ASIANOMADS

La Mostra di Dio


La Mostra di Dio

di don Renato Rosso

settembre 2022

Apertura h 24. Orario continuato. Ingresso libero

I cieli raccontano la gloria di Dio

e l’opera delle sue dita

mostra un cielo stellato.

Salmo 19,2

Prefazio al Cantico delle creature


La Mostra presentata in queste poche pagine vuol essere un prefazio al Cantico delle creature di Francesco d’Assisi, che si rivolse a Dio con l’inno: «Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature...» in cui lo lodava per il sole, la luna, le stelle, il vento, il cielo, le nubi, l’acqua e il fuoco, la madre terra, i frutti, i fiori e l’erba.

Inoltre, la Mostra introduce alla preziosa lettera Laudato si’, che si vuole occupare della casa comune, cioè del mondo in cui viviamo. Il Vescovo di Roma vuol farsi tramite specialmente dei poveri e dei deboli, che subiscono sempre le pianificazioni dei potenti, senza avere mai voce nelle decisioni volte a costruire il futuro della nostra storia.

Tuttavia nel nostro mondo non ci sono solo problemi.

Ripeto con l’enciclica: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso, che contempliamo nella letizia e nella lode» (LS12).

Studiando l’Enciclica si può considerare l’intima relazione tra la condizione dei poveri e la fragilità del pianeta, analizzando le responsabilità delle politiche internazionali, la “cultura dello scarto” e tutte le proposte etiche che potranno ispirare stili di vita nuovi per proteggere la casa comune.

Ma la Mostra di Dio invita semplicemente ad entrare in punta di piedi in questa casa e a cercare prima di tutto di conoscerla nelle sue pietre e nel suo arredamento, per imparare a rispettarla e ad amarla come Francesco invitava ad amare e a difendere tutte le creature.

La mostra è stata allestita affinchè, quando dirigi i tuoi occhi verso un cielo stellato, non veda solo dei punti luminosi e quando cammini sui sassi ti renda conto che calpesti qualcosa di simile ad altrettante galassie.

A me anche questo piccolo testo ha fatto del bene, mi ha aiutato a spalancare bene gli occhi quando guardo il cielo con gratitudine e a camminare sempre più attentamente, mentre sono immerso nella bellezza solidificata in cui Dio mi ha posto.

Don Renato

Primo padiglione


Dio disse: «Sia la luce!».

E la luce fu.


Genesi, 3 1.

1. La velocità della luce


Una guida ci accompagnerà davanti ai cartelloni, ai grafici e alle foto, illustrando ogni particolare.

Poichè gran parte delle misure sarà riferita alla velocità della luce, cominciamo proprio a guardare il primo cartellone, che ci presenta la luce e la sua irraggiungibile corsa.

In primo luogo diciamo che la luce è un ente corporeo.

La particella luce, pur senza un peso, si sposta alla massima velocità possibile (fu Einstein a scoprire che quella velocità non può essere superata). Possiamo pensare la luce come un fascio di fotoni che scorrono su onde elettromagnetiche (parleremo in seguito delle onde). Per velocità della luce si intende la velocità della particella luce, o dei fotoni, che si spostano in un vuoto pressappoco totale, come quello intergalattico: pur non potendo essere superata, la velocità della luce può però essere ridotta quando attraversa il vuoto relativo dell’atmosfera, oppure un corpo trasparente come il vetro o il cristallo, o l’acqua.

Possiamo capire che la luce è un corpo dal fatto che il legno o la pietra, o qualunque altro corpo non trasparente, arresta il fascio di fotoni che non può passare oltre. Il corpo stesso su cui la luce si ferma riflette e riinvia, a sua volta, i fotoni che l’hanno colpito.

Se poi queste particelle di luce o fotoni ritornano indietro e colpiscono il mio occhio, rivelano i colori, la forma e la tridimensionalità dell’oggetto su cui la luce si è posata. Prendiamo ad esempio la luna: pur non essendo una fonte che origina la luce con il fuoco come il sole, in quel caso diventa una fonte luminosa secondaria. A sua volta, colpendo un oggetto come le pietre della terra, la luce della luna fa sì che queste a loro volta riinviino i fotoni e così via.

Occorre sapere che la velocità della luce nel vuoto quasi totale viaggia per l’esattezza a 299.792,458 km al secondo (km/s), anche se si arrotonda a 300mila. Noi che abbiamo la nozione del km e del minuto secondo possiamo addirittura mentalizzare questa velocità.

A questo punto, sul nostro cartellone possiamo vedere che la luce del sole impiega ben 8 minuti secondi per raggiungere il pianeta terra. Potremmo ipotizzare corpi celesti a distanza di un’ora luce o di un anno luce, ma di fatto corpi così vicini sono visibili solo con strumenti sofisticati, perchè generalmente sono molto piccoli.

Dopo il sole, infatti, la stella più vicina è la Proxima Centauri, che si trova a 4,24 anni luce, mentre la più conosciuta, la Stella Polare, si trova a 325 anni luce: quindi la luce della Stella Polare che vediamo questa notte è partita dalla sua fonte ben 325 anni or sono.

È bene ricordare che un anno luce corrisponde a 9.461 miliardi di km, ossia 63.241 volte la distanza fra la terra e il sole.

Nella costellazione del Telescopio incontriamo due stelle a 1000 anni luce e così avanziamo nello spazio a distanze da capogiro: la galassia Via Lattea nella quale viviamo e ci muoviamo ha un diametro di 160mila anni luce, con approssimativamente non meno di 200 miliardi di stelle. Alcuni di questi corpi celesti sono di proporzioni immense. La stella più grande della nostra galassia, la Betelgeuse, ha addirittura un diametro maggiore di quello dell’orbita della terra intorno al sole.

Possiamo subito spostarci alla galassia più distante, scoperta recentemente dal telescopio spaziale in orbita Hubble. Fino a pochi anni fa si pensava che le stelle più distanti fossero a 100mila anni luce, in quanto si riteneva che la nostra galassia Via Lattea fosse l’insieme di tutto l’universo stellare. Con questa scoperta ci si è invece spinti a 13,2 miliardi di anni luce di distanza, dove si trova appunto la galassia di Andromeda con un diametro di 220mila anni luce (10 miliardi di volte la distanza tra terra e sole).

Per essere precisi, non dobbiamo dire che tale galassia si trova ora ad oltre 13 miliardi di anni luce, ma che si trovava in quel luogo quando la luce è partita per arrivare fino a noi, mentre al presente può essersi distanziata in spazi intrasponibili. Nella spirale di questa galassia si spostano 1.000 miliardi di stelle (nella dicitura inglese one trilion). Tale galassia potrebbe essere stata originata 10 miliardi di anni fa dalla collisione dei due galassie ovviamente già esistenti da alcuni miliardi di anni. Questa è la più lontana galassia visibile ancora ad occhio nudo, mentre si parla di galassie rilevabili solo con sofisticati strumenti se risalgono a 12 miliardi di anni luce.

Se ci spostiamo con il pensiero in spazi intergalattici, dobbiamo precisare che le stelle, dopo 100 milioni di anni luce, non sono più visibili singolarmente, ma che si confondono con l’insieme di stelle, di gas e di polveri stellari che fanno parte di un’intera galassia.

Come ho detto sopra, la nostra, nella quale è inserito il sistema solare, contiene quasi 200 miliardi di stelle.

2. Le onde elettromagnetiche e le velocità spaziali


Ora che abbiamo la nozione di velocità della luce, possiamo contemplare lo spettacolo delle onde e delle velocità spaziali.

Nell’istante in cui mi risveglio, sono colpito da un numero indefinito di onde, che mi permettono di vedere una gran quantità di oggetti illuminati, di sentire dei suoni e di produrre a mia volta delle onde attorno a me. La luce del sole è arrivata su onde che illuminano tutto ciò che mi circonda. Io posso a mia volta accendere una lampada, producendo energia luminosa che viene trasportata lontano su onde luminose. Percuoto un tamburo per dare un segnale a qualcuno e genero energia in grado di produrre onde che partono in ogni direzione. Queste ultime sono onde meccaniche, che possono essere registrate dall’udito a ragionevole distanza: il cervello del ricevente le interpreta, le decodifica e intende il mio messaggio.

Posso far vibrare le corde di una chitarra o picchiare con il battacchio una campana e la vibrazione che ho provocato produce onde che si propagano nell’aria e che possono essere registrate a distanza. Facendo vibrare le mie corde vocali con suoni diversi, produco un’energia che spinge le onde sonore lontano da me: chi ascolta intende il mio grido inarticolato, le mie parole, oppure il mio canto.

Se poi in tanti facciamo vibrare insieme 100 corde di violino, possiamo inviare una quantità di onde sonore registrabili non solo da un udito, ma anche sulla superficie di un disco che, riproducendo le stesse onde, mi restituisce il medesimo suono. Mentre le onde su cui scorrono i fotoni della luce si propagano anche in uno spazio totalmente o quasi vuoto, le onde meccaniche si possono propagare solo attraverso la materia − poco importa se visibile o no − come lo spazio in cui viviamo.

Tutte le onde luminose o sonore o sismiche (ovvero causate da un terremoto) o elettromagnetiche (ad esempio quelle emanate da un organo del nostro corpo) sono diverse e si propagano a velocità diverse.

Se vediamo un lampo durante un temporale, sappiamo che dopo qualche secondo sopraggiungerà il suono del tuono che, in realtà, è stato prodotto contemporaneamente. L’onda meccanica del suono del tuono si sposta a una velocità di 344 metri al secondo, immensamente inferiore alla velocità della luce del lampo. Se il tuono arriva 3 secondi dopo il lampo, significa che il temporale è a poco più di un km di distanza.

Nella mostra, sul cartellone delle onde c’è pure uno spillo con la sua capocchia, che può fare da antenna e ricevere l’incalcolabile numero di onde radio, quindi tutti i messaggi telefonici, televisivi e quanto mai viene trasmesso nello stesso spazio in cui noi viviamo dovendo poi solo essere decodificati da questo o da quell’apparecchio.

Dopo la parentesi tra l’intricato mare di onde, torniamo al nostro sistema solare.

3. La rotazione dei corpi celesti


Il primo fenomeno che vediamo al mattino è il sole che sale all’orizzonte e l’ultimo della sera lo stesso sole che tramonta. Se ci affidassimo soltanto a ciò che vediamo, non avremmo ancora gli elementi per affermare se è il sole che sta girando attorno alla terra o se è la terra a girare su se stessa. E gli studiosi ci hanno già chiarito che di fatto è la terra che gira su se stessa, con una rotazione così veloce da essere persino visibile ad occhio nudo se la osserviamo attentamente nel momento del sorgere o del tramontare del sole.

A quale velocità gira la terra su se stessa? A 1.670 km l’ora (quasi 464 metri al secondo). Per avere un riferimento che ci aiuti a capire che cosa significa tale velocità, pensiamo che il proiettile di una rivoltella Beretta 98FS si sposta alla velocità di 370 metri al secondo, il che significa che la terra ruota a una velocità ben superiore e impiega 24 ore a compiere un giro completo su se stessa.

Dopo aver osservato la terra e il sole, nel nostro cielo, a volte di giorno e altre volte di notte, troviamo la luna, parzialmente o totalmente illuminata. Essa è il corpo più vicino alla terra ed anche il suo unico satellite, mentre ad esempio Giove di lune ne ha ben 79.

Attraverso il cartellone sulle velocità degli oggetti spaziali, dopo aver visto la velocità della terra mentre ruota attorno a se stessa, osserviamo la luna che ruota attorno alla terra alla velocità di 1.022 metri al secondo. il che significa che la luna ruota attorno alla terra a una velocità quasi tre volte superiore al proiettile della Berretta.

Prima di lasciare questo “piccolo” satellite, vediamo ancora sul cartellone una nota che spiega la temperatura della luna stessa. Il satellite è privo di atmosfera, quindi i raggi solari picchiano sulla crosta lunare senza alcun condizionamento atmosferico. Per tale ragione, di giorno la temperatura raggiunge i 130 gradi di calore e di notte i 170 gradi sottozero, per cui per camminare sulla superficie lunare è possibile solo con particolari equipaggiamenti che permettano di convivere con queste temperature.

A questo punto non possiamo tralasciare di fermarci un momento di fronte al corpo celeste centrale del nostro sistema solare: il sole stesso. La sua luce e il suo calore illuminano e riscaldano tutti i pianeti e satelliti che ruotano attorno ad esso, disperdendo ancora un’infinità di energia nello spazio. La sua temperatura all’esterno è di 5.504 gradi di calore, ma ciò che può catturare l’attenzione di chiunque è la temperatura del nucleo del sole − dove avvengono reazioni di fusione nucleare simili a una gran quantità di bombe atomiche in un’esplosione permanente − che raggiunge la temperatura di 13 milioni e 600mila gradi di calore. Non c’è altro da aggiungere di fronte a tale spettacolo.

La guida ci fa poi notare che la terra gira attorno al sole a una velocità di 107mila km/h, impiegando 365 giorni a compiere l’intero percorso.

Il sole e tutto il sistema solare viaggiano attorno al centro della Via Lattea a 966mila km/h, cioè a 268 km al secondo, impiegando ben 230 milioni di anni. La Via Lattea, che in passato si riteneva l’insieme di tutte le stelle, si sposta anch’essa. Sembra − anche se i calcoli non sono ancora da considerare così esatti come gli altri citati sopra − che questa immensa galassia, con un diametro di circa 160mila anni luce, si muova a 600 km al secondo (600 km/s) in relazione alle galassie circostanti: quindi, insieme alla Via Lattea, la terra percorre 51.840 milioni di km al giorno (1.290 volte il giro del nostro pianeta).

Prima di lasciare questo cartellone, non tralasciamo di dare uno sguardo alle nebulose, alle comete e a quel gran numero di corpi celesti che sono concentrazioni di gas o di polveri spesso illuminate da qualche stella che si muove al loro interno: nubi molecolari, stelle in formazione, altre che stanno per spegnersi e asteroidi.

Da ultimo salutiamo lo spazio con le cosiddette stelle cadenti. A volte si possono constatare vere e proprie piogge di stelle cadenti, ovvero di meteoriti che impattano con l’atmosfera terrestre formando spettacolari scie luminose fino a 20 km, ben visibili specialmente nelle notti estive. Questi asteroidi, al momento dell’impatto, possono raggiungere fino a 59 km al secondo, quindi oltre 159 volte la velocità del proiettile della Beretta.

4. Il campo elettromagnetico


Dopo uno sguardo, pur molto superficiale, verso il cielo, la guida ci accompagna a un altro cartellone, mostrandoci ancora qualcosa di non visibile ad occhio nudo, ma ben sperimentabile, molto vicino a noi, dentro e fuori di noi stessi, dal nome campo elettromagnetico.

Ci viene segnalato in primo luogo il campo magnetico del pianeta Terra. Prima di sapere che cosa sia e come si comporti, prendiamo atto come una piccola bussola sia in grado di evidenziare che esiste un campo magnetico orientato dal nord al sud del mondo, il quale si manifesta come energia circolare che percorre l’esterno e l’interno del pianeta Terra.

Negli ultimi milioni di anni ha avuto diminuzioni e riprese molto significative. Sembra che per un breve tempo si sia persino azzerato, come è azzerato, oggi, il campo magnetico del pianeta Marte. Alcuni scienziati ritengono che in un migliaio di anni potrebbe anche sparire, con gravi conseguenze. Oggi, infatti, i venti solari e le piogge di energia che cadono in direzione del nostro pianeta vengono puntualmente deviate proprio dal campo magnetico terrestre e, per così dire, slittano via prima di arrivare a contatto con la nostra atmosfera. Se così non fosse, un eccesso di calore potrebbe impedire la nostra sopravvivenza.

Si potrebbero ancora citare i campi magnetici dell’universo: nella Via Lattea, a 6.500 anni luce dal nostro sistema solare, se ne è scoperto uno originato probabilmente da stelle di neutroni estinte. Per entrare in questi campi occorre tuttavia essere attrezzati di una serie di strumenti sofisticati.

Per tornare alla nostra Terra, negli ultimi 200 anni appena il polo geografico e quello del campo magnetico terrestre si sono spostati dal Canada in direzione della Siberia di oltre 1000 km. Si può quindi dedurre che una bussola del 1700 oggi non è piu aggiornata. Segnalo questi particolari per dire che parliamo di cose non visibili nel nostro quotidiano, ma reali e sperimentabili come lo sono le pietre della nostra casa.

Altri significativi campi elettromagnetici che normamente non avvertiamo, pur essendo reali e sperimentabili, sono quelli del nostro cuore, del cervello e di ogni organo del nostro corpo. Il più intenso, quello del cuore, ha al suo attivo circa 40mila cellule nervose − quasi un proprio cervello − per emanare un campo elettrico/magnetico di quasi 3 metri di diametro, che non solo raggiunge tutte le cellule del corpo, ma si estende anche ad alcune decine di cm fuori di esso e, con particolari strumenti, è persino misurabile a una relativa distanza dal corpo stesso. Gli impulsi elettromagnetici del cuore sono visibili sui tracciati di un comune elettrocardiogramma (ECG), che consente la registrazione grafica dell’attività elettrica del cuore in funzione.

Si aggiunga che ogni organo del nostro corpo e, in particolare, i due cervelli, emettono un proprio ECM che, a sua volta, viene sincronizzato dal complesso e intenso ECM del cuore. Anche l’ECM dei due cervelli viene registrato e risulta ben visibile sul tracciato di un commune elettroencefalogramma (EEG).

Si può quindi concludere che l’attività del cuore, modificata costantemente dall’affaticamento, dalle emozioni o dalle patologie, come si è detto interagisce con tutti i campi magnetici di ogni organo, anche minimo, del nostro corpo; con il campo magnetico di ogni essere vivente e, in modo tutto particolare, con il grande campo magnetico del pianeta Terra, sperimentabile e constatabile dalla bussola che ne indica la presenza e la direzione.

E non solo, ma tutti i campi magnetici di ogni essere vivente e tutte le onde di ogni oggetto esistente creano un universo così ricco e complesso che, se per alcuni istanti diventasse tutto visibile ad occhio nudo, forse non avremmo la forza di sostenere uno spettacolo di tali dimensioni.

Dopo aver dato uno sguardo alla velocità della luce, immergiamoci negli spazi interstellari, che la luce attraversa in tutte le direzioni senza essere visibile fin quando non si posa su un asteroide o su un qualunque oggetto dello spazio, eccetto che sia una fonte luminosa a sua volta. Se vogliamo esplorare questi spazi pieni di luce, dobbiamo sapere che in questo viaggio virtuale viaggeremmo in una notte senza fine, pur essendo immersi nelle onde luminose e finchè la nostra tuta astronautica, una volta illuminata, non diventi a sua volta fonte indiretta di luce.

5. L’atomo


Prima di uscire dal padiglione, vediamo ancora un cartellone, quasi un epilogo: vi è rappresentato un punto appena visibile con la scritta Atomo e, dall’altro lato, una sfera nera con scritto Buco Nero nello spazio. Sono forse i due oggetti più complessi e difficili da contemplare: con il linguaggio della loro esistenza dicono la gloria di Dio.

Il nome stesso di atomo ci introduce al significato di questa infinitesimamente piccola parte della materia. Già gli antichi scienziati sono stati curiosi di capire sempre meglio che cosa è in verità la materia che continuamente si manifesta ai nostri occhi.

Se immaginiamo di sezionare un granello di sabbia o di qualunque altro composto, ci rendiamo conto che, dopo averlo diviso e diviso fino all’impossibile, arriviamo a un punto in cui non riusciamo più a scindere quella parte di materia che è stata chiamata appunto indivisibile, cioè “Atomo”, anche se poi gli scienziati sono riusciti a provocare questa divisione, che peraltro sta alla base della bomba atomica.

Ci rendiamo subito conto che quell’estremamente piccolo è tutt’altro che estremamente insignificante. Non essendo questa una lezione di fisica, a noi basta sapere che l’atomo contiene un nucleo composto da protoni e neutroni che costituiscono anche la massa, ovvero il peso dell’atomo. Chi studia fisica sa che i protoni hanno una carica elettrica positiva, mentre potremmo dire che i neutroni, essendo senza carica elettrica, sono neutri, da cui il nome neutroni.

L’atomo è ancora composto da elettroni che orbitano attorno al nucleo, ma essi sono senza massa (un po’ come le onde elettromagnetiche). Gli elettroni ruotano proporzionatamente a distanze immense dal nucleo. E tra il nucleo e gli elettroni c’è uno spazio vuoto.

La parte maggiore dell’atomo è quindi costituita da un vuoto. Basti pensare che, se il nucleo fosse paragonato a un pallone da calcio al centro di un campo sportivo, gli elettroni ruoterebbero a una distanza di 2 km. Il nucleo, che contiene protoni e neutroni che costituiscono anche il suo peso, ovviamente non è visibile con i normali microscopi ottici, ma può essere solo rilevato da strumenti molto sofisticati.

Tutte le parti dell’atomo sono di dimensioni migliaia di volte più piccole di una lunghezza d’onda della luce. Sempre parlando di dimensioni, se mettessimo in fila 1 milione di atomi di carbonio raggiungeremmo appena la lunghezza del diametro di un capello umano.

In una goccia d’acqua sono invece contenuti ben 2x10 (21) (2 000 000 000 000 000 000 000, ovvero 2 sestilioni) di atomi di ossigeno e 4x10 (21) atomi di idrogeno (4 sestilioni).

C. Cantamessa ci aiuta a visualizzare la piccolezza di un atomo con un’immagine plastica illuminante: immaginando un atomo di ossigeno della grandezza di un grano di sabbia di fiume, 2 sestilioni di grani di sabbia (che rappresentano gli atomi di ossigeno contenuti in una goccia di acqua) occuperebbero un cubo di 11 km di lato, quindi molto più alto dell’Everest e in grado di raggiungere l’altezza dei voli di linea, appena visibili in cielo. Ma non è tutto.

In una goccia d’acqua, l’ossigeno costituisce solo un terzo di tutta la goccia: accanto a questo ipotetico cubo, dovremo quindi visualizzarne un altro di ben 22 km di lato per contenere i 4 sestilioni di grani di sabbia che raffigurano l’idrogeno contenuto in una goccia d’acqua. Unendo i due cubi che rappresentano idrogeno e ossigeno otterremo un cubo di 16 km di lato contenente i 6 sestilioni di grani di sabbia che rappresentano gli altrettanti atomi di idrogeno e ossigeno contenuti in una goccia di acqua.

Mi sono trovato a volte a pensare a quell’ipotetico laboratorio (immediatamente dopo qualche possibile Big Bang) in cui si è confezionato un atomo collocando i neutroni, i protoni e gli elettroni in orbita attorno a quel complesso sistema e, da ultimo, lo si è sigillato con una chiave tale da non potersi quasi più scindere. Questi atomi hanno poi attraversato miliardi di anni, rimanendo inalterati dall’inizio della materia fino a raggiungere la nostra storia. Che spettacolo!

A questo punto dobbiamo renderci conto che, quando camminiamo, possiamo paragonare i sassolini che calpestiamo ad intere galassie e a mondi in spazi intrasponibili.

6. I buchi neri e l’elettricità


Rimangono, in questo spazio di sorprese, i buchi neri nello spazio: per farne una prima descrizione molto sommaria, si può dire che sono un abisso-massa tanto grande e pesante da costituire un campo gravitazionale di tali proporzioni da impedire persino alla luce di uscire da quel vortice. Qualcuno ipotizza che al centro di molte galassie ci sia un buco nero verso il quale milioni di stelle si dirigono a spirale per essere poi inghiottite. Troppi punti interrogativi rimangono di fronte al fenomeno così complesso dei buchi neri, ma per noi è sufficiente fermarci un momento di fronte a una porzione di materia che è tanto grande quanto invisibile.

Mentre usciamo dal padiglione dei corpi celesti, spegnendo la luce ci ricordiamo ancora dello straordinario fenomeno dell’elettricità, quella semplice corrente elettrica che maneggiamo ogni giorno. Anche i grandi scienziati non hanno ancora dato una spiegazione sufficiente di che cosa sia in se stessa e perchè debba comportarsi in quel modo. L’uomo è riuscito a manipolarla, a misurarla, e addirittura a produrla, rimanendo però sempre al di qua del suo misterioso fascino e mistero.

Dopo uno sguardo rapido a questi corpi celesti, intravedendo velocità e dimensioni da capogiro, ci rendiamo conto come il tutto sia mosso da un’infinità di leggi che l’uomo, con tutti i suoi sforzi, ha semplicemente scoperto.

L’uomo non ha mai prodotto la pur minima particella di un atomo: perciò lo stesso Einstein afferma che è sufficiente l’intelligenza umana per capire che nessuna intelligenza del nostro livello, tantomeno il caso, può essere all’origine di un universo così complesso di leggi, di ordine e di bellezza.

Se il sole non fosse posto a quella distanza, se la luna non avesse quella dimensione, se non esistessero i campi magnetici in quel modo, se non fosse stato costituito il complesso sistema delle onde elettromagnetiche e se ogni atomo non fosse stato elaborato in quel complesso sistema, non sarebbe possibile la vita umana, nè quella di ogni essere animato, nè i frutti degli alberi, nè i fiori, nè i diamanti o le pietre, nè l’acqua, nè i primi elementi della materia, e il tutto non avrebbe alcun senso e sarebbe solo simile al nulla.

E invece, nella storia universale, capitò un fatto straordinario: noi esseri umani ci siamo trovati di fronte a una casa e, spinti dalla curiosità, abbiamo forzato la porta chiusa dall’interno e trovato una tavola imbandita di prelibatezze. Entrando, il profumo del cibo era intenso. I piatti con le portate fumavano ancora, quindi erano stati appena cucinati. La luce era ancora accesa. Il cestino delle immondizie era appena stato svuotato. Le finestre erano tutte sigillate dall’interno e ancor di più la porta di ingresso, che abbiamo dovuto scassinare. Nell’ampia stanza non c’era alcuna uscita segreta, ma là, in quell’ambiente, non trovammo nessuno. Eppure non era solo probabile, ma del tutto evidente: qualcuno doveva pur aver preparato quel banchetto. Ma come, se non trovammo nessuno?

Lodate il Signore perchè è buono.

La sua bontà è eterna.

Soltanto Lui compie prodigi così grandi,

solo perchè è buono.

Egli ha fatto i cieli con sapienza,

ha disteso la terra sulle acque,

ha formato le galassie nel cielo,

il sole per illuminare il giorno,

la luna e le stelle per la notte.

Lodate il Signore perchè è tanto buono.

Revisione del primo padiglione: Alessandro Goia, fisico nucleare


Secondo padiglione


Del Signore è la terra e quanto contiene,

l’universo e i suoi abitanti.


Salmo 24


1. Il pianeta terra


Dopo aver contemplato per un momento gli spazi intergalattici, ritorniamo sul pianeta Terra, dove ci siamo già resi conto che, se calpestiamo dei sassolini, in realtà camminiamo su incommensurabili galassie.

Guardiamo il pannello del pianeta Terra. Nove miliardi di anni dopo l’ipotesi del misterioso Big Bang, quindi dopo una lunga storia dell’universo che aveva già innescato i complessi processi di formazione delle prime galassie, è giunto il turno del nostro sistema solare: 4.500 milioni di anni fa il nostro pianeta entrava a far parte dell’affascinante storia dei corpi celesti.

Secondo un’ipotesi accreditata da molti, si ritiene che il pianeta si sia originato da una concentrazione di polveri e gas in rotazione a spirale. Dopo la formazione del sole, diversi raggruppamenti di materiali hanno dato origine a pianeti e infiniti asteroidi, che si urtavano tra loro e ingrandivano le masse delle concentrazioni maggiori, originando anche i grandi pianeti. La terra e la luna potrebbero essere state generate da una serie di queste collisioni. Da quando il pianeta Terra si è considerato formato, per un miliardo di anni ancora continuò a cadere sul suo suolo una gran quantità di asteroidi di varia grandezza con molteplici conseguenze.

La Terra era ormai pronta a iniziare una storia che si sarebbe rivelata poi la più fortunata di tutti i pianeti da noi conosciuti.

Intanto, dopo i primi milioni di anni, si iniziò il processo di raffreddamento del magma e sembra che una nuvola di silicio sia arrivata a coprire l’intero pianeta e, in seguito, a depositarsi sulla superficie terrestre come materiale molto leggero, da cui si sarebbero ben presto formate le rocce, dando origine alla crosta terrestre.

Dalla sfera omogenea dell’inizio, con il raffreddamento della crosta, le immense pianure rocciose dette placche, spinte ancora dalle pressioni del magma, scontrandosi avevano dato origine alle catene di montagne. Le esplosioni vulcaniche, liberando la lava, formavano nuovi crateri e riversavano immense nuvole di gas nel cielo, contribuendo a creare una prima forma di atmosfera.

Sembra inoltre che un gran numero di comete abbiano trasportato sul nostro pianeta un’immensa quantità di ghiaccio, che avrebbe contribuito a raffreddare la crosta e rendere sempre più consistente l’atmosfera. Il ghiaccio e il calore della terra provocarono poi una grande quantità di vapore acqueo e, di conseguenza, la crosta terrestre ospitò i primi mari di acqua.

L’ambiente sembrava pronto ad ospitare le prime forme di vita. Intanto sulla riva dei laghi emersero le prime alghe rosse e azzurre e infine quelle verdi che, con la loro fotosintesi, fornirono la principale fonte di energia della materia organica. Allo sviluppo del mondo vegetale conseguì l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera.

Mentre i silicati si erano fermati sulla crosta a costituire le rocce per una profondità da 5 a 8 km, i metalli più pesanti cominciarono a scendere verso il centro del pianeta − attraverso quello che verrà chiamato il mantello della terra − tra la crosta e il nucleo, con uno spessore di circa 2.900 km e una temperatura che arriva a 6.000 gradi di calore quando raggiunge il nucleo. Gli ultimi 3.500 km costituiscono il nucleo, con una parte più esterna di magma liquido e una parte centrale che, pur con la stessa temperatura, rimane solida, in quanto la forte pressione impedisce al metallo di fondere completamente.

Il primo miliardo di anni del nostro pianeta fu il più ricco di avvenimenti che hanno posto le basi a tutto ciò che la Terra è oggi. Si costituirono le semplici pietre da costruzione, le rocce, con i marmi dai diversi colori, si solidificarono le pietre dure e specialmente le durissime pietre trasparenti.

Nelle profondità del mantello terrestre, a 200 km sotto la crosta, a pressione e temperatura elevatissime, si stavano formando i diamanti, senza poter ancora ricevere un solo raggio di quella luce che avrebbe manifestato tutta la loro bellezza luminosa e trasparente. Solo molto tempo dopo sarebbero spuntati dai camini diamantiferi verso la 18 superficie, altrimenti mai nessuno avrebbe potuto raggiungerli a tali profondità.

Anche l’oro e altri metalli, che si sono formati nelle profondità del mantello terrestre a decine di km sotto la crosta, furono spinti solo in seguito verso la superficie, attraverso i terremoti che aprivano ampie fenditure nel mantello, dando la possibilità al magma di aprirsi spazi verso la superficie fino alla crosta, e di portare con sè di tutto, compresi i metalli preziosi. Oggi cave di diversi km di estensione offrono grandi quantità di metalli preziosi. Una di queste cave, che si trova in Indonesia a 4mila metri di altitudine, nel 2006 ha prodotto 58 tonnellate di oro, 174 tonnellate di argento e 610.800 tonnellate di rame.

Insieme a oro, argento, rame e ai vari metalli, durante i milioni di anni che seguirono si andò formando ogni tipo di preziosità: si pensi all’intenso blu degli zaffiri, al verde dello smeraldo, al rosso dei rubini e anche alle pietre meno preziose, ma non meno belle, come i geodi di ametista viola, con migliaia di cristalli e alle altre pietre preziose che formano quasi un arcobaleno solido di colori nelle profonde viscere della terra.

Il pianeta si andava impreziosendo, ma stava lasciando una piccola quantità dei suoi gioielli estraibili verso la superficie: oro e diamanti non sono tuttavia ciò che di più prezioso ci può offrire.

Prima di lasciare il padiglione, la guida ci fa notare un contenitore di gioielli in madreperla e pone un quesito: al British Museum di Londra c’è un diamante tra i più grandi al mondo, della dimensione di un pugno di adulto. Ebbene − continua la guida − in questa scatola per gioielli poco più grande di 5 cm cubici vi è un oggetto molto più prezioso di quel diamante. Chi lo indovina riceve un premio.

A dire il vero, considerando il contesto in cui viene posta la domanda, non è così difficile rispondere, ma se lo stesso quesito venisse formulato in una classe di adolescenti, in un qualunque giorno di scuola, la risposta giusta potrebbe tardare a lungo.

Qui è facile capire che la preziosità contenuta nel piccolo scrigno è un grumo di terra. Se un mago, con i suoi poteri, riuscisse a cambiare tutta la Terra in un immenso diamante, non avrebbe arricchito il pianeta, ma lo avrebbe ucciso.

Tutti i fiori, i frutti e gli animali del mondo e lo stesso nostro corpo sono composti di terra e solo di terra: da tre manciate di terra posso trarre migliaia di specie di fiori. Il seme di ogni specie è semplicemente un selezionatore, che assorbe la parte di terra di cui ha bisogno. Le margherite, le viole e i papaveri che vedi lungo la strada un anno fa erano terra e solo terra, ma anche tutti i frutti più squisiti sono composti di terra. Ancora, le piume colorate degli uccelli, il veleno dei serpenti, i denti e gli artigli dei felini, le nostre mani, gli occhi brillanti dei bambini e le labbra delle mamme che sorridono sono composti di terra e solo di terra. Ecco la preziosità che calpestiamo ogni giorno. Da una porzione di essa posso trarre ogni specie di pianta, di fiori e frutti, semplicemente seppellendo in essa questo o quel seme.

Revisione del secondo padiglione: Andrea Mattiassich, geologo

Terzo padiglione



Laudato sie, mi’ Signore,

per sora nostra madre terra,

la quale ne sustenta et governa,

et produce diversi fructi

con coloriti fiori et herba.


Francesco d’Assisi

1. La nascita della vita


La guida ci accompagna al terzo padiglione, dove un buon numero di cartelloni mostra nomi, numeri, grafici, dati, quantità, misure e un ampio scenario di foto, per farci entrare in un avvenimento tanto sorprendente quanto unico.

Quattro miliardi di anni fa inizia il fenomeno più straordinario della storia del nostro pianeta e probabilmente dell’intero universo: appare la vita. Da quel momento i microrganismi (alghe verdi, stromatoliti, etc.) hanno cominciato a colonizzare la terra contribuendo all’evoluzione biologica, fino alla comparsa dell’uomo.

Dal tempo dalla sua formazione, la terra aveva dovuto ancora attendere un miliardo di anni prima di generare degli esseri viventi. L’ambiente che avrebbe ospitato i primi microrganismi era del tutto inospitale, eppure, forse sulla riva di un qualche lago − dove spuntarono le prime alghe rosse, blu e verdi − o sulla roccia bruciata, sotto un’atmosfera non ancora in grado di filtrare i raggi solari; oppure, qualche milione di anni prima, nella profondità della roccia ad altissima temperatura e pressione, qualche sconosciuto processo chimico è stato il precursore di quel frammento di terra che è diventato un essere vivente. Questo avvenimento è molto più difficile da spiegare per chi non accetta che la Provvidenza divina sia all’inizio e lungo il cammino della nostra storia.

Ora, se si formarono in superficie, ben presto i primi microrganismi penetrarono a popolare le rocce stesse; se, invece, erano stati generati proprio in quella profondità, emersero verso la superficie e, durante i milioni di anni che seguirono, colonizzarono 21 l’intera superficie del pianeta, risalendo le montagne, entrando nei ghiacciai e nei mari, fin negli abissi più profondi, non esclusa la troposfera, che li accolse in gran quantità. Dal punto di partenza, per occupare il mondo intero hanno dovuto espandersi a raggiera in tutte le direzioni e coprire la distanza di non meno 20mila km (metà circonferenza della Terra) e per questo sono stati aiutati sia dai venti, sia dalle onde del mare.

Qualche milione di anni dopo si sarebbe potuto immaginare che una foresta e uno zoo in miniatura, anzi invisibili, ricoprissero l’intero pianeta. Si trattava di un mondo popolatissimo di virus, muffe, batteri, funghi, tanto da non lasciare un solo millimetro quadrato scoperto sulla superficie della Terra. E specialmente i batteri occuparono anche la troposfera in gran quantità, fino a 15mila metri di altezza.

I microrganismi poi, nella loro espansione, raggiunsero i 5mila metri di profondità. Alcuni di questi, i termofili (amanti del caldo) che ancora oggi troviamo sul nostro pianeta, oltre che alle temperature sottozero resistono bene fino a 180 gradi di calore, anzi potrebbe essere proprio quello il loro ambiente naturale, ma c’è di più. Insieme a milioni di specie di microrganismi che vivono nelle profondità del nostro pianeta, alcuni sono riusciti a vivere nell’ambiente meno adatto a un essere vivente. Nei fondi marini, a 2mila metri di profondità, si sono formati dei veri e propri vulcani in miniatura, i quali dai minicrateri non buttano fuori lava, bensì acqua acida e bollente, che non bolle a causa della pressione, ma arriva a 400 gradi di calore. Sempre là riescono a sopravvivere dei microrganismi che sfidano l’impossibile.

Intanto, dopo le prime entità, si andarono generando organismi sempre più complessi, ciascuno dei quali con storie affascinanti di evoluzione, di sopravvivenza e di passaggi ad altre forme più complesse. Tutto questo micromondo andò sviluppandosi e crescendo, ma rimanendo per molti milioni di anni a livello di microrganismi ancora invisibili. Le dimensioni della vita vegetale e animale come le conosciamo oggi arrivarono sul pianeta molto tardi, circa 500 milioni di anni fa, dopo alcune estinzioni di massa che cambiarono il volto del pianeta.

In quest’epoca si manifestò la differenziazione degli animali: 100 milioni di anni dopo, i primi vertebrati come pesci, ma anche 22 molluschi o stelle marine, si aggiunsero alle meduse che popolarono i mari già alcuni milioni di anni prima. Tra i 400 e i 500 milioni di anni fa, i vertebrati invasero la terra e, insieme ai pesci, anche gli anfibi e i rettili diventarono abitanti del pianeta, che nel frattempo si rinverdì di vegetali.

Qualche milione di anni più tardi, anche gli alberi con almeno una decina di metri di fusto conquistarono i primi spazi per favorire lo sviluppo sia della vegetazione, sia del mondo animale.

Il periodo più ricco di verde e di animali va dai 300 ai 100 milioni di anni fa. I vegetali abbondanti e le foreste che ormai si erano costituite, le piogge, il clima, tutto ciò diventò l’habitat naturale per un’infinità di specie di insetti che, nella loro storia, arriveranno a 900mila specie: coleotteri con elitre di rara bellezza per il riverbero metallico, tanto da essere in futuro considerati delle divinità; farfalle non certo meno eleganti con le loro ali iridescenti, che con il tempo raggiungeranno le 158mila specie, colorando tanti spazi del pianeta. Seguono le migliaia di specie di api, con grandezze da 3 cm a 2 mm, con le loro case esagonali che nessun ingegnere saprebbe imitare.

E, ancora, gli specialisti tessitori, i ragni, che con le loro tele a raggiera raccontano in modo convincente che cos’è l’istinto. Sempre in questi 200 milioni di anni si sviluppano sul pianeta sia i piccoli topi, i pipistrelli che raggiungono i 160 km orari, i coccodrilli, i serpenti e i dinosauri, con la loro maestosa grandezza, gli uccelli che da questi derivano, che vanno dai colibrì della grandezza di una falange di uomo adulto, al Condor delle Ande con un’apertura d’ala che supera i 3 metri, ad alcuni falchi e aquile che raggiungono i 300 km orari in picchiata.

Sempre in questi 200 milioni di anni, gli alberi si ergono ad alti fusti, mentre tra la vegetazione, le erbe e i cespugli, appare uno dei più preziosi regali della creazione: i fiori. Già un gran numero di piante senza fiori aveva preparato il posto a quelle fiorite, destinate a moltiplicarsi in almeno 370mila specie con fiori, semi e frutti.

E il pianeta sembrava pronto per accogliere l’ospite più importante di tutta la storia dell’universo: l’uomo. Ma, dopo qualche milione di anni, un grave incidente di percorso rallentò i processi di evoluzione. Forse un asteroide di 10 km di larghezza, caduto nei pressi del Messico alla velocità di 30 km/s o, ancor più probabilmente, un asteroide di 40 km di larghezza che causò un 23 cratere di 500 km nell’Oceano Indiano, la cui forza di collisione − pari a quella generata da circa 5 miliardi di bombe atomiche di Hiroshima − penetrando per 20 km causò la compressione delle rocce che, di rimando, esplosero per 10 km sopra la superficie terrestre.

La collisione causò un’infinità di eruzioni vulcaniche e ancora terremoti su tutto il pianeta, in grado di distruggere il 75% della vita già presente. Molte specie furono letteralmente estinte: l’intero ecosistema avrebbe impiegato comunque non meno di 300mila anni a riprendersi da questo infarto del pianeta.

La guida poi sposta la nostra attenzione al cartellone dei viventi, mostrando alcune loro caratteristiche.

Se gli alberi attirano lo sguardo per il loro fusto − una sequoia può superare i 100 metri di altezza − i fiori catturano l’attenzione per la loro bellezza. Alcuni di questi vivono poche ore, altri fioriscono solo di notte. Alcuni di essi sono appena visibili, come la Wolffia (1,3 mm); altri, come l’Aro titano, ha un fiore alto quasi 3 metri. Essi trovano un habitat nelle foreste, come i cactus nei deserti, o le ninfee sulla superficie degli stagni o i gigli dei fiumi del Bangladesh, che si spostano sulla corrente dell’acqua.

Alcuni fanno aspettare la loro fioritura da 5 a 7 anni, ma la Palma di Talipot si fa attendere anche 80 anni e mai meno di 30 e ancora la Titanka, o Regina delle Ande, raggiunge un’età da 80 a 100 anni e produce, alla fine della sua vita, per poche settimane, un picco di fiore alto fino a 12 metri, dopodichè muore.

Ma la guida ci fa notare che è suffficiente arrestarci di fronte a una rosa vellutata o a un giglio o a quanti altri fiori incontriamo lungo un sentiero come viole o ciclamini, per rallegrare i nostri occhi ed essere ipnotizzati dai loro profumi.

Osservando poi il cartellone degli animali, siamo catalizzati dalle loro dimensioni, che vanno dai viventi invisibili ai dinosauri, che arrivarono a un Brachiosaurus con 26 metri di lunghezza, 16 di altezza e con un peso di 60 tonnellate. Nella stessa grande famiglia c’è anche un volatile (Quetzalcoatlus) con apertura d’ali di 12 metri e con un peso di 200 kg. Ma le dimensioni maggiori vengono dai mari e il primato lo detiene la Balenottera azzurra, con 32 metri di lunghezza e il peso di 160 tonnellate.

Sullo stesso cartellone compaiono le età di coloro che superano la stessa età dell’uomo, come le tartarughe delle Galapagos o la balena della Groenlandia, la quale può superare i 200 anni di età o, ancora, lo squalo dello stesso mare che raddoppia l’età della balena e raggiunge i 400 anni. Sempre nei mari del nord, troviamo la Vongola Artica che supera i 500 anni, le spugne di mare che possono forse arrivare ai 2mila anni e, da ultimo, le Meduse.

Tra queste, la Turritopsis nutricula da adulta può ritornare ad essere polipo come all’inizio, con un ciclo che di per sé si può ripetere all’infinito: per questo qualcuno ha fatto l’ipotesi di vita fino a 15mila anni, ma non c’è una ragione per darle un’età. Di fatto muore per malattia o perchè viene inghiottita o per un qualunque incidente, infatti è detta immortale, in quanto non muore di vecchiaia come tutte le specie di viventi.

A dispetto della Medusa immortale, il primato per l’età lo detiene forse un batterio che, rimasto incapsulato in un cristallo salino 250 milioni di anni fa, è stato ritrovato vivente. Merita ancora attenzione un Tardigrado che può vivere fino a 100 anni in condizione di totale disidratazione e resistere parecchi giorni alla temperatura di 200 gradi sottozero.

2. Cellule e abitanti del pianeta uomo


E così, attraverso un’infinità di processi, dagli organismi unicellulari si arrivò a quanto di più complesso ci si potesse aspettare sul nostro pianeta. Da una singola cellula fecondata si originarono miliardi di altre cellule in grado di interagire le une con le altre in un unico sistema: il corpo umano.

Ancora più rilevante è il fatto che in questa cellula ci sono tutte le informazioni necessarie perchè durante le prime fasi dello sviluppo si differenzino almeno 200 tipi di cellule, a seconda della funzione che svolgeranno: nel cervello le cellule nervose, negli arti quelle muscolari; ci sono poi le cellule che rivestono il corpo con la pelle; quelle che producono sostanze nei vari tipi di ghiandole e altre che assorbono le sostanze nel nostro intestino; o cellule del sistema immunitario tipo i globuli bianchi e quelle del sangue incaricate di trasportare ossigeno e anidride carbonica tra i polmoni e i tessuti, 25 nonché quelle incaricate della trasmissione genetica, etc. per un totale di 40mila miliardi di cellule.

Sempre il nostro corpo ospita 50mila miliardi tra batteri, virus e funghi. Con gli esami di laboratorio per un corpo umano vengono registrate almeno 120 voci (ad esempio globuli bianchi, rossi, emoglobina, ematocrito, etc.) che devono corrispondere a tutta una serie di valori “stabiliti” (come?) senza i quali nessun uomo può vivere o considerarsi sano. Se uno solo di questi valori non è corretto, la salute dell’uomo viene compromessa da qualche patologia più o meno grave o dalla morte stessa.

Ogni pelo di animali o piumaggio di uccelli o l’incanto del sole, della luna e delle stelle, avevano poi bisogno di un organo come la vista che potesse contemplare siffatta bellezza di colori ed eleganza. I profumi dei fiori senza un olfatto umano sarebbero rimasti molecole volanti e basta, ma senza le papille gustative anche le dolcezze più esotiche dei frutti sarebbero rimaste totalmente insipide, così il caldo o il freddo senza una gran quantità di recettori sotto l’epidermide del corpo umano non avrebbero offerto alcun beneficio nè difesa. E così sarebbero rimasti senza senso tutti i suoni, se non avessero incontrato dei sensori nell’apparecchio uditivo in grado di interpretarli e far godere di quel fenomeno o allontanare da un pericolo.

Se poi ci avvicinassimo all’interno dell’occhio − dove troviamo pupilla, cornea, iride, nucleo del cristallino, vasi retinici e altre 25 funzioni, o all’interno dell’orecchio, dove c’è il dotto dei timpani, la membrana basilare o il nervo vestibolare − e volessimo provare a fare qualche piccola modifica, potremmo compromettere il totale funzionamento di quell’organo, perchè sembra che tutto debba essere proprio così com’è.

Si può concludere che l’uomo è la risposta all’intero universo.

Revisione del terzo padiglione: Sabdi Valverde, biologa

Quarto padiglione

Quando guardo i tuoi cieli, opera delle tue dita,

la luna e le stelle che tu hai fissato,

che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell’uomo, perché te ne curi?


Salmo 8 1.

1. Gli ultimi 20 milioni di anni della nostra storia

I passi più significativi

Se pensiamo ai nostri antenati umani sul pianeta Terra, abbiamo bisogno di andare indietro nel tempo di circa 20 milioni di anni soltanto. Alcuni archeologi hanno trovato delle tracce del Dryopithecus datate 15/14 milioni di anni fa circa. Malgrado fosse alto appena un metro e con un cervello leggermente più piccolo di un bambino dell’Homo Sapiens di un anno, poteva viaggiare attraverso tre continenti. Segnali della sua esistenza furono trovati in Cina, India, Pakistan, Ungheria, Austria, Macedonia, Germania, Spagna, Francia e Egitto. Fra i suoi discendenti possiamo riconoscere il Pingidae, il Gigantopithecus (che non era un gigante) e il Ramapithecus.

I primi due, dopo aver esplorato Cina, India e Africa orientale, si estinsero, mentre il Ramapithecus divenne l’antenato dell’Homo Erectus, che 14 milioni di anni fa era dislocato in India, Pakistan (Islamabad) e Africa orientale, nell’area vicina al Lago di Turkana e Koobi Fora. Poi la pista archeologica si perse per i successivi 8/9 milioni di anni. Comparve di nuovo con la scoperta di un fossile importante trovato nell’Etiopia settentrionale.

Questo campione di Ominide era alto 1,25 metri, aveva un cervello di circa 400 cm cubici e datava 4 milioni di anni. Uno scheletro trovato a Koobi Fora è stato ritenuto vecchio di 3,6 milioni di anni, ma altri studiosi hanno ridotto la sua età a 2,5 milioni di anni. Perciò è molto difficile stabilire il luogo dove avvenne questo passo importante dell’evoluzione (l’aumento sostanziale delle dimensioni 27 del cervello): in Asia o in Africa? Allo stesso tempo, questo Ominide stava divenendo Erectus. Tuttavia si sviluppò in Africa e cominciò presto a muoversi verso l’Europa e l’Asia. Arrivò all’Himalaya meridionale e si mosse attraverso il Nord dell’India, verso le regioni settentrionali della Cina.

Nel sito di Longuppo, vicino al lago di Yangtze e non lontano da Beijing, furono trovati due premolari di circa 2 milioni di anni. Poi, l’Erectus discese nelle Isole Indonesiane. Dei resti umani furono scoperti nei residui di un’eruzione vulcanica avvenuta 1,7 milioni di anni fa nell’isola di Jawa. Nel suo cammino di ritorno verso l’Africa, lasciò dei segnali datati 1,5 milioni di anni fa circa in Israele, a Ubeidiya, e anche in un bambino di dodici anni in Kenya, vicino al lago di Turkana. Nello stesso periodo, i nostri progenitori, giunti in Asia, si erano insediati nelle aree a sud di Beijing.

I loro resti, datati 1 milione di anni, furono trovati a Chen-ChaWo e Nihewan. Resti più recenti (600mila anni) furono scoperti a Yunxian. L’Homo Erectus arrivò a Beijing 400mila anni fa, mentre i gruppi approdati in Europa erano presenti nell’area di Budapest 200mila anni prima.

Le prime impronte di un Homo Sapiens di 300/250mila anni fa, con un cervello simile al nostro e di 100 centimetri cubici più grande del cervello dell’Homo di Beijing furono scoperte in Francia, a Swanscombe e Montmaurin. Un tipo primitivo di Neanderthal di 150mila anni fa ha lasciato evidenza archeologica vicino a Weimar, in Germania e a Roma, in Italia.

Tra gli 80 e i 35mila anni fa, le dimensioni del cervello umano erano tra 1.350 e 1.700 cmi cubici. L’Uomo di Neanderthal ora era pronto al più lungo viaggio nella storia dell’umanità: dopo una lunga era glaciale, il pianeta ancora una volta stava divenendo più caldo e l’uomo aveva cominciato la riconquista delle perdute pianure settentrionali: così, in breve tempo, tutti gli spazi del pianeta furono recuperati. Molti studiosi concordano sul fatto che anche l’Australia fu raggiunta dall’uomo 50mila anni fa.

Le forme fisiche dell’attuale creatura umana si raggiunsero 40mila e 30mila anni fa e dall’Uomo di Neanderthal si arrivò all’Homo Sapiens. Scheletri circondati da preziosi manufatti archeologici, scoperti principalmente in Europa Occidentale, attestano la presenza di un vero Sapiens ancora nomade, che era un buon cacciatore e 28 pescatore, capace di usare attrezzi fatti di ossa e denti di orsi e di leoni. Anche se non usava ancora archi e frecce per cacciare, sapeva come utilizzare un arpione. Non cucinava ancora il cibo, ma sapeva cucire e assicurare il cuoio con dei bottoni rudimentali. Non aveva animali domestici, nemmeno il cane, che fu addomesticato più tardi. Era un cacciatore primitivo che non addomesticava animali o utilizzava armi sofisticate, ma sapeva come tenere un flauto nelle mani e suonare per diletto: era realmente divenuto un essere umano adulto.

È degno di menzione il fatto che l’Homo Erectus – sopravvissuto fino a quel tempo – probabilmente ha vissuto insieme all’Homo Sapiens per un certo periodo e fu assimilato da quest’ultimo. Dopo un viaggio di 2 milioni di anni, l’Homo Erectus ha lasciato la sua ultima traccia fossile 35mila anni fa ed è scomparso, lasciando l’Homo Sapiens come l’unico sopravvissuto della preistoria umana.

Trentamila anni fa avvenne una svolta significativa nella vita del pianeta. Fino ad allora gli umani si erano mossi su spazi aperti ed enormi, cacciando, pescando e raccogliendo i frutti della terra, anche se in maniera rudimentale e primitiva. Ma si stava avvicinando una nuova glaciazione. Gran parte del globo si stava ricoprendo di ghiaccio e questi nomadi furono costretti a emigrare dal nord al sud del pianeta. Dovevano abbandonare le montagne, rifugio naturale dalle bestie selvatiche e occupare valli e pianure più calde. Ma rinoceronti, elefanti, renne, orsi, etc. fecero lo stesso. La vita stava divenendo più difficile per ogni specie e l’uomo dovette fronteggiare queste bestie selvatiche. Le prime creature umane erano incapaci di uccidere tali animali ed anzi fuggivano da loro rifugiandosi sulle montagne, ma ora non era più possibile.

Fu necessario unirsi in gruppi e scoprirono che come gruppo erano più forti e anche capaci di attaccare altri gruppi umani che occupavano migliori ubicazioni. Fu probabilmente a quel tempo che i nomadi cominciarono a organizzarsi in gruppi sociali e clan. La necessità li spinse a utilizzare la loro intelligenza che, con un cervello di 1.700 centimetri cubici, era aumentata. Inventarono modi nuovi di caccia e di pesca, usando trappole, ami e lenze e furono presto in grado di cacciare anche gli animali più grandi. Con la caccia e la pesca avevano abbastanza per sostenersi; avevano cibo, vestiti, attrezzi per caccia e pesca; i materiali utilizzati erano cuoio, 29 ossa, corna e denti. Tutto stava divenendo utile per le intelligenti creature umane. Non si privarono nemmeno del “lusso” dell’arte. Applicarono una visione estetica alla creazione di attrezzi e ai dipinti sui muri delle caverne, con la rappresentazione della loro vita quotidiana. La storia di 30mila anni della nostra umanità è registrata in questi affreschi rupesti ormai visibili in varie parti del mondo.

Intanto il cammino di questa umanità diventata adulta accelerava il passo: 11mila anni fa iniziarono le prime forme di vita sedentaria. L’abilità di approvvigionare semi asciutti e frutti per l’anno intero e forme primitive di coltura stavano offrendo un volto nuovo alle comunità che cominciarono a suddividersi in nomadi, semi nomadi e sedentari. I gruppi nomadi di cacciatori e di pastori iniziarono a stabilire relazioni con gruppi e culture di coltivatori sedentari, dove l’agricoltura stava rivoluzionando la vita della popolazione.

Le prime evidenze archeologiche di coltivazioni di fagioli, piselli e cetrioli sono datate circa 11mila anni fa in Thailandia. Nei millenni successivi si andavano formando, fondamentalmente, tre tipi di agricoltura. Il primo tipo consistette di portare dalle foreste (che erano l’ambiente naturale del clan) semi vegetali e alberelli di palma o di qualsiasi altro albero che producesse frutti conosciuti e utili.

Un secondo tipo di agricoltura fu molto più sofisticato. Richiese di bruciare le foreste per piantare i semi nelle ceneri fertili. Per questo tipo di agricoltura era necessaria soltanto pioggia abbondante e non attrezzi particolari o attrezzi di metallo. Il terzo tipo di agricoltura verrà solamente più tardi in Palestina e in Medio Oriente, con l’utilizzo di animali addomesticati (6.000/4.500 a.C.) come pecore, capre, maiali e uccelli e solamente più tardi, in Mesopotamia, Siria, Palestina, Europa Meridionale e Tibet, dove bovini, asini, cammelli e yak saranno addomesticati. Dopo il 4.000 a.C., con l’abilità di costruire attrezzi adatti, specialmente intagliando pietre per strumenti agricoli, l’agricoltura fu presente in Mesopotamia, Egitto, Palestina, Siria, Turchia, Iran e India e Tibet.

Dal 2000 a.C., i cacciatori tribali di Mongolia, Kazakistan e Siberia cominciarono a condurre un’attività pastorale che radicalmente cambiò l’economia e il loro modo di vita. Contemporaneamente, nell’Asia occidentale, i Cassiti, gli Ittiti e i Mitanni (1.900/1.700 a.C.) utilizzarono anche i cavalli, sia per lavori agricoli, sia per la guerra.

È bene ricordare che all’incirca dal 1.700 a.C., con l’addomesticamento di cammelli in Arabia, un’altra forma di cultura pastorale stava cominciando a svilupparsi: la cultura beduina, che sopravvive ancora ai nostri giorni. Dall’Arabia, sotto nomi diversi, essa si propagò ad ovest verso l’Africa del Nord, il deserto del Sahara e l’Etiopia, e ad est fino all’Iran e all’India.

Oltre ai cammelli, i beduini cominciarono ad addomesticare pecore e capre, che li rifornivano di lana, pelli, latte e carne. Con l’uso dei cammelli, gruppi di nomadi divennero presto anche trasportatori di beni e protettori delle carovane, sviluppando in gran misura il commercio. Questa pratica si estese al Pakistan, all’Afghanistan e all’India occidentale.

Revisione del quarto padiglione: Kalyan Kumar Chakravarty, antropologo

P.S.: Chi ha allestito la mostra, alla fine si è trovato con una placca che non ha saputo collocare e che ha lasciato appoggiata nell’ultimo padiglione.

Recita così: «Ciò che è più straordinario di quanto abbiamo contemplato è il fatto che ogni individuo è unico e non solo, ma che anche le parti di esso sono uniche. Dei miliardi di foglie di pioppi (così di tutti gli alberi del pianeta) non ne esiste una uguale all’altra, anche se tutte distinguibili per la loro somiglianza, come le impronte delle dita sono tutte diverse.

Un altro fatto che piega anche lo scienzato di fronte al mistero è che la maggior parte di questi individui, essendo sessuati, quando si evolvono anche in minime modifiche, devono presupporre anche l’evoluzione del partner, il che fonda la necessità assoluta di una “programmazione dall’esterno”».

Unitamente alla Laudato si’ di Francesco, aggiungo:

«Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio (cfr. 1Cor 13,12) e potremo leggere con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo, che parteciperà insieme a noi della bellezza senza fine» (cfr. 243)

d. Renato Rosso