La signora e la vacca

Mucca in paese, disegno di Rodafà Sosteno

Fa proprio caldo, passa anche la voglia di leggere, e Ferragosto consiglia temi leggeri. Sarò dunque assai breve, rispetto al mio solito.

La Bibbia è sicuramente una miniera di informazioni, di aneddoti, a volte perfino pesanti, che non crederemmo mai di trovare in un testo sacro.

È risaputo che da noi non è apprezzato ridere della divinità; anzi questo è vero per tutte e tre le religioni abramitiche (basta ricordare la strage di Charlie Hebdo, a Parigi, per delle vignette su Maometto). Basta anche ricordare come fino a non molti anni fa anche in Italia esisteva il reato di vilipendio alla religione, ed è stata la Corte costituzionale, appena con sentenza n. 508 del 2000, a dichiarare l'illegittimità costituzionale di questa disposizione.

Invece in altre religioni era da sempre permesso ridere degli dèi e della stessa religione. Il libro di Bettini M. e al., Ridere degli dèi, ridere con gli dèi (Il Mulino, 2020) riporta una lunga serie di esempi di ironia nei confronti delle divinità. Un chiaro esempio si ha nel libro VIII dell’Odissea: avvisato del tradimento della moglie Afrodite (la dea della bellezza) con il dio sole Helios, il dio Efesto – marito brutto e deforme -  preparò una rete invisibile e la sistemò sul letto di Afrodite. Quando l’amante si unì nuovamente ad Afrodite, proprio sul più bello, la rete si richiuse immobilizzando i due amanti nudi e impedendo loro qualsiasi movimento; tutti gli dèi poterono accorrere e godersi lo spettacolo.

Questo approccio irriverente emerge anche ben chiaro nel racconto del diluvio universale: si può assaporare la diversità delle visioni. Quando Athrahasi (il Noè babilonese) uscito dall’arca dopo il diluvio offrì un sacrificio, si dice che gli dèi, sentendo il buon odore, accorsero come “mosche”. Un accostamento decisamente irriguardoso verso le divinità. Il Dio della Genesi, invece, molto più solennemente si limitò a dire che non avrebbe più ucciso gli uomini dopo aver scatenato il diluvio.

Ma non tutta la Bibbia è così distaccata e solenne.

Se leggiamo il libro biblico di Amos si scopre come questo profeta non avesse avuto remore nell’apostrofare le ricche (ma poco misericordiose) signore di Samaria con toni violenti che non addicono al bon-ton consigliato dal galateo: «Ascoltate queste parole, o vacche di Basan, che siete sul monte di Samaria, che opprimete i deboli, schiacciate i poveri e dite ai vostri mariti: ‘Porta qua, beviamo!’» (Amos 4, 1 ). Dunque è la stessa Bibbia ad apostrofare come “vacca” una donna ricca che sfrutta il povero.

E allora sentite questa storia che danno per vera: è la storia di un parroco di un paese del trevigiano che avrebbe apostrofato come “vacca” una signora, assai conosciuta in zona, in quanto rassomigliava a quelle ricche donne di Samaria. Però eravamo in pieno ‘900, per cui questa signora, offesissima, aveva querelato il parroco.

Il parroco era finito davanti al pretore del luogo che non aveva potuto far altro che condannarlo ad una congrua multa e al risarcimento dei danni morali in favore della signora, non ritenendo sufficiente come giustificazione il richiamo alla Bibbia fatto dalla difesa dell’imputato.

Al termine del processo, il parroco – che non aveva fatto una grinza alla lettura del dispositivo di condanna - aveva chiesto al pretore:

“Dunque signor giudice, se ho capito bene, non posso dare della vacca a una signora”.

“Certo che no; un uomo della sua cultura dovrebbe ben sapere che è un’offesa grave”.

“Ma se invece io do della signora a una vacca, non l’offendo e non posso finire sotto processo”.

“Ovvio che non finisce sotto processo” gli ha risposto il pretore “come pensa di poter offendere una vacca se la chiama signora?”

“Grazie, signor giudice” ha detto il parroco, “finalmente ho capito”.

Subito dopo si è alzato dal banco degli imputati, è passato davanti alla signora che l’aveva querelato e che era ancora seduta in prima fila fra il pubblico, tutta gongolante per aver vinto la causa penale, e facendole un leggero inchino nel passarle davanti le si è rivolto ad alta voce dicendole: “Signora!”

Poi è uscito dalla pretura.

Buon Ferragosto!

Dario Culot