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Israele - Palestina. Il cammino possibile dell’unità

 lavocedeltempo.com/ - 10 dicembre 2023
Don R enato Rosso, Fidei Donum tra i nomadi del mondo, sulla drammatica crisi che incendia il medio oriente

Sulla crisi di Gaza pubblichiamo un intervento di don Renato Rosso, prete della Diocesi di Alba fidei donum tra i nomadi del mondo: un punto di vista che nasce da decenni di impegno a fianco delle popolazioni nomadi in diversi paesi. Dal 1984 al 1992 don Renato è stato in Brasile, poi dal 1993 tra i rom musulmani asiatici di India e Bangladesh (dove ha portato avanti il Progetto Scuole, con insegnanti che per seguire gli zingari vivevano in tenda o in una barca sul fiume Gange), quindi tra i Beduini del Sahara e negli ultimi 12 anni tra quelli che vivono nella regione desertica di Israele e Palestina.
         
Il futuro di Israele, Palestina e Hamas oggi non si può nemmeno ipotizzare, perché nessuno sa che cosa pensano gli «altri», quelli che stanno dall’altra parte, ovvero i ‘nemici istituzionali’, né in quale direzione intendano muoversi. Nei simposi e nelle tavole rotonde si è detto di tutto, ma le ipotesi e le proposte per una soluzione che offra una speranza per la pace finora sono state insufficienti. Ci si pone troppo nella condizione di «invasori» e «conquistati», si parla poi di diritti alla difesa e di dovere della riconquista e, comunque, si resta in un contesto di vendetta.
Tutti sono diventati nemici per la rabbia e l’odio accumulati, senza più trovare la forza di fare qualche passo indietro per ridisegnare la convivenza e la pace. Israeliani e palestinesi hanno ognuno le proprie motivazioni. Pertanto, se si cerca la soluzione nei «due popoli, due Stati» - o tre o quanti si voglia -, le divisioni credo che saranno sempre frutto di separazione e conflitti. Se gli israeliani da una parte e i palestinesi dall’altra continuano a costruire muri, credo che il rischio concreto è che cercheranno di diventare sempre più potenti, ciascuno per proprio conto, e quando uno dei due gruppi si sentirà più forte dell’altro, coglierà nuovamente l’occasione per scontrarsi con lo Stato più debole e si continuerà senza soluzione, come da tempi immemorabili.
Oggi sembra vincere la logica della vendetta, ma i cristiani non hanno una proposta alternativa, visto che Gesù nel suo messaggio ha predicato che i nemici non si uccidono, ma si perdonano e si amano? Io credo che bisognerebbe muoversi in direzione di uno Stato senza muri e senza barriere, dove palestinesi e israeliani possano vivere insieme, collaborando per il bene di tutti. Poiché in questo preciso momento storico i due popoli sembrano non riuscire ancora a convivere, è possibile - almeno non lo escludo a priori - che, per un tempo limitato, si debba passare per soluzioni intermedie, come divisioni di territori o controllo provvisorio da parte di autorità come l’Onu (se l’autorità ce l’avesse   davvero).
Dev’essere tuttavia chiaro il progetto finale di una solida unità di un unico territorio, dove ebrei, musulmani (sunniti o sciiti), cristiani (ortodossi, cattolici o protestanti) e quanti altri possano convivere gli uni accanto agli altri, nel beneficio reciproco, promuovendo uno sviluppo che poggia su tutte le risorse che i vari gruppi possiedono. È vero, Hamas ha commesso crimini di guerra nell’attacco del 7 ottobre che ha causato 1.200 morti, perlopiù civili, compresi minori, soprattutto nei kibbutzim vicini al confine e preso 240 ostaggi israeliani, e poi scegliendo proprio gli ospedali come quartieri generali per armi e militari; ma Israele ha riposto lanciando l’operazione «Spade di ferro» - prima con raid aerei e bombardamenti e poi, a venti giorni dall’attacco di Hamas, con un’offensiva di terra all’interno della Striscia di Gaza, causando 15mila vittime palestinesi, come riferito dalle autorità sanitarie palestinesi - mettendo sotto assedio la Striscia («L’imposizione di assedi che mettono in pericolo la vita dei civili privandoli di beni essenziali per la loro sopravvivenza è vietato dal diritto internazionale», ha detto il capo delle Nazioni Unite per i diritti umani) e   dando ordine di evacuazione per le comunità palestinesi a nord del Wadi Gaza con devastanti conseguenze umanitarie. Il gabinetto di sicurezza israeliano ha poi votato per un’azione volta alla «distruzione delle capacità militari e governative di Hamas».
Senza «perdono» non ci sarà pace. Ma si potrà parlare di perdono dove gli eserciti cercano di distruggersi a vicenda? Questa, secondo me, dovrebbe essere la proposta cristiana alternativa: camminare verso l’unità e non verso la divisione per poter sperare la pace.
In molte città e paesi sia in Israele, sia in Palestina, negli ultimi anni ho visto personalmente ebrei, musulmani e cristiani convivere e collaborare senza grandi problemi. Il fatto che ogni giorno 25.000 palestinesi lavorassero a Gerusalemme attesta concretamente che una reale integrazione non solo è possibile, ma che non esistono controindicazioni per realizzare tale progetto di pace. Il villaggio «Oasi di pace», con 3.000 membri tra ebrei, musulmani e   cristiani, voluto da padre Bruno Hussar non lontano da Gerusalemme, è solo uno dei tanti esempi di convivenza pacifica in atto fin dal 1972. Non bisogna dimenticare, inoltre, che prima della costituzione dello Stato ebraico quasi un milione di ebrei viveva in Stati arabi: non esiste quindi alcuna incompatibilità per una convivenza pacifica tra arabi ed ebrei. Purtroppo la rabbia e l’odio che si sono creati sono così radicati che rallenteranno senza dubbio il processo di conversione - indispensabile se si vuol costruire la casa sulla roccia - ma si dovrà camminare in quella direzione.
Nel futuro bisognerà ridisegnare uno spazio nuovo, senza mettere fuori gioco nessuno. I palestinesi dovranno avere prospettive chiare, definitive e precise, come suggerisce il cardinal Pierbattista Pizzaballa. Un vero progetto di pace non prevede l’eliminazione di nessuno. Credo che sia utopia pensare che distruggendo Hamas si riesca a sradicare il problema. Anche un piccolissimo gruppo residuo di miliziani in azione di guerriglia potrebbe destabilizzare il Paese. Nella storia abbiamo troppi esempi di tale strategia distruttiva, come le guerriglie in Sudamerica, in Africa, nella Casba di Algeri o nell’isola di Mindanao nelle Filippine: se Hamas dovesse fare questa scelta, credo che nessuno straniero poserebbe più piede su quella terra chiamata «santa».
Invece il progetto di pace, frutto di conversione e perdono, non è utopia. Dovrebbe anche aiutare a sostenere la proposta di uno Stato unico, dove tutti hanno gli stessi diritti e doveri: d’altra parte, sul territorio di quella terra santa transitano ogni giorno migliaia di pellegrini e turisti con diverse religioni, culture e sensibilità che, con le loro differenze non limitano, ma arricchiscono lo sviluppo del Paese.


Don Renato Rosso

In memoria di d. Mario Riboldi

ottobre 2021


Caro Don Mario, a causa del Covid-19, mi sono rifugiato in una zona di boscaglia,  isolata, presso Gubbio, dove la comunicazione è quasi inesistente. Hanno tentato di avvisarmi, ma solo questa sera ho saputo che da oltre due giorni ci hai lasciati. Sapevo che la tua salute era peggiorata ma sapevo anche che la tua fibra era forte. Evito di parlare di tutto ciò che sta passando nella mia anima, questa sera mescolato alle lacrime che non riesco a trattenere. 49 anni fa nel mese di luglio eravamo partiti con  una vespa trainando un carrello di un metro cubo, sormontato su due ruote di bicicletta. Portavamo con noi due tende, una Bibbia, Breviario, il necessario per l'Eucarestia e poche altre cose. Tu avevi un fuoco dentro che sostituiva tutto ciò che non avevamo. Da diverso tempo, almeno una volta all'anno chiedevi al tuo vescovo di lasciarti partire a vivere con gli zingari di cui  ti stavi già interessando. 

Ma il vescovo continuò a rinviare per ben 15 anni, mettendo a dura prova la tua pazienza. Io dopo l'ordinazione presbiterale, il mio vescovo, probabilmente, sapendo che c'eri anche tu, mi lasciò partire con dei Rom istriani, 15 giorni dopo. Dopo essermi innamorato degli zingari durante gli anni di seminario, e aver vissuto nel 1971 nei mesi estivi con i Piccoli Fratelli ( Tullio e Luigino),  in zona Mestre-Marghera con dei Sinti, mi sentivo pronto a partire dopo questo noviziato molto ricco. Un anno dopo (1972), partivamo noi due alla volta di Udine, presso il villaggio metallico con un numeroso accampamento di Rom. La fatica di inserimento in una realtà molto diversa  era tutta tua, perchè io essendo 15 anni più giovane dovevo solo seguire le tue orme. Fortunatamente quel primo gruppo di Rom udinese era straordinario. Capaci di amicizia vera, così che in poche settimane ci fecero sentire veramente come in casa nostra.

Tu avevi un bel chiodo fisso nella testa, che era la preoccupazione di evangelizzare quel popolo. Tu ne avevi conosciuto  già diversi di loro nelle tue visite precedenti. Era chiaro che per evangelizzare bisognava occuparsi in primo luogo della lingua e tu cominciasti subito a costruire una prima grammatica della loro lingua e io seguivo a ruota. Tu volevi subito tradurre la Bibbia e sia alcuni adulti che   bambini diventarono i nostri professori. E poi come fare una qualche evangelizzazione senza canti? Tu, don Mario cominciasti a ricuperare musiche antiche diventate però familiari ai nostri Rom. Iniziasti a comporre canti religiosi, tradurre il Vangelo di San Marco e con la tua straordinaria intelligenza ogni giorno che passava trovavi un nuovo modo originale di comunicare con loro un pezzo di vangelo. Dopo diversi mesi , per l'inverno, tu hai deciso di spostarci a Milano, sperando anche di incontrare un clima migliore. I primi campi che tu avevi scelto erano stati Quarto Oggiaro, Via Agordat,  Bresso, dove incontrammo Rom abruzzesi, istriani e Khorakhanè. Intanto don Francesco Cipriani di Verona cominciò a ritagliare tempi sempre più lunghi per venire a "scuola" da te negli accampamenti milanesi. Tu verso la fine dell'inverno ti spostarti in alcuni paesi, primo tra i quali scegliesti Romano Lombardo dove continuasti a tradurre la Bibbia in Po Romane e anche i principali testi liturgici compresi quelli eucaristici. In Primavera avevi scelto come luogo per la nostra missione la Valtellina. Nel secondo anno della nostra convivenza con questi gruppi nomadi, venne con noi Padre Luigi Peraboni, l'insegnante Angela Maria. A Milano trovasti le tue collaboratrici di vecchia data (Suor Mariella, Piera, Maria, Pinuccia). Spesso ci ritiravamo in giornate di ritiro che tu ci proponevi. Si aggiunsero poi don Piero e don Fausto, don Alberto, qualche tempo dopo don Vincenzo e a Firenze-Lucca Sergio e Cristina. Le Piccole Sorelle di Gesù, ti avevano preceduto da tempo, ma in Italia le incontrasti dopo con le tre suore Luigi ne, le tre Suore Missionarie di Maria e le consacrate Edda e Marilde.  In seguito cominciasti a seguire alcuni seminaristi tra i Rom Abruzzesi che poi diventarono frati Francescani . La presenza femminile tra i Rom e Sinti che avevi incoraggiato fu molto preziosa e prima fra tutte la Suora Hudorovich, una Romnì che visse in un convento di clausura fino alla vecchiaia offrendo la sua vita, per il suo popolo, nel silenzio e nella preghiera. 

Ad un certo momento ti rendesti disponibile a spostarti con p. Luigi e la maestra Angelamaria e andare con gli zingari in Brasile sotto invito del Vescovo mons. Benedito Zorzi. Quando ti rendesti conto che i superiori non erano d'accordo incoraggiasti altri ad uscire fuori dall'Italia e quello che seminasti con tanta fatica cominciò a germogliare in Brasile, Bangladesh, Filippine, Algeria, Israele Palestina e Madagascar. Una delle tue opere più significative è stato lo studio e la ricerca appassionata che hai fatto su Zeferino ed Emilia che hai accompagnato insieme a Padre Luigi e Sergio fino alla beatificazione. Mi scuserai se ho appena accennato qualcosa di cui sono stato testimone. I tre sacerdoti che ti hanno accompagnato negli ultimi anni (P. Luigi, don Massimo e don Marco) sono certamente coloro che hanno raccolto l'eredità spirituale più preziosa della parte più matura della tua vita.

Don Mario, anche se in Cielo vorrai essere circondato specialmente da Rom, Sinti, Manush e Calòn, tieni anche per me un posto vicino a te, nella casa di Dio, dove ci hai preceduti. Devleha.

D. Renato

La testimonianza del prete missionario tra gli zingari

Gazzetta d'Alba   -  Dal Golfo di Bengala   -   6 ottobre 2019

Ndr: Articolo trovato in rete e pubblicato su questo sito il 25 aprile 2021

Don Renato con due suore Luigine alla inaugurazione della mostra sul Bangladesh aperta nella chiesa di S. Giuseppe

Renato degli zingari, Renato lo zingaro, il prete degli zingari: sono alcuni dei nomi con cui è conosciuto, in tre continenti, il sacerdote Renato Rosso, 74 anni, nato in Langa, non lontano dai luoghi della Malora fenogliana. «Ho vissuto la mia infanzia a Cortemilia, mia madre proveniva da Cravanzana, di cognome era Abbà uno dei tanti gruppi familiari, probabilmente, di origini ebraiche»: sceglie di partire dalle radici, raccontandosi in una sera di fine settembre con il duomo di Alba alle spalle.

Racconta più di 40 anni di presenza e “apostolato” fra le genti zingare d’Italia, Brasile, India e Bangladesh: «Ho iniziato a frequentarli 50 anni fa durante il ginnasio e il Seminario: erano i più poveri in città, li raggiungevo lungo il Tanaro e tenevo lezioni improvvisate di scrittura con un pezzo di legno per tracciare le lettere sulla sabbia». Poco più che ventenne, negli anni ‘70, conclusi gli studi teologici, la decisione di partire condivisa con un sacerdote milanese, la richiesta al vescovo di Alba e l’autorizzazione alla missione fra le genti nomadi. 

«Ho trascorso 12 anni in mezzo agli accampamenti in Italia. Avevo un piccolo carretto che trainavo a mano seguendoli negli spostamenti. Poi ho vissuto in una roulotte», spiega don Renato. «La vita con loro in Italia e in Brasile non è stata molto diversa da quella di un prete di campagna da queste parti, una vita sedentaria. Nei gruppi tutti sono battezzati anche se non sono molti i praticanti». Dopo 8 anni di permanenza in Brasile, che conta oltre 300mila “nomadi”, la partenza per il subcontinente indiano dove il “prete degli zingari” si trova, senza interruzioni, dal 1992.

«In India e Bangladesh lo stile di vita dei Bede o zingari dei fiumi (noti anche come sea-gipsy) è diverso sotto vari aspetti», prosegue. «Stare con i Bede significa seguirli nei loro spostamenti con le barche, vere e proprie case galleggianti, che usano per percorrere i grandi fiumi dell’area. Ma non è l’unico gruppo presente nell’area, altri hanno tradizione di insediamenti in tende». La storia di questo popolo, che ha vissuto una vera e propria diaspora in tutto il globo, ha a che fare con le radici sanscrite (una lingua antichissima parlata nell’attuale India) del loro parlare, tradizione che in tempi più recenti si è intrecciata con le grandi correnti confessionali che hanno condotto i nomadi del subcontinente ad abbracciare la fede islamica e quella induista.

«I Bede sono per lo più musulmani, una realtà confessionale florida ma estranea a ogni fanatismo», questa la peculiarità che fa da sfondo alla missione pastorale del sacerdote albese nel Golfo del Bengala. «La gente che incontro qui usa spesso la parola conversione associata all’incarico che svolgo. Io credo che occorra anzitutto convertire sé stessi ad accogliere le differenze e l’altro, lo scopo della mia permanenza fra loro è quello di voler bene alle persone, aiutarle a essere più autentiche, poco importa se Dio sceglie di parlare loro attraverso il volto bonario di Ganesh o usa le parole della Gita (Bhagavdgita è un testo sacro induista) perché questa è la via che sceglie per manifestarsi».

Da decenni don Renato porta avanti un programma di scolarizzazione itinerante fra i rom con docenti che seguono nei loro spostamenti gli studenti: mentre all’inizio gli insegnanti erano scelti fra i “non nomadi”, con il procedere dell’iniziativa sono stati gli stessi Bede a fornire il personale. In crescita anche le vocazioni nei gruppi zingari, a tutt’oggi sono almeno 60 i nuovi sacerdoti dei vari gruppi rom insediati fra Asia, Europa, America latina e del Nord, nonostante i contesti nei quali operano siano profondamente diversi.

«A me non accade nulla se battezzo uno zingaro musulmano, non vengo perseguitato. Però chi sceglie di convertirsi viene condannato a morte dalla sua gente. È il caso di un uomo scomparso la sera stessa in cui aveva annunciato, alla fine di un percorso di avvicinamento al cristianesimo durato 6 anni, di essersi convertito. Di lui non abbiamo più avuto notizie», la testimonianza di padre Renato che sposta il focus verso la realtà dei rom d’Italia.

«Come ogni gruppo anche gli zingari hanno santi, poeti, artisti, politici, ladri e delinquenti». Il bersaglio del sacerdote sono gli stereotipi che da secoli emarginano i nomadi. «In Italia, quando parli con la gente, l’idea è che i rom siano tutti ladri, un’immagine che trova conferma se non consideriamo i molti “lunaparkisti” e circensi che vantano nomi importanti nel panorama nazionale e quanti hanno intrapreso carriere professionali. Certo chi non riesce ad adeguarsi reinventando la propria identità è tagliato fuori e finisce nel girone dei procedimenti penali, per pagare i quali non c’è altro modo che trovare il denaro anche se non lo si ha, un circolo vizioso dal quale non è semplice uscire».

Terrorismo

Agosto 2016 

Da molte parti la paura e la perdita di speranza occupano gli spazi della fiducia e della pace. Discorsi e scritti dipingono il terrorismo, specialmente quello islamico come la coda del drago che trascina un terzo delle stelle dal cielo. Se qualcuno grida contro il terrorismo sa con certezza che tutti sono d’accordo con lui/lei: i politici, i religiosi, i sociologi e chi potrebbe non essere contro il terrorismo? 

Per stemperare un poco la parola terrorismo o guerriglia, che sembra un nuovo demone che trascina tutti nel suo inferno, comincio col dire che queste due parole sono sinonimo di debolezza. Se l’Isis avesse un esercito con centinaia di migliaia di soldati e carri armati, aerei bombardieri, e forse anche la bomba atomica davanti a un nemico forte farebbe la guerra e i giornali di tanto in tanto ci darebbero i dati delle migliaia o milioni di morti e tutto finirebbe lì. (Per esempio la Germania nell’ultima guerra quando invase la Russia non lo fece con un commando terroristico ma con un esercito di oltre 4 milioni di uomini, più tutto quell’arsenale di guerra che si trascinò dietro, mentre la Russia ne aveva schierati 2 milioni e 500 mila avendone 4 milioni e 700 mila disponibili).

Il terrorismo non potendo ergersi con questa forza adotta la tecnica della paura. Invece di fare una battaglia, domani, uccidendo 10 mila uomini, ne ammazza uno, filmato da 10 telecamere e al telegiornale della sera presentato su alcuni milioni di schermi. 

Lo scorso anno venne ucciso un Italiano in Bangladesh e si tentò l’uccisione di un secondo. Questo fatto suscitò grande indignazione non solo in Italia. 

Immaginiamo che per una settimana, in Bangladesh l’Isis o chi per lei avesse ucciso uno straniero al giorno per una settimana (un italiano, un francese, un inglese etc.) immaginiamo quale impatto avrebbe avuto un fatto simile che avrebbe causato la morte di sette persone (voli aerei cancellati, incontri rinviati etc.). 

Sia chiaro che anche un morto è già di troppo, ma ora parlo di una tecnica di guerra. Dieci minuti dell’ultima guerra hanno causato più morti di quanti ne ha causati il terrorismo negli ultimi 10 anni. Il tentativo (non riuscito) di occupare Stalingrado ha causato 50 mila morti e 40 mila tra dispersi e prigionieri, mentre, in Giappone, una sola bomba, in pochi secondi ha fatto 200 mila morti. 

Oggi si parla molto di terrorismo islamico. Ora quando un Cristiano, un Mussulmano, un Indù diventa terrorista, il nome della sua religione si separa da lui: non si potrà più chiamare quell’uomo terrorista cristiano, ma semmai un terrorista ex- cristiano, ex mussulmano etc. e così quando alcuni terroristi ex mussulmani dicono di lottare secondo l’insegnamento del Corano, sappiano che questa espressione è semplicemente falsa. 

In un testo che ho pubblicato sulla Jihad dove ho riportato tutti i versetti riguardanti la guerra nel Corano, non c’è una sola riga che possa giustificare i comportamenti irrazionali di azioni terroristiche come quelli recenti in Francia, in Turchia, in Bangladesh o in altri Paesi.

Quando davanti a un’azione criminale invece di riportare la responsabilità del crimine a chi lo ha perpetrato se noi riversiamo la colpa su tutto il suo gruppo di appartenenza o razza o partito politico o religione rischiamo di commettere un crimine tale che potrebbe portare a conseguenze apocalittiche. Oggi dobbiamo essere molto prudenti quando facciamo giudizi che coinvolgono le collettività. Nel 2002 nel Gujarat (India) alcuni Indù progettarono un piano di sterminio dei Mussulmani. Venne incendiato un vagone di un treno che provocò circa 50 morti e vennero accusati due mussulmani. Il crimine ricadde non su due persone ma su tutti i mussulmani dell’India. 

I 100 milioni di mussulmani indiani diventarono in poche ore tutti responsabili dell’incendio (in realtà creato da parte indù). Iniziarono immediatamente le rappresaglie degli Indù contro i mussulmani. Il piano comportava una reazione a catena per sterminare quella minoranza etnica-religiosa in tutto il Paese: un vero Genocidio. 

La furia cominciò nel Gujarath stesso. I risultati furono 2500 mussulmani uccisi, molti bruciati con le loro case, sull’autostrada Vapl-Vadodara-Palampur 1150 hotels bruciati o distrutti, oltre mille camion, 4 mila macchine, e 20 mila motociclette sono stati bruciati. Molte fabbriche danneggiate e 17 distrutte. A lato dell’autostrada N. 8 il 90% di stabilimenti commerciali, negozi e capannoni sono stati spazzati via. La violenza si riversava su tutti i mussulmani che venivano incontrati in quella regione. 

Io mi trovavo in Gujarat. Nella città di Rajkot si aspettava un gruppo che dalla capitale doveva arrivare per uccidere e distruggere e incendiare. Alcuni capi islamici si riunirono ed ebbero il coraggio di prendere una decisione veramente profetica: “Se gli indù arriveranno e cominceranno ad uccidere e incendiare, noi non reagiremo. Se uccideranno 100 di noi resteranno 100 morti se bruceranno altrettante delle nostre case, noi non reagiremo, altrimenti se anche noi risponderemo all’offesa uccidendo e bruciando ci stermineranno tutti, in India”. 

Questa profetica attitudine venne trasmessa in tutte le comunità islamiche dell’ India. Il giorno dopo arrivò il gruppo fanatico a Rajkot e iniziò a bruciare case e uccidere i primi mussulmani, ma non avvenne nessuna reazione vendicativa, come gli Indù si aspettavano, infatti la reazione delle prime uccisionie avrebbe motivato la rabbia degli indù allargando lo sterminio a macchia d’ olio. Ma nulla di tutto questo accadde e lentamente quello che doveva essere il progetto di un genocidio non superò i confini di quello stato. 

E non vorrei dimenticare che negli anni quaranta del secolo scorso non c’ era l’ Islam da considerare come anticristo e pericolo per l’ umanità, ma c’ era il Comunismo Bolscevico e si continuò a gridare sempre più forte dicendo che questa filosofia era diabolica, anti- sociale e anti- religiosa e si gridò così forte da convincere una intera Nazione a tentare di distruggere la pericolosa ideologia e poichè le ideologie sono conservate nelle teste degli uomini, per distruggerle bisogna colpire i loro detentori. Il risultato fu quello di 40 milioni di morti solo in Europa. 

Nel mese di luglio, in Bangladesh un gruppo di giovani terroristi che si chiamavano islamici fecero irruzione in un locale dove c’ erano bengalesi e una ventina di stranieri. A tutti venne fatto un test se sapevano leggere il Corano o no. I venti stranieri ovviamente non superarono la prova. 

Tra i bengalesi c’ era un giovane studente universitario, Faraaz Hossain, che aveva accompagnato con sè due ragazze italiane ospiti della sua famiglia. Al momento del test lui ovviamente sapeva leggere il versetto coranico e fu immediatamente invitato a lasciare il locale, ma egli pose la condizione che sarebbe uscito se anche le due ragazze sue ospiti fossero state liberate con lui. Ma per le due ragazze nessuno sconto. Faraaz a quel punto rifiutò di essere liberato e tornò a morire con tutto il gruppo per solidarietà. Quando comunicai la notizia ad un amico religioso questi mi rispose: “ L’ amore di Faraaz è il vero amore cristiano”. 

Al che io risposi: “No, amico , l’ amore di Faraaz è mussulmano. E Tu dici quello perchè pensi che un mussulmano non è capace di amare veramente, di dare la vita per gli altri o di essere martire o solidale con chi muore. Faraaz ha coltivato i suoi sentimenti e il suo senso etico in una famiglia mussulmana, ha approfondito la sua religione in una scuola di mussulmani e ha imparato a pregare in una Moschea. Se diciamo che lo stesso Spirito Santo che lavora in noi Cristiani è lo stesso che opera nei Mussulmani allora non offenderemo la verità e non rischieremo mai di schierarci gli uni contro gli altri con la pretesa di essere migliori. 

Caro Faraaz, ora che anche tu hai incontrato Gesù Cristo (che anche il tuo Corano rispetta e considera santo), continua a intercedere perchè Cristiani e Mussulmani non si maledicano, ma si benedicano a vicenda e non alimentino l’arsenale di guerra, bensì l’arsenale della Pace.

don Renato Rosso

La Jihad nel Corano

La lotta, in difesa dello stato islamico e della religione nel Corano 

 

…chi uccide un uomo, che non ha ucciso a sua volta o che non è stato causa di corruzione sulla terra è come se avesse ucciso l'umanità intera. (Surah al-Maaida, 5:32)

 

Sia Cristiani che Mussulmani hanno intrapreso guerre chiamate sante, ma poche volte si sarebbero potute giustificare con la Bibbia o con il Corano.   

Questa parola, Jihad (lotta, sforzo, spesso chiamata "guerra santa") usata da teologi islamici, con serietà e rispetto, è allo stesso tempo manipolata da terroristi per tentare di giustificare le loro azioni tutt’altro che giustificabili. Invito a leggere almeno i principali versetti del Corano che parlano della Jihad.

 

Alla Sura II, 190 “Combattete per la causa di Allah coloro che vi combattono, ma senza eccessi (questa parola comporta rabbia e vendetta), perchè Allah non ama coloro che eccedono”. Riferendosi ai nemici in genere dice: “Uccideteli… e scacciateli da dove vi hanno scacciati” quindi suppone un attacco precedente e proibisce la Persecuzione perchè “è peggiore dell’omicidio”(II,191). E allo stesso versetto prosegue dicendo: “Non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggrediti”. Se vi assalgono uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti”.(II, 192). Se però cessano, allora Allah è Perdonatore, Misericordioso”.(II, 193). Combatteteli affichè non ci sia più persecuzione e il culto sia reso ad Allah”, infatti, se il mussulmano è vinto è probabile che non possa più esercitare la sua religione. La finalità della lotta è appunto la libertà di religione stessa. 

Continuando afferma ancora : “Se desistono, non ci sia ostilità “, si cerca infatti di evitare tutto ciò che si riferisce a rappresaglia o vendetta. Dice che l’obbiettivo, quindi del credente mussulmano non è la distruzione del nemico ma la cessazione di ogni persecuzione e oppressione che impedisca l' esercizio della propria Religione islamica. E al II, 194 sottolinea ancora una volta: “Aggredite coloro che vi aggrediscono” quindi una Guerra di difesa. E più avanti si sottolinea che il nemico ha un particolare bersaglio che è appunto sviare il mussulmano dalla sua pratica religiosa, infatti dice: ”Essi non smetteranno di combattervi fino a farvi allontanare dalla vostra religione” (II,217). L’espressione “combattete sulla via di Allah” come a III, 244 e in molti altri versetti vuol sottolineare che non è nè un mestiere nè una ragione di vita, ma è un duro compito, richiesto solo da Allah o in nome di Lui. 

Un modo per capire se una Guerra è giusta, è dato dal fatto che Allah aiuta i suoi. 

Un gruppo di ebrei avevano rifiutato di diventare Mussumani e minacciato il Profeta Maometto che venne incoraggiato da Allah a dichiarare Guerra con un piccolissimo gruppo di 313 fedeli mussulmani a piedi, eccetto due soltanto. Essi si scontrarono con un gruppo di mille fanti e 100 cavalieri. Fu il primo importante successo bellico perchè in quel caso Allah fece apparire il numero dei mussulmani altamente superiore, quindi intervenne Allah stesso. 

   

Alla Sura III, 156 “O, voi che credete, non siate come i miscredenti che, mentre i loro fratelli… facevano la Guerra dissero: “se fossero rimasti con noi non sarebbero morti…” come se Allah non sapesse ricompensare i suoi.” E se sarete uccisi o morirete di morte naturale nella Volontà di Allah riceverete il perdono e la misericordia di Allah che vale molto di più di quanto gli infedeli possono accumulare” (III,157). E ancora si ripete il concetto: “Non considerate morti coloro che sono stati uccisi sul sentiero di Allah (cioè lottando per Lui), perchè sono vivi invece e ben provvisti” (169). E ancora: “A coloro che sono emigrati, che sono stati scacciati dalle loro case, che sono stati perseguitati per causa mia, che hanno combattuto, che sono stati uccisi, perdonerò le loro colpe e li farò entrare nei Giardini (in Paradiso)…” 

Ed ecco una dimensione nuova nel discorso sulla Guerra riportata dal Corano. 

Dopo che un grande gruppo di Mussulmani era uscito dalla Mecca ed era arrivato a Medina dove ormai era protetto, mentre il gruppo che era rimasto alla Mecca era perseguitato dai Quraysh, il Corano rimprovera la pigrizia di coloro che erano a Medina e per pigrizia si rifiutavano di combattere per liberare i loro Mussulmani rimasti alla Mecca. 

Ecco il testo: “Perchè mai non combattete per la causa di Allah e dei più deboli tra gli uomini, le donne e i bambini che dicono: “Signore facci uscire da questa città (la Mecca) di gente iniqua, concedici da parte tua un patrono… un alleato (qualcuno che ci salvi) (IV, 75).

 

E coloro che sono in via di conversione all’Islam se voltano le spalle tornando indietro sui loro passi meritano di essere afferrati e uccisi (cfr.IV, 89) 


Se però i miscredenti che non sono ancora Mussulmani , “se si rifugiano presso gente con la quale avete stabilito accordi… o se pertanto rimangono neutrali e non vi combattono e vi offrono la pace, Allah non vi concede nulla contro di loro”. (IV, 90) se invece non si mantengono neutrali, non offrono la pace e non abbassano le armi, afferrateli e uccideteli…” (IV, 91) 

     

La Guerra nel Corano è sempre legata alla fede, infatti: “Non sono uguali i credenti che rimangono nelle loro case (eccetto i malati) e coloro che lottano con la loro vita e i loro beni per La causa di Allah… a questi è riservata una ricompensa immensa (IV,95). I Mussulmani sono autorizzati a tenere anche le armi durante la preghiera se non sono difesi sufficientemente da qualche presidio, ma mai rinunciare alla preghiera stessa (cfr, IV,102).

La Guerra non deve mai essere solo una questione umana per il potere come spesso oggi sembra. Nella Guerra, Allah lotta per i credenti quindi la vittoria si riferisce a Lui. 

Un caso particolarmente evidente è quello della battaglia di Badr che ha molto in comune con l’uscita del Popolo ebreo dall’Egitto. Durante la battaglia di Badr Allah ha inviato 1000 angeli. Ha poi inviato la pioggia dal cielo che consolidò il terreno sabbioso dove erano i Mussulmani , mentre diventò un mare di fango dove erano gli infedeli, i quali come gli Egiziani nel Mar Rosso rimasero sommersi nel fango uomini e cavalli e in quel contesto di fede il Corano sottolinea: “O voi che credete, quando incontrerete i miscredenti in ordine di Guerra, non volgete loro le spalle” (VIII, 15), “Chi in quel giorno volgerà loro le spalle… incorrerà nella collera di Allah e il suo rifugio sarà l’inferno” (VIII,16) perchè si suppone che si rifiuta di combattere insieme ad Allah per la sua causa stessa. Il riferimento agli Egiziani del Faraone travolti è anche poco avanti dove dice: “ Così avvenne per la gente del Faraone… li facemmo perire per i loro peccati. Facemmo annegare quelli di Faraone perchè erano oppressori”. (VIII,54). 


Per continuare a sottolineare quanto il Corano è distante da certi atteggiamenti fanatici e terroristici ricordo anche il testo che dice: “O voi che credete, quando incontrate un esercito nemico, state saldi e menzionate incessantemente il nome di Allah, affinchè possiate prosperare” (VIII,45) e ancora la vittoria è legata alla fede, infatti: “O profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Che in verità è gente che nulla comprende” (VIII,65). E sia l’indulgenza che la misericordia è spesso presente nella vita del Profeta Maometto. 

Nei versetti che precedono il verso VIII, 67, si parla dei Mussulmani che rimasero con 50 prigionieri e Maometto concluse : “Non si addice a un profeta prendere prigionieri finchè non avrà completamento soggiogato la terra” (VIII,67; cfr, XLVII, 4). Tra coloro che avevano combattuto il Profeta c’erano dei Quraysh parenti dello stesso Maometto quali un suo zio e un genero, ma Maometto diede l’indulto. 


Alla sura IX ad un certo punto il Corano riporta l’impegno dei credenti di combattere gli infedeli perchè hanno attaccato per primi e aggiunge che se hanno paura di loro devono ricordare che è più importante temere lo stesso Allah che chiede di intervenire (cfr.IX, 13). 

In seguito, i cristiani ed ebrei che riconoscono lo stato islamico e pagano il tributo diventano dei “protetti” (IX,29). 

 

Nel Corano, parlare di Guerra è sempre un discorso legato alla fede, come ho detto poco prima, e alla causa di Allah. Allah è al di sopra di tutto e di tutti, e ha autorità di chiedere tutto a tutti, i beni, ogni tipo di ricchezza e la vita stessa. Tutti gli affetti famigliari per importanti che siano devono cedere davanti alla causa di Allah: “Se i vostri padri, i vostri figli, i vostri fratelli, le vostre mogli, la vostra tribù, i beni che vi procurate, il commercio di cui temete la rovina e le case che amate vi sono più cari di Allah, aspettatevi allora che Allah renda noto il suo decreto (contro di voi)! Allah non guida il popolo degli empi. (IX, 24) 

  

Ci sono stati casi in cui alcuni sono stati “dispensati” dalla lotta perchè il Profeta o Allah aveva visto e capito la loro paura, la loro pigrizia o anche la loro indegnità “O voi che credete! Perchè quando vi si dice: “Lanciatevi in campo, per la causa di Allah, restate come inchiodati sulla terra? (IX,38; XXXIII, 13-24). Il Profeta incita con tutte le sue forze pensando alla situazione in cui si trovavano a Medina. Era la fine dell’estate, un caldo terribile, mancavano i viveri, imperversava la carestia, la raccolta dei datteri era ancora distante e si aggiungeva il timore di un attacco da parte dell’Imperatore contro l’Arabia e Medina e anche l’entusiasmo dei tempi gloriosi della conquista della Mecca era scemato e aveva lasciato posto allo sconforto e alla stanchezza, per questo, bisognava chiedere tutto per tutto a tutti: “La vita terrena vi attira più di quella ultima? Se non vi lancerete nella lotta Alllah vi castigherà con doloroso castigo e vi sostituirà (addirittura) con un altro popolo” (IX,38-39; 81-96; III,121-123). 

In questo contesto viene stigmatizzato ciò che Allah chiede per mezzo del Profeta Maometto: il mussulmano deve aspirare alle due cose migliori, “che cosa vi aspettate se non le due cose migliori?” (IX,52) la Vittoria o il Martirio. Quindi da un lato la Vittoria con le conseguenze dell’onore, del bottino, della libertà di commercio e più di tutto della libertà di praticare la propria religione islamica, e dall’altro lato il Martirio come suprema testimonianza della propria fede, che cancella tutte le colpe e prepara la strada ai più beati luoghi del Paradiso. 

    

E chi si è indebitato per sostenere la causa di Allah e si trova in ristrettezze merita di diritto una forma di indennizzo da parte dello Stato Islamico. Le stesse raccolte di elemosina e tutte le spese pubbliche dello Stato erano dirette a otto categorie di persone e tra questi gli indebitati per la causa (generalmente sostegno alle guerre) di Allah (IX,60). 

La jihad quindi è una lotta contro l’apostasia, contro il paganesimo e l’ipocrisia (IX,73), non ha nulla in comune con la Guerra per il potere o per il denaro, o per fare vendetta o rappresaglia. 

E’ difficile pensare come cento anni fa nel 1915-’17 i Turchi abbiano potuto massacrare quasi 2 milioni di Cristiani, torturandoli,e uccidendoli in nome della Jihad, della Guerra santa. E’ comprensibile che il Governo Turco non voglia riconoscere tale crimine perchè non potrebbe difendersi in nessun Tribunale Internazionale. 

O ancora oggi certe posizioni di terroristi in diverse parti del mondo quando vogliono difendere i loro crimini perpetrati per ben altri motivi si trincerano dietro la Jihad del Corano. 

Ho scritto questo testo in difesa del Corano che non ha nulla da condividere con i criminali e rimane un Libro dell’Islam che professa e desidera la Pace e ogni saluto del Mussulmano rimane ancora oggi: “La Pace sia con te”. 

Don Renato Rosso 


P.S.

Chi si dichiara Terrorista Islamico o Terrorista Cristiano o Terrorista Indù sappia che nel momento in cui si ritiene Terrorista 

sappia che nel momento in cui si ritiene Terrorista il nome della sua religione si è già separato da lui. Esempio: potrebbe chiamarsi Terrorista ex-Cristiano, ex Musulmano ecc.

Il cavallo di Troia 

" L' Induismo ed il Mussulmanesimo sono alla vigilia di una grande crisi ".. lo avevo detto  alcuni anni fa e questo continua ad essere sempre più vero. La causa principale è che l' oriente ha aperto le porte all' occidente, che non è né Hindu, né Mussulmano e, ovviamente, nemmeno molto Cristiano.

L' Occidente ha scelto il benessere e tutti sappiamo che nel benessere, coltivato e posto come finalità nei programmi politici e persino religiosi, si finisce per strozzare non solo la religione cristiana, ma tutte le religioni portatrici di spiritualità profonda e di valori etici intramontabili. 

Mi capita talvolta di raccontare, agli amici indiani che fanno fatica a capire quanto stanno diventando dipendenti dalle proposte occidentali, una storia tratta dalla mitologia greca. 

" C' era una volta" dico, " una città che si chiamava Troia, molto ben fortificata, al punto che i nemici, pur essendo molto forti, non riuscivano ad entrare nel cuore della stessa. Alla fine di tanti tentativi se ne andarono lasciando sulla porta della fortezza un grande cavallo di legno, come segno di pace, e partirono. 

Ma, dentro la pancia del cavallo avevano fatto entrare quaranta soldati, armati di tutto punto, che nessuno poteva vedere dall' esterno. Gli abitanti di Troia, felici di aver finalmente terminato la guerra senza ulteriori morti, fecero festa e portarono entro le mura il bel cavallo, considerandolo segno di pace. Cantarono, danzarono e brindarono davanti al cavallo di legno. Nella notte, mentre gli abitanti ormai dormivano, i soldati uscirono dal cavallo ed aprirono le porte della città permettendo così una facile conquista della stessa e lo sterminio totale degli abitanti." 

Vedete, continuo, qui è capitata la stessa cosa: c' era la colonizzazione inglese, che era come una grande spina nella carne dell' India e voi, senza fare una grande guerra, li avete convinti a lasciare il vostro paese libero. Ma, attenzione!, prima di partire, sulla porta di uscita dall' India, prima di andarsene definitivamente, ( e non erano solo inglesi ma anche italiani, francesi, tedeschi, americani etc) hanno lasciato un "piccolo Cavallo di Troia", meno di un metro cubo, imballaggio compreso e che si chiamava Televisione. Voi siete stati felici, l' avete portata dentro le vostre mura ed avete cominciato a guardarla, a contemplarla, a seguirla, ben felici di non avere più gli stranieri in casa; mentre questi per ventiquattro ore al giorno vi mandano i loro messaggi e vi continuano a fare scuola di occidentalismo su che cosa comprare, come vestire, cosa mangiare ma specialmente cosa pensare! " 

Quando i miei interlocutori sentono questa storia riconoscono che vera ma poi cercano di dimenticarla il più presto possibile. 

Oggi un Indiano, un Pakistano o un Bengalese dopo cinque minuti che parla con un occidentale chiede come può ottenere un visto per raggiungere la terra promessa: l' Europa o L' America. L' Occidente è il sogno di tutti. 

In Afganisthan si è ripetuto qualcosa di molto simile. La parabola era iniziata all' inizio della guerra, quando si cominciò con buttare bombe, cibo ed un' infinità di piccole radio (le TV erano troppo ingombranti e fragili!) per far capire quanto i nemici erano buoni e volevano loro bene. Quando si disse che la guerra era quasi finita abbiamo assistito a quel modo veramente volgare di dire agli afgani: " la vostra religione è idiota, i vostri usi e costumi sono stupidi, svegliatevi! Vestitevi finalmente da persone civili, tagliatevi questa barba, buttate via quella ridicola burka, comportatevi da persone civili. Tutto quello che avete è sbagliato! ". 

E così gli afgani continuano sempre ad essere schiavi di qualcuno. Avevano già creduto di essere salvati dai Talibani, poi sprofondarono ancora di più ed adesso sperano nell' Occidente. E dire che la Storia ci dovrebbe pur insegnare qualcosa! Quante volte abbiamo condannato i nostri modi di fare missione in passato, spesso senza rispettare le culture, gli usi ed i costumi locali ed abbiamo voluto fare in fretta perché avevamo la verità in tasca e credevamo di arrivare da civiltà superiori. 

Se avessimo camminato un pò più in punta di piedi, avremmo forse meno Cristiani, ma lo stesso Gesù Cristo sarebbe senz' altro più contento. 

di Don Renato Rosso 

da Nuovo Progetto

Coca Cola e Ramadam

Mi è capitato spesso di chiedere a qualche religioso indù: "Ascolta, in Europa abbiamo un' immagine dell' India, come di un paese di profonda spiritualità, dove la mistica è ancora una dimensione del popolo comune. Ebbene queste realtà, pur essendo interiori, certamente si esprimono in modo visibile. Mi puoi dire dove si può fare esperienza di questa ricca spiritualità, forse di più nei villaggi o nei grandi templi o nelle conversazioni con i guru, i professionisti dell' ascetica?" e spesso mi viene risposto: "Certo, una volta era più facile 'vedere' e rispondono con visibile nostalgia sul volto. 

Ci sono monasteri come quello di Pandicheny nel sud o grandissimi templi come quello di Puskar nel Prafastham o ancora città sante come Varanari nell' Uttar Pradesh e luoghi molto visitati anche dai turisti, ma in quella domanda c' è qualche pretesa in più; nonostante che sessantacinque anni fa il Mahatma Ghandi abbia detto: " Anche se tutti i testi degli Upanishad e tutte le altre sacre scritture improvvisamente andassero in cenere e si conservasse solo un versetto, il primo dell' Isopanisad, nella memoria degli Indù, l' Induismo potrebbe sopravvivere per sempre"; questa affermazione, che ci parla di una ricchezza immensa, trema di fronte al vento secolarizzante dell' Occidente. 

Mi trovavo a Trichi, ed ero arrivato ad un tempio indù in cima ad una collina, con circa tremila pellegrini che stavano salendo la grande scalinata portando le tradizionali noci di cocco ed altre offerte. Durante la salita le persone discutevano di ogni cosa, facevano contratti, si raccontavano le ultime notizie e quando arrivavano in cima, davanti al sacerdote del tempio, presentavano nelle sue mani l' offerta di frutta e denaro. Lui spezzava le noci di cocco, li benediceva e veniva fatto il cammino inverso continuando pressappoco gli stessi discorsi. 

Mi permisi di interrompere il celebrante e gli chiesi se aveva un minuto per me. Egli accettò ed io gli dissi: "Perché non la smetti di spezzare queste 'benedette' noci di cocco e non raduni i pellegrini a gruppi di cinquanta o cento persone dicendo loro perché devono venire su questa collina? Perché non spieghi di fronte a chi si devono veramente inginocchiare? Perché devono pregare? Perché devono fare offerte? Perché devono fare un pellegrinaggio? Perché non ravvivi in loro le ragioni di ciò che fanno? Essi fanno tutto questo soltanto perché i loro genitori lo facevano ma non sanno più il perché? Se tu non fai un' adeguata 'catechesi' per loro essi torneranno ancora e forse in futuro torneranno anche i loro figli, ma lentamente il rito senza motivazioni morirà e questa collina e questo tempio seccheranno come una pianta senza linfa." 

Non mi contraddisse, mi ringraziò ma continuò a spezzare le noci di cocco ed a spargere con una benedizione la sua gente. Qualche tempo fa ero entrato nella casa di Mitul, invitato ad una preghiera funebre per il papà, morto l' anno prima. La famiglia non era povera e due dei figli frequentavano l' Università. Entrai e vidi sei giovani che conversavano di fronte ad un televisore. Chiesi se non fosse arrivato il Bramino per la preghiera e mi dissero " Si, è al piano superiore". " E voi non andate?" soggiunsi; " No, non c' è bisogno in quanto noi l' abbiamo pagato e la preghiera è il suo lavoro!" Al mio rimprovero salirono però tutti con me, senza però essere troppo convinti, quasi soltanto per accontentarmi. 

Se incontrate un giovane universitario e chiedete qualcosa circa la sua religione indù potreste probabilmente avere la risposta data a me:" No, io non so e non mi interesso molto di questo, ma se vieni a casa mia puoi chiedere a mio padre, lui conosce molte cose e ti potrebbe rispondere" 

Ci sono ovviamente credenti seri e profondi, ci sono monasteri dove si vive una ricca spiritualità indù ma entrambi sembrano sempre più rari.In passato i bramini erano i responsabili dell' insegnamento e della scuola di religione. Oggi la scuola di stato si occupa ancora di religione, ma in minima parte; non si occupa della fede del popolo ed allora restano in piedi i riti sempre più vuoti dei grandi contenuti del passato. 

Nel mondo mussulmano capita qualcosa di analogo: ad esempio in Bangladesh, durante il Ramadam che è il mese del digiuno, c' è un momento rituale molto bello, ricco di comunione, che si ripete ogni sera al momento in cui tramonta il sole: è lo spezzare del digiuno, celebrato assieme ad altri. L' ultima mezz' ora prima del tramonto, specialmente nelle città, i mezzi pubblici e privati sembrano impazzire tutti, intasati nel traffico caotico e con il clackson che suona senza remissione, perché tutti vogliono arrivare in tempo a casa per celebrare con la famiglia e gli amici il momento magico della fine del digiuno giornaliero: si beve un bicchiere di acqua e si mangia qualche dattero e qualche frittella o una manciata di muri (riso soffiato). 

Gia qualche anno fa avevo osservato che anche chi per qualche motivo (salute o altro) non aveva potuto digiunare veniva comunque invitato a partecipare a questo momento magico. Ma, tristemente, anno dopo anno, aumentano quelli che partecipano al rito del digiuno: e cioè solo al rito.. senza digiuno. 

Il digiuno è troppo faticoso e poi non è occidentale. Coca Cola e Mc.Donald's non vanno certo d' accordo col Ramadam! 

don Renato Rosso 

Gadhia Lohar

Pacifisti, patriottici e servitori degli eserciti

 Fui invitato ad una festa di matrimonio non lontano da Jaipur. 

Erano tre le coppie che si preparavano alle nozze, anzi i futuri sposi e spose non dovevano preparare assolutamente nulla. I genitori e i parenti stavano provvedendo a tutto. 

In primo luogo i genitori avevano scelto sia le spose che gli sposi, i quali si sarebbero visti per la prima volta solo il secondo giorno di festa. 

I parenti delle tre spose si erano dati appuntamento presso Chksu, nord-est Rajasthan. 

Le famiglie dei tre giovani sposi fecero il primo giorno di festa nei loro rispettivi accampamenti. 

Le forge e il rumore dei martelli avevano lasciato posto a tamburi, trombe, strumenti a percussione e le armonionissime Maik (vere e proprie cornamuse). 

La festa era continuata per l'intero giorno e parte della notte alternando canti, danze propiziatorie, cibo servito agli invitati e qualche momento di riposo per raccontare le ultime notizie specialmente a chi arrivava da lontano. 

Uno degli sposi aveva 14 anni e gli altri uno o due in più. 

C'era un ragazzotto che mi seguiva perché mi capiva meglio degli altri e a volte faceva da interprete, intanto mi portava anche lo zaino. Ad un certo punto gli dissi: "Quando ti sposi, se mi inviti vengo per la festa" e lui mi disse che non potevo. Riformulai la domanda ma ricevetti la stessa risposta. Chiesi allora quanti anni aveva e mi disse 19, che certamente non dimostrava. Era infatti sposato da sei anni con già tre figli. 

Ad un altro chiesi come mai si sposano così giovani e mi disse: "perché poi gli occhi da noi si chiudono presto", e aveva ragione, la loro età media è molto bassa. 

Tornando alla nostra festa ci siamo riposati un poco dopo cena e abbiamo ripreso la festa con solenne corteo dai tre accampamenti degli sposi a quello della sposa. Una celebrazione molto suggestiva, ricca di segni relativi alla fedeltà, alla fecondità e alla pace tra le famiglie. Gli sposi si videro per la prima volta e dopo poche ore si udì un urlo di tutto l'accampamento, urlo di disperazione per la separazione, pareva fosse arrivata qualche terribile notizia di incidenti o di morti. Era il momento per le spose di lasciare la casa dei genitori, i fratelli, le sorelle. Grida di disperazione nel salutarsi per circa mezz'ora, poi le tre ragazze poco più che bambine partirono per la nuova destinazione. 

Il giorno dopo la vita riprendeva normale tra falci, accette, tridenti, zappe, punte di aratri, tutti strumenti che i Gadhia Lohar costruiscono per i contadini. Durante la stagione delle piogge si accampano volentieri alla periferia delle città in grandi gruppi, poi alla spicciolata, con i loro carri e cammelli si inoltrano nei più minuscoli villaggi ad offrire il loro servizio di fabbri specializzati. Non mancano alle fiere e tra queste vorrei ricordare quella di Puskar in Rajasthan a fine ottobre, dove circa dodicimila cammelli trainano un'infinità di carri che trasportano il tutto della fiera. 

L'accampamento adiacente occupa alcune colline, offrendo specialmente ai turisti una visione unica.

I Gadhia Lohar a questa fiera sono re, sacerdoti e servi allo stesso tempo. 

I Lohar in India si suddividono in tante caste e gruppi tribali, ma noi ci occupiamo di uno, che possiamo dire il più importante per la sua storia e per la sua unità tribale. Parliamo quindi solo dei Gadhia Lohar di Chittorgarh i quali si ritengono di casta reale e fanno risalire la loro origine a una storia curiosa. 

I loro antenati sarebbero stati i fabbri dell'esercito del re Rana Pratap, il quale viveva nel grandioso forte di Chittorgarh. 

Merita la pena accennare che, se si esclude la muraglia cinese che strettamente parlando non è un forte, quello di Chittorgarh dovrebbe essere il più grande del mondo, con strada interna di 25 chilometri. 

Quando il Re Rana Pratap è stato vinto dall'Imperatore musulmano Akbar uscendo dal forte insieme ad un grande numero di fabbri, gli attuali Gadhia Lohar avrebbero scelto la vita nomade promettendo a loro stessi di non ritornare a Chittorgarh se non per riprendere il forte e le abitazioni con tutta la gloria e il lusso del passato. 

Si dovrebbe ancora ricordare che solo gli uomini Gadhia Lohar si sarebbero salvati dietro l'esercito, nella pianura di Chittorgarh perché tutte le donne insieme alle principesse, alla regina, in una parola tutte le donne del forte quando videro che l'esercito era vinto e i musulmani entravano nel forte prepararono una grande catasta di legno che incendiarono per bruciarsi vive, piuttosto che lasciarsi prendere da degli uomini considerati fuori casta, quindi impuri. In quella circostanza l'ultima resistenza sarebbe stata fatta dal figlio del re "Rana Pratap, ancora quindicenne, che combattè solo sulla porta del forte contro l'esercito, fino ad essere ucciso. 

Un fatto avvenuto in quel forte che ci dice il senso religioso di quel popolo più che l'amore patriottico fu il gesto eroico di un uomo che per salvare il figlio del re ancora bambino, per evitare che fosse ucciso dai nemici, portò il suo proprio figlio a sostituire il principe considerato divino. 

La storia dei Gadhia Lohar legata al forte potrebbe avere non solo sentore di leggenda, in quanto dopo molti secoli il primo ministro dell'India Nehru il 6 aprile 1955 ha invitato i Gadhia Lohar a ritornare al forte. Ormai l'India era indipendente dal 1947 e il forte non si doveva più considerare occupato da stranieri. Nehru aveva in mente la sendarizzazione di questi 70.000 fabbri nomadi. Ci fu una grande manifestazione con processione dei Gadiya Lohar al forter con il primo ministro Nehru e il forte fu simbolicamente consegnato ai Gadiya Lohar, che ovviamente lo godettero per poche ora. Si intrapresero molte iniziative a favore dei Gadiya Loar stessi, ma senza tener conto della loro vita nomade. 

La prima volta che andai in quella città vidi una grande costruzione per la scuola superiore dedicata a caratteri cubitali ai Gadiya Lohar, ma non un solo figlio beneficiava della medesima. Fu in quell' anno che iniziammo una scuola mobile e una semisedentaria per i bambini dei fabbri nomadi del Rajasthan. 

Anche se in queste righe c'è della leggenda mescolata alla storia è solo per raccontare la grandezza e la dignità di un popolo apparentemente sporco e stracciato, ma con l'anima dei re del passato. 

don Renato Rosso

Nuovo Progetto, gennaio 2003 

La paura che gli intoccabili tocchino la nostra libertà

Quando Rosmini scrisse "le cinque piaghe della chiesa” si sbagliò solo di numero, perché sono molto di più, ma forse è proprio per questo che amo la mia chiesa; la amo perché è sofferente e ferita e fa una gran fatica ad essere coerente.

In un incontro di vescovi indiani in cui aveva presenziato il primo ministro Rajiv Ghandi, lo stesso aveva detto: "voi cristiani che accusate gli indù di seguire ancora il sistema delle caste potete provare di essere completamente liberi da questo?". Qualche tempo dopo gli stessi vescovi in un incontro al sud del Paese dovettero amaramente riconoscere che non ci siamo ancora liberati da questa triste realtà. Fortunatamente questa piaga non è in tutta l’india, ma solo in alcune regioni e specialmente nello stato del Kerala e Tamil Nadu. Premetto ancora che nell’induismo classico, il sistema delle caste è un fatto positivo e viene dal cielo, mentre nel cristianesimo, dove non abbiamo ancora avuto la fortuna di liberarci da questo, lo viviamo come sofferenza e ferita profonda della Chiesa.

E’ avvenuto pressapoco così… all’inizio della conversione al cristianesimo, le caste alte hanno continuato a mantenere i loro privilegi mentre chi proveniva dai fuoricasta non è riuscito a farsi riconoscere i diritti che ha. Da secoli anche i cristiani provenienti dalle classi alte sono sempre stati più ricchi, hanno potuto mandare i figli a scuola e molti tra questi sono diventati anche sacerdoti e religiosi/e, andati poi in missione in tutta l’India e nel mondo. I cristiani provenienti dai fuoricasta, Dalit e intoccabili, sono rimasti a servizio degli altri, perlopiù senza proprietà, impiegati nei lavori più umili e pesanti. I loro bambini spesso sono occupati a vendere tè, sigarette, betel o arachidi nelle stazioni degli autobus o ancora in minuscoli negozietti e nei mercati. Sono pochissimi quelli che vanno a scuola e così l’identità di essere un fuoricasta è rimasta dentro di loro. Anche l’identità di essere superiori, privilegiati e benedetti da Dio è rimasta negli altri. Si potrebbe esagerare dicendo che alcuni sono stati battezzati, cresimati e diventati religiosi o vescovi, ma rimanendo sostanzialmente Indù. Essi hanno letto il Vangelo, quindi il Magnificat, le parabole di Gesù, hanno sentito il discorso della montagna con le Beatitudini, il cap. 25 di Matteo, hanno letto S. Paolo che ci ricorda come siamo una cosa sola, un corpo unico insieme a Gesù e non ci possono essere differenze di nessun genere tra di noi. Hanno letto gli Atti degli apostoli dove si dice che i Cristiani veri erano un cuor solo e  un’anima sola, ma tutto questo non è bastato. Un sacerdote mi diceva: "Io sono di casta alta, e il mio confratello Padre X non concelebrerebbe con me perché lui si sente inferiore". Un altro sacerdote mi dice: "Io non apprezzo le caste, anche se io sono di casta alta, ma che fare? Se do mia sorella in sposa a un cristiano Dalit i miei quattro fratelli non troveranno più a sposarsi, perché tutta la mia famiglia sarà considerata  "contaminata". Ci sarebbe un’alternativa per i miei fratelli cioè quella di sposare tutte ragazze Dalit, ma in questo caso la nostra famiglia dovrebbe tagliare i ponti con zii, nipoti, parenti, amici e diventare fuoricasta".

Non essendoci così il coraggio di uscire fuori dal sistema lo si rafforza attraverso i secoli in Tamil Nadu in alcune città ci sono Chiese cattoliche per i fuoricasta (generalmente poveri o miserabili) e delle Chiese cattoliche per i cristiani che si dicono di classe alta". Voi direte che non è possibile. Voi direte ancora: "come possono leggere il Vangelo in quelle chiese? Come possono andare a fare la comunione? Come possono diventare sacerdoti, suore e vescovi?". Mi verrebbe di gridare: "almeno siano scomunicati, per sapere che quello non è Cristianesimo! Intanto pregheremo tutti e faremo penitenza per questo tralcio di vite staccato dal tronco!".

Mi fermo qui. Lo scopo di quest’articolo non è di dire: "come sono cattivi quei cristiani!" oppure: "preghiamo per la loro conversione", ma è ben altro.

C’è una città che si chiama Pianeta Terra e in quel pianeta ci sono le chiese di coloro che appartengono alle caste alte e vivono nei quartieri che si chiamano Europa, Stati Uniti etc. e nella periferia della stessa città, nelle baraccopoli, che si chiamano Africa, India, Brasile etc. ci sono le chiese cattoliche dei fuoricasta cristiani. Gli uni credono di essere superiori e gli altri credono di essere inferiori.

Adesso ho la tentazione di non chiedere più la scomunica per nessuno eppure dovrei averlo questo po’ di coraggio anche se so di essere scomunicato anch’io, però non posso accettare che il cristianesimo di Gesù Cristo sia confuso con una farsa che recitiamo in tanti, in troppi, solo perché noi abbiamo paura che gli intoccabili tocchino le nostre stesse libertà.

Don Renato Rosso

Pubblicato su Nuovo Progetto ottobre ’03 

Islam: tre articoli da leggere!


Islam: Bugie e realtà  

Passando in Italia nel mese di giugno 2004, mi sono sentito a disagio in molti luoghi dove il discorso anti islamico era troppo evidente.

 La parola musulmano è diventata sinonimo di criminale. Mio Dio! Questi musulmani sono cosi fanatici! o l’Islam è proprio una religione medioevale! Ammazzano la gente, come si ammazza una mosca.

Se ne parla comunque meno dello scorso anno, perché ormai è dato per scontato che è proprio vero, è dogma di fede che se i musulmani non sono terroristi in azione lo sono in potenza. Per tutto questo bisogna prendere una serie di precauzioni.

In India si pensa in un modo simile. Gli 800 milioni di indù pensano che i 100 milioni di musulmani stanno diventando sempre piè loro nemici perché si fa sentire sempre più l'eco delle grida internazionali anti islamiche.

Gli indù che credono di essere così pacifisti dimenticano che se un Bramino era toccato solo dall'ombra di uno dei 250 milioni di Dalit (intoccabili), correva a lavarsi dalla testa ai piedi, e questo non è distruggere l'altro? Ho visto io dei bambini figli di Bramini giocare e buttare sterco in un pozzo di "intoccabili" e questi non solo non potevano dare uno scappellotto ai marmocchi, ma nemmeno gridare. Questi fatti non sono del secolo scorso, ma di oggi.

E ancora i pacifisti Indù, quando gridano contro i musulmani, si dimenticano che fino al secolo scorso (e qualche caso capita ancora) buttavano le donne vedove sul rogo mentre bruciava il cadavere del marito defunto.

E se qualcuno dice che questo appartiene al passato, la distruzione della Babri.Masjid non è del medioevo o i 2500 musulmani uccisi in Gujarat ad inaugurare questo millennio, pure. Ma adesso bisogna gridare contro questo popolo.

Non faccio esempi per dire che noi cristiani d'Europa siamo ben meno pacifisti di qualunque popolo asiatico, sia musulmano che indù.

Basti pensare nei 2000 anni di cristianesimo e nonostante il cristianesimo, quanti milioni di cristiani ci siamo uccisi tra di noi nelle guerre di difesa, quelle di attacco, quelle di indipendenza, ecc. Ma adesso bisogna gridare che i musulmani sono violenti.

Se un musulmano dice una idiozia contro i cristiani, lo si intervista subito, perché crei la nuova mentalità anti islamica.

Se un Osama Bin Laden è pazzo di natura sua o lo hanno fatto tale quando gli americani lo hanno costruito capace di combattere i russi in Afganisthan o se un Shahi Imam invita i suoi connazionali a fare la guerra santa contro l'America, possiamo dire che rappresentano l'islam? Quali musulmani li hanno autorizzati a rappresentarli? Il fenomeno è lo stesso che accadde negli anni prima dell'ultima guerra mondiale in Germania. Si cominciò a gridare che gli ebrei sono pericolosi, poi si disse che sono di una razza inferiore, poi, per renderli più detestabili, li associarono agli zingari che essendo nomadi non avevano mai goduto di buona reputazione.

Dopo queste propagande anti semitiche molti si convinsero che era proprio vero.

Un giorno ci siamo svegliati e abbiamo sentito la notizia che 6 milioni di ebrei e zingari erano stati bruciati.

Le propagande sono pericolose. I musulmani sono terroristi? (Vivo insieme a loro da dodici anni) Non lo sono! Anche se ce ne sono tra di loro. La religione islamica appoggia la violenza? Né la religione musulmana, né quella indù e meno quella cristiana appoggiano la violenza o il terrorismo: sono gli "infedeli di queste religioni" che sono violenti, criminali e terroristi, i non musulmani, i non indù, i non cristiani, questi sì sono pericolosi, non le religioni!

Visto che ho sottolineato il "gridare al lupo" contro i musulmani concludo solo con una domanda: nelle ultime due guerre tra coloro che si dicono cristiani e coloro che si dicono musulmani, quante donne e quanti bambini sono stati uccisi tra gli americani (calcoliamo pure i morti delle due torri) e quanti ne sono stati uccisi tra gli islamici? E i 600 mila bambini Irakeni uccisi sono stati vittime di quale terrorismo? Essi hanno avuto una colpa, sì: quella di essere nati in un paese dove qualche anno fa si è scoperto il petrolio.

Dobbiamo metterci di più in guardia.

Specialmente noi italiani dobbiamo essere più critici e obiettivi. Una bugia come quella del terrorismo islamico solo perché è gridata, ripetuta su tutti i giornali e in tutti i canali televisivi, dai buoni e dai cattivi, dagli intelligenti e dagli stupidi, non diventa mai una verità solo perché ha un consenso internazionale.

Don Renato Rosso 

  

Islam e la schizofrenia religiosa  

Non c'è bisogno di ammazzare qualcuno che già sta morendo o è già morto.

 Qualche anno fa un filosofo europeo disse di non perdere tempo a combattere il cristianesimo perché secondo lui era gia morto. Dirò qualcosa di simile anche del musulmanesimo.

Un signore qualche tempo fa mi disse: "Vedi, adesso i musulmani stanno invadendo l'Europa, o meglio i paesi cristiani. Noi non abbiamo quasi più figli, mentre le loro famiglie continuano ad essere sempre numerose. I conti sono presto fatti: noi spariremo e l'Islam diventerà l'unica religione nel mondo".

 Ho cercato di aiutare l'amico a guardare la storia con più realismo.

 Uno storico amava ripetere che Maometto non attraversa i mari. Voleva dire, penso, che il musulmanesimo vero, quello che si identifica con tutta la tradizione coranica, è quello e solo dei paesi islamici strettamente parlando. Il musulmano che viene in Italia dopo essere stato sradicato dalla sua terra, per alcuni mesi continuerà tutto come prima: preghiera, dieta, vestiario, ma dopo i primi mesi e per alcuni, dopo qualche anno, le cose cambiano.

Per la donna non vestire più la Burka (velo che copre il volto), non è questione di moda, ma di etica. Per un musulmano iniziare a fumare, bere alcool, mangiare carni proibite dal corano, non significa solo inculturarsi nel mondo occidentale, ma significa in primo luogo abbandonare la propria religione sotto l'effetto ubriacatura dell'occidente.

 Non pensiamo che i 7 milioni di musulmani in America conservino integralmente la loro religione! Essi conservano sì la loro identità religiosa. A qualunque di questi noi chiediamo: "Chi sei?" ci risponderà "musulmano", ma noi sappiamo quanto si è svuotata questa parola. Nella pura tradizione coranica la politica e ogni attività sociale è parte integrante della religione o almeno religione e politica sono un tutt'uno.

 Cosi era per noi al tempo del Sacro Romano Impero, e cosi è ancora per loro.

 Questo discorso non esclude che alcuni si conservino veri musulmani, alcuni integralisti e alcuni anche fanatici. Dietro quest'ultima parola, al 999 per mille ci sono sempre interessi politici, di potere ed economici.

 Ho parlato in generale e dirò di più.

 Non solo strettamente parlando Maometto non attraversa i mari, ma lo stesso musulmanesimo nei paesi islamici non è più quella religione compatta ed integrale di pochi anni fa.

 Sta sviluppandosi in Asia tra i musulmani una pesante schizofrenia religiosa: l'identità formale è una, la realtà è un'altra.

 Esternamente sembra che non sia capitato nulla, ma di fatto è in atto una rivoluzione senza precedenti dal tempo di La Mecca e del pellegrinaggio a Medina.

Se all'inizio di aprile qualcuno fosse capitato nel mio accampamento di Khulna in Bangladesh, avrebbe pensato che il musulmanesimo si mantiene integro. Avreste potuto vedere alle ore 5,15 tutti gli uomini, giovani e adolescenti maschi, alzarsi dalle loro tende, purificarsi secondo la legge del corano e correre verso la moschea vicina. Tutto sembrava ok. Già quattro anni fa avevo scritto che l'apparenza poteva ingannare. E' venuta la prova. Il 13 aprile 2004 sono arrivati in accampamento due mini televisori, in bianco-nero, vecchi e in cattiva conservazione. Si poteva comunque intravedere qualche immagine e qualche suono, anche se molto confuso. E' bastato questo. Già dal 14 mattino le grida dai minareti non furono più sufficienti. Il Maulana, che invitava alla preghiera, cominciò a chiamarli per nome, poi ripeteva le benedizioni che Allah avrebbe dato, poi le maledizioni che avrebbero meritato, ma a nulla valsero. I miei amici erano in coma. La televisione ha dato solo l'occasione di far vedere ciò che sotto l'apparenza non esisteva più.

Un secondo fatto per spiegare questa schizofrenia religiosa.

 Dieci anni fa il 90% dei miei Jajabor faceva il digiuno, poi si è passati all'80%, poi al 50%, poi ancora al 30%. Oggi non più del 20% dei miei amici di Khulna fa il digiuno, ma al momento dell'Iftar, cioè dello spezzare il digiuno, tutti sono presenti. Tutti celebrano il digiuno fatto durante la giornata, che però non hanno fatto. Questa è la storia di una cultura che crolla! Non dico la religione, ma la cultura islamica.

Don Renato Rosso 

 

Islam e il crollo delle culture

Non solo sta crollando la cultura islamica, ma anche quella indù. Per la cultura cristiana c'è una differenza e cioè che il processo scismico è cominciato già mezzo secolo fa. Quel processo di secolarizzazione iniziato tra le classi più socialmente evolute non ha tardato a raggiungere tutti i segmenti della società e ogni angolo della Chiesa è stato scosso.

 Il processo è tutt'altro che finito.

La cristianità, la cultura cristiana sta crollando; non dico il Vangelo, né la Chiesa, ma la cultura di questa Chiesa. La nostra casa dove celebriamo la vita cristiana è piena di parafranaglie o orpelli dell'impero romano, del Sacro Romano Impero e altri più moderni del Medioevo.

L'architettura delle chiese, che ha raggiunto altissimi livelli in quelle culture, è rimasta la stessa. Il vestiario delle liturgie è quello di allora: i chierichetti vestono come S. Tarcisio, i diaconi come i consoli romani, mentre i preti e i vescovi con gli abiti dei principi e re di allora. La musica, cosi creativa nel medioevo, si è poi paralizzata per secoli. Fra qualche anno andremo a sentire qualche concerto di Gregoriano alla Scala di Milano, tanto è una musica preziosa, ma averla fatta cantare per 900 anni agli italiani, ai canadesi, cinesi, giapponesi, sudafricani etc, tarpando cosi la creatività di interi popoli, forse è stato troppo.

Già prima del 68 si è cominciato a dire dei no e negli ultimi anni si è continuato. Il terremoto non è finito e non ci devono scoraggiare i crolli del mondo che credevamo eterno. Le culture non sono eterne, anzi non sono mai esistite più di 2000 anni.

La cultura indù segue la stessa legge. Indù e musulmani, avendo aperto le porte all'occidente, stanno entrando nel ciclone della secolarizzazione, che non perdona nulla a nessuno. I grandi valori della Ghita e del Corano, come quelli della Bibbia, certo rimarranno, ma saranno vissuti in modi molto diversi dalle generazioni future.

Ed ora vorrei azzardarmi ad una profezia di grande speranza.

L'Asia, incontrandosi con l'occidente, non prenderà solo coca‑cola, jeans, droga e discoteche ma anche dei valori che pure nell'occidente ci sono.

Il terremoto che dovrà modificare radicalmente lo scenario della nostra religione cristiana, può avvenire per tappe dove parti del nuovo mondo si sostituiranno all'antico, oppure in modo radicale e violento, come è stato per molti anni in Russia e in modo molto più radicale in Albania etc.

Rimane in ogni caso il fatto che in questi 2000 anni il Cristianesimo ha seminato alcuni semi indistruttibili nelle nostre culture: primo fra tutti l'attenzione all'altro, il rispetto, il riconoscere l'altro.

Il linguaggio cristiano ha chiamato questo con il nome di "amore al prossimo" (che rende l'amore a Dio più vero).

Se c'è stata tanta violenza tra noi, c'è pure stato tanto martirio e tante vite date per gli altri. Oggi vediamo un segno visibile nel volontariato. Molte persone affermano di sentirsi bene a fare qualcosa di bello per gli altri. Alcuni si dichiarano atei e sono entrati nelle file del volontariato e molti non sanno che alla radice di questo desiderio di aiutare l'altro ci sono i preziosi SEMI del Cristianesimo.

Questi semi resisteranno a qualsiasi crollo di una cultura cristiana invecchiata eccessivamente. E dalla ceneri di questa distruzione di cui non possiamo prevedere le dimensioni, questi semi cristiani germoglieranno in una cultura nuova, insieme ai "'semi del Verbo" presenti in tutte le culture e quindi saranno presenti anche in questa era postmoderna.

Dal loro canto, anche musulmani e indù si spoglieranno dei loro abiti troppo ammuffiti. Anche dal loro terremoto alcuni semi preziosi, come quello del rispetto per la natura nel mondo indù o il senso della preghiera nel mondo islamico, resteranno vivi sotto le ceneri. Avremo tutti da guadagnarci se saremo capaci di non continuare a scomunicarci a vicenda.  

 Don Renato Rosso    

Don Renato e i "Bede" dell'India

Don Renato Rosso, F. D. della nostra Diocesi (Alba), conosciuto ed amato da tutti come "lo zingaro di Dio" ci scrive della sua gente gitana, dell'India e Bangladesh. Desideriamo presentare i nostri fratelli zingari con questa nota introduttiva, tratta da "Tempi di fraternità", Marzo 2001.

   Gli Zingari vivendo secondo costumi specifici, differenti da quelli delle altre società, furono perseguitati fin dalla loro apparizione in Europa. L'idea della persecuzione è profondamente ancorata nella loro coscienza e con ragione. Molti paesi pubblicarono un editto dopo l'altro per la loro discriminazione ed il loro annientamento. Tra i vari editti, anche una scomunica (1422). Nel 1500, l'imperatore Massimiliano, rese illegali gli zingari, cosicché chiunque poteva arrestarli e ucciderli. In Inghilterra, sotto il regno di Elisabetta I, 18.000 zingari furono impiccati solamente per la loro origine. Il re prussiano Federico Guglielmo I pubblicò un decreto, nel 1725, secondo il quale gli zingari, uomini e donne, arrestati sul territorio dell'impero, dovevano venir uccisi senza processo. In Spagna, l'esercito rastrellò tutti gli zingari possibili, per un totale di 12.000 persone, e li fece assassinare il 20 luglio 1749.

   In Moldavia e in Valacchia gli zingari erano schiavi, trattati come bestie, a partire dal XVI secolo. Nel 1837, Mihael Kogalniceanu ha notato: "Nella mia gioventù, ho visto esseri chiamati uomini incatenati mani e piedi. Erano crudelmente frustati, alcuni erano gettati nudi nel fiume ghiacciato... Gli zingari furono sottomessi ad una tale tirannia... Né le persone, né la Chiesa, né i giudici mostrarono pietà nei loro confronti". La schiavitù degli zingari in Romania non finì che a metà del sec. XVIII, nel 1856.

   Il genocidio più tremendo della storia è legato al nazismo di Hitler. Fra il 1942 e il 1945, 600.000 zingari furono uccisi in diversi campi della morte e sulle strade che vi conducevano. Per la maggior parte delle volte i deportati furono massacrati fin dal loro arrivo. Quelli che non venivano spediti subito nelle camere a gas, dovettero subire esperienze atroci. Nei loro canti di dolore è più volte presente il nome del dottor Mengele. Secondo l'ideologia tribale zingara, è la grande famiglia, coi suoi legami di sangue, che offre la massima sicurezza: la perdita dei genitori e dei più stretti parenti è uguale alla perdita della forza protettrice della comunità.

   Solo nel 1980 e dopo varie ambiguità (si diceva che gli zingari furono internati in quanto delinquenti comuni) il governo tedesco riconobbe definitivamente che gli zingari avevano subito "sotto il regime nazista, nell'Europa occupata, una persecuzione razziale".

   Nei vari processi contro i nazisti responsabili di crimini contro l'umanità, mai nessuno si preoccupò di sentire la testimonianza di un solo zingaro, nessun responsabile fu chiamato a rendere conto dello sterminio degli zingari. Solo all'ingresso del famigerato campo di Auschwitz vi sono i colori della bandiera zingara, mentre in alcune ricorrenze dello sterminio venne rifiutato loro il diritto di innalzare la loro bandiera: una popolazione senza territorio non ha nessun governo che rivendichi giustizia... 

Zingari del continente indiano

Questa relazione parlerà degli zingari di oggi, della loro storia e dei loro bisogni pastorali. Tuttavia, innanzitutto parlerò degli "Zingari" del continente indiano, ai quali sono stato inviato come sacerdote.

   Quando incontriamo una persona per la prima volta, gli chiediamo chi sia, da dove venga, quale sia il suo nome ecc.. Io, in questa relazione, mi accosterò alla tematica nello stesso modo, poiché questa è la prima volta che vi parlo di questi   "zingari".

   Incomincio dicendo che quando parliamo di nomadi del continente indiano, preferirei non usare la parola "zingari", poiché questo termine è stato dato ad un   piccolo   ramo   del   grande   albero:   un ramo che è emigrato in Europa. Nel continente indiano noi ci troviamo davanti ad un grande numero di gruppi nomadi, che nel corso dei secoli si sono diversificati attraverso il tipo di lavoro, costumi di vita, dialetti. Il risultato è che ci troviamo davanti ad una moltitudine di rami che sembrano parte dello stesso tronco del nomadismo originale, ma forse  vi  sono  uniti  solo  superficialmente.

Se noi andiamo indietro nel tempo, a rintracciare le loro origini e le loro relazioni etniche, noi scopriremmo pagine sconosciute della loro storia e preistoria, piene di sorprese. Ma io sono "pastore " e non etnologo. Ho scelto gli itineranti per   il   mio   ministero,    perché   queste persone  hanno

bisogno  di   una  speciale cura  di  lavoro  pastorale.

   Per questa ragione, senza escludere nessun studio, o ricerca sul rapporto tra gli zingari e l'enorme famiglia nomade di cui essi sono parte, io iniziai il mio lavoro - dialogo - presenza, con due principali gruppi nomadi del Bangladesh: i Bede e i Kaura.

   È grazie al sostegno del Vescovo di Khulna (Bangladesh), Monsignor Michael D'Rozario che andai a vivere mn Inrn All'inizio vivevo con gruppi semi-sedentari in capanne di bambù. Poi andai a vivere con gli zingari del fiume, che vivono sulle barche. Più recentemente mi sono accampato con due gruppi che vivono in tenda. Tutti questi sottogruppi appartengono al gruppo dei Bede. Altri gruppi che vivono in comunità sedentarie, li chiamano "Giagiabor" (coloro che camminano), ma essi preferiscono definirsi "Manta".

   Dai dati iniziali raccolti tra gruppi conosciuti, ho ottenuto 51 nomi di città e villaggi dove sono situate grandi numeri di famiglie Manta. C'è anche un grande gruppo nomade, che si reca in questi posti solo nelle festività o per eventi di famiglia. Ci sono almeno 422.000 Bede che vivono in Bangladesh. L'85% di questi sono nomadi, mentre solo il 15% sono sedentari o semi sedentari. Né il sottoscritto, né le 11 famiglie patriarcali con le quali ho lavorato, pretendiamo di sapere tutto sui Bede del Bangladesh. Ci sono molti gruppi al di fuori delle  aree  che  osserviamo.

   I sottogruppi che conosco sono: Mal Manta, Sapuria Manta, Bajigor Manta, Boishel Manta, Shandar Manta, Toile Manta, Laua Manta, Misshikari Manta, Bash Phor Manta, Maturala Manta. I loro nomi si riferiscono alle attività lavorative   che svolgono.

   Sono guaritori, fanno spettacoli nei luoghi del loro passaggio con serpenti, scimmie, e qualche volta cavalli. Vendono amuleti, ciondoli, braccialetti e gioielli, cacciano uccelli e serpenti e pescano.

Sono notati come specialisti nel guarire occhi e denti, particolarmente nei villaggi.

   Essi cercano oggetti perduti nelle acque degli stagni che in Bangladesh sono molti,  e  si chiamano "pukur".

   Confezionano cestini e oggetti di utilità domestica, di bambù o iuta, alcuni lavorano  il  metallo.

   I semi-sedentari vivono in capanne di bambù. Un gran numero di nomadi vive su barche, che sono molto simili alle vecchie roulotte di legno (certamente senza ruote), montate su uno scafo. Altri vivono in piccole tende, fatte con pezzi di plastica.

   C'è un altro importante gruppo di nomadi:   i  Kaura.

   Questi fino a pochi anni fa si spostavano con la famiglia intera. Oggi i vecchi e i bambini vivono in specie di case. Solo ì maschi, adulti, giovani e adolescenti, allevano e commerciano i maiali.   Tutti i bede che ho incontrato sono musulmani.

Tutti  i  Kaura  conosciuti  sono  Hindù.

   Con loro non mi è possibile svolgere alcuna evangelizzazione, né direttamente, né indirettamente, in vista di conversioni; infatti c'è un accordo con il Governo per non svolgere attività pastorali in nessuna maniera per i non - cristiani. Cosa posso sperare di fare, sotto il profilo pastorale?. Qualcuno potrebbe obiettare che "qualunque ateo potrebbe fare ciò che faccio io"!

   Questo è vero, ma c'è una differenza. Innanzitutto io ho un mandato: e non di una organizzazione filantropica o di un centro di ricerca. È il Signore Gesù che mi manda. Egli ha detto, in altre parole, (Mt. 28,19) di andare al mondo, di amare tutte le genti, e di amarle nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

   Cosa faccio concretamente nel mio lavoro   quotidiano?

   Per me è sufficiente condividere la loro vita, il loro lavoro, amarli e coltivare la loro amicizia e fiducia, essere testimone di un Dio che li ama, pregando per loro e a nome loro.

   Conduco sostanzialmente una vita da monaco, una vita a cui essi sono abbastanza   familiari.

   Aggiungerei ancora qualcos'altro: i nomadi del Bangladesh, come molti altri concittadini sedentari, vivono in uno stato di emarginazione e di privazioni. Non hanno scuole, né assistenza sanitaria, e sovente sono privi delle necessità elementari per la sopravvivenza. Per questo motivo ho dovuto cambiare un po' il mio programma iniziale. Dopo un terremoto, come posso dire di amare qualcuno che è sepolto dalle macerie, se non l'aiuto a tirarsi fuori di lì?

   Per questo motivo mi sono interessato dell'educazione. Non sono io a portare avanti questo impegno direttamente; ho messo in piedi piccole strutture sociali -educative, che coinvolgono i nomadi, e che loro gestiscono svolgendo in prima persona il lavoro. Si tratta di "scuolette" all’insegna della provvisorietà, su aree semi-sedentarie,   su   barche   oppure   in tende.

   Al momento presente, le scuole presenti tra questi fratelli, sono un centinaio, tra quelle in India e quelle in Bangladesh.

Questi  sono  i  segni  dell'amicizia.

   Io visito tutte le scuole di tanto in tanto, ma questo non mi impedisce di vivere la mia vita normale di presenza tra un gruppo e l'altro, per un certo periodo di tempo. Si può dire che questo sia   attività   pastorale?

   Certamente è un'attività pastorale incompleta, ma è l'unica che può esistere  tra questi  fratelli.

   don Renato Rosso  

Persecuzione: religiosa o politica?

Alcune riflessioni sugli ultimi episodi politico-religiosi in India

 Si è parlato molto di persecuzione ai Cristiani nel sub-continente indiano. Le notizie certo sono vere, come le uccisioni e le violenze, vorrei però riflettere su questo insieme di notizie, che potrebbero dare un’immagine distorta della situazione.

Già durante la campagna elettorale indiana, che portò il BJP (Bharatya Janata Party) al potere nel ‘98 e più ancora nella campagna del ‘99, molti discorsi presero un tono nazional-religioso.

Si prospettò, con sempre più enfasi, l’unità nella religione indù come elemento agglutinante di tutte le istituzioni statali. Le minoranze religiose cioè i cristiani, i mussulmani e gli animisti tribali diventarono, in qualche modo, nemiche del BJP attualmente al potere, perché scomunicate da questo stesso partito.

Si deve dedurre che non c’è persecuzione religiosa in quanto tale, bensì persecuzione politica, anche se chi muore può essere un vero martire della fede.

Un fatto particolare e prototipo delle persecuzioni in India aveva suscitato scalpore: un pastore che faceva servizio di catechesi in un villaggio fu aggredito con i suoi due figli, legati, cosparsi di cherosene e bruciati nella loro stessa auto. Questa non era un’azione contro la religione in quanto tale, bensì mossa dal timore che i cristiani diventassero troppo forti: in quella località il partito che li combatteva avrebbe perso le elezioni.

Le persecuzioni e l’accusa rivolta ai cristiani, in India di voler convertire gli indù e in Bangladesh i mussulmani, nasconde sempre qualche altra ragione non attinente alla fede e non è cosa di oggi. Venti anni fa due suore raggiunsero la regione di Sundur in Karnataka dove non c’erano cristiani. Dopo le prime settimane di buona accoglienza cominciò la persecuzione. Un capo politico e proprietario di alcune colline cariche di minerali iniziò la lotta contro le povere suore facendo, “terra bruciata” intorno a loro nel giro di poco tempo, e la ragione era sempre la stessa: "sono cristiane e certamente prima o poi cercheranno di convertirci e noi perderemo la nostra religione". Le sorelle si limitarono a restare, come una presenza. Oggi il famoso persecutore diventato Ministro di Stato e anche amico delle sorelle confida che a lui venti anni fa non interessava la religione, ma era certo che queste donne “pericolose” avrebbero avviato una scuola e gli alunni diventando adulti non si sarebbero fermati in quella regione a estrarre i minerali dalle sue miniere. Lui aveva bisogno di analfabeti e non di dottori, ma non lo poteva dire, per questo preferiva ripetere: "attenzione ai cristiani che vi convertono!". Oggi  capita questo nei paesi mussulmani del Medioriente, in quelli Indù del  sub-continente indiano e in diverse parti dell’Oceania: è un problema specifico dell’Asia.

Quando venti secoli fa gli imperatori si scatenarono contro i cristiani probabilmente non avevano nulla contro Gesù, ne pensavano di difendere Giove o Giunone, temevano semplicemente di perdere il potere. In ogni caso i cristiani che si lasciarono uccidere per Gesù furono autentici martiri della fede e furono tanti.

A conclusione dico che in Asia la persecuzione c’è, ma non pensiamo che siano tanti i coraggiosi come quel pastore o quelle suore che hanno scelto di stare con i poveri   lavorando con essi, i coraggiosi sono pochi. La ragione potrebbe stare nella confidenza che mi fece un grande amico e arcivescovo indiano il quale diceva: "anche se ai politici interessa solo la politica, essi sarebbero comunque disposti a perseguitarci, ma la Chiesa indiana ha preferito non lasciarsi perseguitare". Tutti riconoscono quanto è prezioso il sangue dei martiri, ma nelle parole dell’arcivescovo c’è la visibile tristezza del compromesso e dell’incoerenza che sono le componenti essenziali per evitare il martirio.

di Renato Rosso

da Nuovo Progetto, febbraio 2003 

Rosario missionario

Rosario missionario con i misteri del Padre Nostro e dell'Ave Maria

In missione con il Padre e le Madre per portare il Figlio nel mondo

di Don Renato Rosso

Misteri

Il primo mistero gaudioso:

un Angelo annuncia a Maria la nascita di Gesù. 

Il primo mistero doloroso:

un Angelo annuncia a Gesù la sua morte e lo consola. 

Il primo mistero glorioso:

un Angelo annuncia che Gesù è risorto.

Gesù nasce per noi, muore per noi e risorge per noi, per restare definitivamente con noi.

Nella nostra vita la gioia e la sofferenza si intrecciano. Il   dolore che ci uccide e lo sguardo al Cielo camminano di  pari passo.

Questa è la storia di ogni uomo sotto ogni cielo, ma molti   non hanno ancora sentito questi tre Angeli o non hanno ancora creduto al loro annuncio; per questo noi, che pure annunciamo    la nascita, la morte e proclamiamo la risurrezione di Gesù, preghiamo per ognuno di loro.

Il secondo mistero gaudioso:

Maria inizia la Missione per aiutare la cugina Elisabetta. 

Il secondo mistero doloroso:

Gesù inizia la Missione  della Passione con la flagellazione. 

Il secondo mistero glorioso:

Gesù, salendo al Cielo, manda la Chiesa in missione in tutto il mondo.

Maria va da Elisabetta per servire e per dire anche a noi che la prima virtù è la Carità: l’Amore. Questa è la prima e l’ultima cosa da fare se incontriamo Gesù e la dobbiamo predicare a tutti.

Gesù, iniziando la Passione con  la flagellazione, offre l’ultimo servizio terreno a tutti noi, indicandoci che se vogliamo seguirlo dobbiamo accettare le stesse ferite:  solo se moriamo con Lui risorgeremo con Lui.

Gesù, salendo al Cielo, ci manda a percorrere tutta la terra, per annunciare la sua nascita, morte e resurrezione e battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il terzo mistero gaudioso:

il Re del mondo nasce in una stalla a Betlemme. 

Il terzo mistero doloroso:

Gesù viene incoronato Re  con una corona di spine. 

Il terzo mistero glorioso.

Lo Spirito Santo scendo nel Regno di Dio.

Il Re del mondo era atteso con aspettative di grandezza e forza come quella dei Re che vivono in palazzi e vestono abiti preziosi, ma Gesù nasce in un presepio di povertà.

Mentre alcuni amici vorrebbero incoronare Gesù Re con corone d’oro e diamanti, Gesù li delude  e si lascia incoronare di spine.

Proprio perché l’uomo non capisce  questo nuovo Regno che è detto Regno di Dio, lo Spirito Santo scende  negli abitanti di questo Regno stesso per illuminare, far capire e far conoscere questo Regno nella debolezza e povertà, fino a conquistare tutti i confini del mondo.

Il  quarto mistero gaudioso:

Gesù è consegnato al tempio. 

Il quarto mistero doloroso:

gli uomini consegnano la croce a Gesù per salire il Calvario. 

Il quarto mistero glorioso:

la terra consegna Maria al Cielo.

Maria e Giuseppe riconoscono che Gesù  non è loro proprietà privata e lo consegnano a Dio che accetta il dono e lo ridona a Maria e Giuseppe e a tutti noi.

Di fronte al Calvario gli uomini hanno consegnato la croce a Gesù che la porta fino alla fine, poi ce  la ridona, non per vendetta, ma con amore, perché anche noi percorriamo quello stesso cammino.

La terra ha consegnato Maria al Cielo, il Quale l’accoglie e ce la ridona perché resti sempre con noi, nella gioia e nella sofferenza e noi dobbiamo far conoscere questa Madre a tutto il mondo, perché se qualcuno non la conosce, rimane orfano di Madre.

Il quinto mistero gaudioso:

Gesù perso è cercato da Giuseppe e Maria per tre giorni. 

Il quinto mistero doloroso:

Gesù morto è atteso dalla Chiesa per tre giorni. 

Il quinto mistero glorioso:

la Trinità incorona Maria, Madre della Chiesa.

Maria e Giuseppe sono il segno di tutte le volte in cui noi perdiamo Gesù; per questo non ci possiamo mai scoraggiare.. 

Oltre lo smarrimento, possiamo fare la dura esperienza  del peccato, che è morte spirituale.

Di fronte alla morte rischiamo di perdere tutte le speranze e non aver più la forza di cercare lo stesso Gesù né sperare che torni, ma uniti a tutta la chiesa osiamo annunciare la sua morte, proclamare la sua resurrezione nell’attesa della sua venuta. 

La stessa Madre di Gesù, che lo cercò e attese nelle lacrime, ci è data come Madre e con Lei porteremo Gesù in tutti i cuori del mondo: questa è la nostra missione.

Padre Nostro

Padre nostro che sei nei cieli   

Tu che vivi nel cielo e nel profondo degli abissi del mare, nel fuoco delle galassie incendiate, nel magma profondo dei pianeti, negli inseparabili atomi della materia, in ogni energia e negli spazi senza confini; Tu che sei nei pensieri e nei sentimenti più profondi dell’umanità; Tu che hai scelto il cuore umano come tua casa permanente dove abitare, Tu sei nostro Padre.

Preghiamo perché tutto il mondo conosca questo mistero.

10 volte: Padre nostro che sei nei cieli.

Padre, sia santificato il tuo nome.  

Santo, Santo, Santo è il tuo nome, Padre, Dio dell’universo.

Il tuo nome è santo ed è nel nome del Padre, è nel nome del Figlio, è nel nome dello Spirito Santo che noi iniziamo e terminiamo ogni azione della giornata.

E’ nel vostro nome, o Trinità, che celebriamo ogni preghiera, è nel vostro nome santo che celebriamo ogni Eucaristia ed è nel vostro nome che siamo mandati a battezzare tutte le persone della terra.

10 volte: Padre, sia santificato il tuo nome. 

Padre, venga il tuo Regno. 

Preghiamo perché presto si realizzi il tuo Regno in ogni cuore umano.

Venga presto il tuo Regno!

Regno di giustizia e di pace.

Regno della tua misericordia infinitamente giusta e Regno della tua giustizia infinitamente misericordiosa.

Venga il tuo Regno, dove i poveri sono beati, dove i puri di cuore ti vedono.

Venga il tuo Regno, dove gli affamati e assetati sono saziati, dove i nudi trovano il tuo abbraccio, dove i prigionieri vedono le loro catene spezzate.

Venga il tuo Regno in tutto il mondo.

10 volte: Padre, venga il tuo Regno. 

Padre, sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra.

Noi siamo poveri.

Nulla è nostro; per questo, nella preghiera, ti chiediamo sempre favori.

Ti chiediamo la salute, il lavoro, il cibo.

Ti chiediamo di essere liberati da tutte le disgrazie, dalle paure e dal fallimento.

Se Tu ci fai attendere o non ci rispondi è perché non chiediamo con fede o ciò che chiediamo non è bene per noi o Tu ci vuoi dare altro.

Mandaci a dire a tutti che la tua volontà è l’unica cosa di cui abbiamo bisogno.

10 volte: Padre, sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra. 

Padre, dacci oggi il nostro pane quotidiano. 

Molti non hanno da mangiare tutti i giorni. Molti si ammalano e muoiono perché non hanno cibo sufficiente. Molti diventano violenti o rubano per sfamare se stessi e la loro famiglia. Molti diventano materialisti dovendosi preoccupare troppo della sopravvivenza.

Padre, dà sufficiente nutrimento a noi e a tutti per avere la forza di compiere la nostra missione: amarti e servirti nei nostri fratelli e sorelle.

10 volte: Padre, dacci oggi il nostro pane quotidiano. 

Padre, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. 

Padre, perdonaci e aiutaci a perdonare quelli che ci hanno offeso.

Se noi non perdoniamo agli altri, come possiamo avere il coraggio e la forza di chiederti perdono per i nostri peccati?

Padre, perdonaci tutto; Padre, perdonaci tutti; Padre, perdonaci sempre.

Padre, aiutaci a perdonare tutto;

Padre, aiutaci a perdonare tutti;

Padre, aiutaci a perdonare sempre.

Padre, aiutaci a portare il tuo perdono a tutte le genti.

10 volte: Padre, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. 

Padre, non ci indurre in tentazione.

Quando ci permetti la tentazione è solo per farci diventare più forti.

La tentazione esiste solo per essere superata e vinta.

Le grandi tentazioni si vincono solo con la preghiera e il digiuno.

Se ci sentiamo troppo deboli, aiutaci, o Padre, a evitare le tentazioni; può essere il modo migliore per vincerle.

Noi desideriamo che il nostro comportamento sia buon esempio per tutti e non vogliamo tradire questa missione con lo scandalo e la tentazione al male.

10 volte: Padre, non ci indurre in tentazione. 

Padre, liberaci dal male.

Ti chiediamo di morire piuttosto di commettere il peccato.

La morte uccide il corpo, ma il peccato può uccidere l’anima.

Liberaci dal peccato!

Il nostro peccato e quello dei nostri fratelli e sorelle ha inchiodato il tuo Figlio Gesù sulla croce e continua a inchiodare ogni giorno il corpo e l’anima del mondo intero.

Padre, accompagnaci su tutte le strade del mondo per liberare i nostri fratelli dal male e combatterlo con tutte le forze.

10 volte: Padre, liberaci dal male. 

Ave Maria

Ave, Maria, piena di Grazia.

Senza peccato, per dire al mondo insieme a tuo Figlio che è possibile in questa vita, in mezzo alle tentazioni, alle fatiche, alle paure, vivere senza peccato.

Quando siamo stati progettati dal buon Dio, siamo stati pensati così, senza colpa e così saremo nei Cieli nuovi e nella Terra nuova; intercedi per noi, perché con la Grazia di Dio possiamo seguire le vostre orme e mostrarle a tutti.

10 volte: Ave Maria, piena di Grazia. 

Ave, Maria, il Signore è con Te 

e quello che è più impressionante è che il Signore è anche con me. Ha voluto venire ad abitare a casa mia con il Padre e lo Spirito Santo.Non dobbiamo più cercarlo nell’alto dei Cieli o nei profondi abissi del mare, ma in casa nostra. Tu sei stata la Prima a renderti conto che questo mistero era possibile.E dopo di Te tutto il mondo potrà credere che Dio abita in Cielo e in Terra.

10 volte: Ave, Maria, il Signore è con Te. 

Ave Maria, Tu sei benedetta fra le donne 

E tutte le generazioni ti diranno Beata perché grandi cose ha fatto in Te l’Onnipotente, il cui nome è santo.

La Santità di Dio si è riversata su di Te per farti santa, perché doveva darti la più grande Missione: quella di portare Gesù al mondo.

E noi abbiamo visto la sua Gloria, Gloria di un Figlio così unico, pieno di Grazia e di verità.

10 volte: Ave, Maria, Tu sei benedetta fra le donne. 

Ave, Maria, benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù 

Questo frutto è stato possibile perché Tu hai creduto alla Parola di Dio e l’hai messa in pratica

Se noi ascoltiamo e mettiamo a frutto la parola di Dio, potremo anche noi diventare i parenti del Signore: suoi fratelli, sorelle, figli, figlie, padri e madri e Gesù diventerà anche per noi il frutto benedetto della nostra vita.

10 volte: Ave Maria, benedetto è il frutto del tuo seno Gesù. 

Santa Maria, madre di Dio 

Il Padre ti ha fatta ubbidiente, santa e umile serva, per diventare Madre del suo Figlio.

Il Figlio che con Lui aveva sognato il mondo e i Cieli nuovi e la Terra nuova, ha voluto venire ad abitare con i suoi fratelli e sorelle.

Lui era la luce e quando è venuto tra noi, noi non l’abbiamo accettato e addirittura l’abbiamo crocifisso.

Grazie, Maria, che lo hai accolto Tu a nome nostro.

Per questo sei diventata Madre e anche noi siamo diventati figli.

Madre di Dio e Madre nostra, prega per noi.

10 volte: Santa Maria, Madre di Dio. 

Santa Maria, prega per noi peccatori.

I nostri peccati hanno inchiodato il tuo Figlio Gesù sulla croce, ma non solo.

Essi continuano ad inchiodare tanti fratelli e sorelle che soffrono la fame, la sete, il freddo, le malattie, il disprezzo e ogni tipo di dolore fisico e morale.

Nonostante siamo causa di tanto male, continuiamo ad essere tuoi figli e Tu nostra Madre.

Prega per noi peccatori.

10 volte: Santa Maria, prega per noi peccatori. 

Santa Maria, prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte.

Quando ci accorgeremo di essere giunti alla fine della nostra missione, prega per noi.

Se in quel momento la nostra fede non fosse tale da farci gioire per l’incontro tanto atteso con tuo Figlio, ma ci lasciassimo vincere dalla irrazionale paura della morte, Maria, prega per noi.

E se non ci restasse il tempo per congedarci dal mondo che Dio ci ha dato, sii Tu, Maria, a ringraziare Dio per noi, a chiedere perdono per noi e consegnaci Tu a Lui nell’ora della nostra morte.

Solo allora la nostra missione sarà compiuta.

10 volte: Santa Maria, prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte 

I 99 nomi di Allah 

Per la preghiera

1 - IL COMPASSIONEVOLE. COLUI CHE DONA IL BENE. IL PIENO DI GRAZIA. IL DIO INFINITO. IL TUTTO MISERICORDIOSO.

2 - IL MISERICORDIOSO. COLUI CHE COMPIE OGNI BENE.

3 - IL RE. IL SIGNORE SOVRANO. IL REGNANTE.

4 - IL SANTO. L'UNICA SOMMA PUREZZA.

5 - LA PACE. IL PERFETTO. IL SALVATORE.

6 - IL FEDELE. L'UNICO DI FIDUCIA. L'ISPIRATORE DELLA FEDE. COLUI CHE CONSERVA LA FEDE. COLUI CHE SUPERA OGNI SICUREZZA.

7 - IL PROTETTORE. IL CUSTODE. COLUI CHE VIGILA.

8 - L'ALTISSIMO. L'ECCELSO. IL VINCENTE. L'EMINENTE.

9 - COLUI CHE RIPARA. COLUI CHE COSTRINGE ALLA PROPRIA VOLONTA'. COLUI CHE RISTORA.

10 -IL MAESTOSO. IL PIU' GRANDE. IL GRANDIOSO. IL COSCIENTE DELLA PROPRIA GRANDEZZA. COLUI CHE IMPERA.

11 - IL CREATORE.

12 - COLUI CHE DA INIZIO A TUTTO, COLTIVA E PRODUCE. COLUI CHE ORDINA OGNI COSA. COLUI CHE DA FORMA A OGNI COSA DAL NULLA. COLUI CHE CREA.

13 - COLUI CHE AFFASCINA. COLUI CHE MODELLA LA BELLEZZA. COLUI CHE DA FORMA A OGNI COSA.

14 - COLUI CHE PERDONA. IL PERDONO.IL PIENO DI PERDONO. COLUI CHE ASSOLVE.

15 - COLUI CHE DETIENE IL DOMINIO. IL SUPREMO DOMINATORE. COLUI CHE VINCE E PREVALE. COLUI CHE SOTTOMETTE. IL CONQUISTATORE.

16 - IL GENEROSO E LIBERALE. COLUI CHE DONA OGNI COSA.

17 - IL PROVIDENTE. COLUI CHE SOSTIENE OGNI COSA.

18 - COLUI CHE APRE. COLUI CHE SCRUTA LA PROFONDITA' DELL'OCCHIO. COLUI CHE FA RIVIVERE. IL GIUDICE

19 - IL CONOSCITORE. COLUI CHE CONOSCE TUTTE LE COSE. IL CONOSCENTE DI TUTTO. L'ONNISCIENTE.

20 - COLUI CHE CONTIENE OGNI COSA. COLUI CHE CONTROLLA TUTTO. COLUI CHE RESTRINGE E CHIUDE NELLA PROPRIA MANO. 

21 - COLUI CHE ALLEVIA. COLUI CHE SI ESTENDE E SI DIFFONDE. COLUI CHE SI ESPANDE E ALLARGA NELLA PROPRIA MANO. IL MUNIFICIENTE.

22 - COLUI CHE UMILIA.

23 - COLUI CHE ESALTA. COLUI CHE ASCOLTA TUTTO. 

24 - COLUI CHE OSSERVA OGNI COSA. COLUI CHE DA FORZA. COLUI CHE SUPERA OGNI ONORE. COLUI CHE ONORA.

25 - IL GIUDICE. COLUI CHE UMILIA. COLUI CHE RENDE UMILI. L'ARBITRO.

26 - COLUI CHE SENTE OGNI COSA. IL GIUSTO.

27 - COLUI CHE PERCEPISCE TUTTO. COLUI CHE VEDE E COMPRENDE OGNI COSA. COLUI CHE VEDE TUTTO.

28 - L'ARBITRO. COLUI CHE DECIDE, IL GIUDICE.

29 - IL GIUSTO.

30 - COLUI CHE E' SOTTILE E DELICATO. IL BENIGNO. IL PIENO DI GRZIA. IL GRAZIOSO. IL BENEVOLENTE. IL PERSPICACE. IL MITIGATORE.

31 - IL CONSAPEVOLE E TOTALMENTE CONSAPEVOLE DI OGNI COSA

32 - IL MITE. IL GENTILE. IL CLEMENTE. L'INDULGENTE. IL PAZIENTE. 

33 - IL MAGNIFICENTE. IL TREMENDO. L'IMMENSO. IL POTENTE. IL SUBLIME. 

34 - COLUI CHE PERDONA E NASCONDE GLI SBAGLI. COLUI CHE PERDONA TUTTO.

35 - IL PIENO DI GRATITUDINE. IL RICONOSCENTE. COLUI CHE RICOMPENSA OGNI RICONOSCENZA.

36 - IL SUBLIME. IL BUONO. L'ALTISSIMO.

37 - IL FANTASTICO. IL GRANDE.

38 - IL CUSTODE. IL PROTETTORE, IL TUTORE, COLUI CHE MANTIENE TUTTO.

39 - COLUI CHE SOSTIENE, COLUI CHE VIGILA, COLUI CHE CONSOLIDA, COLUI CHE DA FORZA. COLUI CHE DA NUTRIMENTO, COLUI CHE MANTIENE

40 - COLUI CHE PENSA, COLUI CHE TIENE CONTO DI TUTTO, COLUI CHE CALCOLA OGNI COSA.

41 - IL MAESTOSO, IL POTENTE

42 - IL GENEROSO, IL NOBILE.

43 - COLUI CHE VEDE OGNI COSA E VEGLIA SU TUTTO, COLUI CHE SCRUTA, COLUI CHE OSSERVA TUTTO

44 - COLUI CHE RISPONDE ALLE INVOCAZIONI, COLUI CHE ESAUDISCE LE PREGHIERE, COLUI CHE RISPONDE ALLE PREGHIERE, COLUI CHE SENTE LE PREGHIERE. 

45 - COLUI CHE COMPRENDE, L'IMMENSO, COLUI CHE COMPRENDE TUTTO, COLUI CHE ABBRACCIA OGNI COSA, COLUI CHE LARGHEGGIA NEL DARE.

46 - IL SAGGIO.

47 - L'AMANTE, COLUI CHE E' AMOREVOLE E AMA.

48 - Il MAESTOSO, IL GLORIOSO, IL TOTALMENTE GLORIOSO.

49 - COLUI CHE INVIA, COLUI CHE FA RISORGERE.

50 - IL TESTIMONE, IL TESTIMONE UNIVERSALE.

51 - LA VERITA', IL VERO.

52 - L'AFFIDABILE, COLUI CHE AMMINISTRA OGNI COSA. IL TUTORE, L'AVVOCATO, IL RAPPRESENTATIVO, IL GARANTE CHE PROTEGGE

53 - IL FORTE, COLUI CHE POSSIEDE OGNI FORZA, 

54 - IL FERMO, IL COSTANTE, L'IRREMOVIBILE, IL DEFINITIVO, L'ENERGICO.

55 - COLUI CHE AIUTA, IL PATRONO, L'AMICO, IL PROTETTORE DELL'AMICO, L'AMICO E PROTETTORE.

56 - IL LODEVOLE, COLUI CHE MERITA OGNI LODE, IL LODATO, COLUI CHE E' LODATO

57 - COLUI CHE VALUTA, COLUI CHE SEGNALA IL CONTO, COLUI CHE TIENE CONTO DI TUTTO, COLUI CHE CONOSCE OGNI COSA E OGNI COSA SEPARATA.

58 - LA CAUSA PRIMA, COLUI CHE INIZIA, COLUI CHE ORIGINA E PRODUCE TUTTO E TUTTO RENDE MANIFESTO.

59 - COLUI CHE RISTORA, COLUI CHE RIDONA, COLUI CHE RICEVE OGNI COSA.

60 - IL VIVIFICANTE, IL DATORE DI VITA.

61 - IL DISTRUTTORE, COLUI CHE UCCIDE, COLUI CHE CAUSA LA MORTE, IL DATORE DI MORTE, COLUI CHE PRENDE LA VITA.

62 - COLUI CHE E' VIVO, IL VIVENTE, L'ETERNO VIVENTE.

63 - IL SUSSISTENTE, COLUI PER IL QUALE TUTTO SUSSISTE, IL PIENO DI RISORSE, L'ILLUSTRE.

64 - COLUI CHE HA TUTTO CIO' CHE VUOLE.

65 - IL NOBILE E GLORIOSO.

66 - L'UNICO, IL SOLO, L'UNO.

67 - L'UNICITA'.

68 - COLUI CHE SODDISFA OGNI NECESSITA',L'ASSOLUTA PIENEZZA, L'ETERNO SOSTEGNO DELLA CREAZIONE.

69 - IL CAPACE, COLUI CHE E' ABILE, IL POTENTE, COLUI CHE HA OGNI POTERE.

70 - IL PREVALENTE, L'ONNIPOTENTE, COLUI CHE DOMINA, COLUI CHE DETERMINA OGNI COSA.

71 - COLUI CHE MANDA OGNI COSA AVANTI, IL PROMOTORE, COLUI CHE PORTA AVANTI.

72 - IL DOPO.

73 - IL PRIMO.

74 - L'ULTIMO.

75 - IL MANIFESTO,L'ESTERNO, COLUI CHE MANIFESTA.

76 - L'INTERNO, Il NASCOSTO, COLUI CHE NON SI VEDE, L'INVISIBILE.

77 - COLUI CHE DOMINA, L'ALLEATO, IL GOVERNATORE E PROTETTORE.

78 - L'ESALTATO, COLUI CHE E' ESALTATO NELLE ALTEZZE, IL SUBLIME, IL TRASCENDENTE, L'UNICO SUPREMO, COLUI CHE SA DI ESSERE L'ALTISSIMO.

79 - IL BENEFATTORE, IL CARITATEVOLE, IL GIUSTO.

80 - COLUI CHE CEDE E SI PIEGA. COLUI CHE SI PIEGA SEMPRE, LA GUIDA AL PENTIMENTO, COLUI CHE ACCETTA IL PENTIMENTO.

81 - COLUI CHE FA GIUSTIZIA, IL VENDICATORE.

82 - IL DOLCE E MITE, COLUI CHE CANCELLA I PECCATI, COLUI CHE SCUSA E GRAZIA, COLUI CHE PERDONA.

83 - IL CLEMENTE, IL DOLCISSIMO, IL PIENO DI PIETA', IL TOTALMENTE PIETOSO., IL COMPASSIONEVOLE CHE PERDONA,

84 - IL CAPO DEL REGNO, IL SIGNORE DI ASSOLUTA SOVRANITA', IL PROPRIETARIO DI OGNI COSA.

85 - IL SIGNORE DI MAESTA', IL SIGNORRE DI GENEROSITA', IL MAGNIFICENTE.

86 - IL GIUDICE, COLUI CHE GUARDA LA BILANCIA.

87 - COLUI CHE RADUNA, COLUI CHE RACCOGLIE, COLUI CHE METTE INSIEME, COLUI CHE UNISCE.

88 - IL RICCO, L'UNICO RICCO, L'AUTOSUFFICIENTE, L'INDIPENDENTE.

89 - COLUI CHE ARRICCHISCE GLI ALTRI E PROCURA OGNI ABBONDANZA.

90 - COLUI CHE NASCONDE, COLUI CHE PREVIENE IL DANNO, COLUI CHE IMPEDISCE IL DANNO, IL PROTETTORE.

91 - COLUI CHE PUNISCE, COLUI CHE DA SOFFERENZA.

92 -

93 - LA LUCE.

94 - LA GUIDA.

95 - L'INCOMPARABILE, L'INVENTORE, COLUI CHE ORIGINA TUTTO, LA CAUSA ASSOLUTA.

96 - IL PERMANENTE, L'ETERNO.

97 - L'EREDE, COLUI CHE EREDITA.

98 - COLUI CHE DIRIGE, LA VERA GUIDA, LA GUIDA DEL GIUSTO CAMMINO, IL GIUSTO MAESTRO.

99 - IL PAZIENTE, COLUI CHE E' PAZIENTE.