarono la complessità del materiale che poteva essere comunicato. Tavolette scritte nella scrittura cuneiforme già sono il risultato di un processo storico e più lungo nell'evoluzione della logica e del pensiero razionale e questo processo ci è ancora ignoto. Al tempo attuale, con la poca evidenza che abbiamo, dobbiamo supporre che chi provocò questa evoluzione furono i Sumeri. La scrittura cuneiforme babilonese ebbe un grande sviluppo dall'anno 3.000 A.C. Inoltre fu adottata con poche varianti da altri gruppi: Elamiti ed Assiri di origine semitica. Piuttosto più tardi, circa nel 1.900 A.C., fu adottata anche dagli Ittiti Indoeuropei, dai Mitanni e dai Persiani.
Il fatto che Babilonia fosse un centro di commercio importante e dominante sembra avere costretto gli altri gruppi ad adottare quella scrittura, almeno per ragioni economiche. Reperti della Civilizzazione della Valle dell'Indo ci mostrano che collegamenti e relazioni del mestiere tra Ovest e Est erano già esistenti qualche anno dopo il 1900 A.C.. Inoltre reperti archeologici trovati a Ur-- oggi Bagdad-- ci portano a conoscenza di commerci tra la Mesopotamia e le città della Valle dell'Indo, probabilmente Mohenjo Daro. L'evidenza è costituita da alcune tavolette di terracotta, sigilli con una forma di scrittura pittografica molto comune in India ma ancora sconosciuta in Mesopotamia. Un altra collezione di documenti, di circa il 1.400 A.C., ci presenta l'evoluzione di scritture, lingue, e le relazioni tra Est e Ovest. 10.000 tavolette, scritte in cuneiforme e con parole indoeuropee, furono scoperte a Boghazkeui in Turchia. Sembrano essere un testo rituale scritto in tre lingue diverse: Luili; Hattic; e Hurrian-Hrozny. È nella lingua Hurrian-Hrozny che i nomi di tre divinità Indiano-Vediche importanti sono stati trovati: Varuna, Indra e Nasatya. Da notare inoltre che altre tavolette con lo stesso tipo di scrittura furono trovate in Siria. Ma ora andiamo indietro nel tempo per completare il ritratto storico dei primi palcoscenici di scritture.
Contemporaneamente agli sviluppi babilonesi o probabilmente stimolati dalla notizie sul loro sistema di scrittura, Egiziani e Sumeri cominciarono a sviluppare il loro proprio sistema chiamato "geroglifico" e basato su 400 simboli divisi in tre categorie di rappresentazione:
- pittogrammi per rappresentare cose visibili e concrete;
- ideogrammi per esprimere concetti e idee;
- fonogrammi per esprimere suoni.
Il sistema demotico, usato principalmente da commercianti, guerrieri e artisti era insegnato nelle scuole alle persone comuni. Anche il sistema cuneiforme babilonese era in queste scuole in quanto era utile per commercio e relazioni politiche. Nelle scuole dei sacerdoti veniva insegnato lo Ieratico, una forma corsiva di geroglifici ma molto più elaborata.
Nell'altra parte del globo, in Cina negli anni 2.000 -1.500 A.C., un sistema di scrittura stava prendendo forma. L'influenza della invenzione Babilonese avrebbe probabilmente essere molto importante per lo sviluppo della lingua cinese, ciononostante, essa fu sviluppata come un sistema indipendente, come la scrittura egiziana. La scrittura cinese era una composizione di ideogrammi e fonogrammi e anche dopo un tempo lungo di sviluppo si mantenne molto simile alla matrice originale.
La scrittura alfabetica dei Fenici, un gruppo semitico, comincia ad apparire tra il 1.800 e il 1.500 A.C. in Asia Minore. I Fenici non furono molto originali nel formulare una scrittura, ma ebbero una capitale importanza nell'evoluzione delle lingue. Presero in prestito 27 caratteri sillabici cuneiformi dalla scrittura babilonese e aggiunsero tre vocali: A; I; U. Scrivere stava divenendo molto più semplice, ed era più facile esprimere concetti. Con la nascita di questo sistema di scrittura si ebbero dei testi significativi: i testi biblici protosinaitici. Nello stesso periodo (1.800 - 1.500 A.C.)si ebbe la formazione delle lingue di entrambi i gruppi Semitici: Settentrionali (Fenici, ebrei, e aramaici) e Meridionali (Arabia).
Nell'Ovest la tappa finale della formazione della scrittura, che era il completamento di un sistema basato su cinque vocali, fu completato circa verso l'anno 800 A.C. Questa ultima tappa è principalmente dovuta ai Greci e ai Romani che riuscirono ad organizzare una forma più semplice di scrittura grafica.
Nell'Est, in India, la forma più antica di lingua scritta era probabilmente quella usata nella Valle dell'Indo, ma fino ad ora, anche per la scarsità di reperti archeologici, essa non è stata ancora decifrata. La scrittura delle moderne lingue indiane sembra sia derivata da un tipo antico di lingua Indoeuropea chiamata Proto-vedico-ariana, basata su una struttura Ideografica e Sillabica. Questo tipo di scrittura non apparve probabilmente nel sub-continente indiano sino all'arrivo degli Ariani tra il 1.500 e il 1.000 A.C.
Questo excursus storico ci ha dato una prima consapevolezza di connessioni e collegamenti tra le popolazioni africane, europee ed asiatiche tra gli anni 3.000 e 1.000 A.C., e questo considerando primariamente la storia della formazione della scrittura, in quanto è appoggiata da documentazione scientifica. Chiaramente, sarebbe molto interessante fare lo stesso per la formazione della lingua che ci porterebbe a tempi remoti in un mondo affascinante, ma come dissero le popolazioni latine: "Verba volant, scripta manent", cioè " le parole volano, gli scritti restano"! Inoltre, uno studio sulla formazione della lingua ci richiede lo studio della filologia, archeologia, storia, antropologia, geografia ed altre scienze in una sorta di approccio interdisciplinare.
Focalizzandoci sui nostri interessi primari sul mondo dei Nomadi, ma non in un modo esclusivo, presenterò una varietà di elementi che possono essere ulteriormente sviluppati, secondo il proprio interesse. Senza dubbio, uno degli elementi più importanti che abbiamo bisogno di guardare quando parliamo dei gruppi di Nomadi è la lingua. Il ritratto storico dell'ultimo millennio punta sul fatto che la lingua degli zingari, che è rimasta molto fedele alle sue radici Indo-Sanskrite, è quella degli Zingari euro-americani. Andando vesto ovest portarono la loro lingua indo-occidentale, lingua che conoscevano molto bene. Nei nuovi paesi che avevano lingue completamente diverse, preservarono i loro idiomi originali che diedero loro una sorta di identità separata e li preservarono dagli altri gruppi. Nel loro peregrinare mai sentirono il bisogno di portare nella loro lingua tutti i dialetti diversi avrebbero invece potuto usare, una volta tornati in India, per mantenere le relazioni con gli altri gruppi. Quegli idiomi non erano più necessari. In altre parole gli Zingari che stavano in India si muovevano in un'area, dove l'Hindi o lingue molto simili al Sanscrito erano comunemente parlate e note a tutti. Perciò, loro adottarono forme di dialetti o lingue artificiali che in tale contesto avrebbero reso facile il preservare la loro propria identità separata e difenderla da quella dei gruppi fissi. Questa è la ragione più probabile per cui la lingua degli zingari euro-americani è molto più simile al Gujirati, Rajastani, Panjabi e Hindi piuttosto che alle lingue usate dagli Zingari dell'India. Questo fatto potrebbe però farci dirigere verso un genere di argomento sbagliato: qualcuno potrebbe supporre che gli Zingari potessero essere originati dai gruppi sedentari del Gujirat, Rajastan e Panjab, in quanto hanno una lingua simile. Invece le nostre precedenti argomentazioni linguistiche col supporto di evidenze antropologiche, storiche e geografiche portano alla seguente conclusione: Sia gli Zingari occidentali che quelli orientali appartengono e sono originati da quel grande e vario gruppo nomade che ancora oggi vive in India.
Per stimolare una più ampia e profonda ricerca abbiamo fatto uno studio supplementare . Abbiamo selezionato, a partire da 823 lingue, un numero ridotto ma sufficiente di gruppi e famiglie linguistiche riferite alla lingua degli Zingari euro-americani. Successivi lavori di ricerca possono essere fatti sui collegamenti e relazioni tra gli idiomi, dialetti e lingue degli Zingari indiani con le lingue locali indiane, classiche e antiche.
Per una prima selezione di lingue mi sono basato su the Linguistic Survey of India. Per le traduzioni, raccolte di parole, e l'organizzazione generale del materiale linguistico, siamo grati a G.A. Grierson. Per la raccolta di parole, esemplari, e i primi lavori su lingue specifiche, ringraziamo i seguenti ricercatori,: Md. Abdul Gafurs, G.W. Leitner, Sir R.C. Temple, Rev. T. Grahame Bailey, M. Kennedy, E. Balfour, W. Kirkpatrik, A. Cabaton, C. O.Blagden, B.H. Hodgson e molti altri. Per trattare il problema fonetico abbiamo seguito fondamentalmente le scelte fatte da ricercatori precedenti del Linguistic Survey of India. Caratteri di stampa speciali sono stati elaborati da Carlo Rubini per dare una rappresentazione grafica dei segnali fonetici. Riccardo Tobanelli ha introdotto alcuni cambiamenti sull'utilizzo della tecnologia del computer, e ha formulato una rappresentazione grafica delle lingue diverse per permettere un paragone immediato delle varie. Lui e Aira Vehaskari sono stati coinvolti anche nella revisione delle bozze finali. Riccardo è inoltre sempre stato presente tutte le volte che abbiamo necessariamente dovuto fare delle scelte di selezione sull'enorme quantità di materiale che avevamo.
-il primo gruppo è quello delle antiche lingue: Sanskrit e Prakrit ai quali noi abbiamo aggiunto, oltre al moderno Hindi Occidentale quelle famiglie di lingue che hanno avuto un ruolo nella formazione delle lingue indiane. Sono incluse il Mundari dalla famiglia Sino-tibetana, il Mon Kmer dalla famiglia Mongolo-Altai, il Tamil dalla famiglia dravidiana e l'arabo dalla famiglia Semitica.
-il secondo gruppo offrirà un paragone Zingaro europeo, Sanskrit, Hindi orientale, Hindi Occidentale, Gujarati Rajastani (Marwari), Panjabi e Bengali.
-il terzo gruppo raccoglierà insieme le così dette lingue degli Zingari dell'India.
Una nota preliminare sul sistema di translitterazione:Per le lingue diverse noi abbiamo disegnato una nostra propria fonte (usando software del computer) chiamata ' Gipsy'. Abbiamo seguito grandemente lo schema della traslitterazione usato nel Linguistic Survey of India. Lo schema presenta molti problemi di consistenza. Per esempio, per le lingue degli Zingari il redattore ha usato la consonante Latina H' per le consonanti fortemente aspirate, e la stessa ma senza apostrofo per quelle non fortemente aspirate. Successivamente abbiamo deciso di usare soltanto la consonante H seguita da ' .
Chiave di lettura: le parole inglesi corrispondono al numero indicato nei vari fogli comparativi. Vedi tabelle in formato pdf da scaricare qui sotto.
Primo gruppo
Gypsy European,
Sanskrit,
Prakrit,
Dravidian Tamil,
Mundari,
Hindi Western,
Mon-Kmer,
Arabik.
Secondo gruppo
Gypsy European,
Sanskrit,
Hindi Western,
Hindi Eastern,
Gujarati,
Rajastani-Marwari,
Punjabi,
Bangali.
Terzo gruppo sez.1
Gypsy European,
Korava,
Bili,
Bojpuri,
Gadi,
Garodi,
Kanjari,
Kolhati.
Terzo gruppo sez.2
Gypsy European,
Labani,
Myanwale Lhari,
Nati,
Odki,
Qasai,
Sasi,
Sikalgari.
Primo gruppo
Secondo gruppo
Terzo gruppo sez. 1
Terzo gruppo sez. 2