De solacio migrantium ad vitam novam

Campanile della Cattedrale di San Giusto a Trieste, 

Statua romana di togato, trasformata in epoca medievale in statua di San Giusto -

foto tratta da commons.wikimedia.org

L’annunciata chiusura del settimanale della Diocesi di Trieste Vita Nuova (https://www.triesteprima.it/cronaca/chiude-vita-nuova-.html ed anche https://www.ansa.it/friuliveneziagiulia/notizie/2020/06/20/dopo-un-secolo-chiude-settimanale-cattolico-vita-nuova_70dab108-f814-4988-af09-9332edd85190.html), quasi esattamente a 100 anni dalla sua prima pubblicazione (https://www.diocesi.trieste.it/2020/04/13/100-anni-di-vita-nuova/), non è semplice evento congiunturale da inquadrare come fatto di cronaca su cui avanzare considerazioni piuttosto scontate quanto a costi insostenibili e scelte strategiche da diversificare, ma appare quale marcatore emblematico di quel “terzo passaggio di Chiesa”, cui ci siamo permessi di fare cenno domenica scorsa (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20202/numero-561---14-giugno-2020/la-terza-fase-di-chiesa-e-il-grido-della-rondine).

Si può, e si deve, tutti concordare che non c’era obiettivamente modo peggiore per solennizzare i cento anni di Vita Nuova, testata su cui molte e molti di noi hanno scritto a lungo (https://www.articolo21.org/2020/04/buon-compleanno-vita-nuova/), risultandone pertanto implicata – e non è questione da poco – una dimensione altamente simbolica, se solo ci si soffermi un po’ più a lungo a riflettere, per appunto, sulla strabiliante coincidenza di compleanno centenario e chiusura della testata. 

Nel 2010 un gruppo di collaboratori aveva deciso, a seguito del venir meno della direzione di Fabiana Martini, prima donna laica a ricoprire tale ruolo per volontà del vescovo Mons. Eugenio Ravignani, di cessare il proprio impegno di scrittura sul settimanale (una ricostruzione dei fatti, benchè riportante nel titolo un “licenziamento” che non risulta essere stato tale, è presente al link https://www.adista.it/articolo/47387) e, dopo 10 anni da allora, la cessazione non è più dunque solo di alcuni ma di tutti.

Era succeduto nella carica di direttore responsabile di Vita Nuova Stefano Fontana, una cui intervista, di particolare interesse per una valutazione da parte sua del pensiero teologico di Karl Rahner, è rinvenibile al link https://cooperatores-veritatis.org/2018/03/03/intervista-a-stefano-fontana/, mentre un suo editoriale sull’imposizione tributaria si trova al link https://www.vitanuovatrieste.it/editoriali-di-vitanuova/.

Quando un giornale chiude, soffre l’intera cultura. E la cultura non è faccenda di libri e dottrine ma di vita concreta delle persone.

Il “terzo passaggio di Chiesa” ha come uno dei suoi punti critici la questione della, anzi delle, soggettività. Soggettività di popoli interi, di comunità, di milioni di impoveriti e dimenticati, in fuga da guerre, malattie, carestie, condizioni climatiche paurose, e soggettività di singole persone che non affogano in un “noi” indistinto. Soggettività poi di iniziative, di dedizioni e dignità professionali, di capacità di ragionamento critico e libero.

Editore e proprietario del settimanale Vita Nuova di Trieste è la Diocesi del capoluogo giuliano retta, dal 2009, dall’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi che, riferendosi al periodo di epidemia, è di recente intervenuto, sul sito della Diocesi medesima, con uno scritto intitolato “Dopo il coronavirus: la strada della vera libertà. Appunti” (https://www.diocesi.trieste.it/2020/06/17/dopo-il-coronavirus-la-strada-della-vera-liberta-appunti/). 

Lo scritto non contiene alcuna citazione del Magistero di Papa Francesco. Vi si può leggere, nel paragrafo intitolato “Nuovi poteri all’orizzonte”: «Un altro pericolo per la nostra vera libertà e al quale porre molta attenzione nel prossimo futuro è la possibile emergenza di nuovi poteri sovranazionali motivati dalla necessità di fronteggiare le emergenze. Il coronavirus è stato un esperimento mondiale. È possibile che, sulla scorta di questa esperienza, si producano in futuro nuove emergenze, magari di tipo ecologico e ambientalistico, per motivare una stretta delle libertà e per instaurare forme di pianificazione centralizzata e di controllo uniformato. Le forze che spingono per un nuovo globalismo fondato su un “nuovo umanesimo” e anche durante la pandemia ne abbiamo avuto prova.»

Intanto, proprio nella giornata di ieri, il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede riporta la “Lettera del Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai Presidenti delle Conferenze dei Vescovi circa le invocazioni «Mater misericordiae», «Mater spei», e «Solacium migrantium» da inserire nelle Litanie Lauretane”. Vi si legge: «(…) il Sommo Pontefice FRANCESCO, accogliendo i desideri espressi, ha voluto disporre che nel formulario delle litanie della beata Vergine Maria, chiamate «Lauretane», siano inserite le invocazioni «Mater misericordiae», «Mater spei» et «Solacium migrantium».

La prima invocazione sarà collocata dopo «Mater Ecclesiae», la seconda dopo «Mater divinae gratiae», la terza dopo «Refugium peccatorum».»

L’effetto, alle nostre latitudini, di un canto delle litanie che ricomprenda tra esse l’invocazione a Maria “Solacium migrantium” comporterà che si implori, sostanzialmente, la Vergine di “orare pro nobis, qui migrantes non sumus”, affidando dunque alla voce di chi non migra, ed anzi talvolta, od anche spesso, risulta fieramente avverso a qualunque ipotesi di accoglienza verso i migranti,  il riconoscimento di un’identità della Madre di Dio quale “conforto, aiuto, soccorso” – la traduzione italiana non risulta sinora comparsa – dei migranti. Processi di conversione ecclesiale vengono così avviati, per iniziativa papale, attingendo alle più tradizionali devozioni popolari.

Nel richiamarsi al n. 48 del Documento Finale del Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia ed ai numeri 3.8.143 e 143-146 dell’Instrumentum Laboris, la teologa Serena Noceti così scrive, a p. 70, del suo volume Chiesa, casa comune. Dal Sinodo per l’Amazzonia una parola profetica, appena pubblicato da EDB: «Ascolto del grido, capacità di lettura critica della realtà, audacia nell’azione, opzione per i poveri sono altrettanto aspetti della missione di una Chiesa che voglia essere presente nel territorio, responsabile del futuro, capace di richiamare tutti alla promessa del Regno di Dio. Il vangelo che ci fa Chiesa, intatti, è parola di liberazione e salvezza integrale delle persone e del creato (…); comporta la lotta per la giustizia, la promozione umana universale, il dialogo che riconcilia, il servizio alla pace, la cura della casa comune.»

Sono parole che si possono adattare perfettamente alla Chiesa di Trieste così come ad ogni Chiesa locale, senza tuttavia farle svaporare in un’indistinta astrazione di buoni sentimenti – o buone pratiche -, ma incarnandole nella concretissima realtà di ogni giornata.

Chi fugge dal Sud del Mondo per cercare rifugio – “solacium” – nel Nord cerca davvero una “vita nuova”. Spera, anche a costo della morte, che sia possibile rinnovare la propria vita e quella delle proprie figlie e dei propri figli. E sperare è atto di grande coraggio.

Peraltro una drammatica migrazione dalle sicurezze delle nostre vite è stata vissuta da ciascuna e ciascuno di noi in questi mesi di gravissima emergenza sanitaria causata dall’epidemia.

Il Papa ha affermato ieri, nell’Udienza ai Medici, agli Infermieri e agli Operatori Sanitari della Lombardia (https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/06/20/0349/00801.html): «In questi mesi, le persone non hanno potuto partecipare di presenza alle celebrazioni liturgiche, ma non hanno smesso di sentirsi comunità. Hanno pregato singolarmente o in famiglia, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, spiritualmente uniti e percependo che l’abbraccio del Signore andava oltre i limiti dello spazio. Lo zelo pastorale e la sollecitudine creativa dei sacerdoti hanno aiutato la gente a proseguire il cammino della fede e a non rimanere sola di fronte al dolore e alla paura. Questa creatività sacerdotale che ha vinto alcune, poche, espressioni “adolescenti” contro le misure dell’autorità, che ha l’obbligo di custodire la salute del popolo. La maggior parte sono stati obbedienti e creativi. Ho ammirato lo spirito apostolico di tanti sacerdoti, che andavano con il telefono, a bussare alle porte, a suonare alle case: “Ha bisogno di qualcosa? Io le faccio la spesa…”. Mille cose. La vicinanza, la creatività, senza vergogna. Questi sacerdoti che sono rimasti accanto al loro popolo nella condivisione premurosa e quotidiana: sono stati segno della presenza consolante di Dio. Sono stati padri, non adolescenti.»

Il Vescovo di Trieste, nei già citati suoi Appunti, afferma a propria volta: «Durante l’emergenza abbiamo vissuto alcune legittime limitazioni della libertà insieme ad altre meno legittime. I dati scientifici non sempre sono stati utilizzati secondo verità, le restrizioni e le sanzioni talvolta non sono state applicate con buon senso, sono emerse anche nuove forme di autoritarismo politico.»

Il giornale di Rodafà nacque quasi come una specie di spin off ideale di Vita Nuova, al cui interno la rubrica settimanale “Liturgia del quotidiano” non poteva più trovare spazio, per motivi diversi.

Ora assistere in silenzio ed indifferenza alla fine della centenaria testata della Diocesi di Trieste non risulta ammissibile. Ci asteniamo da domande su quantità di copie vendute durante le diverse direzioni, ed i diversi archi temporali, del giornale diocesano, ma sarà necessario sapere, prima o dopo, quali siano le dimensioni dei costi che costringono a chiudere Vita Nuova e quali ne siano le cause precise.

Per il momento cerchiamo di assicurare, per quel che possiamo, spazi di vita nuova, di “solacium” sì, a chiunque desideri migrare dalla propria infelicità.

La liturgia romana proclama oggi, nella pagina evangelica tratta dal capitolo 10 del Vangelo di Matteo, parole che quasi turbano: “nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.”

Può essere inizio di un’estate di auspicabile chiarore interiore ed esteriore, personale e pubblico, profetico e di parresía.

Buona domenica.

 

Stefano Sodaro