Gesù non ha fondato questa chiesa

Il Card. Bergoglio e il Card. Bertone, foto in free stock da internet

Avendo in passato scritto che questa Chiesa, così come è oggi, non può essere stata fondata da Gesù (cfr. l’articolo Ma Gesù ha fondato questa Chiesa? al n. 504 di questo giornale, https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numero-504---12-maggio-2019/ma-gesu-ha-fondato-questa-chiesa), più di qualcuno mi ha sollecitato a chiarire meglio il mio pensiero. Ritorno quindi sull’argomento.

Il mese scorso avevo terminato l’articolo Chierici e laici (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20202/numero-560---7-giugno-2020/chierici-e-laici) con le parole di Carlos Garcia de Andoin, secondo cui fra pochi anni avremo solo le chiese-comunità. Anche Paolo Curtaz [1] la pensa così e prevede che l’attuale modello di Chiesa, tutto imperniato solo sulla conservazione dell’esistente, non può reggere, perché una parrocchia che ha come unica proposta per i fedeli la celebrazione dell’eucarestia è come la vetta di un monte… senza niente sotto: crolla su sé stessa e diventa collina. Curtaz richiama in proposito le parole del vescovo di Pinerolo, ammalatosi e guarito dal coronavirus, il quale proponeva di interrogarci e di ripartire dalle relazioni, che richiedono per l’appunto una comunità… se appartenere ad una comunità cristiana ha davvero ancora un qualche significato per noi. Altrimenti continueremo ad andare a messa come al cinema, dove l’essenziale è che il vicino non disturbi.

Vedo ora di aggiungere qualche ulteriore riflessione.

Il n. 846 del Catechismo afferma che «la chiesa cattolica fu fondata da Dio per mezzo di Gesù», avendo Dio donato tutta la sua pienezza a Cristo capo della Chiesa (Ef 5, 23), che a sua volta l’ha donata alla Chiesa.

La Chiesa ha dunque la sua origine ed il suo fondamento in Gesù di Nazareth e nel suo Vangelo. Ma come ha ben affermato un noto teologo [2], il problema fondamentale della Chiesa e la radice di tutti i problemi che deve ancora oggi risolvere, sta nella difficoltà di essere sempre fedele e coerente con la sua origine e con il suo fondamento: la Chiesa, infatti, dovrebbe pensare come ha pensato Gesù; parlare come ha parlato Gesù; e soprattutto vivere come è vissuto Gesù. Purtroppo, col passare del tempo, è invece successo che nella Chiesa si sono elaborate ed hanno preso piede tante dottrine, norme, tradizioni e riti, ai quali si è data più importanza che al Vangelo [3]. Uno dei problemi della Chiesa è che, con la teologia della redenzione e del peccato, Giovanni Battista e san Paolo sono diventati nel cristianesimo assai più determinanti del Gesù raccontato dai vangeli. Non è un caso se nessuna delle definizioni dogmatiche che troviamo nel catechismo cristiano si trova negli insegnamenti di Gesù riportati dai vangeli. Al contempo, nella teologia dogmatica non è stato dato un posto adeguato a gran parte dell’insegnamento semplice di Gesù [4]. Per convincersi, basterà ricordare come questa Chiesa, la quale proclama di aver sempre seguito Gesù, non è capace di fare a meno del denaro, di tanto denaro. Gesù, mandando a due a due gli apostoli, aveva proibito loro espressamente di portare con sé denaro per annunciare il Regno di Dio (Mt 10, 9): ciò vuol dire che - secondo Gesù - il denaro è un intralcio all'evangelizzazione. Pochi vescovi nel corso dei secoli lo hanno seguito. Ricordate come l’arcivescovo Marcinkus, quando dirigeva lo IOR, sosteneva che la Chiesa non si può mandare avanti con le “Ave Marie”? Nessuno gli ha fatto presente che - secondo Gesù - non si può servire contemporaneamente Dio e mammona (Mt 6, 24), e che il denaro e il potere sono i maggiori nemici di Dio e degli uomini.

Imperterrito, papa Benedetto XVI ribadisce che la Chiesa che oggi abbiamo è nata dal costato di Cristo, crocifisso e risorto, salvatore del mondo, che siede alla destra del Padre ed è il giudice dei vivi e dei morti. Questo è il kerigma, l’annuncio centrale e dirompente della fede [5].

Come non avere qualche perplessità? Abbiamo visto che Gesù non ha fondato una religione (cfr. n. 474 di questo giornale, https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-474---14-ottobre-2018/gesu-ha-fondato-una-religione), a meno di non voler stravolgere completamente il significato comune che si dà a questo termine perché al massimo la sua ‘religione’ è consistita nella stessa sua vita, cioè in una vita focalizzata sul porre rimedio alla sofferenza e al miglioramento della vita delle persone; e questo viene poi richiesto ai suoi seguaci (Rm 12, 1: «Per questa misericordia di Dio vi esorto, fratelli, ad offrire le vostre persone quale sacrificio vivo, santo, gradito a Dio: è questo il culto spirituale che vi si addice»). Nell’articolo citato, appunto, sottolineavo che Gesù ci ha spiegato chi è Dio col suo modo particolare di vivere, che ha attratto e sedotto gli ultimi di questo mondo, le donne, i poveri, gli ammalati, gli ignoranti e i peccatori, insomma tutta quella gente vista malissimo e perfino emarginata dalla chiesa e dalla vera religione. È un dato di fatto che, per sua natura, ogni chiesa e ogni religione assolve sempre a una funzione ambivalente, in quanto accoglie e respinge, benedice e maledice [6], difende e attacca, perdona e condanna, e così avanti. Ma una delle cose che più colpiscono leggendo i vangeli è che Gesù ha accolto quelli che il Tempio (la chiesa di quel tempo) rifiutava, ha benedetto quelli che la chiesa malediceva, ha difeso quelli che la chiesa attaccava, ha perdonato quelli che la chiesa condannava. Per di più Gesù ha sempre accolto le persone che avevano altre credenze e osservavano altre pratiche rituali sacre, additandole spesso come modello di fede e come esempio da imitare (pensiamo al centurione romano o alla donna pagana -Mt 8, 5-13; 15, 24-27). Va cioè ribadito, come si è anche visto nell’articolo su Gesù unico mediatore (al n. 514 di questo giornale, https://sites.google.com/site/archivionumeri500rodafa/numero-514---21-luglio-2019/se-gesu-e-l-unico-mediatore-il-dialogo-e-impossibile) che lui ha accettato tranquillamente e senza chiedere alcun cambiamento tutte le persone di altre religioni con le quali si è incontrato, dal che si deduce che Gesù era convinto che in qualunque religione, e quindi in qualunque chiesa, si trova la salvezza. In altre parole, sono molte le religioni vere, per cui Gesù non aveva bisogno di una nuova religione e di una nuova Chiesa.

All’inizio, nell’impero romano, che era molto religioso [7], i cristiani venivano guardati con sospetto visto che quello strano movimento non aveva né templi, né altari, né sacerdoti. In effetti all’inizio i cristiani erano considerati veri e propri atei perché non seguivano le regole tipiche che ogni Chiesa dà ai suoi fedeli. Per Gesù, lo spazio sacro (oggi la chiesa edificio) non era il posto giusto per incontrare Dio; né le cerimonie religiose che si celebravano nel Tempio (oggi le messe) erano il mezzo che Dio richiede per relazionarsi con Lui, come ben risulta dal Vangelo di Giovanni. Ricordate Gv 4, 20-24? Alla samaritana che chiedeva in quale luogo sacro si dovesse adorare Dio, Gesù ha risposto che “adesso” – e quell’adesso continua oggi dopo duemila anni - è venuta l’ora di adorare Dio non in un determinato luogo, ma in spirito di verità. Eppure, a causa dell’insegnamento religioso, molti sono ancora convinti che Dio s’incontri preferibilmente in un luogo santo e nelle cerimonie sacre. Dovremmo allora porci questa domanda: se, secondo Gesù, il vero culto a Dio non va limitato in un luogo determinato per quanto santo sia quel luogo, non dovremmo conseguentemente concludere che, se il Dio che s’incontra nella chiesa non è poi anche lo stesso Dio che s’incontra per strada, sul lavoro, nelle relazioni con gli altri (magari coi migranti che preferiremmo restassero a casa loro), significa che, dopo duemila anni, buona parte del mondo che si professa cristiano non ha ancora incontrato il Dio di Gesù? Come mai sono ancora in tanti a pensare che i sacerdoti debbano parlare solo di Dio, debbano stare sempre accanto all'altare perché per loro esiste solo la preghiera, il tabernacolo [8] e il culto? Non deriva tutto questo dall’idea antievangelica che Dio lo s’incontra solo in chiesa, nel culto della santa messa? Ma lo sapete che nel Nuovo Testamento si chiamano culto e liturgia solo i riti giudaici o pagani (Lc 1, 23; 2, 37; At 7, 41; 14, 13; Rm 9, 4; Eb 9, 21), ma mai una celebrazione cristiana? Con Gesù liturgia, culto e sacrificio si riferiscono alla vita stessa: l’uomo offre sé stesso (Rm 12, 1) [9], mentre vanno eliminati il momento del culto [10] e il luogo sacro (come appunto spiegato alla samaritana al pozzo). Si vede questo nella nostra attuale Chiesa?

Papa Benedetto XVI ha anche detto che l’Ultima Cena è l’atto di fondazione della Chiesa. Perciò sarebbe del tutto inconciliabile con l’intenzione di Gesù quello slogan di moda oggi: «Gesù sì. Chiesa no» [11], perché solo la Chiesa cattolica è stata voluta e fondata da Gesù Cristo, e quindi è l’unica vera Chiesa. Di fronte alla sicurezza dimostrata da papa Benedetto XVI, permettetemi di nutrire di nuovo qualche dubbio.

Il termine chiesa, per cominciare, non ricorre mai nei Vangeli di Marco e Luca. Solo un paio di volte il termine è usato da Matteo. Da nessuno dei quattro vangeli, poi, è possibile trarre indicazioni relative a strutture istituzionali della Chiesa (a differenza, ad esempio, di quanto la Bibbia prevedeva per il sacerdozio ebraico e per il Tempio di Gerusalemme). Dunque significa che Gesù non ne ha mai parlato. Si può allora dire che Gesù aveva in mente la Chiesa cattolica che abbiamo oggi come sua futura comunità?

Inoltre, a ben pensarci, ammesso e non concesso che Gesù abbia voluto istituire una Chiesa, non è forse appena sul Golgota che la istituisce, con designazione di chi dovrà dirigere la comunità: La Madonna, Maria Maddalena e il discepolo che lo ha sempre seguito? Certo, nell’arte Maria viene rappresentata sotto la croce del figlio come una donna che sviene, distrutta dal dolore, e questo sarebbe più logico. Ma nell’unico vangelo che presenta dei personaggi presso la croce non è così: innanzitutto c’è una maggioranza di donne, e un solo uomo: nell’ora del dolore è sicuramente più fedele la donna. Poi Gesù parla senza fatica ed ha appena detto a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19, 26). Di nuovo siamo davanti a un significato teologico, non a una ricostruzione storica (tanto più che storicamente nessun parente o conoscente era ammesso sotto il patibolo), per cui non è che Gesù ha pietà della propria mamma addolorata e si preoccupa di affidarla alla custodia premurosa dell’unico maschio presente [12]. Teologicamente, Gesù si rivolge non a sua madre (non si sta rivolgendo alla propria mamma), ma “alla” madre, cioè alla madre dell’Israele fedele; Maria non è più solo madre di Gesù, ma di tutta la comunità d’Israele; è la donna, è la sposa di Dio, è la Chiesa. Poi, al discepolo anonimo (che non è Giovanni, figlio di tuono, perché non è lui il discepolo amato: cfr. l’articolo Simon Pietro, nota 1, al n. 478 di questo giornale, https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-478---11-novembre-2018/simon-pietro) che lo ha fedelmente seguito fin dall’inizio, dice: «ecco tua madre». Ecco da dove si deve continuare. La nuova comunità procede dalla vecchia, dove Maria rappresenta l’antico ancora fedele. Gesù invita l’Israele che è rimasto sempre fedele al suo Dio, a continuare con il discepolo amato (prototipo del nuovo seguace) nella nuova comunità: quindi siamo davanti a un passaggio soft, senza nessuna rottura tra l’antica alleanza e la nuova alleanza, ma in tranquilla ed evidente continuità. Tant’è che il discepolo accoglie immediatamente Maria, la vecchia comunità, e si riforma l’unità anche con Maria di Magdala, sposa della nuova alleanza [13], chiamata pure lei “donna” (cioè sposa), come è stata chiamata Maria alle nozze di Cana [14]. C’è dunque una piccola contraddizione rispetto al Prologo, quando l’evangelista dice che Gesù venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1, 11). Alcuni lo hanno accolto, e i seguaci di Gesù sono invitati ad accogliere nel loro interno l’Israele che è rimasto fedele [15]. Se mai nasce una chiesa, questa sembra nascere sotto la croce [16]. E a dirigere questa nuova comunità sono chiamate due donne e il seguace più fedele di Gesù: sicuramente non viene chiamato nessuno dei dodici apostoli. In particolare il grande assente è Pietro. Infatti, fino alla morte di Gesù, Pietro non rientra affatto nel numero dei collaboratori più stretti, e non funge da pietra su cui costruire la chiesa neanche dopo la resurrezione perché Pietro continua ancora a fare resistenza a Gesù (Gv 21, 15ss.). Viene perciò di nuovo annullata quella frase che la dottrina ufficiale interpreta come investitura ufficiale da parte di Gesù: “Tu sei Pietro…” (cfr. l’articolo Tu sei Pietro al n. 479 di questo giornale, https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-479---18-novembre-2018/tu-sei-pietro). Come mai il papa si dichiara successore di Pietro e non del discepolo amato? Come mai la Chiesa cattolica ha perseguitato gli ebrei?

Non basta: sotto la croce, e anche in questa nuova comunità, c’è una prevalenza di donne: infatti Maria Maddalena rappresenta la nuova alleanza, tant’è che quando lei e le altre donne vanno ad annunziare la risurrezione (Gv 20, 18; Mt 28, 10), il verbo annunziare (ἀπαγγέλλω) ha la stessa radice dell’angelo. Perciò gli evangelisti stanno affermando che la donna, l’essere umano ritenuto per la sua condizione di continua impurità fra i più lontani da Dio, in realtà è il più vicino e ha la stessa dignità degli angeli, e può svolgere il servizio che costituiva un privilegio per gli angeli. Quindi, se Gesù ha fondato una Chiesa, sicuramente non ha escluso le donne, come invece ha poi fatto la nostra Chiesa.

Inoltre contro l’idea che Gesù abbia voluto fondare una Chiesa come quella che abbiamo si possono opporre tanti altri passi evangelici e – mi sembra,-  piuttosto seri. Vediamone alcuni:

a) la Chiesa cattolica apostolica romana, stando ai vangeli, non può vantare di basarsi su decreti espliciti di Gesù coi quali egli avrebbe previsto una nuova istituzione religiosa, né tanto meno le sue forme organizzative (Aguirre D. R., Castillo J.M.). E già questo sembra tranciante.

b) Quando la folla entusiasta voleva farlo re, Gesù è scappato. Si direbbe che Gesù abbia perso anche qui l’opportunità di fondare la sua chiesa [17] coram populo (davanti a tutti). In effetti mai, in nessuno dei quattro vangeli, viene riportata una sola parola di Gesù detta in pubblico per informare tutti della sua intenzione di fondare una nuova chiesa [18]. Gesù parlava sempre con parresia: perché avrebbe dovuto nascondere l’idea che intendeva fondare una Chiesa, e metterne a capo Pietro? Perché dopo l’episodio “Tu sei Pietro” ha ordinato di tacere (Mt 16, 20)?

c) Si è già avuto occasione di dire che, nel momento in cui Gesù si accomiata dai suoi, non li affida né a Pietro, né alla Chiesa (Gv 17, 9ss.), ma li affida al Padre.

d) Si è anche in altra occasione notato come nei quattro vangeli viene usato ben 122 volte il termine “regno di Dio”, mentre la parola “chiesa” statisticamente ricorre l’1% rispetto al primo termine. Dunque, a Gesù interessava il Regno di Dio, e se era convinto dell’imminenza dell’arrivo del Regno, non aveva motivo di pensare, progettare e costituire un sistema ecclesiastico, una struttura e un ordinamento cultuale e una gerarchia sacerdotale [19]. Anche papa Benedetto XVI, richiamando il pensiero di Alfred Loisy, ha dovuto ammettere che i primi cristiani attendevano appunto la venuta immediata del regno di Dio [20]; invece ad arrivare fu la Chiesa [21]. Ma se a questo aggiungiamo che Gesù non ha mai tollerato che, fra i suoi discepoli ed apostoli, qualcuno cercasse di porsi sopra gli altri e, ancor meno, che qualcuno sottomettesse gli altri questo vuol dire che non c’era una gerarchia fra gli apostoli; e allora non può esserci neanche dopo gli apostoli.

Dunque, la modificazione dello stato delle cose terrene che Gesù cercava di realizzare passava non attraverso una nuova Chiesa, ma attraverso il “Regno di Dio”, e con questa espressione s’intende indicare ciò che succede quando Dio si fa presente nella vita di una persona, di un gruppo umano, di un’istituzione [22].

e) Poi si deve sottolineare in particolare che il concilio Vaticano II, nella costituzione Lumen Gentium§5, 1, proprio nell’impostare il tema specifico della «fondazione della Chiesa», si limita a dire molto più cautamente del Catechismo che Gesù «pose il fondamento (initium fecit) annunciando la Buona Novella, vale a dire il regno di Dio». Il concilio non dice che Gesù ha fondato la Chiesa cattolica, ma solo che fu il punto di inizio.

Ma, osserverà qualcun altro, il Catechismo della Chiesa cattolica (nn. 576 e 583) sostiene che, anche se agli occhi di molti, Gesù sembrava agire contro le istituzioni e il Tempio, in realtà Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme il più profondo rispetto. Se Gesù si è comportato così nei confronti dell’istituzione sacra, ovvio che anche noi dobbiamo manifestare il più profondo rispetto per la nostra istituzione Chiesa. Sinceramente ribadisco che mi sembra piuttosto difficile vedere un profondo rispetto per l’istituzione in uno che definisce i sacerdoti, oltre che briganti, peccatori (Gv 8, 24), figli del diavolo e omicidi (Gv 8, 44), che fa notare come gli stessi siano i primi a non osservare la legge che invece impongono agli altri (Gv 7, 19), che la dottrina che essi insegnano e impongono non viene da Dio, ma da loro stessi (Mt 15, 1 ss.; Gv 7, 18), che loro proprio non conoscono Dio (Gv 8, 55) e non hanno mai ascoltato la sua voce (Gv 5, 37), e che il vero Dio preferisce le prostitute e i peccatori a tutta la loro presunta santità (Mt 21, 31). Dunque, secondo Gesù, i rappresentanti di Dio in terra sono in realtà atei, e sappiamo bene che il dio denaro è l’unico dio che non conosce atei, e in effetti Gesù dice che l’unico dio che essi conoscono è il dio-denaro (Gv 2, 16).

Per questo, lo stesso Tempio viene definito “una spelonca di ladroni” (Mt 21, 13), perché la religione aveva trasformato la casa di Dio in un mercato, dove il vero dio del tempio non era più il Signore, ma appunto il denaro, il profitto: di qui la cacciata di tutti quelli che vendevano e compravano nel tempio (Mt 21, 12; Mc 11, 15; Lc, 19, 45; Gv 2, 14). Per questo Gesù ha rovesciato le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi. Gesù non si muove dentro l’ambito del sacro per rinnovarlo, ma è venuto ad eliminare questa spelonca di ladroni dove in nome dell’interesse e del profitto si era prostituito il volto di Dio. E chi sono i ladroni? Ovviamente i sacerdoti del sacro Tempio, gli unici ad avere in mano il potere e il denaro. E quanto potere e denaro hanno ancora in mano i notabili della nostra Chiesa?

Qualcun altro mi obietterà che nei vangeli Gesù ha seguito a volte dei riti cultuali che sono tipici di un’istituzione religiosa: ad esempio, in Luca 4, 16 si legge che “Era sabato, e come di consueto entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”. Questo può sembrare un rito, ma non lo è: mai si dice nei vangeli che Gesù andava al tempio o nelle sinagoghe per assistere a cerimonie religiose o per pregare; andava solo per insegnare (cfr. Lc 6, 6).

Altrettanto evidente che Gesù non mostra rispetto alcuno per l’intera gerarchia ecclesiastica: Gesù non ce l’ha solo con i sacerdoti, ma anche con gli scribi, perché è la loro teologia che giustifica la rapina perpetrata dai briganti (Ger 8, 8: la penna menzognera degli scribi), perché c’è malignità nei loro cuori (Mt 9, 4), e la malignità richiama l’azione del maligno (Mt 5, 37): quindi negli scribi opera il diavolo. Inoltre, tutti quelli che vendono o che comprano partecipano dello stesso culto, e Gesù non accetta questo culto a un dio che chiede insaziabilmente agli uomini, un dio che vuole i sacrifici. Nella cacciata dal Tempio (Gv 2, 13-16) Gesù proprio elimina il culto a Dio, allontanando sia i venditori sia gli acquirenti: erroneamente, dunque, si parla di cacciata dei soli mercanti dal Tempio. Il Tempio (la Chiesa di allora) presenta un’immagine di Dio che è falsa, quella di un dio che sfrutta gli uomini, soprattutto i più deboli. Il culto nella casa di Dio era diventato un mezzo per sfruttare la povera gente, tant’è che Gesù rimprovera solo i venditori di colombe (Gv 2, 16), cioè l’animale di minor prezzo usato appunto per la purificazione dei poveri (Lv 5, 7). E subito dopo la cacciata, avendo Gesù dimostrato che in quel luogo sacro (nella chiesa) non c’era Dio ma imperava mammona, cosa succede? Succede che gli si avvicinarono i ciechi e gli storpi, considerati impuri per natura e indegni quindi di entrare nel luogo sacro, ed egli li guarì (Mt 21,14): gli esclusi dalla religione si possono finalmente avvicinare. Quelli che la Chiesa allontanava sono accolti da Gesù, come si è detto sopra. Ecco gli ultimi che, a differenza dei sapienti, hanno veramente capito chi è il vero Dio (Mt 11, 25; Lc 10, 21). E oggi non è sempre la Chiesa che tiene a distanza gli impuri, i lebbrosi di oggi, cioè i divorziati, gli omosessuali, ecc.? E non è sempre questa Chiesa che continua a respingere, maledire, attaccare e condannare, brandendo i suoi principi non negoziabili? Ditemi in quale passo dei 4 vangeli Gesù parla di principi non negoziabili.

E tanto per rendersi conto di come non corresse affatto buon sangue fra Gesù ed il Tempio, checché ne dica il Catechismo, basta fare questa ricerca statistica nel Vangelo di Giovanni: per 12 volte l’evangelista usa il verbo uccidere Gesù, e 6 volte il vocabolo viene usato nel santo Tempio; 8 volte viene usato il verbo arrestare Gesù e 4 volte si riferiscono al Tempio; 2 volte viene usato il verbo lapidare (Gv 8, 59; 10, 31) Gesù, e tutte le due volte nel Tempio. Altro che profondo rispetto per l’autorità religiosa ed i suoi luoghi sacri!

Obbedendo alla propria coscienza Gesù si è scontrato con l’autorità della Chiesa (di allora). E che cosa succede se, ubbidendo alla propria coscienza, si disobbedisce liberamente e consapevolmente all’autorità? Succede che si esce dalla comunione che intorno a quella autorità si costituisce. In concreto, se l’autorità è quella di una chiesa (di qualunque chiesa, di qualunque segno confessionale, perché il principio d’autorità – che qui è in gioco – è operante in qualunque organismo umano), si esce dalla comunione di quella chiesa [23]. Altro segno evidente che a Gesù non interessava la chiesa, interessava il Regno di Dio, e non ha neanche avuto l’intenzione di costruire una nuova chiesa tutta sua.

Se il termine chiesa non ricorre mai nei Vangeli di Marco e Luca, e solo 3 volte in Matteo, viene invece usato ben 46 da Paolo [24]. Ovvio allora pensare che la Chiesa sia sorta nella storia attraverso un processo evolutivo, cominciato appunto con san Paolo. In principio, proprio con Paolo che iniziava a costruire una comunità e poi la lasciava per continuare da un’altra parte, esisteva una pluralità di gruppi che rivendicavano tutti la memoria di Gesù. I contorni ideologici di questi gruppi, poco istituzionalizzati, erano imprecisi, e spesso erano in conflitto fra di loro. Solo poco a poco è emersa una linea che alla fine si è imposta come ortodossa. Dobbiamo però anche ricordare che Paolo non ripete a fondo il messaggio di Gesù, visto che Gesù annuncia costantemente il Regno di Dio mentre quest’espressione scompare nelle lettere di Paolo.

Infine va tenuto presente che Gesù non ha mai ordinato di costruire chiese, cappelle, né ha organizzato un centro di spiritualità, né si è messo a celebrare rituali, né ha detto alla gente che egli portava loro un nuovo “credo” di verità e dogmi di fede, né ha imposto delle norme religiose alle quali ci si doveva sottomettere. Al contrario degli scribi e farisei del suo tempo che si erano inventati centinaia di regole, Gesù non ha fatto niente di questo. Ma Gesù non si è neanche sottomesso alla ferrea disciplina del Tempio di allora (basta pensare all’idea di impurità nell’episodio del buon samaritano), soprattutto quando tale sottomissione sarebbe stata lo stesso che imporre una carico pesante alle persone, in nome del divino. Gesù non ha mai consentito a questo [25]. Il cambiamento di Gesù è stato quello di occuparsi della gente e dei problemi concreti quotidiani: salute, cibo, relazioni reciproche. Istintivamente ancora oggi la gente sente questo, e per questo dice che crede in Dio, ma non nella Chiesa. Questo avviene perché la gente si rende conto che la Chiesa-istituzione non coincide col Vangelo, vale a dire non è calibrata su quella che è stata la vita e il messaggio di Gesù. Pur riconoscendo alla Chiesa-istituzione la missione di formulare decisioni su alcuni punti essenziali, in quanto depositaria dei sacramenti e custode dei testi sacri, questa missione si riconosce soltanto a titolo di indicazioni per i fedeli. Ma come già diceva Simone Weil, non le viene più riconosciuto il potere d’imporre i propri pensieri come se fossero verità assolute, e ancor meno il diritto di usare la minaccia e il timore esercitando, per imporli, il suo potere di privare dei sacramenti.

Gesù sapeva come vanno a finire queste cose. Il sacro crea una frattura nella realtà, perché l'uomo profano deve essere sottomesso all'uomo sacro. Non appena il sacro si considera dotato di una dignità e di una condizione superiore che non esiste nel profano, rifiuta la laicità come sistema organizzativo di comunità e di convivenza, perché in una società costituzionalmente laica non si accettano privilegi basati su credenze o pratiche religiose [26]. Tutto questo crea divisioni, e nella storia della Chiesa, col passar degli anni, queste divisioni sono aumentate sempre di più fino a sfociare in veri e propri scontri, per cui i ruoli di comando, con l’autorità d’imporsi sugli altri, sono diventati sempre più risoluti e fermi per combattere coloro che rifiutavano queste divisioni (volute invece da Dio, stando al clero).

Ma Gesù non era sacerdote, era un laico che pensava come un laico, per cui coincideva in quello in cui tutti coincidono, senza separarsi dalla gente comune. Pensiamo invece a tutti coloro che, ritenendosi muniti di potere di comando e di alte dignità, manifestano tutto questo con vestimenti sfarzosi, catene vescovili con una croce pettorale e orologi da polso di metallo prezioso, con titoli altisonanti, con la pretesa di essere trattati in maniera differenziata dalle persone comuni; insomma, questi notabili hanno finito col riproporre cose che Gesù aveva proibito con fermezza [27]: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere» (Mc 12, 38-49), «Fanno tutto per essere visti dagli uomini» (Mt 21, 5), eccetera.

Ma, mi si obietterà, questo succedeva ai tempi degli ebrei, mica nella nostra Chiesa. Allora è opportuno ricordare cosa ha scritto recentemente il giornalista Martel [28] sullo shock subito dall’alto clero spagnolo all’elezione di papa Francesco: “Ed ecco che arriva Francesco a chiedere loro di diventare poveri, di abbandonare i propri palazzi, di tornare alla vita pastorale e all’umiltà. Con questo nuovo papa latino, quel che pesa loro, da queste parti, non è tanto la dottrina, perché rispetto a quella sono sempre stati molto accomodanti; no, quello che pesa qui e il doversi allontanare dal lusso, smettere di essere dei principi, abbandonare i propri palazzi e il colmo dell’orrore è doversi mettere al servizio dei poveri!”

Guardando le cose da questo punto di vista, si comprende bene quanto Gesù sia lontano dalla Chiesa cattolica, che normalmente difende i suoi privilegi in ogni Paese con un impegno degno della miglior causa [29]. In questo la Chiesa non ha seguito e non segue esattamente il cammino tracciato da Gesù, che non è precisamente il cammino dei poteri e dei privilegi che derivano dalla politica, dal denaro o dal capitale di questo mondo. Gerd Theissen ha detto a ragione che i sogni del movimento originati da Gesù non erano sogni di sacerdoti desiderosi di far carriera, di scribi o di uomini potenti, ma di poveracci esclusi «che si è andati a cercare per strada e per i viottoli» (Lc 14, 23).

Se guardiamo al governo della Chiesa nel corso dei secoli, si vede che funziona esattamente all’opposto di quanto auspicato da Gesù (“i primi saranno gli ultimi” – Mt 20, 16). Vi sembra che il cardinal Bertone col suo superattico romano faccia parte degli ultimi? [30] Conoscete molti papi emeriti, cardinali e vescovi (in servizio o in pensione) che vivono nell’indigenza? Dunque il governo della Chiesa-istituzione ha camminato presto in direzione opposta al cammino tracciato dal Vangelo: allora è chiaro che qualcosa non quadra. Sicuramente Gesù non ha agito così, visto che non aveva neanche una pietra dove posare il capo (Mt 8, 20).

Anche se oggi viviamo in una Chiesa meno violenta e minacciosa del passato, siamo comunque ancora ‘colonizzati’, direttamente o indirettamente, attraverso gli enunciati solenni del magistero, i dogmi ai quali è obbligatorio credere (pena l’inferno) e soprattutto attraverso le vie sottili, persuasive, del confessionale.

In conclusione, cosa si può fare? Dovremmo creare un’alternativa. Continuare a credere nella nostra Chiesa ma, nella convinzione che la nostra Chiesa non può impostarsi su poteri tirannici, dovremmo cercare di creare delle alternative, pacificamente. Per questo dobbiamo aiutare papa Francesco che tenta disperatamente di riportare la Chiesa al Vangelo.

Oggi molti pii credenti sono disperati per avere questo papa che sta distruggendo la loro idea di cristianesimo, essendo convinti che la vera Chiesa, voluta dallo stesso Gesù, sia quella che sa di possedere tutta la Verità, quella che ha la forza di imporre i suoi dogmi e i suoi valori non negoziabili a tutto il mondo, che esprime il suo fasto con le sue ricche liturgie, che è lodata, riconosciuta (e, perché no, anche guardata con un certo timore reverenziale) dal potere secolare.

Ma al tempo stesso ci sono altrettanti credenti che si sentono profondamente a disagio in un conflitto interno alla Chiesa che, a ben pensarci, non dovrebbe esserci perché il Vangelo è uno solo. Molti credenti si sentono a disagio essendo sostenitori di una Chiesa che sia finalmente capace di accettare la laicità, che si trovi a proprio agio nella democrazia (con piena parità fra uomini e donne come avveniva nel gruppo che seguiva Gesù – Lc 8, 2-3), che riconosca che esistono rappresentanti legittimamente eletti che poi devono muoversi in una società pluralista, che non si può pensar d’imporre a tutta la società quelle che sono le esigenze non negoziabili della morale cristiana. Credono in una Chiesa che si autofinanzi, che non nasconda il Vangelo, che si metta in ascolto e parli agli uomini più come sorella vicina che come maestra severa e onnisciente. Perché così – almeno stando ai vangeli – si è comportato Gesù.

E allora la vera domanda che, come cristiani (e quindi seguaci di Gesù Cristo), dovremmo porci è: l’organizzazione della chiesa ha incarnato lo spirito iniziale di Gesù? In altre parole, il vero problema non è tanto se Gesù ha fondato una Chiesa, ma se la Chiesa di oggi è fondata su Gesù e sui valori che egli ha promosso [31].

 

Dario Culot

 

[1] Nel commento al Vangelo del 7.6.2020.

[2] Castillo J.M., Il problema sta nella teologia, in http://www.ildialogo.org/francesco/commenti_1393364158.htm.

[3] Basti pensare a come la Chiesa abbia incoraggiato il digiuno, a scapito del mangiare insieme (incoraggiato invece dai vangeli). Perché? Perché la condivisione a tavola è fonte di gioia e piacere, e per la religione il piacere è già in odor di peccato. I vangeli non sono di quest’idea.

[4] Balasuriya T., Rivelazione e Rivelazioni, in Per i molti cammini di Dio, III, ed. Pazzini, Villa Verucchio (RN), 2010, 32.

[5] Papa Benedetto XVI, udienza generale 17.10.2012.

[6] Del resto questo trova profonde radici anche nella Bibbia. Ad esempio, Dt 28 parla esplicitamente di benedizioni e maledizioni legate alla fedeltà e all'infedeltà del popolo al patto. E in Gn 12, 3 Dio in persona dice ad Abramo: «Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò».

[7] «Se ci paragoniamo alle altre nazioni risultiamo uguali o inferiori in diversi campi, eccetto quello della religione, che significa il culto degli dèi, nel quale siamo di gran lunga superiori» (Cicerone, De natura deorum, II,3).

[8] Cfr. ad es., in tal senso “Vita Nuova”, rivista diocesana di Trieste del 7.7.2017.

[9] Gesù ha trasformato il sacrificio rituale proprio della religione in sacrificio esistenziale: ha offerto la sua esistenza per gli altri, spostando il centro della religione dal sacro al profano (Castillo J.M., La laicità del Vangelo, ed. La Meridiana, Molfetta (BA), 2016,36, 150).

[10] Uno dei modi classici di servire Dio era il culto e la cerimonia (sacrifici, prostrazioni, offerte), che sottolineano l’inferiorità e la dipendenza dell’uomo, il quale resta sempre in debito.

[11] Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo Cinisello Balsamo (MI), 2012, 93.

[12] Così Serra A., La madre di Gesù, in Opera Giovannea a cura di Ghiberti G. e altri, ed. Elledici-Leumann, Torino, 2003, 510.

[13] Maggi A., Il mandante, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 92 ss.

[14] Mateos J. e Camacho F., Vangelo: figure e simboli, ed. Cittadella, Assisi, 1997, 107 s.

[15] Nella lettera agli Efesini ancora una volta Paolo chiede unità e non divisione ai pagani e agli ebrei convertiti, visto che grazie al sangue di Cristo “siete diventati vicini” (Ef 2, 11-18).

[16] Manicardi G., La morte di Gesù nel Vangelo secondo Giovanni, in www.fondazionegraziottin.org/ Area  divulgativa – parola chiave: spiritualità/2013.

[17] Panikkar R., La pienezza dell'uomo, ed. Jaca Book, Milano, 2000, 163.

[18] Küng H., La Chiesa, ed. Queriniana, Brescia, 1967, 81.

[19] Haag H., Da Gesù al sacerdozio, ed. Claudiana, Torino, 2001, 73.

[20] Perfino per l’apostolo Giacomo la parusia era vicina (Gc 5, 8).

[21] Ratzinger J-Benedetto XVI, in Gesù di Nazareth, ed. Libri Oro Rizzoli, Milano, 2008, 71.

[22] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2013, 94.

[23] Ricca P., Autorità della chiesa, autorità della coscienza, in https://www.c3dem.it/wp-content/uploads/2020/06/autorit%C3%A0-della-chiesa-autorit%C3%A0-della-coscienza-p.-ricca-riforma.pdf

[24] Fabris R., La Chiesa nel Nuovo Testamento, ed. Centro Diocesano di Pastorale Universitaria, Trieste,1997, Quaderno n.2/1992-1993, 63.

[25] Castillo José M., Teología Popular (III), ed. Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2013, 90.

[26] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 282.

[27] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 283.

[28] Martel F., Sodoma, Feltrinelli, Milano, 2019, 355, e 457: “La fotografia (all’inizio di quest’articolo) è talmente irreale che si potrebbe pensare sia stata modificata. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone siede maestoso: è seduto su un trono, posto su un piedistallo blu, e indossa la mitra gialla bordata di rosso. In questa postura composta da tre elementi – piedistallo, trono, mitra – sembra un gigante un po’ spaventoso. È rigido come un imperatore durante un’incoronazione, a meno che non sia per eccesso di calcio.

Alla sua destra, il cardinale Jorge Bergoglio sembra molto piccolo: seduto su una normale sedia di metallo fuori dalla piattaforma,è semplicemente vestito di bianco. Bertone indossa occhiali scuri da aviatore, Bergoglio i suoi grandi occhiali da vista. La casula dorata di Bertone termina con un pizzo bianco che mi ricorda le tovagliette di mia nonna; al polso brilla un orologio che e stato identificato come un Rolex. La tensione tra i due uomini e palpabile: Bertone guarda dritto davanti a se, con occhi inquisitori, fissi come una mummia; lo sguardo di Bergoglio e pieno di stupore…”

[29] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 282.

[30] Il cardinal Bertone è stato per anni il numero due del Vaticano, ma anche oggetto di tante chiacchiere sui quotidiani di mezza Italia. Cfr., in punto mega-appartamenti utilizzati da vari cardinali, non solo Martel, ma anche Nuzzi G., Via Crucis, ed. Chiarelettere, Milano, 2015, 62s (e in particolare l’elenco a p. 143s. degli appartamenti occupati dai vari cardinali con le rispettive metrature); l’autore conclude che i 50 mq occupati da Papa Francesco sembrano quasi una capanna.

[31] Aguirre D.R., El mito de los orígenes de la iglesia, relazione tenuta a Bilbao il 15.11.2004, in: http://servicios.elcorreo.com/auladecultura/rafael_aguirre1.html.