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Orientamenti per una pastorale degli zingari - Popolazioni non ben conosciute, sovente marginalizzate

Orientamenti per una pastorale degli zingari

Cap. I - Popolazioni non ben conosciute, sovente marginalizzate

Sommario

Un lungo cammino

7.        Gli Zingari costituiscono una “popolazione in movimento”, la cui visione del mondo ha le proprie origini nella civiltà nomade, che in una situazione di sedentarietà si ha difficoltà a comprendere in profondità. Il mondo zingaro si muove ancora in gran parte nella tradizione orale; la loro è una cultura non scritta e non esiste memoria della loro erranza. Essi non appartengono, cioè, alla categoria classica dei migranti, fra i quali si corre generalmente il rischio di classificarli. Le testimonianze della origine e dell’andare loro sono infatti esterne e marginali, e solo di recente la realtà zingara è diventata oggetto di studio. La loro ancestrale resistenza ai censimenti – spesso preludio di una deportazione – e il fatto più sistematico che gli Zingari sedentarizzati sono di solito esclusi dai censimenti, in quanto Zingari, rende più difficile il numerarli e conoscere la loro distribuzione geografica.

8.   Ciononostante si può dire che la popolazione zingara è in continuo aumento grazie a famiglie numerose, pur con una certa tendenza alla diminuzione, oggi, del numero dei propri membri.

 Le comunità si caratterizzano, poi, in genere, per il loro insediamento in quartieri degradati, su terreni abbandonati, nelle bidonvilles, in aree di stazionamento poco organizzate o in quartieri ai margini delle città e dei villaggi dei gağé. Le famiglie che dispongono di maggiori risorse si stabiliscono invece su terreni acquistati, dove alzano “una tenda” con le loro carovane. Vi sono poi i sedentarizzati, con maggior istruzione e titoli di studio, che possono essere bene inseriti nella società.

 Ai nostri giorni assistiamo inoltre ad una nuova migrazione, quella degli Zingari provenienti dai Paesi più poveri dell’Europa centrale e dei Balcani che arrivano in quelli più industrializzati. Essi, in genere, sono accolti da reazioni di rifiuto da parte degli abitanti, creando imbarazzo agli amministratori della cosa pubblica, ricevendo un’accoglienza timida, se non appunto di rifiuto, anche da parte dei loro fratelli occidentali. Comunque oggi c’è più capacità di accoglienza rispetto al passato e maggiore sensibilità sociale da parte delle pubbliche autorità.  


Il rifiuto: opposizione di culture

9.        La predisposizione all’itineranza riguarda l’insieme di tali popolazioni ed essa sussiste, come mentalità, anche fra coloro che da lungo tempo sono sedentarizzati. Essi ne costituiscono in effetti la maggior parte. Questo modo di vita, legittimo per natura, ha suscitato opposizione nella società di arrivo, che in molti Paesi si traduce in una incomprensione tenace, alimentata anche dalla mancata conoscenza delle caratteristiche e della storia zingare.

 Pur godendo della cittadinanza del Paese in cui si sono stabiliti, essi sono, in realtà, spesso considerati e trattati come cittadini di seconda classe. Gli stereotipi con cui sono classificati, risultano presi come verità evidenti e questa persistente ignoranza o nescienza alimenta un rifiuto latente e pericoloso, ostacola e falsa il necessario dialogo delle etnie nazionali.

10.      Per essere visti da molti come stranieri nocivi e mendicanti insistenti, l’opinione pubblica in genere auspicò spesso l’interdizione del nomadismo e la sua messa al bando. Nel corso della storia ciò provocò anche persecuzioni che si giustificarono quasi come misura sanitaria. La storia di queste popolazioni è così tristemente scandita da punizioni corporali, prigioni, deportazioni, sedentarizzazione forzata, schiavitù, o altre misure atte a conseguire finalmente il loro annientamento.

11.      La persecuzione degli Zingari è peraltro in gran parte coincidente con la formazione dei grandi Stati nazionali. Il secolo XX conobbe inoltre la persecuzione razziale, che li colpì assieme agli Ebrei, e fu perpetrata dal nazismo, ma non solo. La loro deportazione in campi di concentramento e anche l’eliminazione fisica di migliaia e migliaia di persone, sollevò, in generale, solo proteste isolate. Più vicino ai nostri giorni, anche l’instabilità politica di vari Paesi ha contribuito a gravare gli Zingari. Ne è prova la guerra dei Balcani, la quale ha mostrato, in circostanze drammatiche, che tale popolazione continua a essere rifiutata da gran parte dei cittadini. In diverse Nazioni sono state infatti registrate anche aggressioni fisiche nei loro riguardi, che alimentano ancora, tragico circolo vizioso, incomprensione e violenza. 


Una mentalità particolare

12.    L’identità zingara non si svela facilmente, senza dubbio perché è dinamica, pure fluttuante, e portata alla luce da relazioni perturbate tra Zingari egağé. Non ci si può nemmeno riferire con certezza a un territorio ancestrale, dove essi avrebbero le proprie radici. Difficile è anche individuare una unità etnica complessiva e relativamente uniforme, dalla quale si possa risalire all’origine di questa popolazione. E tuttavia si può parlare correttamente di un insieme di elementi che, presi nella loro globalità, configurano un certo modo caratteristico di essere, non forse regolamentato, né dai contorni definiti, inteso piuttosto come mentalità e atteggiamento esistenziale.

 Si può così attestare che essa è essenzialmente segnata da una propensione al viaggio e alla vita errante che il gağó, anche se migrante, non possiede. Questi semmai si sradica, magari momentaneamente, per mettere le basi della sua esistenza in un altro luogo che ritiene migliore. In genere, poi, non tende a ripetere tale esperienza di sradicamento e migrazione. Lo Zingaro, invece, è naturalmente disponibile al viaggio, al movimento.

13.      Ciò risulta vero anche se gran parte degli Zingari, come già accennato, sono oggi sedentari o semi-sedentari. Queste nuove forme di vita non intaccano peraltro negli Zingari la percezione della loro diversità nei confronti dei gağé. Il timore di essere assorbiti, di essere staccati dalla loro identità, riafferma poi in loro la resistenza all’assimilazione, ma anche, in un certo senso, alla stessa integrazione.

 La lunga storia dell’isolamento e del contrasto con la cultura circostante, le persecuzioni subite, la incomprensione da parte dei gağé, hanno anche esse lasciato traccia nella identità zingara, che si traduce in un atteggiamento di sfiducia verso gli altri, con tendenza a chiudersi in se stessi, nella consapevolezza di poter contare solo sulle proprie forze per sopravvivere nel seno di una società ostile.

14.      Al centro della vita della popolazione zingara sta comunque la famiglia. Essere Zingaro vuol dire trovarsi radicato in maniera vitale nella famiglia, dove la coscienza e la memoria collettiva plasmano ogni persona e educano il giovane, pur in mezzo al mondo deigağéche lo avvolge e allo stesso tempo lo tiene a distanza. Gli anziani della famiglia sono quindi grandemente rispettati e venerati, perché possiedono la sapienza della vita. I defunti restano per lungo tempo nella memoria e, in un certo senso, la loro presenza si conserva sempre viva. Presso gli Zingari è inoltre in onore la “famiglia allargata”, costituita da una rete di molteplici famiglie imparentate, che porta a un atteggiamento di grande solidarietà e di ospitalità, specialmente verso i membri della propria etnia. 

 La volontà di essere e rimanere liberi, di disporre dello spazio e del tempo per realizzare se stessi nella famiglia e nella propria etnia, è dunque radicata molto profondamente nella mentalità zingara. Il desiderio e l’apprezzamento della libertà, come condizione fondamentale di esistenza, possono essere infatti considerati un cardine della loro Weltanschauung.

15.    La religiosità occupa pure un posto di grande rilievo nell’identità di questa popolazione. Il rapporto con Dio è dato infatti per scontato e si traduce in una relazione affettiva e immediata con l’Onnipotente, che cura e protegge la vita familiare, specialmente nelle situazioni dolorose e inquietanti dell’esistenza. Tale religiosità si inserisce abitualmente nella religione o nella confessione maggioritaria del Paese dove gli Zingari si trovano, sia essa luterana, riformata, cattolica, ortodossa, musulmana o altra, spesso senza troppi interrogativi sulle loro differenze. 


Un grande cambiamento

16.      Nel corso del XX secolo si è ancora accentuata la tendenza alla sedentarizzazione e in varie regioni ciò ha facilitato la scolarizzazione dei bambini e il conseguente incremento della popolazione zingara alfabetizzata. Il maggior contatto con il mondo dei gağé, che ne è così derivato, ha inoltre contribuito ad una progressiva appropriazione dei nuovi mezzi tecnici della società contemporanea. Pensiamo al trasporto motorizzato, alla Televisione e perfino alla comunicazione telematica, all’informatica, ecc.

 Di conseguenza, il passaggio dal carro tradizionale alla roulotte trainata da un’automobile ha paradossalmente incrementato il fenomeno della semi-sedentarizzazione. La macchina permette di percorrere liberamente lunghe distanze nel corso di una stessa giornata, senza che moglie e figli debbano necessariamente accompagnare il capofamiglia o gli uomini che esercitano la propria attività professionale. Una sosta prolungata permette inoltre ai figli di frequentare con regolarità la scuola, nelle famiglie in cui i genitori hanno compreso l’evolversi del mondo e sofferto dell’inferiorità di essere analfabeti.

 In alcuni Paesi si assiste pure all’incorporazione abbastanza generalizzata degli Zingari nel lavoro finora esclusivo dei gağé, specialmente in campo artistico. Sono diventati inoltre più frequenti i matrimoni fra Zingari e gağé, e anche nell’ambito della promozione della donna si registra un significativo cambiamento, pur restando ancora molto da fare sulla via dell’uguale dignità con l’uomo.

17.     Malgrado le tensioni talvolta presenti tra i differenti gruppi e la mancanza di abitudine a mobilitare e riunire le proprie forze per raggiungere un obiettivo, con continuità e precisione, in alcuni Paesi gli Zingari hanno creato Associazioni in vista di negoziazioni collettive a loro vantaggio. Non di rado si vedono gağé amici porre altresì a loro disposizione le proprie competenze affinché essi facciano sentire la propria voce e assumano nelle loro mani il futuro. Queste Associazioni reagiscono sempre più efficacemente alle legislazioni che limitano la libertà di movimento o che ignorano la loro identità, restringendo legittimi diritti. L’associazionismo, naturalmente, non si realizza ovunque con la stessa forza, ma è un movimento che esiste, sta crescendo e domanda sostegno.

18.     Tuttavia, questa evoluzione è ancora incipiente e varia molto da Paese a Paese, vale a dire che la situazione generale della popolazione zingara, segnata da un plurisecolare isolamento, resta molto arretrata, in genere, rispetto ai grandi cambiamenti che hanno caratterizzato la società dei gağé durante l’ultimo secolo. Ciò comporta pesanti conseguenze anche in campo economico-lavorativo. Infatti l’anteriore contesto di una società prevalentemente rurale aveva permesso una sorta di simbiosi degli Zingari con la società deigağé, grazie ai loro mestieri legati all’allevamento di equini, alla lavorazione dei metalli, al piccolo artigianato, alla musica e allo spettacolo viaggiante. Oggi, invece, la trasformazione tecnico-industriale della società ospitante lascia poco spazio economico, ed essi sono costretti ad abbandonare i mestieri tradizionali, ormai obsoleti, e a cercare mezzi di sussistenza in attività di scarso profitto, o anche in quelle al limite della legalità, od oltre.

19.      Non va altresì sottovalutato l’influsso della secolarizzazione, che dalla società dei gağési riversa progressivamente anche su quella zingara. La religiosità tradizionale si trova quindi sotto la pressione incalzante di una cultura che volta le spalle a Dio o lo nega e, quando non trova accoglienza in una comunità cristiana, la popolazione zingara facilmente cade preda delle sette o dei cosiddetti “nuovi movimenti religiosi”. Ciò costituisce un ulteriore e urgente appello ad aprire le braccia a una popolazione sempre desiderosa dell’incontro con Dio, nonostante tutto.

Inoltre, l’odierna idolatria del benessere, prevalente presso i gağé, certamente non è uno stimolo ad abbandonare le proprie comodità, né ad andare incontro a questi nostri fratelli, bisognosi di uscire dalla povertà e dall’isolamento e di trovare il loro posto nella società contemporanea. 


Una realtà che interpella

20.      Tutto ciò rende particolarmente dolorosa l’indifferenza o l’opposizione nei riguardi di queste popolazioni nomadi. Solo gradualmente e molto lentamente, alcune comunità si sono aperte all’accoglienza, ancora troppo poche, peraltro, perché gli Zingari possano scoprire il volto materno e fraterno della Chiesa. I segni del rifiuto persistono, dunque, e si perpetuano, suscitando, in genere, poche reazioni e proteste in chi ne è testimone.

 Questa situazione dovrebbe invece scuotere la coscienza dei cattolici, sollevando sentimenti di solidarietà verso questa popolazione. La Chiesa si sente perciò chiamata a riconoscere l’itinerario zingaro nel corso della storia ed è interpellata da tale cultura. Essa deve riconoscere il loro diritto di “voler vivere insieme”, provocando e sostenendo una sensibilizzazione in vista di una maggiore giustizia nei loro confronti, nel rispetto reciproco delle culture, orientando i propri passi sulle orme di Cristo, in risposta alle aspettative di questa popolazione nella sua ricerca del Signore.