ASIANOMADS
Il volto di Dio
Il volto di Dio
IL VOLTO DI DIO NELLA CULTURA MILLENARIA DEGLI ZINGARI
Pastorale dei Nomadi
di Murialdo Gasparet
Ed. S.Paulus 1999
Libera traduzione ed adattamento a cura di Banglanews - L’originale in portoghese, con una ricca bibliografia è disponibile su http://www.mondonomadi.it/portugues/livros
Rev. 1 del 22 luglio 2013
Presentazione
Avendo il privilegio di partecipare alla pastorale dei nomadi, comprendo il valore di questa pubblicazione.
Scritta con l'amore di chi sa ammirare, comprendere e servire i rom e offerta perché si moltiplichi il numero di questo popolo nomade, essa è certamente destinata a produrre frutti buoni.
La conoscenza ha aiutato a prendere il posto del pregiudizio, la curiosità e la distanza superate dall'approssimazione.
Per noi cristiani, la gioia di celebrare il bimillenario della nascita di Gesù è un forte impulso per condividere la grazia di credere, di amare il Signore Gesù e il suo Vangelo. Il Salvatore è il viso del Padre, in un unico modo contempliamo il Dio invisibile e il suo cuore.
Cristo è venuto a rafforzare, elevare, e anche correggere lo stress di tutte le culture umane. Va ogni incontro alla ricerca, alla domanda e alla sete. L'incontro con la cultura dei nomadi è fondamentale per raggiungere il suo cuore, è la condizione per il dialogo di salvezza, è l'espressione di rispetto, è la forma di servizio. Questo sarà un altro risultato di questo lavoro.
Che la lettura di questo libro sia la porta verso il vasto mondo degli zingari, così saremo in grado di ospitare nel nostro mondo questi fratelli, di rispettare la loro identità e ricevere la loro sensibilità per i valori umani che essi vivono in modo intenso.
Caxias do Sul, Festa della Madonna di Caravaggio, 2 maggio 1998.
+ Paolo Moretto,
Vescovo di Caxias do Sul
Introduzione
Chi sono gli zingari, conosciuti o "sconosciuti"? Conosciuti perché non c'è nessuno che non ha visto da qualche parte una zingara chiromante o indovina; all'interno del paese erano apprezzati dei ramai Rom (nessuno lavorava il rame meglio di loro). Sconosciuti, d'altra parte, per gli aspetti interni, intimi, per la identità, la religione, e i valori della loro cultura.
Gli zingari sono un popolo come tutti gli altri, con i suoi usi e costumi, la storia, la cultura, la lingua, le leggi, e l'identità. Sono una nazione come tante altre, con il loro orgoglio di essere, il desiderio di rimanere e trasmettere i loro valori e la ragione di essere a figli e nipoti, di generazione in generazione.
Solo non hanno un proprio territorio. La loro diaspora è molto simile a quella degli ebrei, degli armeni, dei negri e anche degli indiani (quelli in diaspora nella propria terra). Come tutti gli altri, soggetti agli stessi pregiudizi, gli stessi stereotipi, la stessa discriminazione e persecuzione.
Mentre l'Ebreo è stato per millenni "Il popolo del Libro", non solo per la paternità della Bibbia, ma per essere presentato in una letteratura molto ricca di tutti i generi, in tutte le epoche e luoghi, gli zingari hanno avuto per secoli una cultura non scritta, senza una letteratura. Tutto su di loro è stato trasmesso per via orale. Pertanto, una cultura esclusivamente orale, nel mondo moderno, tecnologico, è soggetta a perdere la sua identità storica. E se la cultura muore, le persone scompaiono. Oggi, più che mai, la continuità zingara dipende da registrazioni scritte, dall'organizzazione e dalle leggi che garantiscono i loro diritti, la protezione, la conoscenza, il riconoscimento, soprattutto i valori evangelici.
Il presente documento ha lo scopo di avvicinarsi alla cultura degli zingari, in particolare nella sua dimensione religiosa, confrontandola con la spiritualità cristiana, in cerca di aspetti fondamentali di una specifica pastorale dei nomadi.
Perché affrontare questa cultura? Pur essendo un popolo di antica tradizione, tuttavia pochi sono interessati ad esso. Ciò avviene, forse, perché i nomadi non creano molti legami permanenti con i sedentari. L'interesse per gli Zingari in generale aumenta se motivato dall'aspetto mistico che, tra l'altro, è stato usato molte volte per la commercializzazione di prodotti moderni di comunicazione: romanzi, moda ecc.
Inoltre, la stessa Chiesa, pur avendo già rivolto la sua attenzione agli zingari, concedendo loro competenza speciale, deve ancora affrontare, capire e comprendere questa cultura. Questo avvicinarsi non può più essere una approssimazione di chi ha già il catechismo semplicemente pronto da trasmettere. Le principali ipotesi tematiche del presente lavoro sono la ricerca di una evangelizzazione inculturata, che richiede l'empatia, cioè il collocarsi dal punto di vista di questa cultura. Capire meglio per trasmettere meglio, non con una evangelizzazione già preparata, ma a partire dall'ambiente culturale, mettersi in gioco ed arricchirsi.
L'interesse per la cultura zingara e la convivenza nasce da esperienze che ho personalmente con il popolo zingaro. Li conosco da otto anni e mi accampo con loro, e, in questi anni, a tempo pieno, con un gruppo di zingari circensi di San Paolo. Mi è capitato di essere con vari gruppi zingari, nella maggior parte delle regioni del Brasile. Sono amico di molti capi zingari e considero tutti gli zingari come fratelli di cuore. Ammiro il coraggio e la perseveranza, la vita e una costante ricerca, un percorso, che a priori non si conosce e che, per alcuni, è scandalo mentre, per molti, è virtù. Non ci si può fermare e sedimentare. Abramo non si fermò, camminava da campo a campo, sempre alla ricerca di un posto migliore, dove, forse, scorreva latte e miele, dove le acque erano abbondanti.
Partire per un altro luogo, e per molti altri, sempre di passaggio, servire, aiutare e amare. Il tempio e la casa sarà una tenda. Essere un pellegrino e errante, da luogo a luogo, predicare e diffondere il bene e la pace è stato ciò che hanno fatto i Patriarchi e i Profeti. Quindi va dove essi vanno. Va con loro. Fino al campo della terra promessa."
Colloco quindi le mie esperienze pastorali nel vivere con gli zingari. In Brasile, come in tutta l'America Latina, vi è una carenza di letteratura relativa agli zingari. I pochi riferimenti sono di autori e ricercatori, principalmente nell'area del folclore, e per la maggior parte non-zingari.
Tuttavia, ci sono alcuni scritti internazionali e di grande valore nazionale e scientifico che mi hanno aiutato nelle mie esperienze pastorali.
L'elaborazione del lavoro cerca di essere fedele allo scopo proposto: mostrare la cultura zingara e l'impegno cristiano nella lotta, rispetto e promozione della vita. Per questo ho utilizzato il metodo di vedere, giudicare e agire. Vedere la cultura gitana e la sua mentalità religiosa. Giudicarla alla luce della Parola di Dio e agire, perché la fede cristiana abbia anche l'impegno di una inculturazione.
Ho diviso questo lavoro in quattro capitoli. Nella prima parte vedremo l'antica cultura zingara, in base alle loro tradizioni storiche e alle loro identità. La seconda parte tratta della mentalità religiosa e il suo rapporto con il trascendente. Il terzo capitolo vuole mostrare teologicamente l'itineranza del Popolo di Dio, in cui i nomadi trovarono i motivi biblici per il loro costante cammino. L'ultima parte tratta della fede cristiana con gli zingari, perché tutti i cristiani sono chiamati a lottare per la vita, presentare validi cammini per una pastorale dei nomadi, inculturata.
Si deve anche dire che non si può conoscere lo zingaro isolato dal suo contesto, cioè, i vincoli socio-culturali della sua etnia. Le chiavi dell'identità zingara non sono nell'individuo, ma nel gruppo.
La libertà è seducente, ma richiede passione.
1. Zingari: una cultura millenaria
La storia degli zingari è breve: circa un migliaio di anni, a partire dalla loro apparizione nell'Occidente europeo. Poco o nulla si sa di eventi prima della loro migrazione: non si sa nemmeno se erano nomadi o sedentari.
La loro suddivisione in piccoli gruppi autonomi e la loro straordinaria capacità di adattarsi all'ambiente di vita, assieme ad un sacco di coraggio, perseveranza e una profonda coscienza del loro essere; li ha aiutati a sopravvivere. Tuttavia, per molti, gli zingari continuano ad essere, più o meno consapevolmente, una cultura sconosciuta.
1. Chi sono gli zingari?
Gli Zingari hanno lasciato l'India da più di mille anni. Dopo aver attraversato l'Africa, hanno raggiunto l'Europa. Nel XVI secolo sono già presenti in tutti i paesi del Vecchio Mondo.
In Brasile, arrivarono nel 1574 e, secondo una pubblicazione del 1991, ci sono oggi circa 800.000 Zingari. La maggior parte è concentrata nelle regioni Centro-Est, Sud-Est e Sud del Paese.
Nonostante la sofferenza di un grave discaratterizzazione, cercando di salvare la propria cultura e i costumi, tra di loro parlano la propria lingua, Romani, mentre parlano la lingua locale con i non-zingari. La discaratterizzazione porta a cambiare l'identità zingara, attraverso le proposte e l'imposizione di stili di vita devianti, per esempio, la sedentarizzazione. Anche alcune pubblicazioni, periodici e una specie di "zingarismo" nella moda, con modi e fatti che non corrispondono alla realtà, possono contribuire alla distruzione del popolo zingaro.
Gli zingari sono tra loro molto uniti e hanno un forte spirito familiare: questo spirito pervade tutto il gruppo. Ricchi, poveri e anche mendicanti, hanno una profonda condivisione tra di loro.
Essi sono fondamentalmente artigiani, mercanti e artisti, cercando di sopravvivere giorno per giorno, concentrandosi sulle preoccupazioni dell'oggi. Ricchi o poveri, non hanno alcuna mentalità capitalistica e vivono profondamente il messaggio: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" (Mt 6,11). Sono ottimi gioiellieri e doratori. Coloro che vivono di elemosina e furti sono una minoranza.
Praticano una morale molto rigida. Si ingannano completamente, quelli che immaginano che negli accampamenti si viva in promiscuità. Un codice etico proprio, oralmente trasmesso dai genitori ai figli, regola la vita del campo con grande rigore. Ma, come gli antichi ebrei, non hanno gli stessi obblighi dei non-zingari. Per capire questo, siamo in grado di confrontare i seguenti testi biblici: Es 20,13-17, Nm 31,7-18 e Is 3,9-10. Gli ebrei erano un popolo nomade del deserto. Gli zingari sono ancora un popolo nomade. La legge ebraica vale per gli ebrei. La legge zingara per gli zingari.
I bambini sono una benedizione e gli anziani sono l'onore del gruppo. Non si fa nulla senza sentire il parere degli anziani. Molti di loro, a volte malati o zoppi, sono legati su asini (quando si tratta di zingari mandriani), ma il gruppo non li lascia mai.
Gli zingari hanno una religiosità profonda, con forti tratti orientali. Essi sono molto devoti a Santa Sara, alla Madonna e a vari santi, fanno e mantengono le promesse in modo molto solenne. Sono soliti invocare la Madonna di Caravaggio (protettrice dei viaggiatori) e la Madonna dell'Esilio (fuggita in Egitto con Giuseppe e il Bambino). Inoltre molti Zingari dicono che i loro antenati provenivano dall'Egitto.
In Brasile gli zingari si identificano con i cattolici. Essi celebrano battesimo e matrimonio con diversi giorni di grande festa, a cui invitiamo anche i non-zingari.
La verginità è un grande valore per loro. Una sposa zingara è vergine non solo in fantasia, lei è davvero una vergine.
Gli zingari hanno dato vita ai circhi. Con essi nacquero spettacoli ambulanti di acrobati, giocolieri e illusionisti. Influenzarono anche l'emergere di vari eventi folcloristici. Contribuirono notevolmente al mondo della musica e molti furono valenti violinisti, ma suonano molto bene anche la chitarra e la fisarmonica. Molti circhi di fama internazionale sono zingari, ma ci sono circhi e artisti non zingari. Assieme agli spettacoli ambulanti e al commercio itinerante nacquero i parchi-gioco Alcuni dei suoi proprietari e dipendenti sono zingari.
In breve, ecco alcuni valori della storia documentata del popolo zingaro, costituito da varie razze o nazioni. In realtà, la sua preistoria e importante e risale non solo alle radici indiane, ma anche, secondo alcuni ricercatori, a lontane radici semitiche. Notiamo questo nella maggior parte delle razze orientalizzate. Attraverso le influenze che la loro lingua ha subito, è stato possibile, almeno a grandi linee, ricostruire il loro cammino geografico e cronologico sino alle razze più occidentalizzate.
Non importa se sei ricco o povero. Non importa se si cammina in belle macchine, o a piedi. Tutti sono zingari. Se togliamo gli ornamenti, resterà la pelle. Se tagliamo la pelle ci sarà il sangue e se faremo la trasfusione del sangue, rimarrà ciò che è più importante, immutabile, eterno: l'anima zingara.
Queste persone non aspirano al potere, non hanno mai fatto una guerra né promosso rapine, saccheggi o rapimenti.
Anche se si è pensato, 100 anni fa, che sarebbero stati condannati all'estinzione, hanno mostrato che molti sono sopravvissuti altri cento anni, nonostante le grandi persecuzioni come per esempio, nella seconda guerra mondiale, quando quasi mezzo milione di loro sono stati uccisi da parte dei nazisti e fascisti.
Dal giorno 2 Marzo 1979 sono presenti nelle Nazioni Unite come Organizzazione non governativa, attraverso l'Unione Internazionale Rom. Anche se protetti dalla Costituzione brasiliana agli articoli 153-177, che non fa distinzione di razze e garantisce i diritti delle minoranze, sono ben lungi dall'essere considerati cittadini legittimi, anche nei loro doveri verso lo Stato. Nonostante la discriminazione e la persecuzione, vivono pieni di coraggio, forza, perseveranza, gioia e rispetto.
Sanno cantare molto bene canzoni di amicizia, accattivandosi con le belle danze del loro corpo e del loro cuore, che vibrano di sentimenti e di amore. Quando sono amici, sono realmente veri amici.
Ecco la loro filosofia di vita: "La terra è la mia terra, il cielo è il mio tetto e la mia religione è la libertà"
Cosa meglio definisce l'essere zingaro sono le parole dello zingaro Antonio Guerreiro:
"Essere zingaro è essere forte di fronte alle diversità, sapendo in anticipo che nulla è eterno in questa vita, e questo include il dolore, che è parte di essa. E essere zingaro è sentire la magia che emana da tutti gli esseri, e capire a colpo d'occhio la loro natura. E inoltre, uno zingaro sa contemplare la vastità del cielo, e sentirsi di esserne una parte,. guardare l'orizzonte e sentirsi camminare in direzione dell'infinito. "
1.1. Antecedenti storici
Per diversi secoli, e fino ai nostri giorni sono state create dai non-zingari molte leggende sulla loro origine e storia, che gli zingari non negano e persino incoraggiano, perché li fanno sembrare più interessanti agli occhi di tutti.
Ecco alcune di quelle leggende che fino ad oggi si tramandano:
"Noi siamo discendenti di Adamo e un'altra donna prima di Eva. La nostra storia è nella Bibbia e discendiamo da Caino. Erano poi delle persone che lavoravano per i faraoni, perché a quel tempo gli zingari sapevano come lavorare l'oro e fare gioielli"
Tuttavia, circa l'origine degli zingari, non sono tutte leggende, vi sono delle ipotesi. La loro preistoria nasconde ricchezze profonde che non possiamo recuperare e conoscere a causa della loro tradizione orale e non scritta.
Quello che possiamo dire è: poco dopo l'anno mille gli zingari appaiono nella storia e nell'anno millecinquecento sono presenti in tutta Europa, all'inizio di mille e seicento sono presenti in tutto il mondo. Da allora in poi, il mondo non può più scrivere la propria storia senza tener conto degli Zingari.
1.2. Una traccia della loro storia nel mondo.
La loro origine è sempre stata e rimane ancora un mistero, anche se quasi tutto indica che sono venuti dall'India. La ricerca nel settore della linguistica indica la vicinanza della lingua zingara o "Roma" e le lingue vive sanscrite come Caxemiri, Hindi, Gujarati, Marathi e Nepalese. Non solo la lingua ma anche la conoscenza delle cose magiche, vale a dire, l'arte della divinazione, ci aiutano, ad es. la parola "bene-detta" (un termine che si applica alla pratica della chiromanzia o lettura mano, che significa fortuna o un segnale. Insomma, la conoscenza del dominio delle scienze occulte è legata alla possibile origine indù, perché tutti gli elementi che compongono il misticismo zingaro si avvicinano alla pratica di alcune caste di fattucchieri dell'India.
Secondo alcune teorie, gli zingari sono stati un popolo di sedentari che, a causa di una guerra o di una catastrofe naturale, cominciarono a migrare verso l'Occidente.
"Un'altra teoria, forse più degna di credito, dice che erano già nomadi da secoli e anche intorno all'inizio del secondo millennio a.C., un gruppo di zingari ha iniziato a viaggiare per l'Europa. Esistono ancora in India molti gruppi nomadi (Laubadies ), simili agli zingari d'Europa, anche se separati da un migliaio di anni di storia tra di loro. "
Si trovano tracce sull'inizio delle migrazioni verso l'Occidente in due testi persiani, dove storia e leggenda si confondono. La storia indica la presenza di numerosi zingari in Persia , provenienti dall'India, che già godevano fama di musicisti, erano contrari all'agricoltura, e propensi al nomadismo. I documenti sono gli unici che menzionano le loro peregrinazioni in Asia. I testi relativi al loro arrivo in Europa, nel mondo bizantino, sono già più numerosi, principalmente relativi a viaggiatori più occidentali, nel loro cammino verso la Terra Santa. In queste regioni bizantine sono venuti in contatto con il mondo cristiano in Modon, la città murata e importante porto sulla costa occidentale della Morea, la tappa principale della rotta da Venezia e Giaffa. Pensando a come viaggiare verso Occidente, decisero di confondersi con i pellegrini, perché questi erano viaggiatori privilegiati. Si sono presentati come tali attraverso lettere di protezione concesse dall'imperatore Sigismondo, re di Boemia e Ungheria. Ben presto cominciarono a perdere questi crediti, tra i sospetti, e gli zingari cercarono la protezione del Papa nel 1422 e un loro gruppo partì per Roma.
E arrivò il tempo in cui finì la buona accoglienza da parte degli Stati europei, perché gli zingari non erano più convincenti, se camuffati da pellegrini. La lingua, la pelle bruciata dal sole, il nomadismo e la pratica della magia e divinazione cominciò ad evidenziare i gruppi e non ci volle molto perché cominciassero a soffrire pregiudizi e persecuzioni dalla Chiesa e dallo Stato. Dal 1500, si scatenò una persecuzione che dura fino ad oggi. Gli innumerevoli decreti, i permessi e le leggi, messe in atto da parte dei paesi in cui vivevano, hanno imposto sanzioni che vanno dal divieto di vestirsi nel loro modo tradizionale all'estradizione in Brasile, Angola e Capo Verde.
Gli zingari si ramificarono in vari gruppi e sottogruppi, con sfumature della lingua parlata e dei paesi in cui crearono alcuni collegamenti. Nel corso di molti secoli di storia, il contatto con popolazioni diverse diede luogo a un processo di mimetizzazione. La lingua subì influenze locali, soprattutto dove restarono per maggior tempo; lo stesso si può dire in relazione ai loro usi e costumi.
Gli stessi si chiamarono in base al gruppo o sottogruppo etnico di appartenenza, e, a volte, a seconda alla denominazione del proprio clan. La denominazione generica, tuttavia, è rom, zingaro, che significa "uomo per eccellenza" in opposizione a gajao (= non zingaro).
Essi ricevettero varie denominazioni da parte dei gajaoes secondo il sistema linguistico di ogni paese in cui vivono o in cui sono transitati, fino dalle epoche più remote.
"1. Greco: tsinganos; 2. Latino: zingarus; 3. italiano: zingaro; 4. spagnolo: gitano; 5. portoghese: cigano; 6. romeno: tigan; 7. francese: gitans; 8. russo: cygan; 9. inglese: gypsy; 10. ungherese: egyplener"
In tutto il mondo sono divisi in due gruppi principali, da un lato, i Rom, di aspetto orientale. I Rom sono ancora divisi in altri grandi gruppi, come, ad esempio , Lovara, Calderasha e Ciurara. Dall'altra parte, il gruppo di Sinti, che rappresenta i Rom occidentalizzati. Un dettaglio, che serve bene a distinguere i gruppi, è l'abbigliamento femminile: una donna del gruppo di Rom (orientale) indossa di solito abiti lunghi, molto colorati, la donna del gruppo sinti ha abiti più occidentalizzati, più discreti, adattandosi di più alla moda locale.
Un'adeguata conoscenza della cultura degli zingari diventa necessaria. Sono vittime, da molti secoli, di pregiudizi e stigma. Spesso, su di loro, vengono mostrati molti difetti e ma poche delle numerose qualità. È il caso di correggere tali distorsioni. Nessun popolo ha solamente virtù e nessuna delle persone è composta solo di difetti. Un popolo, ovviamente, è la moltiplicazione delle persone e, come tale, soggetto a tutte le limitazioni riguardanti la condizione di un essere umano.
1.3. Gli zingari in Europa
Nel 1322 esiste una prova della presenza di zingari nell'isola di Creta, e subito dopo, in altre isole del Mediterraneo: Cipro, Rodi e Corfù e Negroponte.
Una menzione particolare merita la venuta degli Zingari sulle coste del Peloponneso, dove centinaia di capanne erano abitate da famiglie zingare, nei pressi del Monte Gjoe. Questo posto aveva il nome di "Piccolo Egitto", e questo spiegherebbe perché gli zingari, raggiungendo l'Europa occidentale, parlavano del loro paese, come di un piccolo Egitto.
Una delle prime testimonianze significative in Italia appare il 18 luglio 1422, a Bologna, e venti giorni dopo a Forlì. Nel 1423 circa tremila zingari si trasferirono dalla Romania in Ungheria. Nel 1427, alcuni zingari vennero in Inghilterra e poi in Scozia, nel 1433 troviamo un loro gruppo in Baviera, Boemia ed Austria occidentale. Nel 1477, un folto gruppo era penetrato in Spagna. Nel 1500 arrivarono in Russia.
La popolazione mondiale di zingari è stimata da 12 a 15 milioni di persone. Le statistiche non sono esatte. Uno dei fattori che causano questa difficoltà è proprio il nomadismo. La maggior parte degli zingari sono in Spagna, Francia e paesi indiani, ma sono presenti in tutte le parti del mondo.
1.4 Gli zingari in Brasile
In Brasile e in America Latina gli zingari penetrarono con le prime ondate migratorie dell'Europa. La presenza di zingari in Brasile si registra dal XVI secolo, attraverso le prime migrazioni portoghesi. La maggior parte venivano dalla Spagna e arrivavano qui in condizione di detenuti. Non supportando le continue pressioni della Spagna, i cui re si sforzavano, al massimo, di renderli sedentari e, quando non potevano, ordinavano la loro espulsione, essi raggiungevano il Portogallo e da lì finivano per migrare in Brasile.
"Si spiega la presenza di zingari in Brasile a seguito delle sistematiche persecuzioni del Tribunale del Sant'Uffizio, che li considerava eretici, streghe e ai disagi imposti dalla società dell'epoca. Le pene a cui erano soggetti erano molto severe. Arrivavano qui, nella condizione di emarginati" (O Correio do UNESCO, 1984)
Alcuni zingari vennero come commercianti comuni, altri come detenuti, per questo o quel crimine, e colsero l'occasione di fuggire in esilio per evitare la pena. Altri si arruolarono volontariamente per venire in Brasile, e quindi non erano esattamente degli schiavi.
In Brasile, il primo riferimento agli zingari, appare in un documento di Dom Sebastiao, nel 1575, in cui si trasforma in esilio la detenzione di John Towers, zingaro che era sbarcato qui con moglie e figli.
Alla fine del XVII secolo, molti zingari arrivarono in Brasile stabilendosi nel Nord-Est. Nel 1710, gli zingari furono vittime di una violenta persecuzione. Le autorità si resero conto che gli zingari erano un gruppo omogeneo, unito e con una sola lingua, con i propri usi e costumi, e così potevano diventare un pericolo. Eppure, nel 1710 una legge promulgata in Brasile proibiva agli zingari di insegnare la loro lingua e i loro costumi ai loro bambini.
Di queste famiglie zingare che arrivarono, molte divennero sedentarie e si inserirono nella società dei non-zingari. Molti hanno eccelso nelle arti dello spettacolo, nella musica, artigianato e commercio. Nel secolo scorso, quando si celebrò il matrimonio di Don Pedro e Donna Leopoldina, si possono riscontrare segnali di forte assimilazione culturale in quanto molti zingari furono invitati a prendere parte ai festeggiamenti della Corte.
Vari studiosi, come Antonio Coelho, affermano che il Brasile fu uno dei primi paesi a ricevere zingari dal Portogallo. Così, in America, il Brasile è stato il primo paese di destinazione per gli zingari.
Il professor Atico Vilas Boas da Mota, divide e classifica gli zingari del Brasile in due gruppi principali:
"I Calons (Zingari spagnoli, anche conosciuti come 'zingari brasiliani') inseriti in Brasile tra i secoli XVI-XIX. I Rom (Zingari non iberici arrivati in Brasile dopo la emancipazione politica del 1822.)"
2. Zingari: storia di una cultura
La storia della cultura zingara rimane viva fino ad oggi. Gli zingari mantengono la propria lingua, le tradizioni, i costumi e la loro vita nomade. Conservano anche i valori fondamentali che mantengono l'identità della propria razza.
2.1. Nomadismo
Una delle più sorprendenti caratteristiche culturali degli zingari è il loro nomadismo. I motivi principali sono dovuti alle loro attività economiche e, all'inizio, alle costanti persecuzioni. Ancora oggi, gli zingari sono discriminati in tutto il mondo, anche se la maggior parte non viene perseguitata, cacciata e massacrata come prima.
La stragrande maggioranza degli zingari sono nomadi, ma molti oggi sono semi-nomadi o sedentari. I nomadi viaggiano regolarmente, i seminomadi solo una parte dell'anno e si stabiliscono in accampamenti durante il resto del tempo. I sedentari non viaggiano, o lo fanno raramente.
"Fino a quando una persona rimane sedentaria, è sedentaria anche in viaggio, lo zingaro è un nomade, anche quando non è in viaggio ... Il nomadismo è più uno stato mentale che una situazione reale."
Il nomadismo è un segno di perseveranza, coraggio, di non agire per cattiveria, ma per istinto e necessità di sopravvivenza. Come gli antichi ebrei del deserto, e come Gesù stesso, che ha vissuto il nomadismo con i suoi apostoli (Mt 11,1-4). Solo coloro che hanno il coraggio di camminare ogni giorno possono vivere con la certezza di arrivare.
Per lo scrittore Nicole Martinez, il nomadismo si originò dalla marginalità rurale:
"Il nomadismo è stato soprattutto un modo di appartenenza alla marginalità del mondo contadino. Questa emarginazione era legata all'esodo rurale verso i centri urbani"
E 'importante sapere che gli zingari sono nomadi, ma non tutti i nomadi sono zingari. Ci sono persone in Africa, America, Asia e Nord Europa che migrano secondo i ritmi del pascolo, della caccia o della pesca. Per zingari nomadi ci riferiamo a un gruppo molto specifico e distinto dal punto di vista etnico, che possiede una propria lingua, una cultura particolare e che normalmente vive da nomade.
In questo nomadismo si ha una serie di "meccanismi di accettazione", mentre allo stesso tempo si hanno dei "meccanismi di resistenza." La convivenza con le società complesse e dominanti ha consentito agli zingari di conoscere i loro valori e il modo di trarne profitto, ma d'altra parte, i suoi confini per quanto riguarda la conservazione dei propri valori. Ad esempio, nell'utilizzare una traccia culturale della società Gaje (non zingaro), lo zingaro ne fa una riformulazione per preservare la propria identità di gruppo etnico,
E, nell'uso comune e popolare del termine, zingaro è sinonimo di nomade. Anche se ci sono gruppi più propensi alla vita sedentaria, la loro organizzazione è essenzialmente attinente al nomadismo. Possiamo dire che la loro "anima" è nomade.
Si intende per "anima" il principio della vita; la necessità intrinseca della vita e le caratteristiche essenziali per la vita come un'unità corpo-anima.
Gli Zingari più sedentari sono ancora nomadi per eccellenza, sono educati a "non mettere radici da nessuna parte." I luoghi dove rimangono più di qualsiasi altro sono solo favorevoli contesti ove stabilirsi per le loro attività economiche.
Quelli che meglio definiscono il nomadismo sono, naturalmente proprio i nomadi. E lo esprimono in versi:
La tua razza di avventura
voleva la terra, il cielo, il mare:
Nella mia vi è una delizia oscura
nel non chiedere, nel non guadagnare. ..
La vostra razza ha bisogno di partire
fare la guerra; soffrire, vincere, tornare:
La mia, non vuole andare o venire.
La mia razza vuole essere in cammino.
Il NOMADE
Benedito Sbano
Nato in un carro;
giro seguendo il mio destino
l'universo è il mio futuro
quello che è rimasto è passato.
Alcuni mi chiamano vagabondo
reietto, giramondo
là va l'Ebreo errante
lo zingaro vagabondo.
Delle pietre che mi tirano
Faccio un rosario di dolore
E prego
chiedendo forza al Signore:
La ricchezza non mi seduce
Né desidero il potere
Continuo a camminare
mi fermo solo quando morirò.
Vuoi sapere chi sono?
Faccio parte di una leggenda
il mondo è la mia patria
La mia casa è una tenda.
Figlio di un popolo in cammino
Un popolo che passa sempre
Porto nascosto nel mio petto
l'orgoglio della mia razza.
"La Roma" (popolo zingaro)
Zurca Sbano
Un giorno dall'Oriente
Da dove tutto comincia
partì il mio popolo felice
Camminando senza aver fretta.
Quando partì: nessuno lo sa?
Perché partì: nessuno lo dice?
Partì quando lo volle..
Perché partì? Perché lo voleva.
Poi arrivammo qui
Non sapendo chi eravamo
Il nostro passato dimenticammo
Ci interessa solo chi siamo.
Dire che non abbiamo patria
E' una grande follia
La nostra patria, sappiamo,
È più grande della vostra.
La vostra patria è un paese solo
La nostra tutta la terra
Dio ce l'ha data in regalo
Per mai fare una guerra.
Siamo un popolo che canta
Contento di saper vivere
Il sole ci incanta
Amiamo l'alba
L'ieri,è già passato
il domani è futuro
Viviamo spensierati
oggi è più sicuro.
E così, sempre a partire
Ora, nel campo ora in città
Noi amiamo la nostra vita
Siamo i re della libertà.
Concludendo questa parte sul nomadismo zingaro, posso dire che il fatto di andare da un luogo ad un altro è di grande importanza per gli zingari soprattutto per quanto riguarda la dimensione del futuro.
Nel nomadismo, gli zingari coltivano la propria sopravvivenza come gruppo alternativo in molteplici dimensioni, ma guardando rigorosamente la situazione attuale, non possiamo dire che il nomadismo sia l'elemento essenziale che definisce la vita degli zingari.
Non si può dire che il vero e unico zingaro è quello che viaggia e gli altri non lo sono. Se le classificazioni e le politiche amministrative classificano zingari e non-zingari come nomadi e sedentari, che vivono in tende o in carri o invece sono residenti in case; nella Pastorale dei Nomadi noi considerano questo procedimento arbitrario, non adatto ai nostri scopi funzionali.
Zingaro non è solo chi corrisponde a una lista di caratteristiche, ma chi ha un corpo zingaro (riferimento etnico-storico), un 'anima zingara (culturale e spirituale) e vive collegato ad un gruppo di zingari (socio-politico). Zingari si nasce.
2.2. La lingua
La lingua zingara, Romani, è una delle caratteristiche che maggiormente contribuiscono a perpetuare la tradizione. Quello zingaro è per necessità un popolo bilingue, e per non dire poliglotta. La lingua romanì ha sofferto e soffre le variazioni dovute all'influenza di varie lingue, e quindi, si è suddivisa in diversi dialetti. Questi adattamenti e influenze, alterazioni e sostituzioni non sono stati però tali da rendere la romanì una lingua morta. La lingua romanì prevale e continua a mantenere la sua etnia. Si tratta di una fonte di comunicazione tra gli zingari per il mantenimento della loro identità etnica.
E' stato grazie a studi paralleli (storici, linguistici ed etnografici) che si può dimostrare l'origine indiana degli zingari. La radice sanscrita ed i vari elementi di base comuni a Hindi, Bengali e penjovi (dialetti della regione settentrionale del continente indiano), mostrano chiaramente l'origine o, quanto meno, le grandi influenze indiane per quanto riguarda la lingua zingara.
Nonostante lo sforzo di preservare la lingua e trasmetterla ai bambini, gli zingari, con il rimanere in vari luoghi e con diversi linguaggi, hanno inevitabilmente assunto forme dialettali diverse. Attraverso le parole più antiche e le varianti più recenti la lingua è comunque un elemento importante nella distinzione tra gli zingari e i nomadi non zingari e le persone che erano zingari, cioè le persone che non portano più nel sangue tutto quel bagaglio che identifica in realtà l'essere zingaro.
Da un lato, la lingua zingara ci rende difficile ricostruire la storia degli zingari, per le sue variazioni, tuttavia, è anche molto rischioso definire superficialmente il percorso che hanno effettuato. Nei gruppi degli zingari esistono dialetti, possiamo dire che sono tanti quanti sono i molti gruppi zingari presenti in tutti i continenti. Questi dialetti tendono a evolversi, arricchirsi, ma anche diversificarsi, come del resto accade per tutti i gruppi linguistici.
Ad oggi gli zingari, quando si nazionalizzano o regionalizzano, o anche si sedentarizzano per lunghe stagioni, assimilando un patrimonio culturale profondo, mai si integrano al punto da perdere la propria identità. Il linguaggio diventa allora un fattore importante per il mantenimento della identità zingara. E il linguaggio serve anche per verificare il contrario: quando l'identità zingara si è persa, non esiste più. E chiaro che dopo il XIV secolo, i cambiamenti linguistici divennero continui, ma oggi vediamo l'incantevole bellezza di questa lingua, con declinazioni nominali complessi e ampie coniugazioni verbali, permettendo una vasta e completa comunicazione.
Siamo in grado di controllare, con il loro linguaggio, che la loro preistoria è molto più importante e remota delle radici indiane, ma anche, secondo alcuni ricercatori, delle lontane radici semitiche lontane. Si verifica questo nelle razze più orientalizzate, attraverso le influenze che la loro lingua ha subito. E' stato possibile, almeno a grandi linee, trovare il loro cammino fino alle razze geografiche e cronologiche più occidentalizzate. Oggi gli zingari parlano la lingua locale e, tra di loro, quella Romani. Cercano di mantenere la fedeltà alla propria lingua, ma subiscono naturalmente le influenze della lingua locale. Se il linguaggio è l'espressione della cultura di un popolo, quando una lingua non è considerata uguale in dignità alla lingua maggioritaria di un paese, persisterà l'impossibilità, per quella cultura, di comunicare i suoi valori positivi, favorendo in tal modo il rifiuto della società razzista.
"La lingua è l'espressione più evidente della identità di un popolo. Anche minoritaria, ogni etnia ha il diritto di esprimere, preservare e sviluppare la propria lingua. Perdita del linguaggio significa perdita di identità e di cultura. I gruppi maggioritari hanno quindi la responsabilità e il dovere morale di assicurare che questo diritto sia riconosciuto per tutti e messo in pratica in modo concreto. Questa non è solo una questione di tutela dei diritti delle minoranze, ma uno mezzo per aumentare il rispetto e il dialogo reciproco al fine di evitare qualsiasi forma di conflitto sociale e culturale. Tutto questo serve principalmente ad arricchire il patrimonio culturale di ciascuna comunità." (Maia L. - Ciganos na Communidade Europeia..)
Il linguaggio è uno dei marchi che persiste per secoli nella storia. I principali dialetti sono: xoratano, caldersh, calao e sinto, le lingue più parlate dagli zingari nei loro campi. Gajao, calao e geringonça sono alcune parole portoghesi ereditate da questi dialetti.
La lingua per noi, operatori della pastorale, diventa come un codice e segnale di fiducia , di amicizia e di lealtà. Nella lingua zingara si evita di dire "ate logo", "addio", ma un "Va con Dio", "Dio sia con te" e "Porta Dio alla gente." Identifica la forte presenza di Dio nelle persone.
Le citazioni linguistiche di seguito non riportano una traduzione nella lingua portoghese, perché di solito faccio così. Non ho mai rivelato una sola parola a nessuno, perché la lingua zingara non mi appartiene. Se qualcuno è interessato, tuttavia, deve cercarsi uno zingaro ed avere la sua fiducia, chiedergli il significato di ogni parola e proseguire così gli studi. Le parole usate per dimostrare la lingua zingara sono state anche private dei segni di pronuncia.
BATU DE NUSCA
Batu de nusca saran ke sila em ribesqui
o teu anav e anav du Duvel
Minscha kamela que tunscha
eja o ke bushada in nusca saròn
nos kamiemos kcrda saran ke tunsha
kamela.
Nos manguiemos adinha um raben
para nao pasar da boquil
Nicada as bushi aturinga ke
Nos kerdemos enos derdà
As bushi aturinga.
Eles mukelas de kerda
As bushi aturinga pra nusca
Ke nusca nao vamos kerdà
As bushi aturinga para ois.
Guiele com o Duve
Achele com o Duve
Uvesquidas
Ugim.
2.3. La famiglia
La famiglia è il centro della vita zingara. Tutto ruota intorno a questa istituzione, che è l'unità di base dell'organizzazione sociale, politica, economica ed etnica degli zingari. È nella famiglia zingara che l'individuo trova la sua sicurezza e protezione. È anche nell'unità della famiglia che il patrimonio zingaro è conservato.
Guardando più da vicino la realtà della famiglia zingara, essa è importante per la condivisione di beni materiali, la ricchezza culturale e la conoscenza dei saggi principi che sono l'onore degli zingari. La zingara Rose Irash scrive:
"La regola di distribuzione prevalente in un campo nomadi è l'unica forma autentica di democrazia che ho conosciuto. Gli utili dei diversi membri sono divisi equamente, indipendentemente dal lavoro svolto dai ciascuno ".
Nella famiglia zingara, oltre ai beni, anche i conflitti sono sempre vissuti collettivamente. La famiglia incoraggia una coesione sempre più profonda per sopravvivere. Il mondo esterno diventa uno delle principali elementi per mantenere la coesione e la sicurezza della famiglia zingara. Il gruppo diventa, in questo modo, un maestro, il vero educatore di ogni individuo.
Oggi la famiglia zingara soffre la non comprensione del mondo sedentario. E così osserviamo che le aree riservate per le famiglie degli zingari nei sobborghi delle grandi città sono sempre più degradati, inadeguati e pericolosi.
I mezzi di comunicazione sociale, in particolare la televisione, sono un altro fattore per i cambiamenti nel comportamento della vita della famiglia zingara. Insieme, a quanto sopra incide anche il fattore economico. Malgrado ciò gli zingari possono vivere e mantenere le loro tradizioni e costumi. Una famiglia zingara risponde sempre alle aspettative di un umanesimo integrale. Quando ancora non era nata alcuna associazione con lo scopo di promuovere gli zingari, essi avevano già raggiunto posizioni di rilievo e di responsabilità in vari campi. In Brasile, per esempio, sono riconosciuti a livello nazionale poeti, molti giudici e avvocati, politici, persone con i veri valori cristiani. Anche tra il clero, vescovi e sacerdoti zingari si sono segnalati per la loro presenza in molte attività pastorali.
Se il "terremoto" che attualmente raggiunge la cultura zingara è violento, non dobbiamo spaventarci o affermare come Pedroni, 100 anni fa, quando ha avvertito: "Coloro che vogliono conoscere le famiglie zingare devono farlo molto rapidamente, poiché in un centinaio di anni esse saranno estinte. " Oggi invece ci sono più di zingari di allora.
Una famiglia zingara si classifica in famiglia nucleare e famiglia allargata. Una serie di nuclei familiari: "marito, moglie e figli," costituiscono una grande famiglia o famiglia allargata, patriarcale, cioè dalla linea di discendenza maschile.
"La famiglia nucleare è la cellula della famiglia zingara, poiché per la scissione che si verifica nella organizzazione segmentaria del gruppo, può scindersi dalla famiglia estesa, andando a costituire la base di una nuova famiglia allargata, che si costituirà partendo da essa. "
Le tappe, o fasi, della vita familiare degli zingari possono essere divise in otto parti:
1. - Infanzia - la nascita di un bambino è motivo di grande gioia nel campo, specialmente se si tratta di un maschio. Se i bambini sono numerosi, aumenta l'orgoglio della famiglia. Il bambino cresce con il ritmo della vita familiare.
2 - L'adolescenza è caratterizzata dall' imparare i ruoli che ragazzi e ragazze avranno quando saranno adulti.
3. Gioventù: di solito la persona che si considera giovane, in un gruppo, è già madre o padre nella famiglia. Il giovane porta già molte responsabilità, come il crescere i figli, e condivide tutto con il gruppo familiare.
4. L'uomo che forma una famiglia agisce sempre per suo conto. È difensore dell'onore, il prestigio e la forza della famiglia. Il compito principale del capo è mantenere relazioni sociali con amici e prendersi cura dell'equilibrio delle dinamiche interne, decidere su matrimoni, mantenere la pace, fare attenzione a garantire il rispetto dei riti e fare in modo che le promesse siano mantenute.
5. La donna ha grande autonomia morale, ha molta saggezza e intelligenza. Ha grande responsabilità economica. Oltre al cibo, vestiario, igiene, salute, bellezza e ordine, canalizza le energie e le forze all'interno del gruppo familiare.
6. I “singles” sono rari, ma esistono, vivono con i loro genitori. Solidarietà sociale, che tiene insieme tutti i membri della famiglia zingara include anche il single in una piena e armoniosa integrazione.
7. Gli orfani hanno negli gli zii e nelle zie l'affetto paterno o materno che è venuto a mancare. In cambio, si comportano come veri figli. Nessuno nel gruppo è lasciato a sé stesso.
8. I malati non sono mai lasciati soli o privi di cure.
Per queste ed altre ragioni ci sarà difficile trovare tra gli zingari ragazzi abbandonati, anziani in case di cura e famiglie disintegrate.
2.4. Filosofia di vita
Ecco la loro filosofia di vita:
"La terra è la mia patria,
il cielo il mio tetto e il cielo,
la libertà è la mia religione "
(Proverbio zingaro).
LIBERTÀ
Noi, zingari, abbiamo una sola religione: la libertà.
Per lei rinunciamo a ricchezza, potere, scienza e gloria.
Viviamo ogni giorno come se fosse l'ultimo.
Quando si muore, lasciamo tutto: un misero carro come un grande impero.
E noi crediamo, in quel momento,
che è meglio essere stato uno zingaro che un grande re.
Non pensiamo alla morte, non la temiamo, tutto qui.
Il nostro segreto è questo: godere ogni giorno
le piccole cose che la vita ci offre e gli altri non sanno apprezzare:
l'alba del giorno, il bagno nella fontana, lo sguardo di qualcuno che ci ama.
E difficile capire queste cose, lo so. Zingari si nasce.
Ci piace camminare sotto la luce delle stelle.
Raccontano strane storie sugli zingari.
Dicono che leggono il futuro nelle stelle
e che hanno i segreti dell'amore.
Una persona non crede nelle cose
che non sa spiegare.
Ma noi non cerchiamo di spiegare le cose in cui crediamo.
La nostra vita e semplice, primitiva.
Ci basta per tetto il cielo,
un fuoco per scaldarci
e le nostre canzoni quando ci visita la tristezza.
(Cigano Spatzo)
2.5. Una cultura millenaria
Senza sapere da dove vengono, né dove vanno, gli zingari arrivano. Come in un sogno, gli zingari montano le loro tende su un terreno libero. Nasce, così, un villaggio colorato. La presenza degli zingari cambia il ritmo delle città. Questo modo di vivere, millenario, che gli zingari hanno - nascere ad ogni arrivo e morire ad ogni partenza - dà a volte fastidio alla gente del paese.
Durante il giorno gli zingari martellano il rame, seduti attorno ai falò. Spesso il rumore delle città si integra con quello dei martelli. L'emozione è mista: da una parte il rumore della città e dall'altra la realtà degli zingari.
E le zingare dai bei vestiti colorati, camminando per le piazze, riempiono la città di luce. Sulla testa, fazzoletti e il rumore delle monete che vi sono contenute. E di strada in strada, da porta a porta, si offrono di leggere il destino, dicono che è tutto nascosto nel palmo delle mani, e nelle mani che la città offre timidamente la zingara legge un futuro pieno di amore e di fortuna. Prevedono lunghi viaggi e terre sconosciute. Parlano di un ragazzo biondo o di una ragazza bruna che avrebbe completato la felicità di ognuno. Prevedono matrimoni immediati e con molti figli.
Così, rivelando i desideri, confermando nostalgie, realizzando la fantasia, gli zingari vengono, silenziosamente, amati. E le persone a cui mancano le emozioni, pensano a terre lontane, ad una vincita inaspettata, ad un amore sconfinato. La sera, si sente una forte musica venire dagli accampamenti e loro ballano intorno al fuoco. Tra suoni di violini e chitarre, cantano belle canzoni in lingua romani. Il giallo è il colore preferito degli zingari. Amano il sole, l'oro, il rame. Se possono si coprono d'oro dita, denti, polsi. E tutto ciò splende luminoso nei loro volti e rende forti le loro espressioni. Sagomare e lucidare il rame, amare l'oro e il sole, è l'eredità che il padre da al bambino zingaro, mentre le madri mostrano alle ragazze i primi segreti delle mani. E ragazzi e ragazze scelgono le loro stelle-guida.
Non hanno dubbi sull'origine o sulle aspettative per il futuro. Sono lì, presenti, nomadi, pertanto proprietari di tutto il mondo, non avendo confini.
Gli zingari hanno creato il circo, la festa, il colore, la forma del circo. E, ancora di più, hanno creato una magia e il fascino del circo, fino ad oggi.
Gli zingari scompaiono rapidamente, sempre all'alba. Partono per la stessa strada che li fece arrivare; gli abitanti delle città non sanno se torneranno.
Oggi, dopo molti anni, gli zingari arrivano ancora. Arrivano senza preavviso, armano le loro tende, accendono i loro falò, promettono amori e parlano di fortune.
3. Il prezzo di essere diversi
Il mondo è stato testimone di episodi di violenza contro le minoranze etniche, religiose e nazionali. Recentemente, il giornale "O Globo" (5/30/93), fece uscire un articolo dal titolo: "Gli zingari, il popolo più odiato in tutta l'Europa." E come se non bastasse, tutti ricordano il terribile massacro provocato dai nazisti contro gli ebrei e gli zingari.
Il film "La lista di Schindler", oltre ad essere importante per la storia che racconta, é ancor più importante oggi, dal momento che il neo-nazifacismo è rinato in tutta Europa. In Inghilterra, Italia, Russia, Francia e Germania, si assiste ad un incredibile aumento dell'estrema destra, di coloro che, non paghi del passato, vogliono ancora una "pulizia etnica", dove il nemico diventa l'Ebreo, lo Zingaro, l'immigrato in generale.
La lotta alla discriminazione nei confronti degli zingari non è nuova e si rivela in modo diverso, secondo la realtà di ogni paese. Gli zingari furono perseguitati a lungo e in molti luoghi, soprattutto in Europa. In alcuni paesi di più e in altri meno. Ad esempio, la Francia e la Spagna sono forse i paesi in cui gli zingari nel corso del tempo, hanno avuto più alti e bassi, a volte essendo amati ed accolti, altre volte crudelmente espulsi e respinti. In paesi in cui gli zingari furono in grado di avere una buona accettazione ed in cui si stabilirono, ebbero una positiva presenza nella suggestiva tematica folcloristica, nella letteratura e nelle arti.
In America Latina e in Brasile, oggi, la vita degli zingari non può essere considerata migliore o peggiore che in Europa. Se siamo rigorosi nel giudizio, per certi aspetti, la situazione da noi è abbastanza buona.
Ci sono molti pregiudizi alla radice di questo fenomeno complesso: il linguaggio misterioso degli zingari, la loro pelle scura, il nomadismo e, secondo un'antica tradizione popolare, l'appartenere ad una razza maledetta, hanno contribuito all'idea che gli zingari sono sinonimo di pericolo e di eversione . Un altro oggetto di pregiudizi da parte di gajes (non-zingari), è stata la lingua originale degli zingari, in quanto molti credevano che fosse un artificio usato dagli zingari per ingannare il prossimo.
Un'altra causa di pregiudizio è venuta dal sospetto che venivano dai territori occupati dai turchi, cioè dagli infedeli, i nemici della Chiesa e degli stati laici. Pertanto, il clero cristiano si è sempre distinto nella persecuzione degli zingari.
Nel complesso, si può dire che, dopo un primo momento di cortese accoglienza da parte degli Stati europei, che pensavano si trattasse di pellegrini, è stata scatenata una persecuzione che, dal 1500, dura fino ad oggi.
Si sono moltiplicate leggi ed editti contro gli zingari. Qui di seguito sono alcuni documenti che lo dimostrano:"Chiunque sia colto in flagranza di nomadismo, servirà durante tutta la sua vita chi lo ha catturato."
Così il nomadismo era un reato punibile con la schiavitù. In Inghilterra, nel 1503 la situazione era peggiore: "Allora, la legge inglese, preso atto della inefficacia del rigore vigente, non ha trovato un altro mezzo diverso dallo sterminio ...".
Come si vede, tutti i paesi hanno cercato di mantenere gli zingari di fuori dei suoi confini. I decreti contro gli zingari in Italia, sono stati i più duri di tutta l'Europa. Ogni cittadino poteva inseguirli e se non poteva catturarli, poteva ammazzarli e prendere tutto ciò che apparteneva a loro.
Sia il Dizionario Aurelio che l'Enciclopedia Delta Larousse non definiscono nulla e ripetono e rafforzano vecchi stereotipi negativi sugli zingari. Il dizionario afferma che lo zingaro è: "Individuo di un popolo nomade, probabilmente proveniente dall'India e emigrato in gran parte in Europa centrale... Individuo boemo, errante, dalla vita incerta, imbroglione, etc etc"
La grande Enciclopedia Delta Larousse definisce come zingaro: "Individuo di un popolo nomade, senza nazionalità definita, dalla vita incerta, astuto, canaglia, venditore articoli di merceria."
Ci sono stati due momenti di questo secolo in cui i Rom si sono trovati in una situazione difficile. Il nazismo e la guerra civile spagnola, e quest'ultima è ben registrata nei versi di Garcia Lorca in "Romanzo gitano", soffermiamoci però sullo sterminio degli zingari provocato dal nazismo.
3.1. Lo sterminio degli zingari
Il nazismo, nel nostro secolo, ha macchiato di sangue la nostra storia. Tra le sue vittime ci sono stati migliaia di zingari. Dal 1933, la stampa nazista cominciò a sottolineare che gli zingari e gli ebrei appartenevano a una razza impura, aliena, inferiore, che avrebbe "contaminato" l'Europa con un corpo estraneo.
Autorità naziste, con il sostegno dell'antipatia generale contro gli zingari, ebbero buon gioco nell'attuare questo sterminio, associando in discorsi e scritti il binomio ebrei-zingari. I dati e le registrazioni dei campi di concentramento della strage nazista degli zingari riportano dati e cifre allarmanti. I documenti e le statistiche sono registrate da Atico Vilas Boas da Mota: "Ciganos, una minoria discriminada"
Le stime parlano dell'uccisione di mezzo milione di zingari e circa sei milioni di ebrei.
4. I giocolieri della sopravvivenza
Tali considerazioni, lungi dall'essere approfondite, servono, ancora una volta, a percepire il valore del rispetto della cultura da parte di tutti, in quanto ogni nuovo tema su tutti gli obiettivi socio-politico-economici onde preservare l'unità della cultura zingara può e deve essere incoraggiato.
4.1. Struttura del Gruppo
Certamente è impossibile analizzare tutti i sottogruppi, o addirittura solo i più importanti, con gli attributi che proprio gli stessi zingari riconoscono e che sono loro attribuiti.
Si può dire che, in questa organizzazione sociale, le interrelazioni dei gruppi mantengono il dinamismo ma anche l'equilibrio del sistema. Come lo zingaro non sa vivere al di fuori del proprio gruppo, il gruppo, d'altra parte, non sa come vivere senza gli altri gruppi. Riceve da altri gruppi elementi per alimentarsi come unità sociale, ed anche, in questa continua lotta con altri gruppi, per mantenere la propria autonomia.
Lo zingaro, nella stessa forma in cui lotta per il proprio gruppo, è anche in grado di fare la pace per il gruppo. Fare pace significa collocarsi nuovamente allo stesso livello, ancora una volta per cercare obiettivi comuni (esistono delle feste onde ritualizzare questa dimensione).
In Brasile ci sono tre gruppi principali, esempio: il nome generico è "zingaro" e il nome dei grandi gruppi sono Calao, Rom, Sinti. Tra di loro vi è una denominazione geografica: mineiros, baianos, gauchos. Poi ci sono anche gruppi di sole quattro, cinque o fino a venti famiglie. In questo caso il nome che li distingue è quello del capo.
In effetti, se faccio amicizia con una famiglia di zingari, io entro nel cerchio di tutti gli zingari del mondo. Tuttavia, l'insieme di tutti gli zingari nel mondo è molto diverso dalla famiglia che è mia amica.
4.2. Politica
Cercando di tracciare uno schema per leggere l'aspetto politico-sociale degli zingari, abbiamo iniziato a dire che non sono apolitici, come potrebbe sembrare. Solo che la società e la politica che interessa lo zingaro non è quella dello stato in cui lo zingaro è in quel momento, o in cui risiede in forma semisedentaria, ma semplicemente quella del gruppo.
Uno zingaro ha così sintetizzato:
"La politica del Brasile interessa ai brasiliani. A noi zingari, interessa la nostra vita, e cioè, la nostra società, i nostri gruppi, le nostre dinamiche, le nostre lotte, i nostri successi e la nostra leadership, in una sola parola: la nostra politica. "
Lo zingaro deve combattere i fattori che possono interferire con il gruppo come vizio, l'edonismo, la morale sciatta, l'infedeltà, l'emancipazione incontrollata, la mancanza di rispetto, in breve, l'etica. Si deve preoccupare di alleanze per rafforzare il proprio gruppo familiare.
Ogni sforzo politico dello zingaro è mirato alla sopravvivenza del gruppo, struttura inclusiva, che permette all'individuo di vivere ed esprimersi come persona all'interno della società zingara e, infine, permette di parlare o di competere con la società dei non-zingari.
La vita politica è presente in tutti gli atti sociali, in tutte le manifestazioni, in tutti i meccanismi di controllo sociale, in tutti i rapporti associativi, nella leadership e nelle perdite e riconquiste del potere. Il tutto per servire la comunità e mantenere il prestigio, l'onore, il buon nome e la dignità.
La flessibilità è una caratteristica dominante di questa politica. Lo zingaro, per esempio, capitalizza, ma non al punto da diventare capitalista. In senso stretto, sono i bambini e le donne quelli meno coinvolti nella politica. Tuttavia gli uomini e gli anziani sono responsabili della maggior parte degli affari socio-politici, si riuniscono e discutono i problemi propri e di altri gruppi, visitando le famiglie, i malati, difendendo l'accampamento, ricevendo i visitatori, difendendo e conquistando gli spazi economici e commerciali.
Si può affermare che il sistema socio-politico degli zingari è alternativo. Questo sistema è stato in grado di socializzare e condividere la ricchezza senza ricorrere a un sistema dittatoriale, questo perché la linea di demarcazione della propria libertà e quella degli altri è costituita da un rapporto di parentela.
4.3. Economia
All'interno del sottogruppo esistono differenziazioni: ricchi e poveri. Spesso un semplice aggettivo, unito a un nome geografico, già chiarisce il tipo di gruppo e la sua condizione socio-economica. La ricchezza è perseguita per il prestigio e come promozione sociale. Difficilmente dall'aspetto esterno di un campo si può determinare se il gruppo è più ricco o più povero.
In ogni caso, si può affermare, almeno nella maggior parte dei casi, che lo zingaro non è mai ricco. E' chiaro che può avere soldi, automobili, case e oro, ma la sua economia è caratteristicamente instabile. La povertà dello zingaro viene dall'insicurezza. L'unica certezza per il futuro è la famiglia e i figli. Lo zingaro è un vero "proletario" L'importanza dei bambini, soprattutto se sono maschi, è molto grande in quanto sono loro i garanti della vita del gruppo e dei genitori. La povertà per uno zingaro è, in primo luogo, la mancanza di rilevanza sociale.
Lo zingaro, per non avere un contatto più diretto con la società non zingara, viene anche estromesso da affari o leggi che lo interessano direttamente. Nel momento in cui deve far valere i propri diritti, non ha voce. Così è dimenticato, escluso e spesso perseguitato. Le forze dell'ordine e la società parallela degli zingari non sempre hanno la forza per difendersi o la possibilità di farsi comprendere e preservare la propria dignità di esseri umani.
Infine, vale la pena di dire che lo zingaro socializza con il gruppo e condivide i beni, soprattutto nei momenti di difficoltà, con una giustizia distributiva in modo che nessuno soffra di più a causa della povertà.
5. I tre più grandi eventi della vita zingara
Ci sono tre momenti della vita degli zingari che sono fondamentali per comprendere la loro visione del mondo e della vita, sia trascendente che immanente, che si identifica in valori e rituali simbolici.
La vita della famiglia zingara è fortemente segnata da tre grandi eventi: la nascita, il matrimonio e la morte.
5.1. Nascita
La funzione principale del nucleo familiare è la procreazione, uno zingaro, uomo o donna, ha reale importanza come un adulto per il gruppo, quando si è sposato e ha figli, essendo la sterilità considerata come un grave male.
La nascita del primo figlio inaugura la famiglia nucleare, in tutto. Con la nascita del figlio primogenito, i coniugi sono considerati famiglia autonoma e cellula viva del gruppo, e soprattutto l'uomo guadagna prestigio, autorità, responsabilità e privilegi, Anche la donna, con la maternità, prende il suo nuovo spazio di vera donna e di madre, nell'accampamento. Si può anche affermare che la zingara partorisce con molta facilità. Fino agli anni '50, si partoriva direttamente nell'accampamento, al giorno d'oggi vengono utilizzati i servizi più confortevoli e sicuri degli ospedali.
L'elenco delle pratiche che comportano la nascita è molto varia ed è un inventario costumi e riti. Solo il battesimo rende il bambino un vero zingaro. Il battesimo zingaro corrisponde all'ingresso del bambino nella società appartenente al popolo di Dio, e quindi al popolo zingaro. Così, i bambini sono la benedizione dei gruppi zingari.
5.2. Matrimonio
Non è possibile mostrare la diversità dei riti di matrimonio. Possiamo dire che non esiste tra gli zingari un rito nuziale uniforme. Vi sono, tuttavia, elementi comuni. Gli zingari sono essenzialmente monogami, sia maschi che femmine. Relazioni extraconiugali e poligamia sono rigidamente aborrite e la verginità della sposa é qualcosa di sacro e obbligatorio. Nella maggior parte dei casi sono i padri che scelgono il/la partner per i propri figli. La festa di nozze di solito dura circa tre giorni e riunisce presso il sito diverse famiglie zingare, provenienti da molti luoghi.
Le cerimonie di nozze si svolgono in diversi modi, tra cui: pane con sale, rapimento della sposa e il fuoco davanti alla tenda della nuova coppia. Tutti questi riti ed elementi variano da gruppo a gruppo, ma, con il descriverli, non si mostra tutta la bellezza che possiedono.
Per gli zingari, la benedizione di Dio per l'unione della coppia è fondamentale e insostituibile, ed è importante notare in questi rituali che il matrimonio e la fedeltà coniugale sono valori che essi coltivano.
L'amore per la famiglia, i figli, la fedeltà coniugale, i valori del matrimonio sono solidi valori che coltivano, assieme a una profonda religiosità.
5.3. Morte
Proprio come nei rituali della nascita e del matrimonio, quello della morte, assume anche delle caratteristiche suggestive. Si ha un grande rispetto per i morti e devono essere ricordate solo le loro buone azioni. A seconda della posizione che il defunto aveva nella vita della famiglia, egli è ancora ricordato attraverso la sua influenza sulle decisioni importanti della vita degli individui, perché sarà un esempio da seguire e i discendenti dovranno agire come lui, in modo che le norme del gruppo e la sua tradizione non vengano perse.
Il rituale di morte è segnato da due aspetti principali: una persona alla sua morte deve portare tutti i suoi averi.
"La impurità che porta un bambino alla nascita è cancellata solo mediante il battesimo, che lo fa entrare nella società, e anche una persona che muore lascia questa società per entrare in quella dell'altro mondo."
L'altro aspetto di questo rituale è il cerimoniale "pomana", che è un omaggio al morto un mese dopo la sua morte. La famiglia del defunto fa una cena in cui sono preparati e messi in un tavolo molto grande tutti i cibi che gli piacevano di più. La famiglia si veste a lutto e accende le candele. Alla fine della cena, il resto del cibo e la maggior parte di tutto ciò che era del morto e che non è stato sepolto con lui deve essere gettato nel fiume. Questo stesso tributo si ripete ogni anno per l'anniversario della morte e, in più, si visita la tomba e la si pulisce, portando in questa occasione molti fiori.
I luoghi di sepoltura sono tutti sacri. Il defunto, è in genere, per quanto possibile, sepolto nel cimitero dove già vi sono altri membri della famiglia. Per andare in cielo, uno zingaro non dovrebbe avere "molto" bestemmiato il nome di Dio e non dovrebbe avere ucciso nessuno. In generale, tutto ciò che è noto circa lo zingaro defunto, le sue relazioni con la morte, veicola messaggi di rispetto, stima e amore per i morti. In ultima analisi, tutto ciò è proprio di una cultura che prende molto sul serio le sue tradizioni.
Per capire meglio il valore delle tradizioni zingare, espresse nei loro vari riti e credenze, ora vedremo in che costituisce la mentalità religiosa del popolo zingaro.
2. La religione degli zingari
A un primo contatto con gli zingari è difficile capire la loro religione. Una delle ragioni di questa difficoltà è che, nella vita degli zingari, tutto è religione, riferiscono tutto a Dio e a Lui chiedono tutto: la vita, la salute, il benessere, la protezione, la benedizione e la maledizione. In tutto si sentono dipendenti da Dio, per il modo in cui vivono, senza molto supporto, per la protezione della propria natura (Ger. 14,22).
Gli zingari sanno che non possono influenzare i fenomeni naturali: sole, caldo, freddo, pioggia, salute, malattia, ecc. L'abitazione zingara non è solo una tela tesa (tenda), ma piuttosto qualcosa di molto più duro e, nel contempo, fragile, perché resistente che protegge e dove il vento non è forte, e gli alberi portano ombra, e la stagione dell'anno in cui vi sono meno temporali e meno freddo. Ma anche fragile, e solo perché basta un uragano inaspettato, un temporale e tutto rovina al suolo. Così è comune vedere zingari chiedere la benedizione di Dio per il luogo in cui piantare la propria tenda. Inoltre, molte tende hanno all'interno un altare con i santi, perché essi intercedano presso Dio per aver protezione. Vita simile al popolo dell'Antico Testamento, il popolo nomade delle tende nomadi, da campo a campo ... "(Gen. 12,9).
Le promesse sono fatte per ottenere grazie, i nomi dei santi sono invocati come prova di una fede sincera. La benedizione che chiedono ai padrini e ai più anziani, la benedizione che i genitori o fratelli maggiori danno prima di ogni viaggio, la richiesta di aiuto a Dio prima di portare a termine un affare, il fatto che gli uomini prendono il pasto senza cappello, per rispetto a Dio, e non come norma di etichetta; le candele accese ai santi, per ringraziare o chiedere protezione; le candele accese per i defunti, che possano riposare in pace, pellegrinaggi e feste religiose, con l'uso di simboli religiosi molto ricchi, questi sono solo alcuni degli elementi che ci fanno capire come è vera l'espressione dei Padri della Chiesa quando parlano del Verbo Incarnato, presente in tutte le culture.
Non si può capire la religiosità degli zingari senza conoscere la religione del Vecchio Testamento, in particolare la visione morale dei comandamenti e la visione del post-morte: il Sheol degli Ebrei.
Proprio come nel Vecchio Testamento, la religione del popolo ebraico si basava sull'Alleanza con Dio, nella quale la fedeltà al Dio Jhavè significava, lotta, forza, vita, legittimando le sacre istituzioni, gli zingari somigliano per molti aspetti al popolo del Vecchio Testamento . Nelle loro preghiere e manifestazioni religiose questo si percepisce chiaramente.
La maggior parte degli zingari crede in un solo Dio e valorizza gli antenati. Vi sono zingari cattolici, spiritualisti, protestanti e ortodossi. E, soprattutto, valorizzano il destino come un fattore nella loro vita.
"La religione degli zingari è la seguente: Dio è per noi il sole, è il nostro Cristo, è quello che illumina. Il sole è il padre e la terra è la madre. È quello che ci da tutto, ci crea e si prende cura di noi."
E' importante sottolineare che gli Zingari assimilano i riti delle religioni che abbracciano e allo stesso tempo mantengono alcune delle loro credenze mistiche tradizionali, come la cartomanzia, la chiromanzia, l'oculomanzia (lettura degli occhi), la lettura del destino osservando come si dispongono i fondi del caffè e del tè e soprattutto con l'osservazione di segni della natura come il volo degli uccelli e le stelle del cielo, un riflesso della volontà divina.
"La religiosità è parte di tutte le abitudini della nostra vita, dalla nascita alla morte. Santa Sara, Calì. Aparecida do Norte, San Giorgio, Sant'Antonio. San Nicola, Madonna delle Grazie, San Sebastiano, ecc ... sono i grandi santi della nostra devozione. Ma sopra tutti c'è Dio, il Devel, da cui dipendono il destino e la vita di tutti."
Infine gli zingari non hanno una propria religione. Credono in Dio, la Madonna e vari santi. Seguono la religione della maggioranza, ma camminando in essa come zingari. Conservano ancora bellissimi riti dell'Antico Testamento e hanno un anima religiosa greco-ortodossa. Ma credono in superstizioni e maledizioni anche perché la loro origine è nell'antica India antica, basata sul dualismo tra un Dio creatore, e il diavolo, il principio del male.
Tra loro non c'è un leader religioso. Tutto contribuisce a ciò che conoscono e hanno imparato, di solito dai loro antenati. È bene dire che gli anziani in particolare hanno uno speciale distacco nella realizzazione e nelle attuazioni dei riti religiosi. Esistono rituali, che variano da gruppo a gruppo. Nascita, matrimonio e morte, come abbiamo visto nel capitolo precedente, costituiscono il maggior numero di riti e simboli.
Ricordiamo infine, ed insistiamo, dicendo che gli zingari, in modo molto particolare e forse paradossale, si mostrano vicini allo spirito del Vangelo, per il loro "annullarsi" davanti a Dio.
1. Mentalità religiosa degli zingari
Talvolta si afferma che gli zingari sono assolutamente non religiosi, che non hanno nessuna parola, nella loro lingua, per esprimere un sentimento di religione, e che non hanno alcuna attrazione per essa, a causa della loro situazione di paria.
Questi giudizi sono sommari ed esprimono solo una teoria semplicistica e infondata agli occhi di coloro che si sono avvicinati agli zingari.
1.1. Cosa può aver formato la mentalità religiosa degli zingari
Al momento della loro partenza dal Nord dell'India, non erano certamente pagani, ma avevano assimilato anche le credenze pagane del paese che stavano abbandonando. Portarono quindi con loro una certa eredità religiosa di contenuti incerti, ma che includeva, almeno, l'idea di Dio e di un certo numero di credenze mescolate con elementi magici e superstiziosi. Queste credenze sembrano caratterizzate da un certo antropomorfismo, in particolare nella rappresentazione della divinità. Ma è difficile tracciare un profilo del bagaglio religioso degli zingari al momento della loro partenza.
Uno studio più approfondito potrebbe avvicinare il linguaggio religioso primitivo degli zingari ad elementi tratti dal Vecchio Testamento, o più precisamente, al patrimonio religioso del Vicino Oriente, e anche alle superstizioni che si trovano nelle vicinanze del Mediterraneo: come il grande occhio, la paura dei morti e il credere al destino.
I primi contatti tra gli zingari e le zone di influenza del cristianesimo sono del tutto ignoti. Ma sembra assolutamente scontato che i primi contatti avevano avuto luogo nelle Chiese ortodosse. Sarebbe interessante sapere se c'era stata un'influenza prima dell'incontro con il cristianesimo. Vi fu anche un incontro con l'Islam. Sarebbe anche interessante sapere quali sono state le influenze musulmane. L'attuale esistenza di famiglie musulmane zingare non prova nulla circa il contatto con l'Islam in India, perché ebbero la possibilità di conoscere l'Islam nei Balcani.
Quando e come gli zingari diventarono cristiani? Nessuno lo sa. Avvenne per mimetismo religioso? Sono stati successivamente musulmani poi cristiani orientali, e, infine cristiani occidentali, cioè di rito latino? Fu un fenomeno di recupero, più o meno ispirato dalla superstizione. Sembra che quando raggiunsero i paesi cristiani, gli zingari sono stati in qualche modo obbligati a battezzare i loro figli. Nella società cristiana, solo gli Ebrei erano esenti e questo era causa di disprezzo generale. Tra gli zingari, esiste questo disprezzo per i non battezzati, i quali, nella loro lingua, corrispondono all'Ebreo disprezzato. In alcuni zingari emerge un terrore superstizioso: il battesimo assicura la santità. Ma, oltre ad essere stati, a volte, ridotti in schiavitù, essi possono essere stati costretti a farsi cristiani, o farsi battezzare per sfuggire alla segregazione razziale, o divennero cristiani per la pressione dei signori feudali. Fondamentalmente, gli zingari vennero in contatto con il mondo cristiano con una base non trascurabile di credenze eccentriche che rimangono, nonostante il battesimo. È impossibile tracciare una linea netta tra ciò che è stato portato e ciò che è stato assimilato, e sapere quali sono stati i processi e gli esiti dell'inculturazione cristiana.
Tuttavia, nel corso del tempo, e anche a causa dei luoghi dove si stabilirono, acquisirono un bagaglio di riti e professioni di fede che rimangono ancora oggi in molti gruppi. Le cause sono le più varie e diversificate. Ma il cristianesimo è una pietra miliare in tutti zingari. Essi sono essenzialmente cristiani.
1.2. Come si manifesta la mentalità religiosa degli zingari
In assenza di una espressione concettuale della mentalità religiosa degli zingari, è necessario rendersi conto dagli eventi della vita. Questi sono numerosi e più frequenti rispetto a quelli dei non-zingari, e anche più espressivi. Da questo punto di vista, il pellegrinaggio a Lourdes è un esempio; nessun pellegrinaggio è così vivace come quello degli zingari. Tra l'espressione religiosa degli zingari e la nostra, c'è una grande distanza che ci separa, almeno, almeno in vari gesti spontanei.
Questa mentalità religiosa degli zingari si esprime, nella vita di ogni giorno, a mezzo di gesti, ma la pietà cristiana si riflette anche nelle manifestazioni meno frequenti.
1.3. Gesti religiosi della vita zingara
A quanto pare, lo zingaro è, come il musulmano, spontaneamente religioso, e la religione permea la sua vita. Prega con tutta normalità, anche se la sua preghiera è spesso una preghiera intesa a chiedere: il successo, la fortuna, la santità per la sua. famiglia. Ad esempio, questa preghiera:
"Santo Dio, apri le orecchie e gli occhi e aiutaci in tutto ciò che ti chiediamo, Ti mando queste tre parole:.. Mandami tre buone parole. Salvaci, santo Dio, da ogni pena, e ogni difficoltà. Fa che non soffriremo ogni sorta di miseria. Santa Maria, ponici in un buon cammino, dacci buona fortuna e santità, e cambia lo spirito di chi pensa male di noi, affinché pensi bene. Non dimenticarti di noi, Dio Santo. Grazie, Santo Dio, e Santa Maria "
La preghiera dello zingaro è dimostrativa e di solito espressa da gesti e atteggiamenti: baciare le immagini, toccare oggetti religiosi, ma, anche, fare offerte. Possono essere state portati dall'India altri riti, come il sale e l'acqua, simboli di durata e fedeltà ed elementi essenziali della vita, riti di pietà occupano ogni fase della vita dello zingaro, per esempio: la festa alla nascita, il sangue nella consumazione del matrimonio.
Per la morte si hanno alcuni importanti rituali: funerali, digiuni, cremazione di oggetti appartenenti al defunto. La paura ha un ruolo importante. Al funerale viene chiesto poco per il riposo dell'anima; i riti di sepoltura hanno lo scopo di placare il defunto. Il male peggiore è quello di essere sepolto non correttamente. Nei cimiteri, le tombe dei Rom sono la più belle e la più ornate. Si celebrano sia l’anniversario della morte che la festa di Tutti i Santi, e questa è l'occasione per la riunione della famiglia.
Se gli Zingari nomadi hanno il culto dei morti, hanno anche due sacramenti che sono di grande importanza: il battesimo e il matrimonio, celebrati con grandi feste e profondo rispetto religioso. E’ incredibile la mentalità biblica e cristiana di questi due sacramenti.
1.4. Gesti meno comuni che esprimono la mentalità religiosa
E’ necessario menzionare i due principali: voti (promesse) e pellegrinaggi. Per i voti, basta dire che si tratta di obbligazioni serie contratte a condizione di ottenere una guarigione, liberazione ecc. Si impegnano a offrire il loro capelli a un "Santo". Gli zingari catalani fanno penitenza come gli ebrei, dopo un voto. Si privano di vino, carne, pane, a volte anche per molto tempo. Alcuni zingari conoscono impurità legali, in qualche modo simili a quelle del Vecchio Testamento.
Un'altra manifestazione della mentalità religiosa sono i pellegrinaggi.
Un pellegrinaggio, oltre ad essere occasione di incontrarsi con la famiglia e gli amici, è un’opportunità per effettuare il culto dei santi e delle immagini. Non ci si domanda se sono necessarie grandi spese per andare in pellegrinaggio, magari in un luogo lontano.
Il più noto e, senza dubbio, uno dei più antichi, è "Santa Maria del mare" (Francia), Si venerano anche, Santa Maria Jacobe e Santa Maria Salomè, autentici personaggi evangelici, ma anche Santa Sara, più o meno confusa con la Vergine Maria. Santa Sara, in Brasile, si chiama come la Madre di Dio, invocata con il nome di Nossa Senhora Aparecida e Nostra Signora da Penha. In Bolivia e Messico: Nostra Signora di Guadalupe, in Perù: Santa Rosa de Lima, in Spagna: "La Gitana Signora"; in Italia e nel sud del Brasile: Madonna di Caravaggio.
2. Analisi della mentalità religiosa degli zingari
Se la nostra fede cristiana può enunciarsi con una formulazione chiara, quando si tratta della fede degli zingari, si scopre che non si può esprimere in modo soddisfacente per gli spiriti occidentali. E’ formulabile solo in sé stessa. Manca allo zingaro un vocabolario che permetta di esprimere ciò in cui crede. Il senso religioso è innato nello zingaro, che però non è in grado di esprimere il contenuto in modo chiaro. In generale, la fede del nomade è espressa in modo piuttosto semplice e con un certo numero di formule e gesti spontanei, in cui non mancano veri valori .
Lo zingaro è profondamente religioso. Vede l'intervento di Dio, completamente naturale, e lo chiama "Baro Devel" nella vita di tutti i giorni. Questo Dio è Creatore e Padrone del mondo. E’ dalla sua mano che accetta gli eventi della vita presente.
L’"irrazionalismo" dello zingaro lo priva del senso di assoluto, non ha l'idea di una verità trascendente. Il suo mondo religioso si estende al suo gruppo religioso e al suo clan. Gli zingari ricordano i popoli antichi, ciascuno dei quali aveva il loro Dio, ed accettava senza troppi inconvenienti gli Dei degli altri. Difficilmente riesce a comprendere che non ci può essere più di una verità e di una religione per il mondo intero. Il mondo zingaro sembra soffrire, anche, di essere al margine della comunità dei credenti, persino quando professa la loro appartenenza alla religione cattolica.
E’ necessario aggiungere che la fede dello zingaro non cancella una concezione magica del mondo: da qui la meravigliosa attrazione, che spiega, almeno in parte, il successo del pentacostalismo. Per completezza, è necessario tener conto, inoltre, che la fede degli zingari ha una dimensione familiare e collettiva che nei pellegrinaggi si esprime al massimo grado. Se facciamo un bilancio positivo sulla fede degli zingari troviamo fondamentalmente uno spirito religioso e tanta buona-fede.
La superstizione, è un vero e proprio ostacolo per una religione pura e autentica, insomma, si arriva ad un certo dualismo: il bene e il male, quest'ultimo impersonato dallo spirito del male. Si trovano qui, probabilmente, alcune influenze dell’iconografia orientale. Sarebbe necessario menzionare, inoltre, i serpenti, gli amuleti, gli spiriti dei morti disposti a vendicarsi e molte altre superstizioni. Tuttavia, quelli già citati sono sufficienti per avere un'idea della loro mentalità religiosa.
2.1. Fede e morale
Tra i non-zingari, che siamo noi, c'è un legame diretto tra fede e morale, che non è altro che una conseguenza della prima. Niente di questo si ha tra gli zingari. Lo zingaro non ha il senso delle esigenze della fede. In realtà, lo zingaro non ha la nozione del peccato. Come orientale, la nozione di verità svanisce completamente, da qui la loro mancanza di scrupoli nello sfruttare la credibilità dei non zingari e la facoltà di mentire quando lo ritengono necessario, quindi in relazione ai non-zingari.
Ma non bisogna concludere che il nomade non ha alcuna morale. La morale dello zingaro è collettiva, ed è necessario menzionare in particolare la morale familiare. Il centro della moralità dello zingaro è la famiglia, piccola o grande; per difenderla, ha creato un intero codice interno che protegge i diritti di sangue, di matrimonio e di razza.
Ma, come per gli antichi ebrei, non esiste obbligo morale in relazione a chi è al di fuori del gruppo. Secondo il codice, è peccato per uno zingaro:
"Non aiutare un altro zingaro, violare i diritti di un altro zingaro; mancare di rispetto agli anziani, mancare alla parola data tra zingari, abbandonare i figli, la separazione o il tradimento coniugale, la maternità prima del matrimonio, la mancanza di modestia nel vestirsi e nei modi di comportarsi, rubare un luogo sacro, offendere la memoria dei morti "
2.2. Religiosità e evangelizzazione
A Pomezia, il Papa Paolo VI ha detto agli zingari: "Voi siete nel cuore della Chiesa".
La nostra Chiesa è una istituzione ammirevole, con le sue linee ben disegnate, la sua fede ben formulata, i suoi riti accurati. Ma come può venire incontro agli zingari, così come li conosciamo? In ogni chiesa, lo zingaro è in un altro mondo, mondo religioso che non è il suo. Il linguaggio che ascolta non gli dice niente, i riti che si celebrano sono incomprensibili; la nostra liturgia per loro è ermetica.
Nella nostra realtà, la religione è caratterizzata da una civiltà che non è identica alla sua. Il linguaggio che invece potrebbe capire è la sincera amicizia. Nel contesto delle nostre parrocchie, chi potrebbe occuparsi e perdere tempo con loro? Lo zingaro non è accettato dalla comunità e, spesso, nemmeno dal sacerdote.
Sono inutili le nostre preghiere e il nostro pio formalismo religioso, se non siamo in grado di accogliere tutti, senza distinzione di razza, di colore, di lingua e di professione religiosa. Se gli zingari non hanno una esperienza di ospitalità da coloro che professano la stessa fede, è difficile il passaggio dalla tolleranza alla fraternità.
Di conseguenza, è necessario menzionare il vocabolario zingaro, che si serve quasi sempre di gesti. D'altra parte, è necessario tenere a mente che la maggior parte dei nomadi, zingari, è analfabeta. Trova grandi difficoltà a scuola a causa del nomadismo e di pregiudizi da parte delle scuole sedentarie, la catechesi è una barriera significativa in questo campo. Nonostante queste difficoltà, è necessario che la chiesa aiuti i nomadi, soprattutto, perché il Signore li ama.
Da pochi decenni, e questo è un tempo molto breve, la chiesa è divenuta consapevole delle sue responsabilità verso il mondo nomade. Qua e là vi sono persone con spirito di fede, ma spesso il prezzo e l'incomprensione!
Si può annunciare Gesù Cristo senza premere sulle coscienze? Se le condizioni di esistenza sono deplorevoli, infraumane, l'annuncio del Risorto rimane adeguato, auspicabile, urgente? Con quale linguaggio si può presentare Gesù Cristo agli uomini che dipendono da un'altra cultura? Queste sono le fondamentali domande che, irrisolte, provocano timidezza in alcuni, in altri trionfalismo e disagio in molti.
Lasciando la configurazione sacramentalizzata, le indagini di coloro che lavorano con gli zingari sono orientate, sempre di più, ad una prima evangelizzazione a partire da chi sa i propri valori. Si tratta di partire da dove sono, da come sono, con la loro particolare mentalità religiosa.
Le basi fondamentali non mancano nella mentalità religiosa dello zingaro: si tratta di saperli aiutare. Tra gli zingari vi sono persone che pensano molto e chiedono aiuto nella ricerca della verità.
3. Come gli zingari professano la loro fede?
A questa domanda può rispondere alla testimonianza di uno zingaro Rom:
"Ci sono zingari buoni, anziani, che sanno pregare e avvicinarsi a Dio.. Chi insegnò loro a conoscere Dio? Dio esiste e ognuno impara a conoscerlo Deve combattere tutto quello che è male per noi, per vedere Dio. Ho dovuto lottare molto, perché ero uno dei peggiori, ora ho la fede, e sono felice di insegnarla ai miei figli "
Questa testimonianza mostra uno zingaro ora fermamente disposto ad amare Dio fino alla fine. E rivela alcuni elementi di base della religione zingara. Chi è Dio per uno zingaro? Si può dire che Dio, il buon Dio invocato dagli zingari con i nomi di "Devel", "Mundevele" o "Del" è mescolato con i loro incantesimi e riti apparentemente pagani è, senza dubbio, il Dio-Creatore.
Tutti i miti della creazione, l'uso costante del nome e il significato che esso contiene in tutti i riti zingari, ci permettono di dire che la concezione religiosa degli zingari non è antropomorfa o panteista. Infatti, "credono in un Dio personale", onnipotente e al quale si deve implorare, per essere sommamente buoni. A questo proposito, tutti sono d'accordo nel riconoscere che gli zingari invocano Dio molto spesso. Naturalmente, non ne fanno una rappresentazione molto accurata, e non hanno avuto una lunga e profonda catechesi, né ha compreso la storia della Chiesa, propriamente detta.
"Dio, la gente impara a conoscerlo da sola", dice lo zingaro, parlando di vecchi che pregano e conoscono Dio. Questo significa che c'è la tradizione di un messaggio, una tradizione orale che mantiene viva l'idea di Dio, di un Dio unico, grande, "Bara Devel" indefinibile. In questo Dio lo zingaro crede naturalmente con forza istintiva, senza esitazione.
Si è visto che la fede degli zingari è abbastanza istintiva, per far germogliare il contatto diretto con il mondo della natura, che atravverso la divinità rivela la sua presenza e la sua vicinanza. Non vi è alcuna spiegazione o definizione di Dio, ma a Lui si prega e a Lui ci si avvicina. Lo chiamano "Mio Dio" o "Nostro Dio"
La trasmissione del nome e dell'amicizia di Dio si verifica con la benedizione. La benedizione è molto importante per lo zingaro, e lui la riceve e la offre nei momenti particolari della vita. anche nelle espressioni più semplici e banali degli zingari si percepisce questa dimensione di fede: "Siamo nelle mani di Dio" o "Dio provvederà".
Una zingara Rom, una volta ha detto: "Noi, del gruppo Rom Tchukurest, abbiamo questa abitudine: uno che viene in visita ad una famiglia fa il seguente saluto: " Vi saluto con Dio" e gli altri rispondono: "Dio ti porta ". Trovo questo modo di comportarsi è molto bello, spesso si sente un non zingaro dire "Ciao" Per me, questo non significa niente. Quando ci salutiamo noi diciamo: ".. Resta con Dio" e l'altro, per dire qualcosa di buono risponde: "Dio ti accompagni" Quanto è bello questo!"
Nella concezione religiosa zingara esiste anche l'idea di combattere. Spesso vedono Dio come qualcuno che combatte contro tutto quello che è male.
Amare la terra e la natura, ad esempio, porta alla conoscenza di un Dio, di un Dio che non hanno la preoccupazione di definire.
4. La preistoria della religione
Cercando di delineare le prime tracce della storia di una teologia del popolo zingaro, è bene recuperare la paternità del grande patriarca Abramo, padre del popolo ebraico. Anche il mondo musulmano riconosce il grande patriarca Abramo; per gli zingari, allo stesso modo sarebbe interessante sapere che Abramo non è al di fuori della loro storia, e che la Bibbia appartiene a loro, non solo per il suo messaggio universale, ma perché nasce e cresce in una storia che è la stessa storia del popolo zingaro, del popolo Rom.
Rom è usato per indicare sia il popolo che la persona, lo zingaro (Rom, Roma, Romi, Romni, Romnia, Romano).
La Bibbia parla del grande patriarca di nome Abramo (abbreviazione di 'Ab-l-Ram, Dio padre è eccelso, Gen. 11,26) e dice che il Signore cambiò il suo nome in' Ab-Raham, il padre del popolo (Ab, padre; Raham, persone, gran folla, parola di origine araba: Ramam).
Abramo apparteneva al popolo nomade degli Aramei (in ebraico: 'Aram), ci sono stati cinque città con il nome di Rama (ebraico: Haramah, con l'articolo): in Beniamino (Giosuè 18,25), in Asher (Giosuè 19,29) in Neftali (Giosuè 19,36), in Ephraim (1 Sam 1,1), e Giuda (2 Re 8:29) nel Negev (Giosuè 15:32). A nord della Giordania, in direzione della Mesopotamia, molti sono stati chiamati Aram.
Fin qui non è possibile affermare che Abramo significa padre degli zingari (Rom), ma il nome di 'Ab-Raham significa che questo patriarca è Ab (padre) dei Raham e gli zingari (Rom) hanno lo stesso nome.
Nel capitolo precedente abbiamo visto che gli zingari hanno mille anni di storia e sono originari dell'India. Ma se facciamo un viaggio nella storia più antica scopriamo una seconda radice degli zingari. Oltre la radice indiana, indiscutibile per la lingua, la seconda radice è semitica. Questa affermazione si basa sul fatto che, provenienti da regioni indo-iraniane come gruppo omogeneo o in via di formazione, è nella regione del Medio Oriente che gli zingari assumono la loro fisionomia. Per sostenere questa radice semitica è necessario presentare e tracciare un quadro degli antenati degli zingari nomadi di oggi e di dimostrare la comunicazione del mondo semitico con l'India.
Già 4000 anni fa gli ariani nomadi scendono dalla regione del Caucaso (Russia meridionale) e si diffondono in tutte le direzioni. Nel 1600 a.C. arrivano in India. Con questi viaggi influenzano le lingue dall'Oceano Indiano fino al Mediterraneo. Nel 1700 troviamo carovane nomadi, tra questi gli aramei, in transito attraverso l'Egitto, la Palestina, la Siria, che vanno verso Aram o attraversano la regione desertica e scendono lungo i fiumi della Mesopotamia fino all'attuale Baghdad, altre vanno da Ur fino al Golfo Persico, e viceversa. In uno di questi viaggi troviamo Abramo. In una delle tradizioni, la terra del patriarca era Haran (Gn 12,4); in un'altra tradizione era Ur dei Caldei (Gen. 11,31). Trattasi di due città che si trovano nel mondo dei nomadi, Haran, infatti, si trova al crocevia delle carovane che viaggiano tra l'Egitto e l'Asia Minore e in movimento tra la Siria e Babele, quindi nel percorso di Ur Questa città viene citata in un testo di Mari del 1750 a.C. (cfr Is 37,12). Sono poco anteriori i disegni di Beni-Hassan in Egitto (1900 aC), che rappresentano un capo nomade, Ibsha, con il suo clan e la sua famiglia, alcuni archi, un fuoco di carboni per la lavorazione dei metalli, e di strumenti musicali, in particolare la lira ad otto corde.
Sono della stessa epoca reperti sigillati trovati a Baghdad, vicino alla Ur dei Caldei, e che erano stati importati da Moenjo-Daro (Valle dell'Indo) intorno al 2000 aC Questo dimostra come la comunicazione tra il mondo semitico e quello indiano era già notevole, grazie ai nomadi del tempo. È anche vero che esistono prove delle comunicazioni tra Oriente e Occidente già molti secoli prima.
Nel 900 aC, grazie ai nomadi, la scrittura semitica arriva in India (anche se ci vuole un po' di tempo prima di prendere un volto proprio: solo nel III secolo aC, l'importante codice buddista è messo per iscritto). Dopo il 500 aC con Dario e Serse, l'impero persiano si estende dall'Oceano Indiano al Mar Mediterraneo favorendo ulteriormente la comunicazione in tutta questa regione.
L'elaborazione del cap IV della Genesi, nel 500 aC, parla di nomadi che vivono in tende con i loro animali. Lavorano metalli e suonano cetra e flauto. Da un lato l'autore biblico attribuisce a Caino o a suo figlio la costruzione della prima città, che è l'antinomadismo, e poco dopo il peccato, attribuì alla stessa discendenza il dissolvimento del nomadismo, con nomi di donne come Ada , "bella", Sela, "la bruna" Naamah, "graziosa"
In questa epoca nomadi indiani con caratteristiche di saltimbanchi raggiunsero la Persia. Nel libro Shah-Namen di Firdusi, confermato dallo storico Hanza, si afferma che nel 420 aC Behran-Gur chiese al re della Cambogia e al Maharaja dell'India 12.000 musicisti e ballerini per allietare il suo popolo, che stava morendo di dolore. Certamente è una leggenda, ma testimoni di una realtà del nomadismo quel tempo.
Per sottolineare l'importanza del rapporto tra la lingua indiana e quella semitica non possiamo dimenticare il primo testimone degli zingari in Europa (1322 dC) parlando degli Atkinganos che avevano baracche di tipo arabo nel colore e nella forma e che quando arrivarono in Francia (1419 ), furono chiamati Saraceni, in Germania, Mori, e in Polonia, Filistei,
Quello che abbiamo visto fino a questo punto e mostra come è significativa la vicinanza tra l'India e il mondo semitico, e ancora di più tra gli antenati nomadi dei nostri zingari: ariani che vanno in Oriente e indiani che vengono in Occidente, incontrandosi gli uni con gli altri. In questo incrocio, il mondo zingaro appare come una fusione di storia nomade che si sviluppa nella regione.
Concludendo, è difficile negare queste due radici, la semitica e l'indiana. Come per Abramo, che non pretendo di sostenere che fu il primo zingaro. Ma semplicemente che gli zingari sono portatori della stessa storia di Abramo e oggi sono tra i pochi nomadi che conservano lo stile di vita di Abramo, ed inoltre, che gli zingari mantengono un nome simile a quello del popolo del grande patriarca. Coincidenza? Se fosse stata una semplice coincidenza e nella storia del passato fosse mancata qualche connessione per stabilire la fratellanza degli zingari con il popolo ebraico, dopo la persecuzione comune degli ultimi secoli, l'ultima guerra li avrebbe uniti, ancora una volta, nel grande olocausto di mezzo milione di zingari e di sei milioni di ebrei, una fratellanza di sangue.
Pertanto, è difficile comprendere la religiosità degli zingari senza conoscere la religione del Vecchio Testamento. Il Dio di quelli che sono in marcia è presente in tutte le parti della Scrittura. Il popolo di Dio è chiamato a camminare, e Dio cammina con il suo popolo
3. Dio cammina con il suo popolo
La storia del Popolo di Dio comincia con il Patriarca Abramo. Egli è il Padre di tutti i nomadi. Il Padre di coloro che non si fermano. Il Padre di coloro che hanno il coraggio di partire. Il Padre di quelli che decidono di andare. "Parti dalla tua terra e và"-dice il Signore ad Abramo.
La vita di fede ha come essenza quella di spogliarsi di tutte le risorse tangibili e visibili e di andare solo ed a piedi per una strada, che alla fine non sarà per niente quella che pensavamo di trovare. Si tratta di una ricerca costante. Una domanda incessante. Posso cercare solo se mi allontano da dove sono, se vado via da me stesso, se mi metto in cammino. . .
Yahweh si presenta sempre dicendo: "Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe". (Es 3,16), il Signore vuole dire che è Dio di quelli che camminano, che non stanno fermi, che vanno in cerca.
Tutti i Patriarchi, giudici e profeti del Vecchio Testamento vivevano come nomadi, spostandosi da un posto all'altro, da un campo all'altro. Quando il popolo obbedisce ai suoi leader e cammina in fretta, ognuno procede, vince le battaglie ed è fedele al Signore. Quando invece disobbedisce ai suoi capi e cerca di stabilirsi da qualche parte, comincia a regredire, perdendo battaglie e comincia a crescere l'idolatria.
Giovanni Battista, l'ultimo e il più grande di tutti i profeti (Lc 7,28), attraversò i deserti e le montagne della Giudea, i fiumi e il mare di Galilea. Prima della sua nascita, quando Maria va a visitare Elisabetta, è venuto il grande incontro e la sintesi del vecchio e del nuovo, entrambi itineranti e felici. Nell'Antico Testamento sperare significa mettersi in marcia. Nel Nuovo Testamento significa incontrare. La speranza della ricerca è arricchita dalla gioia dell'incontro. Ancora nel grembo di Maria, Gesù trasmette a Giovanni, nel grembo di Elisabetta, che è necessario muoversi, partire, andare. Elisabetta, di età avanzata e sterile incontra le promesse del Signore. Maria, una giovane, insicura, che non conosce nessun uomo, oltrepassa le montagne della Giudea e va a visitare Elisabetta. Perché vanno via da sé stessi e possiamo dire che credono. Ecco cosa è la Fede.
La strada è il luogo preferito dei veri credenti. Coloro che camminano senza sapere dove e come arrivarci. Pellegrini liberi e spogliati di tutto, si basano solo sulla Fede. Sanno che il desiderio del potere lega in un posto impedendo di partire. Si perdono girando su se stessi. Prima che Verità e Vita, Gesù è la Via. (Gv 14,6). Se dimentichiamo questo, l'esperienza religiosa è apatica, triste, superata e senza nessuna azione apostolica e pastorale. Saremo sedentari e legati come nuovi Ebrei nella Babilonia, creata da alcune strutture arcaiche che impediscono alle persone di camminare a Sion: "Ai margini dei fiumi di Babilonia, ci sedevamo, piangendo, ricordando Sion .. I nostri oppressori richiedevano invece da noi una canzone di gioia ... " (SI, 1-36).
Può sembrare ad alcuni che sia evangelico il fermarsi da qualche parte. Per me, è evangelico, essere sulla strada, rompere ogni sicurezza per possedere l'unica sicurezza in un modo non teorico, ma esperenziale: il Signore Gesù. Dice che Lui è la via. Traduco questa affermazione come la piena disponibilità ad andare di città in città, di villaggio in villaggio. "E andava per tutte le città e i villaggi" (Mt 9,35). E non radicarsi al mondo ma farlo per il Padre, essendo il dono della vita. Il Signore dà la sensibilità di percepire il tempo per afferrare la borsa e andare. Una cosa è fuggire, un'altra è mettersi in cammino, nel vangelo, cercando quel luogo onde viverlo meglio. È preferibile che le persone si scandalizzino per essere un itinerante piuttosto che rimanere stabile, essere borghesi, amanti del comfort, pieni di paure per ciò che può accadere il domani,.
In uno dei suoi sermoni, Gesù farà riferimento al buon, al vero pastore. Uno che si muove a causa del gregge, uno che va in cerca di una sa pecora (Luca 15:4),
Non c'è pastorizia senza itineranza. E non vi è alcuna itineranza senza spogliarsi di se stesso e di avere una viva coscienza di precarietà. Siamo tutti di passaggio, in cammino. E solo quelli che camminano, possono conoscere e capire il viandante.
Gesù è il Figlio del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, è il Figlio del Dio di chi è in cammino. Egli è il sommo ed eterno Sacerdote della gente che cammina e non vive una religione cristallizzata, congelata nel tempo e nello spazio. "Essi fremono di percorrere la terra" (Zaccaria 6,7). La storia della salvezza cammina lungo una strada parallela alla storia umana e di tutte le culture (zingari).
Dio vuole camminare nella storia degli uomini e delle donne. Può essere accettato o respinto. Ma sarà sempre un Dio che cammina con noi.
1. Piano di Dio: la vita, cammino verso la libertà
Dio Padre, sorgente di amore e di misericordia, in comunione con lo Spirito Santo, per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo ci ha riempito di speranza nel cammino, rendendoci tutti partecipi alla storia della salvezza. L'iniziativa viene da Dio, ma spetta all'uomo aderire al progetto salvifico-liberatorio. Gli uomini sono costituiti nella libertà. Spetta all'uomo di andare e discernere l'amore di Dio presente nel mondo. Pur lasciando piena libertà all'uomo, Dio vuole che tutti trovino la via della felicità, della piena salvezza. La speranza di Dio e dell'uomo, che, attraverso l'adesione al piano di creazione, è il sentiero della liberazione.
L'uomo è in cammino, in cerca di speranza. Non si trova nessuna creatura che non ha un sentimento, un percorso da realizzazione. Si tratta di una visione positiva dell'Antropologia. Tuttavia, al di là della scienza, troviamo una ragione in più: l'uomo che cammina nella apertura verso l'altro e verso Dio. Per il cristiano, il fondamento della sua esistenza è in questo Dio Creatore, ed è Lui che nutre la speranza del cammino di tutta l'umanità.
Nel cammino del popolo del Vecchio Testamento troviamo esempi concreti di speranza in un Dio unico e liberatore. Yahweh era il Dio di coloro che camminavano, il Dio vivente nella storia del genere umano, che ha eseguito molti miracoli per il suo popolo. Dio ha fatto un patto con il suo popolo, che però non è stato sempre fedele alle promesse di Dio. Tuttavia, Dio non abbandona il suo popolo e manda profeti per ristabilire l'alleanza e la vera via. Il vero cammino è di rimanere fedele all'alleanza, garantendo la libertà e la giustizia per tutti (Es 6,7).
La promessa di Dio è la speranza del popolo di Israele, incarnate nella venuta del Salvatore (Isaia 51). Con il sì di Maria accade l'incarnazione di Dio nella storia (Gv 1:14). Con Gesù Cristo, irrompe il Regno di Dio, fondando il nuovo popolo di Dio, la Chiesa.
Per continuare il disegno di Dio, Cristo è venuto e ha dato per questo la sua vita. Gli Apostoli, guidati dallo Spirito Santo, furono impegnati a realizzare questo progetto. È con questo spirito che è venuta e che comprendiamo la missione della Chiesa (At 2:1). Ella ci invita a discernere i segni dei tempi e di celebrare il mistero pasquale di Cristo nella vita di tutti i popoli e di tutte le culture.
Con la risurrezione di Cristo, si è aperto la strada per la nostra risurrezione, fondamento del nostro pellegrinaggio che si svolge già dentro la storia e cerca la sua piena realizzazione alla fine dei tempi, la parusia (1 Cor 15,28).
I cristiani vivono la speranza-certezza che anima il cammino con i fratelli, con la Chiesa e con tutta la comunità dei credenti, e trasformano la loro fede nella solidarietà e nel servizio agli altri. Il senso di tutto il cammino cristiano si afferma nell'azione amorevole e gratuita di Dio che viene incontro all'uomo, offrendo la sua grazia come segno di amore infinito. L'uomo, ancorato nella fede, risponde liberamente all'iniziativa di Dio, cercando di essere fedele al percorso predefinito. La vita diventa cammino orientato da promesse e la garanzia della fedeltà di Dio.
Di queste promesse possiamo ben fidarci! : sono la Parola di Cristo, portano la luce dello Spirito Santo e l'amore del Padre. Con questa speranza possiamo porci in cammino, in un autentico cammino.
La missione del cristiano è di seguire Gesù, riconoscendo in lui la divinità del Dio Uno e Trino. Tutta la vita cristiana si svolge per il compimento delle promesse di "un nuovo cielo e una nuova terra" (Ap 21,1).
Non si deve uccidere o deformare lo zingaro che è in tutti noi. Quando la dimensione "zingara" della vita è soffocata o repressa, il nostro cammino nel grande accampamento di questo mondo si blocca e quello che potrebbe essere meraviglioso diventa noioso, insipido e privo di significato. Ed è così che vediamo così tanti giovani già vecchi e tanti vecchi ancora giovani vivere ogni giorno come un nuovo itinerario non legato all'ieri e non preoccupati per il domani. Riescono a trasformare le cose più semplici dell'oggi in qualcosa di indescrivibile nell'affascinante e luminoso Accampamento del Regno. "... Orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. (Is 64,3), Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, se mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano " (1 Cor 2,9).
1.1. Il nomade Abramo
"Allora il signore disse ad Abramo, dopo che Lot si era separato da lui:"Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai, spingi lo sguardo verso il settentrione ed il mezzogiorno, verso l'oriente e l'occidente. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te ed alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te" Poi Abramo si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono a Ebron, e vi costruì un altare al Signore " (Gn13, 14-18).
Dio è sempre stato presente nella storia degli uomini, ma la sua saggezza e il suo amore si manifestarono soprattutto nella vita di un Arameo, Abramo, proveniente da Ur in Caldea. Il piano di Dio si manifesta nella promessa fatta ad Abramo: una grande discendenza e la terra in eredità. Dio chiede ad Abramo di lasciare tutto per andare in una terra il cui nome non è noto e che non sa con certezza dove trovarla, è necessario rompere con il passato, rinunciare alla stabilità economica ed avere fiducia assoluta nel Signore, che sarà responsabile per la sua vita.
Abramo diventa il Benedetto per eccellenza del Vecchio Testamento, il Padre della fede, primo eletto da cui parte la promessa. Il nomade Abramo è l'uomo nel cammino della speranza, perché ha accolto con favore l'invito di Dio non come un privilegio, ma per una missione. Abramo parte per formare un popolo e raggiungere la felicità.
Pertanto, l'Alleanza con Abramo è storia. Porta con sé la promessa di una benedizione, un cammino e una terra. In questi tre doni sono i fondamenti della realizzazione di un popolo incaricato di realizzare il progetto di Dio nella storia. Per l'alleanza del cammino, Abramo stabilisce la fedeltà che crea la libertà, la giustizia e la salvezza nel suo concreto dinamismo.
Come il patriarca Abramo, gli zingari hanno il coraggio di mettersi in cammino, di andare, a piedi, percorrere i quattro continenti, sempre in una itineranza assoluta alla ricerca, forse, di una terra dove scorre latte e miele (rispetto e fraternità).
La purezza e la semplicità sono i valori più elevati conservati dagli zingari, non lasciarsi trasportare dalle mode, la massificazione o la discaratterizzazione di tutto ciò che è così forte e bello nei gesti della vita itinerante. La loro vocazione è vivere uno spirito di unione forte, che passa attraverso la famiglia e il gruppo.
1.2. Missione di Mosè: "Va per far andar via dall'Egitto il mio popolo" (Es 3,10)
Mosè a ogni tappa prendeva la tenda e la piantava fuori dell'accampamento, ad una certa distanza dall'accampamento, e l'aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell'accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all'ingresso della sua tenda: guardavano passare Mosè, finché fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all'ingresso della tenda. Allora il Signore parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all'ingresso della tenda e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all'ingresso della propria tenda. Così il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con un altro. Poi questi tornava nell'accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall'interno della tenda. (Es 33, 7-11).
L'esperienza dell'esodo sintetizzato nella azione del Signore, che ascolta il grido del popolo, schiavo in Egitto (Es 3,7),rivela come il Dio liberatore (Es 3,13-14), sceglie Mosè e lo manda, in suo nome, a liberarli (Es 3,10-16), mostra la sua forza contro il faraone con tante meraviglie (Es 7-13), e fa attraversare il Mar Rosso (Es 14,15-30) rivela l'esperienza fondamentale di un Dio compagno, che cammina con il popolo di Israele.
In Mosè, il processo dell'Alleanza si concretizza in un Dio che cammina nella storia, con la sua gente, ascolta il grido, ha pietà, scende per dargli la libertà, a piedi, cammina con il suo popolo (Es 13,21). Rivela il volto, il volto di Dio: "Io sono", il liberatore, il giusto.
Sempre fedele alla Alleanza, Jahvè si rivela a Mosè sul monte Sinai, come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (Esodo 3, 6) e che, "vedendo la miseria" e "ascoltando il grido" della sua gente ", "scende per liberarlo dalle mani degli Egiziani"(Es 3,7). Anche il Signore rivela il suo nome: "Io sono colui che sono" (Es 3,14). La vocazione di Mosè si presenta allora come un processo di continuità dell'Alleanza fatta ai patriarchi.
Mosè ha avuto un processo di maturazione della sua vocazione e ha accettato la missione affidata dal Signore. Fece presenti diverse obiezioni (Es 3,11.13; 4,1.10.13), ma alla fine accettò il piano di Dio, credendo nella fedeltà del Signore.
Ma la libertà implica la responsabilità di seguire il piano di Dio. Rompendo il patto, l'uomo distrugge la certezza di vivere in un mondo pieno di felicità e di uguaglianza.
Proprio come il popolo di Dio dell'Esodo, anche oggi, gli zingari portano i segni di lunghi percorsi e difficili combattimenti, sperimentando pregiudizi ed emarginazione. E a volte è molto difficile vivere la loro filosofia di vita: la mia terra, il mio tetto e la mia libertà.
La schiavitù esiste ancora oggi, sono presenti anche i Faraoni di oggi. La mancanza di dignità, di giustizia, i pregiudizi, le persecuzioni e le esclusioni sono alcune delle schiavitù degli zingari, ancora oggi..
Solo l'amore edifica e libera. Solo l'amore rende qualcuno veramente felice. Non sono liberi gli schiavi. Non sono liberi quelli che schiavizzano, e non saranno mai felici. Ricordo ciò che disse una vecchia zingara: "Il mondo è lo stesso da sempre, sono i cuori che peggiorano. Ognuno si preoccupa solo di se stesso, gli altri potranno pure essere dannati...."
Coloro che oggi sentono il grido del popolo sono i veri intercessori, nuovi Aronne, che sosteneva le braccia di Mosè, quelli che vanno agli ultimi (gli schiavizzati) con amicizia, fiducia e fraternità, e che possono condurre tanti fratelli nel cammino verso luoghi di amore e solidarietà.
Le porte e le finestre dell'individualismo, orgoglio e avidità, che le tende degli accampamenti non hanno e dove la vita scorre semplice e trasparente, condividono e accolgono tutti coloro che arrivano, siano segnali di cammino per tutti. Il "nuovo" inizia dalla porta del nostro cuore,
2. L'Alleanza ripristina il percorso della libertà
L'alleanza che è stato istituita personalmente con Abramo, confermata con Mosè e con la liberazione dall'Egitto, è ora firmata con tutto il popolo di Dio.
Gli zingari conoscono e osservano liberamente questa Alleanza:
- Adorano l'unico Dio che libera l'uomo, che porta la verità, la libertà e la giustizia;
- Non pronunciano mai offese, né odio contro Dio;
- Rispettano il giorno di riposo, non hanno preconcetti né mentalità capitalistica;
- La famiglia è il primo e principale valore della loro cultura. Nella famiglia si predica fraternità, rispetto, servizio, reciproca buona volontà che genera giustizia e liberazione;
- Non praticano l'aborto, il suicidio e non uccidono per disuguaglianza sociale o di etnia.
- Non commettono adulterio;
- Non rubano oggetti, beni, basta aver qualcosa per stroncare la fame (Mt 11,14); nemmeno pensano a rapine, sequestri, omicidi, peculati;
- L'amicizia, la lealtà e la verità sono i principi fondamentali della morale di questo popolo;
- Non hanno mentalità di capitalizzazione, né avidità, sono liberi, e anche felici di dare importanza all'assoluto e non al transitorio, Dio, la libertà, tutto ciò è assoluto per gli zingari.
Molti pensano erroneamente che un accampamento di nomadi sia tutto promiscuità e disordine. Completamente all'oscuro della storia e della cultura di un popolo che conserva antiche tradizioni, la società sedentaria utilitaristica e vulnerabile di fronte alle onde più assurde che vanno e vengono o alla distribuzione di falsi o reali valori, ha invece molto da imparare dai gruppi nomadi. Bellissimi costumi che la società ritiene obsoleti sono punti onore per gli zingari che, tra feroci persecuzioni e pregiudizi, sopravvivono mantenendo l'unità della famiglia e del gruppo, un grande rispetto per i bambini e gli anziani, valorizzando la verginità, la fedeltà alla parola data, il distacco, la solidarietà, la semplicità e la fiducia in Dio. Le droghe non entrano nei campi. Anche le pillole anticoncezionali non entrano nella maggior parte delle tende. Grande amante e rispettoso della natura, lo zingaro rispetta il ciclo mestruale della donna. Parole profane non escono dalle loro bocche. Non si spogliano vicino a nessuno. Non frequentano le spiagge e non usano costumi da bagno o bikini. Sono orgogliosi di dire: "Le nostre donne sono vestite come la Vergine Maria"
Questi sono alcuni dei valori che mantengono la cultura forte e fedele al piano di Dio, lungo il sentiero della libertà.
2.1. I profeti: Lievito di speranza
Il profetismo non appare accanto al potere, alle istituzioni, al sistema, alla pianificazione razionale. Appare accanto alla poesia, all'ispirazione, all'oracolo, alla religione, alla persecuzione, alla sofferenza, al pregiudizio, alla divinità, alla preghiera, alla mistica. È un modo di percepire la realtà e di reagire ad essa.
I profeti fanno sentire al popolo la presenza di Dio negli eventi della vita. Sono, per il popolo, la via della speranza. Il vero profeta non agisce per conto proprio, né per mestiere o per soldi. Sono persone sostenute da Dio a guidare il popolo nel suo cammino, e per mantenere viva la speranza di liberazione e la realizzazione del piano di Dio.
La profezia biblica che basa su tre punti fondamentali: il profeta deve essere radicato nel passato (la sua base radicata nell'Alleanza); essere un lettore del presente (attualizzazione dell'alleanza nella realtà in cui vive in modo che il popolo si mantenga fedele); rivolto al futuro (lievito di speranza per dar continuità al progetto dell'Alleanza).
- il profeta è un uomo della crisi, lo si ascolta se si mostra impegnato durante la crisi storica. Mostrando le vere cause e anche indicando soluzioni.
- il profeta è un uomo del bene comune. Lotta per tutti onde avere accesso alle condizioni necessarie per la vita.
- il profeta è uomo di opzione per i poveri e che intercetta il grido degli emarginati e si impegna e denuncia (Am 4,1; Is 58,6).
- il profeta è un uomo di esperienza di Dio, solo se intende partire dalla sua esperienza personale con Dio, con una indissolubile Alleanza con Dio per i bisognosi (Is. 1,9; Ez 3,1-3).
- il profeta è un uomo del deserto (della tenda). Fu nel deserto che Dio si rivelò, l'esperienza di Dio unico e vero, mentre in città, tra quelli che si erano fermati, c'era l'esperienza di idolatria. Il profeta deve, quindi, negare la costruzione umana che genera vittime, ma ricominciare dalle origini che sono alla base di una società senza disuguaglianze (Am 3,9-4,3).
- il profeta è un uomo di religione vera. Deve denunciare a tutte le forme di alienazione religiosa. La religione che schiavizza e ha nei suoi santuari beni, potere e piacere. La vera religione produce più vita (Mic 6, 6-8).
I profeti sono un lievito di speranza che annuncia il restauro del progetto di Dio (Is. 65,17; Os 2,16-17). Dio invia i profeti per mantenere viva la speranza di muoversi verso la realizzazione della "Nuova ed Eterna Alleanza ".
I profeti fanno sbocciare la speranza di coloro che per lungo tempo e ancora oggi, non aspiravano al potere e promuovevano guerre e che, tuttavia, sono stati perseguitati in tutto il mondo, cremati a migliaia e migliaia dai nazisti e dall'inquisizione, vittime di discriminazione e pregiudizio da molti cristiani e laici che sostengono di essere figli di santi; senza diritti e opportunità sociali, ma il grido dei profeti comincia a farsi sentire. Profeti come Dom Paulo Moretto, Ceferino Jimenes Malia, Padre Renato Rosso, Padre Pedro Paulo, Luciano Mariz Maia, Jorge Pierozan, Tereza Cristina, Adilson Zilio, Darci Camatti, e molti altri, si alzano e denunciano e chiedono l'applicazione dei diritti umani ed il rispetto per zingari.
Questi profeti proclamano che il popolo deve esercitare il diritto (Is 1,17), agire correttamente (Mic 6,8) e fare giustizia (Am 5,7).
I Profeti non possono tacere.
2.2. Tenda: luogo dove Dio si manifesta
"Il Verbo si fece carne e piantò la sua tenda in mezzo a noi" (Gv 1,14). Tutto l'Antico Testamento deve essere visto ed inteso come un preannuncio, spianando la strada per il compimento della promessa di Dio, già annunciato dai profeti: la venuta del Messia. Così ogni speranza alimentata dal popolo con la liberazione dalla schiavitù, la conquista della terra promessa, si conclude con la speranza maggiore, nell'incarnazione di Gesù nella storia:
"Vi annuncio una grande gioia per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Messia, Signore" (Lc 2, 10-11).
Dio è entrato nella storia del mondo e nella storia di ciascuno di noi. Egli arriva ed intercede, è il Signore della legno, del fuoco, e della tenda. Con l'incarnazione del suo Figlio, vuole completare l'opera e dare pienezza al progetto di libertà e di vita, amore e giustizia, fratellanza e pace, sempre e per l'eternità. Nel Nuovo Testamento, di nuovo la tenda e il deserto sono i luoghi privilegiati in cui Dio si manifesta e mostra il suo volto.
Allora Pietro prese la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi stare qui. Se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia ... Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltate quello che dice "(Mt 17,4-5).
E nelle tende in cui gli zingari vivono e sopravvivono, come eremiti nel deserto, vi è un popolo di Dio in movimento. Lavora e riposa sotto la tenda. Guarda le stelle e contempla le fiamme del fuoco di fronte alle tende. Sempre pronto ad andare avanti alla ricerca del nuovo, il Dio delle tende.
A volte, quando entro in certi templi, leggo i nomi di coloro che hanno contribuito alla costruzione. Tra i benefattori vedo anche quelli delle multinazionali e delle banche che spesso rubano i soldi della gente, leggo in alcune anche la fabbrica di sigarette Souza Cruz ... A Roma, la costruzione della cupola della Chiesa di San Pietro già divise la Chiesa, per la vendita di indulgenze. Tuttavia, in alcuni luoghi si accetta ancora del denaro sporco, e inoltre si fa l'errore di fare delle lapidi con i nomi di questi avventurieri del male. Ma queste affermazioni si riferiscono ai vestiti di nostra madre, che è la Chiesa: il suo corpo è un'altra cosa, è una persona divina. Spesso si ha voglia di gettare cristalli, vetrate, superflue e costose decorazioni, per attenersi maggiormente alla volontà di Gesù.
Questo non significa che siamo tanto ingenui da pensare di essere in grado di fare tutto senza le strutture. Fino a quando queste strutture servono e aiutano il popolo di Dio, sono valide.
Tutto questo per dire che anche gli zingari hanno le loro cattedrali, ma senza cupole, in modo che nessuno sia separato o si senta emarginato, una cattedrale senza pareti, né vetrate, né colonne di marmo.
Dopo tutto, hanno solo una cattedrale dove c'è il tabernacolo (che significa tenda), dove Gesù si sente abbastanza confortevole vicino al fuoco della verità.
3. Maria, la madre di tutto il popolo, regina del nomadismo
Maria concretizza ciò che le donne del Vecchio Testamento simboleggiavano. All'inizio era Eva, che riceve la promessa di una discendenza e di essere la madre di tutti i viventi. A causa di questa promessa, Sara concepisce un figlio nonostante l'età avanzata. Giuditta ed Ester appaiono come liberatrici del loro popolo. In ogni cammino storico del popolo di Israele, apparve la donna, nei momenti forti e decisivi. Con Maria, dopo una lunga attesa, la promessa, la speranza si compie, con la venuta del Salvatore.
Non è possibile parlare di Gesù senza parlare di Maria. È stata lei che ha fatto il passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento. il "sì" di Maria apre il cammino della Nuova Alleanza, fondando il nuovo popolo di Dio, la Chiesa.
Maria era una donna del popolo, della classe operaia e povera. Una donna come tante, appartenente a una famiglia di Nazaret. In lei tutto è autenticamente umano e presente. Dio realizza il suo progetto a partire da una realtà e da una persona non riconosciuta nel suo tempo. Maria rappresenta tutto il popolo dei poveri di Jahvè.
Maria è "piena di grazia", la "benedetta fra le donne". Questo indica l'amore e l'affetto con cui Dio ama il suo popolo, la fedeltà con cui egli sostiene e l'impegno che ha preso per essere sempre con questo popolo. L'annunciazione mostra chiaramente la grandezza di Maria: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28). Maria è piena di grazia perché è stata scelta per essere la madre del Salvatore, che incarna le più grandi speranze di tutta l'umanità.
Maria è madre, e genera Gesù, che è Dio. Maria non è solo la madre dell'uomo Gesù, ma di Gesù uomo e Dio.
Il "sì" nel giorno dell'Annunciazione la coinvolse nel cammino con Gesù, e nel ruolo che essa svolge come tale. Il suo "si" non fu compreso da molti: "Essi, tuttavia, non compresero ... sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2,50-52).
Maria si incontra con la promessa fatta ad Abramo, il padre della fede. Lei dà continuità al Vecchio Testamento. Incarna la realtà di un'epoca: ha partecipato e ha preso i costumi del suo popolo, si è presentata al tempio per offrire sacrifici (Lc 2,24). Allo stesso tempo Maria è discontinuità con l'Antico Testamento. Per mezzo suo il Figlio realizza la Nuova Alleanza.
Maria, accogliendo Cristo nel suo grembo, diventa corredentrice di tutto il popolo umano.
Accetta la maternità di Cristo, è la madre di tutti. Madre di tutte le culture, di tutte le persone, delle missioni e dell'evangelizzazione.
Dal momento del suo sì, Maria sapeva che non poteva restare ferma. In quel momento il nomadismo ha messo radici nella sua anima. E subito, "in fretta", partì su per le montagne, attraversando tutta la Samaria, Giudea fino ad incontrarsi con Elisabetta e servirla. Anche gli zingari attraversano molte montagne. Nel nono mese di gravidanza, accompagnata da Giuseppe, Maria va a piedi o su un asino o su un cammello per 150 chilometri, fino a raggiungere Betlemme
Prima della nascita di Gesù, Giuseppe e Maria andarono da Nazareth a Betlemme, la città era piena di gente. Nemmeno pagando il doppio un umile viandante ha un posto dove passare la notte. I sedentari di Betlemme erano sordi e ciechi per gli egoistici interessi politici e commerciali del censimento. Nessuno prestò attenzione alla coppia. Nessuno si accorse che la donna era incinta di nove mesi. Nessuno è stato colpito dalla povertà e la stanchezza dei due pellegrini.
Come gli zingari di oggi che sono sempre spinti ai margini della città, Giuseppe e Maria dovevano camminare ulteriormente. Seguitarono verso i campi fuori dalla città. Sicuramente qualcuno gridò, come fanno oggi Associazioni di quartiere, Polizia Municipale e gli enti, anche religiosi, tutti i proprietari di tutto il mondo: "Fuori, fuori. Cercate altrove, andate via!.".
Là, nei campi, la coppia fu accolta al campo dei pastori nomadi. Erano povera e umile gente, ma piena di coraggio e spirito di condivisione. Vivevano in base alle esigenze della mandria. (S1 22, 1-6).
Non c'è pastorizia senza itineranza. E non vi è alcuna itineranza senza spogliarsi di se stesso e di avere una viva coscienza di precarietà.
I pastori accolsero Giuseppe e Maria, perché conoscevano i loro problemi. Quante volte anche loro avevano dovuto vagare e camminare a lungo per ottenere buoni pascoli e acqua per il bestiame e per la sopravvivenza della loro famiglia. I nomadi non si accampano dove non c'è acqua in abbondanza e anche spazi ombreggiati. Gli zingari di montagna vivono molto questo problema. Spesso, anche pagando, non ottengono un buon posto e acqua per tutti. Devono camminare e camminare molto. A volte passano la notte in tende di fortuna nei boschi o ai margini di strade pericolose.
Una grande benedizione arrivò al campo dei pastori, nella notte si svegliarono con il pianto di un bambino. La grande notizia si sparse subito. La benedizione era anche grande: nascerà un bambino. Ognuno corse a vedere il neonato. Andavano e venivano. Gridavano. Saltavano. Cantavano. Suonavano con i loro flauti. Guardavano il cielo e i campi illuminati. Cantavano e ballavano estasiati da quelle bellissime stelle.
Molti altri pastori delle vicinanze restarono impressionati dalla chiarezza di quella notte e corsero anch'essi a ballare, festeggiare e ringraziare intorno ai fuochi di quell'accampamento, il più benedetto di tutto il mondo. (Lc2, 15-18).
Persino gli animali percepirono che si trattava di una nottata diversa. Insieme con gli allegri pastori festeggiarono l'arrivo del bambino. La pecora, il bue e l'asino si inginocchiarono. E il gallo cantò forte, bello, felice, molto felice. Anche oggi, ogni notte, fa lo stesso annuncio in tutti i campi nomadi.
All'interno della tenda, tra stracci e paglia, è stato il piccolo Gesù, sotto gli occhi di Giuseppe e Maria.
I sedentari restarono invece a Betlemme. Tutti gli angeli si precipitarono in quei campi. Tra le famiglie di pastori nomadi e tra falò, anche loro hanno ballato e cantato inni al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei camminatori, e hanno elogiato i pastori di buona volontà, augurando loro la pace. (Lc 2,14).
Vi sarà ancora qualcuno che avrà il coraggio di chiedere perché il Figlio di Dio non è nato in una sinagoga o in un tempio? Perché non ha vissuto nelle case dei preti o del sommo sacerdote?
Gesù è il Figlio del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, è il Figlio del Dio di chi è in cammino. Egli è il sommo ed eterno Sacerdote della gente che cammina e non vive una religione cristallizzata, congelata nel tempo e nello spazio.
Quelli che si erano chiusi nelle loro case persero la contemplazione di quel meraviglioso spettacolo, il più grande di tutti gli spettacoli, la più bella di tutte le notti. Persero anche la grande festa dei nomadi per la nascita di un bambino. Persero l'adorazione al Figlio di Dio, vivo e vero. Solo i nomadi lo accolsero, lo celebrarono e lo adorarono.
Molte carovane, di diverse razze e nazioni lontane, arrivavano, per onorare e rendere omaggio al neonato. La profezia dei nomadi aveva vaticinato, con il suo dono di vedere il futuro del tempo e della storia di ciascuno, che molti gruppi sarebbero arrivati, portando doni di valore:
"Sarà invasa da una moltitudine di cammelli, di dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso, e proclamando le lodi del Signore. "(Is 60,6).
Come gli zingari che leggono ancora le stelle, i Magi distinsero la stella che annunciava la nascita di Gesù e dice:
"E chiesero," Dov'è il Re dei Giudei che è appena nato? Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo. "(Mt 2,2).
È interessante notare che questi indovini, astrologi, mercanti e pagani furono canonizzati dalla devozione popolare e sono chiamati anche oggi i Re Santi. Perché lo stesso popolo è intollerante e addirittura perseguita i nomadi indovini, astrologi e commercianti di oggi?
È sorprendente che nessun sedentario era tra gli adoratori nei campi di Betlemme ed ancor più sorprendente: nessun nomade aiuterà Erode nella sua "strage degli innocenti"..
"Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, tornarono al loro paese per un'altra via." (Mt 2,12).
Gesù è condannato da coloro che hanno lasciato la vita nomade ed erano invidiosi del suo itinerare tra la gente. "(Sapeva bene che avevano consegnato Gesù per invidia)." (Mt 27,18).
Dalla periferia delle periferie di Betlemme di Giuda, Giuseppe, Maria e il bambino fuggono in Egitto, paese lontano, terra sconosciuta.
Il clima con cui avvenne questa fuga è qualcosa di peculiare nella vita degli zingari (Mt 2, 13-15).
Come nomadi che percepiscono i segni del bene e del male, la famiglia dopo l'esilio torna in Galilea.
Nonostante la vita nascosta, a Nazaret, il Vangelo ci permette di capire che si trattava di una vita nomade a metà. Ogni anno andavano a Gerusalemme con il gruppo formato da parenti e amici. Viaggi lunghi, effettuati in tappe e tipici dei nomadi. Avevano bisogno di conoscere i percorsi più pratici, prendere solo ciò che era necessario, sapendo decifrare i segni della natura e rispettare la gerarchia e l'organizzazione.
"I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua."(Lc 2, 41).
Il primo e il dodicesimo pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme hanno delle caratteristiche particolari. In un primo momento il ragazzo è offerto a Dio e sua madre viene purificata. Questa è una pratica rituale tradizionale di molti popoli nomadi. A dodici anni il ragazzo scompare e viene trovato solo tre giorni più tardi, mentre parla e discute di religione con i Dottori della Legge Questo è un atteggiamento tipico di un nomade bambino: parlare seriamente ed essere a conoscenza di tutti gli affari di adulti. Il ragazzo non è spaventato o disorientato. Se un bambino è sedentario, si sarebbe aggirato intorno, disorientato, spaventato e non parlando di questioni che, secondo la mentalità sedentaria, sono riservate agli adulti. (Lc 2, 43-47).
Maria ha partecipato alla vita pubblica di suo Figlio: nel primo miracolo, nella predicazione, ascoltando il figlio, nel Calvario, davanti alla croce, nella risurrezione e assieme agli apostoli. Coraggio di donna: Pace della figlia di Dio. Amore di madre. Per gli zingari lei è madre, protezione, nobiltà, guida, consigliera e stella.
Maria con le sue peregrinazioni è anche la Regina di nomadismo. E Maria partì e Elisabetta la accolse, perché credevano. La strada è il luogo preferito dei veri credenti. Madre, insegnaci a camminare! Partire è sempre difficile… ..
4. Gesù nomade
Gesù viene per inaugurare il Regno di Dio. L'originalità del concetto del Regno di Dio in relazione alla persona di Gesù Cristo appare chiaramente sin dall'inizio della sua missione: "Il tempo è compiuto, il Regno di dio è giunto. convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15).
Nell'agire Gesù si fa conoscere come Dio. Gesù ha combattuto per superare le situazioni di oppressione, cambiando situazioni di minor-vita in situazioni di maggior-vita. Chiede la liberazione di tutte le oppressioni: psichiche, fisiche, sociali, religiose, culturali e strutturali (Mt 11,3-5, Lc 4,18-19, Mt 12,28, Mc 2,4-5). Il Regno di Dio è per i poveri e per gli esclusi (Lc 6,20-23). La realizzazione del Regno di Dio è in imitazione della pratica di Gesù. La realizzazione del Regno di Dio è nella storia. È un dono e un compito. Egli offre la salvezza a tutti. Le azioni di Gesù mostrano la realtà del regno "già" presente. Nella nostra prassi liberatrice il Regno sta per venire (Mc 1,15).
Il "non ancora" del regno si realizzerà solo nella pienezza della salvezza. La piena realizzazione del Regno così diventa un futuro escatologico come dono gratuito di Dio. Gesù ci ha lasciato le parabole per capire meglio il Regno in cammino per una piena realizzazione: il seminatore (Mt 13,4-8), il granello di senape (Mt 13,31-32); il tesoro (Mt 13,44-46); il lievito nella pasta (Luca 13,20-21), il grano e la zizzania (Matteo 13,24-30). Nella grande festa del Regno di Dio, partecipa solo chi diventa piccolo, servo, solo, sciolto e libero (Mc 10,14-15).
Gesù durante la sua vita pubblica, in tre anni di predicazione messianica era nomade. Si può dire che, anche se talvolta era ospitato da amici, fu essenzialmente nomade, tanto da dire: "Rispose Gesù: le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove reclinare il capo "(Mt 8,20)
Il Regno si incarna in una nuova forma di convivenza. "Vi ho dato un esempio, affinché facciate come io ho fatto a voi" (Gv 13,15). A trent'anni (Luca 3,23), Gesù lascia la sua casa e la famiglia e parte, per una vita da povero itinerante. Non possiede nulla, neppure dove posare il capo (Lc 9,58). Assume la povertà come condizione di vita (Mt 19,21, Lc 14,33), e annuncia la buona novella ai poveri. Gesù passa attraverso i villaggi e parla nelle sinagoghe (Mt 9,35). La messe è molta, ma gli operai sono pochi (Lc 10,2). È necessario provocare un cambiamento, nella comunità, il popolo vive nella speranza del regno.
Nel frattempo, Gesù camminava da un luogo ad un altro. Andava e viveva con il popolo. Accoglieva i peccatori pubblici e divenne amico di tutti. Elogiava anche la fede dei pagani e tra di essi fece la maggior parte dei miracoli. Raggiungeva l'anima del popolo nomade di Israele. Molto più di una questione politica, è quella culturale che farà crescere dispetto e odio nelle autorità pagane sedentarie, ma soprattutto nei religiosi che avevano abbandonato il nomadismo e non sapevano più camminare come e con il popolo.
Sempre a piedi da un posto all'altro, di villaggio in villaggio lungo il mare di Galilea, sotto il sole forte e affrontando venti e temporali o sotto la luce della luna e delle stelle nelle montagne della Giudea, Gesù assume pubblicamente la pienezza del profetismo nomade ed è il Sommo ed Eterno Sacerdote, con vestiti, gesti e costumi del suo popolo di anima zingara. "Gesù andava per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del Regno, guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si sparse per tutta la Siria. Gli portarono i malati e gli infermi, gli indemoniati, epilettici, paralitici. Ed egli guarì tutti. Grandi folle lo seguirono dalla Galilea, da Decapoli, Gerusalemme, Giudea, e dai paesi al di là del Giordano. " (Mt4, 23-25).
Il Galileo itinerante attrasse seguaci che divennero poi suoi apostoli e discepoli. Come Lui, tutti dovevano andare in cammino e non avere una residenza fissa..Entrando a Gerusalemme per l'ultima Festa di Pasqua con il gruppo nomade che aveva costituito, sceglie di cavalcare un asino e assume l'atteggiamento di semplicità proprio degli zingari mandriani: come si arriva in un nuovo campo, il gruppo che lo accompagna fa una festa, con atteggiamenti spontanei del popolo, che onorano chi arriva e che provocano un grande tumulto in tutta la città di Gerusalemme. Così anche nei luoghi in cui arrivano gli zingari.
Dopo la celebrazione della festa, tipica del nomadismo, Gesù fu arrestato e consegnato alle autorità governative, pagate da quelle religiose.
4.1. La morte di Gesù
Il progetto di Gesù e la sua immagine storica sono stati segnata da uno scandalo: la morte in croce. Essa è la conseguenza della fedeltà di Gesù al disegno del Padre. Gesù non ha cercato la morte, ma la realizzazione del Regno, la liberazione dell'uomo nell'accettazione del piano di Dio. La morte di Gesù è stata il risultato del messaggio, della sua prassi storica che ha scosso le fondamenta della società e della religione allora in vigore.
La morte di Cristo significa anche la condanna di pratiche oppressive e la denuncia dei meccanismi che causano la sofferenza e la morte. La morte non è solo di ordine biologico. La morte è anche la rinuncia a sé stesso, donandosi a favore della verità e della giustizia,
La morte di Gesù è il progetto della sua missione redentrice: "Ci amò sino alla fine" (Gv 13,11) "per dare la sua vita in riscatto di molti" (Mc 10, 45). È l'esempio supremo di amore di Cristo per noi.
Davanti al palazzo di Ponzio Pilato, gli stessi che avevano cacciato Giuseppe e Maria da Betlemme, anche lì gridavano, (perché la comunità sedentaria lo sa fare molto bene):"Via, via, crocifiggilo" (Gv 19,15).
E là fuori, al di fuori della città ammazzarono il più illustre pellegrino nomade che era venuto solo per celebrare, per festeggiare con il suo popolo la Festa del Partenza, la festa del Passaggio, la grande festa dell'Esodo di coloro che non sanno, non possono e non vogliono restare fermi.
La speranza cristiana non è rivolta alla croce, ma al Crocifisso, perché egli è vivo e Resuscitato.
4.2. Resurrezione
La fede nella resurrezione è la base della fede cristologica in Dio, è il fondamento della fede cristiana (1 Cor 15,14). E il progetto storico di Gesù riceve la sua conferma con la risurrezione. I poveri, i peccatori, i malati e i respinti dalla cultura della morte, i destinatari del Regno di Dio, possono contare sulla sua parola, che è stata confermata dalla potente azione di Dio: vittoria sulla morte e il definitivo superamento delle radici profonde di ogni schiavitù e limiti umani. Ratificando questo progetto di morte, Dio rifiuta ogni progetto basato su oppressione, ingiustizia o morte.
Il punto di partenza della fede cristiana è la risurrezione. Resuscitando Gesù, Dio conferma che il Regno di Dio è già iniziato, perché Dio si rende presente in modo nuovo e definitivo come Dio fedele. Il Dio presente che agisce nella storia. Questa è un'azione trinitaria.
"Perché cercate uno che è tra i morti? Egli non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5-6).
"Il sepolcro vuoto fu per tutti un segnale essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento del fatto della risurrezione.
Nessuno può negarlo: Gesù è venuto per tutti, ma è nato tra nomadi e ha vissuto come loro. Il più grande Artista nel meraviglioso spettacolo del "Circo Universale dell'Amore", accende la luce dei riflettori sulle stelle e ha l'infinito applauso di tutti gli Angeli.
Inizia con Gesù risorto il tempo della missione della Chiesa, e la speranza della realizzazione del Regno di Dio, illuminata dallo Spirito Santo.
È nato in periferia, nella povertà e nella semplicità della mangiatoia, Lui che camminava per tante città e villaggi, predicando l'amore, il perdono e la misericordia per tutti, che era preoccupato per i più emarginati e, per loro, insegnava giustizia ed eguaglianza di diritti, uno che era profondamente sensibile, gentile, tenero e pacifico: Lui che è stato perseguitato, oppresso, disprezzato e picchiato, torturato e coronato con una corona di spine, spogliato della sua dignità, sputato e crocifisso: Lui che ci ha redento con il suo prezioso sangue, con il dono della vita, salvandoci tutti, RISUSCITO'
Si liberò dalle catene del conformismo e del comodismo della valle delle ingiustizie, tutti gli uomini morti per indifferenza e omissioni, per promuovere la redenzione di tutti gli infelici di tutti gli esclusi. Per promuovere il riscatto degli zingari, di tutti gli esclusi del mondo.
Gesù nomade, zingaro. Gesù, vivo, risorto, attraversa le nostre strade e si accampa nelle nostre città. Nella resurrezione non ci sono vinti.
4.3. Lo Spirito Santo: forza e luce nel cammino
Lo Spirito Santo è quello che rende dinamico il percorso. Dall'inizio della storia fino ad oggi continua la sua azione, tutto il cammino verso la salvezza si ottiene con l'azione Trinitaria. Lo Spirito Santo agisce con il Padre e il Figlio. Lo Spirito è presente all'origine dell'essere e nella vita di tutte le creature (Gen. 1.,2; 2,7), nella realizzazione della promessa dei discendenti di Abramo (Gn 18,1-15), nelle teofanie di Dio con il suo popolo (Mt 17,4). Da respiro all'uomo nel cammino verso Dio. Lui e il promotore dell'intera missione. Apre la strada per la venuta finale del Regno di Dio.
La presenza dello Spirito nella missione di Cristo appare chiaramente quando Gesù inizia la sua predicazione: "Lo spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato e mi ha inviato per portare ai poveri il lieto annuncio, ad annunciare ai prigionieri la liberazione e il dono della vista ai ciechi; per liberare coloro che sono oppressi, ed inaugurare l'anno di grazia del Signore" (Lc 4 ,18-19).
Attraverso lo Spirito Santo, gli Apostoli sono spinti alla missione.
Lo Spirito svela pienamente il mistero pasquale di Cristo. Rinvigorisce, dirige, illumina e da forza alla missione degli apostoli (Gv 14,26). Così gli apostoli partono, accompagnati e protetti, per la realizzazione del mandato missionario affidato da Gesù, a tutte le nazioni (Mt 28,19); a tutto il mondo, ad ogni creatura (Mc 16,15), a tutti i popoli (Lc 24,47), fino agli estremi confini della terra (At 1,8).
Così lo Spirito Santo continua a lavorare nella Chiesa, per muoversi verso il compimento della nuova ed Eterna Alleanza.
Abbiamo la possibilità di essere in grado di vivere in una chiesa umana, vivificata dallo Spirito, chiamata e guidata dal Figlio dell'Uomo per portare la Buona Novella a tutti i popoli, culture e nazioni, sempre spinti a camminare per lo Spirito del Signore, che è acqua , fuoco e vento nel lungo cammino.
Siamo chiamati a vivere il mistero pasquale. I poveri scoprirono che stavano celebrando il memoriale della morte e risurrezione, con cui divenne "uno" con i poveri, i puri, gli assetati di pane e di giustizia, i perseguitati a causa della giustizia, della condivisione e della lotta comune. Recuperando così la dimensione di fraternità nella vita, in cui è diventato il più grande fratello di tutti, nella comunione del corpo e del sangue. Si alzò nelle vite di coloro che condividono il tavolo, la comunione tra fratelli. Egli è forza, impegno e dedizione per la continuazione della missione liberatrice di Cristo nella storia, essendo la fonte e il cammino di liberazione per tutte le culture.
5. La Chiesa missionaria e pellegrina
La missione della Chiesa è quella di annunciare e preservare, in questa terra, il messaggio di Gesù Cristo, il Buon Pastore. La sua dottrina è l'insegnamento di Dio, rivelato e testimoniato da Cristo. È la Chiesa che deve recuperare e inculturare la verità rivelata e darle una forma sempre nuova, secondo il tempo e le culture.
Il testimone fedele di Cristo rende la Chiesa una fonte di speranza per il mondo. La Chiesa, fornita dei doni del suo fondatore, è peregrina in questa terra, annunciando e costruendo il Regno di Dio, fino alla pienezza della storia.
Gesù Cristo è presente nella sua Chiesa col suo Spirito (Gv 16,5-15). C'è una relazione profonda tra Cristo, la Chiesa e l'evangelizzazione, "La Chiesa nasce dall'azione evangelizzatrice di Gesù e dei dodici. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati. (Gv 13,34)
Gli elementi essenziali della Chiesa sono: l'insegnamento degli apostoli, fraternità, solidarietà o comunione fraterna, eucaristia (condivisione del pane) e orazione comunitaria.
La Chiesa è essenzialmente missionaria, lo stesso Gesù ha inviato alla missione (Lc 4 e Mt 28). La sua spiritualità è Gesù Cristo, "inviato a portare la buona novella ai poveri e a restituire la libertà agli oppressi" (Lc 4,18-19). Questa buona novella deve essere annunciata a tutti i popoli e in tutti i luoghi della terra (Mt 28, 19-20). La missione della Chiesa è di portare il Cristo, luce delle nazioni e cammino di speranza per tutti i popoli.
Come Cristo, luce delle genti, si incarnò in una realtà concreta, anche la Chiesa deve porsi nel contesto e nella cultura in cui si trova. "La Chiesa in America Latina è un segno vivo di speranza in mezzo a una cultura di morte."
La Chiesa deve essere al servizio di tutti, celebrando la speranza nella Liturgia e testimoniando l'amore di Cristo. Esprimendo l'unione e la comunione di Dio che cammina con gli uomini di tutte le culture nei sacramenti. Invitata a vivere in comunità e di condivisione.
Nel mistero pasquale di Cristo, deve essere al servizio di tutti, specialmente dei poveri, degli oppressi, degli emarginati e di chi soffre per le ingiustizie. Sempre rimanendo attenta ai segni dei tempi.
"Ma voi non fatevi chiamare Rabbi, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli." (Mt 21,1213).
Non possiamo lasciare che la Chiesa si sottoponga alle influenze di un vergognoso mercantilismo (Mt 21,12-13) né permettere che i pastori, dottori della legge, scribi e gli anziani mantengano il potere e siedano, staticamente, sulla cattedra di Mosè .
La Chiesa ha come principi la comunione e la missione per l'evangelizzazione dei popoli, nel mondo del lavoro, della politica e della cultura. È necessario fare urgentemente una evangelizzazione inculturata:
- annuncio:
- dialogo:
- servizio:
- testimonianza.
6. Il Cristo in tutto e in tutti
L'orizzonte ultimo di tutti i cristiani è l'escatologia. Il futuro assoluto, per lo stesso Dio. "La gloria di Dio è l'uomo che vive, e la gloria dell'uomo e la visione di Dio". L'escatologia è la propria speranza nata dalla risurrezione di Cristo. È professare secondo la fede cristiana: "Signore, tu hai parole di vita Eterna" (Gv 6,28).
È tentare di aprire un percorso che ha molti incroci e molte direzioni, l'escatologia è l'arrivo di questi numerosi sentieri. Così l'escalologia è un processo attraverso il quale l'umanità si dirige verso il compimento della comunione trinitaria.
L'uomo è un essere "in attesa" L'escatologia esercita una funzione di ermeneutica onde chiarire il presente a partire dalla speranza che contiene il futuro.
Come abbiamo visto in questo capitolo, la speranza permea tutta la storia umana. In questo continuo processo di camminare, la grazia di Dio ha agito e agisce nella storia, il Popolo di Dio è sempre stato guidato dalla promessa fatta ad Abramo. In Gesù Cristo si compì la promessa, e il regno di Dio è "già" presente.
La Chiesa cammina e vive la realtà del tempo che intercorre tra Cristo e la parusia. E questa parusia, il "non ancora" è l'orizzonte che guiderà tutto il cammino. L'obiettivo da impulso al cammino. Il Regno già presente tra noi si identifica con: fraternità, giustizia, amore, lotta per la vita, rispetto per le culture e da una caratteristica speciale alla nostra speranza. Essa ci ispira, ci anima, porta la gioia di un dono "già" presente.
La speranza cristiana, nella risurrezione di Cristo, si manifesta nella parusia, in cui si realizza la felicità della risurrezione gloriosa dei figli di Dio. Quando ci sarà "un nuovo cielo e una nuova terra" (Ap 21,1). È poter stare faccia a faccia con Dio in tutto e tutti. Allora Dio sarà "tutto in tutte le cose» (1 Cor 15,26).
Dio vuole salvare e non a condannare. I criteri di questa sentenza vengono rivelati e anticipati nella storia (Mt 25).
Concludendo questo capitolo, io sostengo che la speranza di camminare diventa certezza in Cristo risorto. I segni del Regno sono presenti nella storia, il "già", e indicano il compimento escatologico, il "non ancora" È l'incontro pieno l'amore di Dio, la piena realizzazione della creazione, la speranza "del nuovo cielo e della nuova terra " nell'accampamento eterno del cielo.
"Questa è la tenda di Dio con gli uomini.
Egli abiterà con loro;
Essi saranno suo popolo ed egli, il Dio-con-loro
sarà il loro Dio "(Ap 21,3).
4. Pastorale dei nomadi: sfida di una Chiesa in cammino
Popolo di Dio in cammino, la Chiesa ha una grande parte di suoi figli che vive una vera e continua itineranza. Sono i nostri fratelli nomadi: zingari, circensi e operatori dei parchi gioco.
È chiaro che non tutti i popoli nomadi appartengono a queste tre categorie ma tutti gli zingari e i membri dei circhi o dei parchi di divertimento sono nomadi.
In diverse occasioni, i papi hanno ricevuto in udienze speciali, molte compagnie circensi nomadi e gruppi zingari. Nell'Anno Santo del 1975, il Papa Paolo VI ha ospitato un pellegrinaggio di 2.500 zingari, provenienti da diversi paesi; lasciando da parte il testo ufficiale il Santo Padre fece un lungo e bellissimo discorso, ricordando i piacevoli incontri con molti zingari, quando era Cardinale e Arcivescovo di Milano , sottolineando: "La Chiesa vi ama, mi piacerebbe accompagnarvi nel vostro cammino che, per molti aspetti, assomiglia alla vita di Gesù ..."..
Nel 1989, Papa Giovanni Paolo II, chiudendo il 3 ° Congresso internazionale della Pastorale per i Nomadi a Roma, ha dichiarato: "Il mondo deve cambiare il suo atteggiamento verso gli zingari: la tolleranza non basta, è necessario lo spirito fraterno. Abbiamo molto da imparare da loro. Hanno sofferto molto a causa di privazioni, insicurezza e persecuzioni. Per questo devo dire molte cose.. "
La Pastorale dei Nomadi è legata alla Pontificia Commissione della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. In diversi paesi, sacerdoti, religiosi e laici impegnati in questo ministero, cercano di soddisfare gli obiettivi principali che costituiscono l'impegno della Chiesa Madre:
- essere la presenza della Chiesa tra i nomadi: annuncio, servizio, dialogo e testimonianza;
- promozione umana e sociale;
- inter-relazione con la società sedentaria, nel rispetto della vita e della cultura dei nomadi.
E prendere in considerazione:
- complessità del mondo dei nomadi;
- promozione umana integrale;
- gradi di emarginazione e di cultura;
- valorizzazione del patrimonio etnico di origine:
- organizzazione pastorale;
- catechesi appropriata;
- valorizzazione della cultura cristiana;
- incoraggiamento delle professioni di fede.
È qui importante riportare un messaggio di Papa Paolo VI, nel maggio del 1978: "I gruppi più chiusi in se stessi richiedono assistenza continua, molto vicino alla loro vita, arrivando anche alla convivenza."
Così, in molti paesi, diaconi, seminaristi, religiosi, religiose, sacerdoti e tanti laici si sono dedicati alla pastorale, dando una bella testimonianza di presenza e convivenza negli campi. Ci sono religiosi e sacerdoti figli di zingari.
La Chiesa cammina tra i nomadi dicendo ad alta voce: "Sì, la Chiesa vi ama" ..
1. Pastorale dei Nomadi in Brasile
Attualmente in Brasile ci sono tre sacerdoti a tempo pieno per questo ministero (P. Tadeu Fernandes, attualmente in Ventana-Parana: P. Pedro Paulo, e don Renato Rosso, che sta attualmente lavorando con gli zingari del Bangladesh e dell'India). Anche alcuni religiosi, seminaristi e laici si dedicano a questa missione, così come alcuni enti. Tutti cercano, in primo luogo, di stare con loro e coltivare una grande amicizia.
Vivendo in una piccola tenda. "Da accampamento in accampamento " (Gen. 12,9), in un'atmosfera abbastanza eremitica, camminando in punta di piedi per non distruggere il buon seme dei bei valori che il Verbo ha collocato lì ed assumendo una coscienza sempre più profonda della spiritualità del "servo inutile" (Lc 17,10), ciascuno a suo modo, si conformerà al messaggio "non avevo dove reclinar il capo" (Mt 8,20).
Anche alcuni sacerdoti nelle parrocchie danno servizio di accoglienza e buona attenzione per i nomadi, secondo i privilegi che la legislazione canonica prevede per essi. Vale la pena sottolineare qui che la pastorale è iniziata quando, da qualche parte nel vasto territorio brasiliano, un sacerdote o un altro membro della comunità hanno imparato ad accettare, comprendere e capire un fratello nomade. Ma per la cronaca della storia, non si può dimenticare che, ufficialmente, il Ministero ha avuto inizio nel 1985, quando l'allora vescovo di Caxias do Sul, Dom Benedetto Zorzi, ha portato dall'Italia Padre Renato Rosso, in possesso di una grande esperienza mistica di cammino con i nomadi. Dopo la morte dell'amato vescovo Benedito Zorzi, il Vescovo Paolo Moretto assunse la diocesi ed è il presidente della pastorale dei nomadi del Brasile, i cui statuti evidenziano le seguenti finalità:
"- La Pastorale dei Nomadi cerca di sviluppare le proprie attività soddisfacendo gli orientamenti della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), Linea 6 e la promozione umana e cristiana di individui e gruppi che compongono il popolo nomade nei seguenti caratteristiche: zingari, personale di circhi e parchi di divertimento
- Il servizio della Pastorale dei nomadi deve intendersi come un insieme di attività e di strutture orientate verso il raggiungimento dei valori religiosi, esigenze pedagogiche, culturali e sociali generali dei nomadi.
- Prominenti fra le attività della Pastorale dei Nomadi sono quelle relative allo studio e ricerca, mantenendo sempre il rispetto dei nomadi e promuovendo pubblicazioni e divulgazione su questo tema.
- Per realizzare le finalità descritte, gli operatori della pastorale dei nomadi dovrebbero essere caratterizzati dallo spirito di incarnazione evangelica, vale a dire, evitando qualsiasi forma di paternalismo ".
Questo è un piccolo passo di un lungo cammino da percorrere. Diventa sempre più urgente per tutti, nomadi e sedentari, di fare in modo che "la pace non consiste nel livellamento ma nella comunione piena di rispetto, così come nella diversità delle persone e delle culture".
La Pastorale, come Organismo, è legata alla linea 6 della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, dichiarando nel documento 40:
"Chiesa: Comunione e Missione nella evangelizzazione dei popoli, nel mondo del lavoro, della politica e della cultura." E dice anche: "Vi è in Brasile una popolazione zingara che, numericamente, supera la popolazione indigena. Essa merita anche la cura di una evangelizzazione adattata alla sua cultura. La consapevolezza di questa minoranza etnica può aiutare l' orientamento di altre minoranze perché gli zingari sono riusciti a sopravvivere e a mantenere la loro identità culturale, utilizzando le risorse della cultura dominante, senza essere cooptati da essa. "
Ogni anno vi è una Assemblea nazionale con la partecipazione di tutti i membri direttamente coinvolti nella missione della pastorale. Sono incontri di condivisione, di scambio di esperienze e di stimoli. Ci sono state 10 assemblee nazionali, a Caxias do Sul. Questa é la Diocesi madre della pastorale dei nomadi.
È difficile tracciare un programma per ogni anno, perché la vita nomade è dominata dall'immediato e dall'imprevedibile. La data di un battesimo o un matrimonio, per esempio, è decisa, a volte, solo tre giorni prima. Basta avere i testimoni dello sposo o ottenere il necessario per la festa, tutto è deciso. Se non c'è il cappellano con questo gruppo, si chiede alla parrocchia più vicina la realizzazione della cerimonia religiosa. Vi sono capi zingari che si inginocchiano davanti al vicario chiedendo, con le lacrime agli occhi, il battesimo o il matrimonio per qualcuno del gruppo. Alcuni sacerdoti non capiscono e non si rendono disponibili. Ignorano che questo gesto di umiltà e di sottomissione è una pubblica e sincera professione di fede e di rispetto per la Chiesa. Un gesto tipicamente biblico, proprio dei "poveri di Jahvé" e che porta con sé come un certificato stampato sul foglio di un cuore semplice, e penso, forse più autentico di altri che sono solo carta e inchiostro.
Tutto questo per dire che la missione è di tutti. Che tutte le comunità e le persone dovrebbero costruire una proposta pastorale che rispetti la cultura di questo popolo. Questo sforzo passa attraverso l'impegno serio che tutti i figli della Chiesa devono sentire, cioè di continuare ad evangelizzare la cultura, di incarnare la fede, perché la fede che non si converte in cultura è una fede che non è pluralmente recepita, concepita e vissuta in una fedeltà totale.
La Pastorale dei Nomadi deve rivolgersi alle persone, nel proprio contesto storico e culturale, nel pieno rispetto, relativo al nomade, che ha i suoi valori umani e le sue aspirazioni spirituali, le sue esigenze e la sua realtà storica, con le sue connotazioni ambientali e le sue multiple ricchezze tradizionali.
Essa deve diventare consapevole e vigile che vivono in Brasile emarginati nomadi, senza punti di riferimento ecclesiali, e che il primo passo sarà quello di porre fine a questa emarginazione., cominciando a rispettare la cultura, le tradizioni e i costumi di questo popolo.
1.1. Gioie e dolori
La Pastorale dei Nomadi cammina. Portando una bandiera su cui è scritto "Sì, la Chiesa vi ama", taglia il Brasile da nord a sud, da est a ovest, tracciando una grande croce di amore, di impegno, di missione, di testimonianza e di presenza della Chiesa per quanto riguarda zingari, circensi ed operatori dei parchi gioco.
Per una così grande estensione di terreno, per un numero così elevato e non del tutto conosciuto di nomadi, per un lavoro così stressante, sono pochi i sacerdoti e gli operatori pastorali. Eppure, molto è stato fatto.
Molte sono le visite che noi, operatori della pastorale dei nomadi abbiamo, in questi dieci anni di amicizia, fatto a diversi gruppi Rom, circhi e parchi di divertimento; il tempo di permanenza varia da gruppo a gruppo, secondo le condizioni e gli impegni di ciascuna membro. Va detto qui che io personalmente, insieme ad altri amici, sono stato due anni a tempo pieno con gli zingari. Sono stato in molti accampamenti con loro, celebrando i sacramenti del Battesimo, Matrimonio, Cresima e Unzione degli infermi. Molti viaggi per convegni, celebrazioni, ricerche e chiarimenti su persone nomadi in molte città, per numerose persone in varie diocesi del Paese. Ci sono state interviste, sia su giornali che in televisione. Tutto è fatto per grazia del Padre, perché la protezione è venuta da lui.
Ma, unitamente a queste gioie, si è anche avuta la mancanza di supporto e d'interesse, l'omissione di molti di fronte alle esigenze della pastorale dei nomadi. Quante volte mancava agli operatori pastorali e agli zingari qualcosa da mangiare, dove poter mangiare, il passaggio in un autobus, un benvenuto, un secchio d'acqua per lavare i vestiti o il corpo, un rimedio per l'influenza o per altre malattie! Siamo tutti esseri umani.Siamo grati a tutte le persone e agli amici che ci hanno accolto e compreso le difficoltà della vita itinerante.
Tuttavia, l'anno in cui la Chiesa del Brasile ha predicato e ha cantato in un campagna di fraternità: "Dove alloggi? È il grido..." mancava un luogo e un punto di incontro di riferimento, una tenda dove lasciare gli zaini, baracche e tende, lavarsi i piedi, dormire e, soprattutto, qualcuno con cui parlare. C'era anche la solitudine e la sensazione di impotenza.
La stella guida i nostri missionari. Che Gesù Nomade, che è nato emarginato nella periferia di Betlemme, prepari e insegni a tutto il popolo di Dio, la vera accoglienza, il vero amore, a tutte le persone, di tutte le razze, etnie e culture; partecipando alla Campagna Missionaria del 1993: "il mondo è la nostra casa" e vivendo (Is 54,23), per soddisfare tutti. Così, tutti vivranno, in realtà, ciò che Paolo VI ha detto agli zingari, nel pellegrinaggio nell'Anno Santo 1975: "Vi vogliamo bene!"
1.2. Zingari: ancora esclusi?
La Campagna di Fraternità del 1995 ha portato alla nostra riflessione, al nostro studio, la seria e triste domanda degli esclusi: i senzatetto, gli anziani, i detenuti, le prostitute, i pazienti, i malati di AIDS, disabili, alcolisti, tossicodipendenti, disoccupati. Tutti meritano la nostra attenzione e affetto, solidarietà, cambiando il nostro atteggiamento e il trattamento nei loro confronti, la nostra partecipazione, aiuto, sostegno e azione. Tutti portano una ferita nel corpo o l'anima, l'incapacità di essere come gli altri nel loro diritto alla felicità, una ferita che può solo crescere, crescere e uccidere la loro dignità di persone e figli di Dio..
Per tutto questo la Chiesa chiama la comunità religiosa, la società e il governo ad aprire gli occhi e a ridurre al minimo il dolore, risolvere i problemi, in modo che siano tutti sani e felici, liberi e privi di ingiustizie.
Studiando e riflettendo la proposta di CF-1995, ho letto nel manuale che alcuni gruppi sono stati scelti, e trovo che gli zingari non sono stati né scelti né citati. Quando sarà il loro turno? Forse si vuole incontrarli nei: "volti umiliati di chi ha trascurato la loro cultura" o "molti sono esclusi perché infettano la città e perché ispirano paura? " Questi pregiudizi colpiscono alcune professioni, gruppi etnici .. e, nella voce che elenca una serie di pastorali sociali della Chiesa in Brasile, non vi è posto per la Pastorale dei nomadi.
Gli zingari sono persone. Hanno storia, cultura, occupano un posto nel mondo e nel cuore di Dio. Hanno fede, lavorano a modo loro, secondo la loro tradizione e la loro cultura, hanno insegnamenti accurati di vita e di valori per la nostra società. Le famiglie sono ben costituite e vi è il rispetto e una forte unione,
Tra di loro gli anziani meritano la nostra attenzione. Ci sono bambini che meritano amore e che il nostro sistema scolastico ignora. Ci sono donne, lavoratrici instancabili. Ci sono giovani che non si drogano e non si prostituiscono, capi che si preoccupano per la loro famiglia, per la loro storia. Sono gentili, accoglienti, se li avviciniamo con buona intenzione e buona educazione.
Semplicemente hanno un modo di essere e di vivere diverso "Eri tu, Signore?" Tuttavia, essi sono discriminati, respinti, esclusi.
Gli zingari non sono in tutte le città, ma stanno in tutte le regioni del Brasile e nel mondo. Assomigliano ai migranti, ma non lo sono: sono nomadi, sono zingari.
Che vergogna! Si informa il mondo che il Brasile ha più persone, e queste persone sono più ricche. Ma nel 5 ° Congresso Missionario Latino-americano (COMLA 5), si è persa l'occasione per dire che la Chiesa ama anche gli zingari.
2. Vita itinerante
Quando penso alla vita cristiana come nomadismo e cerco una definizione, la trovo nel libro "Racconti di un pellegrino russo". Il libro si apre con un auto-presentazione dell'autore anonimo:. "Per la grazia di Dio sono uomo e cristiano, per le azioni, grandi peccati; per vocazione, pellegrino di una buona razza, che vaga di luogo in luogo. I miei beni terreni sono una bisaccia sulle spalle con un pezzo di pane secco, e nella tasca interna, la Sacra Bibbia. Nient'altro."
Il nomade non può possedere proprietà che richiedono una struttura fissa. Solo tutto ciò che è indispensabile per vivere, e dovrebbe essere facilmente trasportato da un luogo ad un altro. Il nomade monta la sua tenda, al calar della notte, in un posto in cui c'è poco vento e, al mattino, la smonta e continua il suo cammino attraverso le strade del mondo, essendo un segno visibile, che pone domande e che stimola, del Regno di Dio, che lentamente, si pianta nel terreno.
La vita nomade è profetica. È il nomadismo che rende il cristiano un profeta impegnato nel Regno di Dio e non impegnato nel regno degli uomini. Chi è d'accordo con il potente è colui che ha un patrimonio da difendere, da aumentare o conservare.
Il profeta, più di ogni altra cosa, è consapevole di non poter restare a lungo da qualche parte. Questo svuota la forza del suo messaggio di annuncio e di coraggiosa denuncia contro ogni forma di ingiustizia e il male.
Il profeta è colui che, da luogo a luogo, vivendo in povertà, ricorda il piano di Dio, anima, incoraggia, rimprovera, denuncia, è libero di tutti e di tutto, va per la sua strada.
Il Cristo nel Vangelo, ha dimostrato in più punti la sua preoccupazione in relazione alla proprietà dei beni, come pregiudizio nell'annuncio della buona notizia. E ha dato questo consiglio: " Non andate in una via di gentili, né entrate in una città di samaritani. Rivolgetevi piuttosto alle pecore disperse della casa d'Israele… Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date… Non vi procurate oro o argento o pecunia per le vostre tasche, non una borsa per il viaggio né due tuniche né calzature e neppure un bastone….Siate prudenti come i serpenti e senza malizia come le colombe… "(Mt10 ,5-16).
La mancanza di nomadismo profetico ci impedisce di aiutare a costruire il Regno di Dio. Siamo ben installati e, a volte, nei punti più strategici nelle grandi città.
Mai una volta Antonio sarebbe fuggito nel deserto e si sarebbe fermato su una colonna, Francesco d'Assisi non sarebbe entrato nei conventi e avrebbe preferito stare con i poveri continuando il suo cammino; Vincenzo de' Paoli avrebbe dormito in baraccopoli o sotto i ponti abbracciando malati e indigenti; Gonçalo avrebbe vissuto tra le prostitute; Alfonso de' Liguori sarebbe arrivato alla sua diocesi a piedi in compagnia del popolo; Ignazio di Loyola avrebbe camminato da solo e a piedi, Giovanni Maria Vianey non avrebbe accettato le opulente mense di alcune canoniche; Massimiliano Maria Kolbe avrebbe dato la sua vita per salvare quella di molte famiglie e Paolo VI avrebbe ripetuto agli zingari: "La Chiesa vi ama... Al Papa piacerebbe camminare con voi" ...
È necessario stare in cammino con Gesù per portare gioia e festa. Che il Signore conceda il dono dell'angoscia profetica a tutti, per liberarsi ed iniziare a camminare.
2.1. Una storia d'amore
"Il primo incontro è stato di tipo paternalista, come di chi ha da offrire a chi non ha. C'è voluto del tempo per capire il contrario. Essi, che non sanno leggere e scrivere, come me, che non hanno una casa come me, che non hanno una religione (così pensavo) come me, che non hanno avuto le risorse che pur non essendo ricco, avevo, infatti, avevano molte cose da offrirmi, e oggi sono diventato un ladro e ho rubato le ricchezze che hanno: una fede genuina, che raggiunge direttamente il cuore di Dio, le ricchezze possedute 'come se non fossero possedute', il cuore e un'anima che è difficile da incontrare". (R. Rosso - Magazine-Rom Calao n 38).
Di tenda in tenda, tra zingari, circensi ed operatori dei parchi gioco, cerchiamo di dare un esempio di amore e rispetto per la cultura e la religione di una parte poco conosciuta della popolazione nazionale. Andiamo liberamente, con piacere e spirito evangelico, con la fede nella Provvidenza e sempre con spirito di condivisione, di solidarietà, di fede, di rispetto, di generosità e di accettazione; nei vari accampamenti del Brasile.
Non lo facciamo per guadagnare o costringere o richiedere di cambiare la propria cultura. Noi siamo i loro amici, come fratelli, e questa è la "buona notizia". Noi facciamo la nostra parte, confidando in Dio, che si prende cura della parte più importante.
Il calvario degli zingari dura già secoli. Ma gli zingari continuano il loro cammino, facendo della terra la loro patria, del cielo il loro tetto e della libertà la loro religione.
Il Tabernacolo (tenda) non è paragonabile a qualsiasi palazzo al mondo. La tenda è sacra, è gratuita.
2.2. Obiettivi della Pastorale dei nomadi
" Mi sono fatto Giudeo con i giudei, per guadagnare i Giudei;con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventare partecipe con loro." (1 Cor 9, 20-22).
La Chiesa, come madre di tutte le persone, di tutte le razze, di tutte le nazioni, come sacramento visibile di Gesù Cristo, vuole essere presente con questo popolo. Quindi, il lavoro è per lo più fatto per una testimonianza di presenza, di amicizia. Il ministero è fatto attraverso questa presenza. In primo luogo, essere chiesa in mezzo ai nomadi, sia coltivando spiritualità, pregando per loro e con loro. Festeggiare anche i momenti importanti della vita, di elevato valore per i nomadi. Ad esempio, il battesimo, il matrimonio, la morte. Per gli zingari che desiderano leggere, scrivere, insegnare l'alfabetizzazione, perché in Brasile un gran numero è semianalfabeta. E poi usufruire anche di scambi tra nomadi e sedentari attraverso conferenze, feste, parlare con la gente sulla cultura, i costumi e la religione, per eliminare le barriere della diffidenza, dei pregiudizi, della emarginazione. Valorizzare la cultura e dimostrare il volto di Dio presente nei nomadi.
3. Urgenze e priorità per superare l'esclusione
Cittadinanza e spirito evangelico passano per il rispetto delle specificità di etnia, razza, sesso, ecc, senza che ciò comporti una chiusura di esclusione all'interno di questa differenza.
Sono i codici etici e di solidarietà esistenti tra questi innumerevoli gruppi di esclusi, che forniscono le condizioni per sopravvivere. Queste piccole azioni localizzate che combattono il razzismo, i pregiudizi e la mancanza di rispetto sono indispensabili.
È necessario che la cultura zingara sia riconosciuta, nella sua condizione di parità dei diritti e lottiamo per la trasformazione della realtà.
Valori fondamentali come la libertà, la responsabilità e il rispetto per la dignità umana devono essere sperimentati e promossi a partire dalla propria famiglia. Devono essere presenti anche in altri casi, come nel processo educativo, nelle istituzioni religiose e movimenti sociali. Valorizzare e garantire i diritti umani fondamentali, il rispetto per la particolarità propria dei vari gruppi, con diritto alla loro differenza. Valorizzare le persone ed i gruppi etnici nel loro modo di essere, di sentire, di credere, di pensare, di celebrare e di convivere.
Conoscenza reciproca e il rispetto della differenza è il presupposto per la creazione di relazioni solide, eque, solidali e fraterne in una società plurale e complessa.
3.1. Il Vangelo nelle culture
La vita oggi sta per essere disprezzata, o addirittura eliminata. Il Dio della vita richiede il rispetto e la promozione della vita in tutte le sue forme. La speranza cristiana in Cristo è anche impegnata a modificare le situazioni di peccato nel mondo, nella società (comunità) e nelle culture.
Il desiderio di una società più giusta, l'emergere di culture oppresse, la valorizzazione dei diritti fondamentali della persona umana, la solidarietà tra i popoli, la protesta contro le varie forme di ingiustizie, è un dovere per tutti.
La Chiesa è consapevole che la sua missione esige il rispetto per le diverse culture. La cultura dovrebbe essere considerata come il bene comune di ogni nazione o gruppo etnico, l'espressione della dignità, della libertà e della creatività, la testimonianza del suo cammino storico.
Evangelizzare le culture e non deformarle o distruggerle, ma fornire loro piena fioritura, alla luce del Vangelo. L'evangelizzazione richiede l'inculturazione della fede e il rispetto dei propri valori di ogni gruppo umano. Deve essere un fermento di fede e di vita, come una testimonianza del Vangelo e un impegno per la missione universale.
Il criterio fondamentale per l'azione evangelizzatrice è l'inculturazione. Le esigenze dell'azione evangelizzatrice inculturate in senso pieno sono: servizio, dialogo, annuncio, testimonianza, e comunione. Il centro di questa evangelizzazione è Gesù Cristo e il Regno. È cercare di collegare fede e vita.
Questo processo di penetrazione del Vangelo nella vita quotidiana di un popolo, in modo che possa esprimere la sua esperienza di fede nella propria cultura, è l'inculturazione
- Servizio - come testimonianza dell'amore gratuito di Dio per ogni persona umana.
- Dialogo - come riconoscimento del valore reale dell'altro come persona umana.
- Annuncio - di Gesù Cristo e del suo Vangelo "La buona novella che Dio ci ama e ci salva"
- Testimonianza - cristiana e di Gesù Cristo. La sua prassi liberatrice.
La sofferenza di un popolo non può lasciare nessuno impassibile e non si può essere indifferenti al dolore di questi poveri e degli esclusi. Occorre vivere una spiritualità e una pastorale incarnata ed efficace, alla luce di Gesù Cristo, il Buon Pastore (Gv 10).
È necessario riflettere su tre realtà importanti, anche se non uniche, che caratterizzano il mondo di oggi: un mondo religiosamente pluralistico, un mondo culturalmente vario e un mondo sofferente. Noi siamo chiamati ad avere il carisma del Maestro spirituale e del Buon Pastore. Nessuno può rimanere impassibile, come non si può rimanere indifferenti al dolore dei fratelli. Alla fine, ciò che è in gioco è il proprio piano ideale di Dio e quindi l'ideale che tutti formeranno una sola famiglia. La grazia di pregare il Padre Nostro nella nostra coscienza. Non possiamo restare in silenzio per tanti nostri fratelli che sono crocifissi, anche oggi.
È necessario inculturarsi e essere fermento di trasformazione. Gesù si è incarnato e ha dato il suo cuore ai poveri con la sua vita, lasciando una testimonianza, una testimonianza secondo la quale è molto urgente andare incontro alle persone più escluse. Senza di essa, la fede muore e la carità è inoperante.
3.2. Il volto zingaro di Dio
Dobbiamo vedere Cristo presente qui ed ora, invece di venerare solo il Cristo di 2000 anni fa. Seguendo le orme della sua passione, seguiremo anche le orme del migrante e del nomade. Gli stessi che stanno davanti l'immagine di Cristo Crocifisso, immobili e non preoccupati, saranno i primi a voltare le spalle agli umili, ai bisognosi.
Cristi viventi ed oppressi per il colore della pelle, per la razza, per i loro modi di essere e di pensare.
Migliaia di Cristi viventi, accampati nelle nostre città, nei paesi. Si deve avere la sensibilità sociale e religiosa, al fine di vedere il volto di Dio, che passa in mezzo a noi.
Il volto di Cristo è ritratto e si manifesta nelle diverse realtà che il mondo soffre, nutre e spera. Nel volto dei nostri fratelli zingari.
Il volto zingaro di Dio ti aspetta. Dal momento che, essendo creato ad immagine e somiglianza di Dio, siamo tutti fratelli,
4. Esperienza pastorale
Con gli zingari si percepisce in modo molto forte il senso della natura della Bibbia. L'ombra dal calore, il Dio che cammina sulle nuvole, l'ombra che protegge il popolo e il fuoco di fronte allo stesso popolo, una pioggia desiderata che vivifica il deserto, il forte vento che distrugge, e il vento leggero in cui il profeta incontra Dio, il buon albero che da ombra, simbolo di un uomo buono, e il roveto che non da alcuna ombra, ed è pieno di spine, gli alberi vicino al fiume, una pianta di ricino sul capo di Giona, e tutta la "teologia della tenda", a partire da Gesù, che "ha posto la sua tenda in mezzo a noi", fino a quando la tenda, come quella dei pastori, è lacerata e distrutta alla fine della nostra vita, perché ci venga data un'altra tenda nell'accampamento eterno.
Tuttavia, se la tentazione ci fa pensare che siamo già buoni camminatori, è bene sapere che ci sono persone che viaggiano da un tempo più lungo e quindi sono più esperte.
Non fermiamoci nel nostro guscio, guardando il nostro piccolo mondo antico, questionando tutto o volendo far tutto, ma pensiamo che questo tempo non si ripete e che questa occasione di vita è l'unica che abbiamo e va così in fretta! Viviamola intensamente. Rinunciamo a molte cose, come il comfort, la privacy. Ma conquistiamo la fiducia e l'amicizia di un popolo, un popolo che è il popolo nomade di Dio. Sognare con loro. E come è bello sognare, Insieme con i sogni, le loro speranze. Vivere la libertà e le cose di tutti i giorni, con grande intensità, e Dio provvederà al domani. '
Essere un amico della verità e onorare la parola data sono alcuni dei valori che ho imparato da questo popolo nei miei otto anni di esperienze pastorali.
L'inculturazione, quella ampia e completa, non esiste, e la chiesa sbaglia quando pensa qualcosa di simile. Più dormo sul pavimento, dimoro nelle tende, mi vesto in un modo o in un altro, più uso bracciali, collane, anelli:; più soffro freddo, apprezzo il fuoco, parlo delle stelle, più amo la luna, parlo di dischi volanti e vibro con la libertà; più amo la natura, un Dio e un sogno da venire, più sono attaccato al bello,al rame, alla vita; sarò sempre e comunque un gaucho, figlio di immigrati italiani, mai uno zingaro.
Ma io voglio stare con loro per sempre. Sento che compio la mia missione. Vivendo e offrendo la mia vita a Dio con loro. Sono tutt'uno con gli zingari. Che Dio mi benedica sempre più in loro nome. Così testimonio un po', con la vita, l'impegno di fede, a colui che è il Padre di tutti noi.
Di tenda in tenda, tra gli accampamenti di zingari, circhi e parchi gioco, cerco di dare un esempio di amore e di rispettare la cultura e la religione di una piccola porzione della popolazione del Brasile.
5. Indicazione pastorale
Non abbiate paura degli zingari. Provate a rivolgervi a loro e a fare una visita all'accampamento. Ci sarà una naturale diffidenza solo all'inizio, ma dopo tre o quattro visite, si romperà e si creerà una vera amicizia.
Tali visite possono verificarsi solo durante il giorno, non devono essere lunghe e, preferibilmente, solo una o due persone. Non essendo ancora veramente amico, non portare mai gruppi di persone in un campo. Accattivando i bambini e gli anziani, tutto il gruppo si avvicinerà, affascinato e dimostrando un affetto puro e sincero. Se vi è possibilità, prega con loro e non dimenticare mai di pregare per loro. E sono sicuro che, in molti altri campi del mondo, molti stanno pregando per noi.
Gesù Cristo continua armare la sua tenda (cfr. Orig.. Greco del Vangelo di Giovanni 1:14). Spesso lo marginalizziamo e Lui va verso la periferia delle periferie: "Non c'era posto per loro ..." (Lc 2,7).
Va fin là. Fa come i pastori nomadi in cerca del Salvatore, anche lui nomade: "Andarono con grande fretta e lo trovarono..." (Lc 2,16).
Sicuramente ci sarà un grande rinnovamento della nostra vocazione e il risveglio di molti altri: "Tutti quelli che udirono i pastori, si stupirono." (Lc 2,18).
Non avere grandi pretese. Cerca solo di raggiungere il loro cuore con le "notizie" che vengono dal cammino, dalle tende e dagli accampamenti, da città e villaggi. Porta esperienze, allegria e informazioni,
Chi è "Nomade" sia ben accolto e per te sarà una gioia. Lo spazio è aperto anche per te, amico! Ti auguro molta "baque" (buona fortuna) in questo cammino.
Conclusione
La sfida di tutti i cristiani è l'inculturazione, in cerca di una relazione tra fede e cultura. Inculturazione, dunque, e allo stesso tempo, un modo di discernimento pedagogico della cultura. Ciò presuppone una buona conoscenza della cultura con cui si interagisce. È necessario conoscere bene ogni cultura o sottocultura, iniziando sempre quello che si sa. Evangelizzazione inculturata è mediazione dialogica sia nelle culture antiche come in relazione alla cultura moderna e postmoderna. È dal suo interno e dal fondo più autentico della sua identità che procede il discernimento evangelizzatore. Questo aiuterà a scoprire le ricchezze umane e infine il volto di Dio.
La conoscenza dell'altro, e il rispetto per la differenza è la base per la creazione di relazioni solide, eque, solidali e fraterne in una società pluralistica e complessa.
Questo lavoro segue un percorso positivo, in riconoscimento del popolo zingaro, come minoranza con speciali diritti e doveri, con la propria cultura per contribuire al suo ruolo nella società moderna. Una presa di coscienza, che non condanna più gli zingari ad essere solo oggetto di repressione e controllo, ma dà loro il diritto alla piena cittadinanza, in modo che il popolo zingaro possa essere protagonista della costruzione del futuro, in coesistenza fraterna con tutti i gruppi sociali.
E mostrare agli zingari che devono essere orgogliosi della propria identità storica e socialmente ben integrati, il cui impegno può e deve servire per la promozione umana, sociale e spirituale di tutto il popolo di Dio.
Un segno straordinario di incoraggiamento per tutti è la splendida figura del Servo di Dio Zeffirino Jimenez Malia, la cui testimonianza di fede fino al martirio eroico è offerta come esempio di vita cristiana nella cultura autentica del popolo zingaro.
La libertà ritrovata per questa antica cultura, nella sua testimonianza di vitalità rispetto alla sofferenza e all'oppressione, serve da esempio a tutta la società, grazie ai suoi valori di solidarietà familiare, di costante celebrazione della vita e del suo amore costante e rinnovato. L'ospitalità da parte della società e delle comunità cristiane diventa espressione di civiltà e di solidarietà nella costruzione di una società più giusta e umana.
Che la tragedia della seconda guerra mondiale, la memoria dell'Olocausto di mezzo milione di vittime rom perpetrato dal razzismo nazista, diventi un esempio per abbattere le barriere di preconcetto, presenti oggi nella nostra società. L'opinione pubblica è, spesso, manipolata contro gli zingari, per mancanza di conoscenza reciproca tra zingari e non-zingari, fonte di paura e pregiudizi e, talvolta, anche di idee erronee. Che i valori della famiglia, di libertà e di condivisione, presenti negli zingari, ci aiutino a conoscere un po' di più questa cultura, così come il loro rapporto con il trascendente. Non hanno una propria religione, l'amore della terra e della natura, per esempio, li ha portati alla conoscenza di un Dio Creatore.
La Chiesa continua nella storia il cammino di Gesù, il Buon Pastore, che invita e accoglie tutte le persone e tutte le persone con uguale amore. L'inculturazione con il popolo zingaro deve iniziare con un atteggiamento di apertura e di rispetto da parte di tutte le comunità cristiane e dei gruppi sociali. Questa integrazione tra fede e vita deve essere fatto con loro e attraverso loro in un clima di vera fiducia.
Il Quarto Congresso della Pastorale internazionale dei Nomadi ci mostra alcune indicazioni e orientamenti che possono facilitare l'evangelizzazione inculturata e nel contempo la conservazione dell'identità etnica di questo popolo:
a) E 'necessario conoscere la mentalità degli zingari, le manifestazioni della loro religiosità popolare ed i valori fondamentali della loro cultura:
b) tradurre i testi sacri e liturgici nella lingua degli zingari;
c) favorire le manifestazioni di fede;
d) consapevolezza che il modello della comunità di fede tra gli zingari è la Chiesa apostolica di livello nazionale e su base comunitaria, che deve trovare piena accettazione nelle parrocchie, situate lungo il percorso del gruppo o nel luogo in cui gli zingari si sono sedentarizzati;
e) la creazione di una parrocchia di ogni diocesi, che serva da ponte tra zingari e non zingari e che si occupi di promuovere l'accoglienza, essendo un punto di riferimento;
f) l'annuncio della Buona Novella, come vero messaggio di gioia;
g) l'esigenza di un servizio centrale della Chiesa per raccogliere e distribuire, con il contributo dei propri zingari, incentivi missionari, riflessioni teologiche, esigenze pastorali di modelli di vita cristiana per loro, e di promuovere la comprensione e il dialogo con gli organi internazionali e nazionali e di altre confessioni cristiane e religiose, per la promozione umana e religiosa degli zingari;
h) operatori pastorali, capaci di servire e comprendere questo gruppo culturale;
i) l'accettazione dei bambini zingari nelle scuole, dove ci saranno anche insegnanti zingari;
j) la formazione di rappresentanti politici e di governo che si impegnino nelle comunità locali;
l) la preparazione specifica dei candidati al sacerdozio, con la comprensione della cultura e della religione degli zingari e per il loro servizio.
La promozione del popolo zingaro presuppone la difesa della loro dignità e dei loro diritti umani. Il nostro primo compito è avvicinarsi a un altro popolo, un'altra cultura, e dobbiamo toglierci i "sandali", perché il luogo a cui ci approssimiamo è sacro. Al contrario potremmo deludere il sogno dell'altro. Più gravemente ancora, potremmo dimenticare che Dio è già lì, prima del nostro arrivo. Gesù Cristo è il modello di inculturazione, di ogni cultura e azione umana.
Viviamo ogni giorno una nuova itineranza e in grado di trasformare le cose più semplici di oggi in indescrivibili visioni dei tempi senza fine nell'incantato Accampamento del Regno.
Nella grande festa del Regno di Dio, parteciperà solo chi si farà piccolo, solo, spogliato e libero.
Nel cammino con Gesù Nomade saremo portatori di gioia e di festa. Gesù vuole camminare con noi, vuole essere dalla nostra parte, venire nel nostro cuore con molta gioia. Ma per fare questo, è necessario per noi di aprire il nostro cuore e sperimenteremo il suo amore, l'amicizia che è presente in tutte le persone e le culture.
Tutti sappiamo per esperienza che è necessario camminare, conoscere bene la strada, non scoraggiarsi e continuare il cammino. Gesù è la via, la verità e la vita.
Gesù è il Figlio del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli è il Figlio del Dio di chi è in cammino. È il Sommo ed Eterno Sacerdote del popolo in cammino.
Dio continua a piantare la sua Tenda. Il Volto di Dio è presente nei nostri fratelli zingari. Andando e vedendo, cercate di far proprio il messaggio della profezia Nomade del Popolo di Dio.
"Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio,allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra, e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni, popolerà le città un tempo deserte., allunga le tue corde, consolida la posta in gioco ..." (Is 54,2-3).
GESU' ZINGARO DIA MOLTA BUONA FORTUNA A TUTTI!
CON DIO!