Sarebbe stato tutto bello

Chiese aperte, disegno originale di Rodafà Sosteno

Quel giorno ci eravamo radunati davanti alla nostra chiesa. Dopo settimane di lotta, interventi dei nostri vescovi, interrogazioni parlamentari (due onorevoli erano persino arrivati a incatenarsi davanti al Quirinale) e battaglie sui giornali, in tivù (brava Barbara D’Urso!) e sui social, finalmente il governo aveva capitolato e ci aveva concesso di celebrare le nostre messe! E così c’eravamo ritrovati sul sagrato, quasi timorosi di varcare la soglia della nostra bella chiesa, in attesa che il parroco – vestito con i paramenti viola e una fascia nera trasversale a ricordo del lutto che ci aveva tenuto lontano dalle sacre celebrazioni durante l’ignobile quarantena – iniziasse la preghiera. E stavamo lì, a un metro uno dall’altro, con la mascherina ben calzata sul volto ma senza i guanti, che tanto l’acqua benedetta con cui ci saremmo aspersi ci avrebbe preservato da ogni pericolo. Senonché, mentre tra noi discutevamo su quanto bella e imponente fosse la nostra chiesa e quanto ci fosse mancata durante l’esilio, era arrivato un tipo mai incontrato prima di allora, un tale vestito bene, con un abito sartoriale che al momento mi aveva fatto pensare fosse un qualche imprenditore della zona, salvo poi rendermi conto – appena aprì bocca – che si dovesse invece trattare di un qualche professorone, uno dei tanti “maestri” che oggi pontificano sui social.

Stavamo appunto decantando la nostra cara chiesa quanto questo tipo strano se ne uscì con una frase fuori luogo: “Cosa state lì ad ammirare? Non sapete che fra poco non ne rimarranno che le macerie, com’è da sempre destino di tutti gli edifici?”.

Tutti noi fedeli ne fummo colpiti. Cosa stava dicendo? E poi, era quello il momento di dire una cosa del genere, proprio quando stavamo per rientrare in possesso di un bene a lungo agognato? Ma fosse stato solo per quella frase, forse ci saremmo limitati a ignorarlo. Però quando uno dei nostri gli rispose “Perché dice così? Non dovremmo forse essere felici e orgogliosi della nostra bella chiesa? E poi, io l’ho sempre vista qui e non credo che diventerà mai un cumulo di macerie. E anche se fosse, la riedificheremmo. Di cos’altro dovremmo preoccuparci, come credenti, se non della casa di Nostro Signore? Dove potremmo andare, se non ci fosse?”

“Potreste andare” – proseguì lo sconosciuto – “Dai poveri, dai malati, dai carcerati, dai perseguitati...”

“Ma senza il supporto della liturgia non varrebbe niente!” obiettai

E quello: “No, senza il supporto della fede, forse, non varrebbe niente”

“Ma senza chiesa non potremmo pregare! Non capisce che abbiamo bisogno che la nostra chiesa sia sempre con noi?”

 “Vi ho già detto che un giorno sarà solo macerie e il giorno dopo polvere. I poveri, invece, li avrete sempre con voi”

A quel punto tutti noi iniziammo a borbottare (e qualcuno anche più che borbottare) e per fortuna il parroco – intuendo il pericolo – gridò nel megafono l’inizio della preghiera e tutti in fila entrammo in chiesa.

Però la gioia di ritrovarci nella nostra casa cristiana, il poter rivedere il nostro caro altare, le belle statue della Madonna e dei Santi, i meravigliosi quadri e soprattutto la voce dal vivo (finalmente!) del nostro amato parroco fu un poco incrinata da quel battibecco sul sagrato. Perché sarebbe stato tutto perfetto, se solo quel tale non avesse tirato fuori le sue inopportune bizzarrie. E poi, ripensandoci, chi lo avrà mandato a provocarci? E cosa avrà voluto dire?

Stefano Talamini