Ottava e ultima laude

Radha e Krishna nella barca d’amore - 1755, Rajasthan, Scuola miniaturistica di Kishengarh

- immagine tratta da commons.wikimedia.org

Nelle ore deserte

quando il buio

tesse con luce

arabeschi sottili,

giocando con la polvere

di giorni sempre uguali,

sarò da te poco distante

ma così vicino da toccarti

appena le mani stanche,

inseguendo

comuni radici,

tenere effusioni.

Istantanee d'affetto

scorrono nei tuoi occhi.

Non basta. Ricorda ora.

I tuoi percorsi sono i miei

coperta calda di notte,

e caffè profumato

la mattina presto.

Lascia la paura, i rimpianti

e dipingi per noi due soli

un cielo, Nuovo Amore Mio.

Stefano Agnelli

 

 

Nota al Testo (alla Poesia e... al poeta) di Paola Gherardi

 

Che cosa racconta la poesia? Verità dell’esperienza umana, non assolute, che né la linearità della prosa né la logica del discorso filosofico può adeguatamente dire, rispettandone la natura. Non lineare né logica, appunto.

È pur vero che, tanto la filosofia che la letteratura nel secolo scorso, per accogliere queste inusitate, sfidanti novità, cercarono di uscire da tali vincoli, ridiscutendo l’ordine tradizionale dei propri discorsi ma la poesia continua ad esserne l’organico contenitore, dai tempi più antichi a quelli odierni.

Con pervicace, testarda, necessaria voce Lei canta. Passatemi il femminile per segnalare la qualità generativa di questo “canto” -qualcosa che ricomincia, nasce ogni volta- e la maiuscola per segnalarne il carattere non personale, che attraversa e oltrepassa le identità particolari.

Questo perché si tratta del canto del vivere stesso d’ogni creatura; poesia che dorme e si nasconde nei gesti, nelle situazioni, nei luoghi d’ogni giorno, vissuti e sognati; che dorme e si nasconde anche nella lingua materna, per quanto ci possa apparire usata e logora. Dorme e si nasconde ma desidera mostrarsi.

Ecco, i poeti sono persone sensibili al vibrare di questa presenza, ne sentono il brusio, il sussurro e s’incaricano d’accompagnare, aiutare le parole ad incontrarsi in modo nuovo perché questa poeticità naturale del vivere possa farsi udibile per tutti .

Stefano Agnelli appartiene indubbiamente a questa schiera, che lo precede e lo segue, ne accoglie il richiamo antico, impersonale per immergerlo nel crogiolo della sua esistenza, lasciando che se ne imbeva fino a diventare una “voce” precisa, chiara. Si dice che l’esperienza personale di ognuno di noi sia in qualche modo inattingibile all’altro ma –questo il miracolo e la necessità del fare poesia- in questo passaggio dal canto alla voce l’inattingibile, pur mantenendo una cifra, un profumo personale, si dischiude e diventa una possibilità per tutti. La possibilità di sentire, stare e condividere non tanto l’esperienza di un singolo ma le sue qualità affettive, cognitive, formative.

Molte poesie di questa raccolta hanno questa voce. Attraverso di essa attingiamo all’esperienza della bellezza presente in luoghi e situazioni impensate: una bellezza disadorna, spoglia eppure quanto mai intensa. Una bellezza che questi stessi posti non sanno di possedere -umile, marginale ed emarginata- ma proprio per questo preziosa.

È questa una delle verità di cui parlavo all’inizio, che viene qui rivelata: come l’ordinario celi in sé se lo straordinario a patto di accogliere tutto, senza illusioni, nelle sue imperfezioni e slabbrature. Sono poesie dell’età adulta, di un tempo vissuto nella consapevolezza della finitezza, della rovina come dello splendore, gioioso e dolente. Diverso lo spazio e il tempo delle poesie d’amore che chiudono la raccolta: compare il tempo e lo spazio di un’infanzia felice, pervicacemente voluta e cercata. Un “luogo ameno” e recluso, che a tratti prende la qualità del sogno e della fiaba. L’abbraccio degli amanti lo recinge e lo ripara dal mondo, dal tempo che passa, finisce e fa finire... Ma è possibile questo? Lasciare quel luogo è dolore ma rimanervi per sempre forse lo è altrettanto. Si può rimanere bambini uno all’altro per sempre?  A volte le verità che la poesia discopre per noi sono le domande stesse che non sapevano di porci, che animano e orientano il nostro andare per la vita.

 

Paola Gherardi

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Da Elenchi d’amore puntati - Poesie 2015-2020, per gentile concessione dell’Autore, 

caro amico del nostro giornale, che pubblica il componimento in prima assoluta