Verità e violenza

Pagina dell’Apocalisse di Bamberga, XI secolo 

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Un grande poeta cieco della letteratura araba, Abu l – ‘Ala‘ al-Ma’arri, morto nel lontano 1057, aveva in allora scritto a proposito dei suoi: «Gli abitanti della terra si dividono in due categorie: coloro che hanno un cervello ma non hanno religione, e coloro che hanno una religione ma non hanno cervello» [1]. Evidente che riteneva i fanatici [2] religiosi più pericolosi dei primi.

Tahar Ben Jelloun, uno scrittore musulmano dei giorni nostri ha sollevato questo bruciante interrogativo (“La Repubblica” 27.9.2014, 1-17): «La violenza è insita nell’Islam? Si potrebbe rispondere ricordando la storia del cattolicesimo [3]; ma sarebbe un modo per eludere una domanda imbarazzante. Evidentemente, l’Islam predica la pace e la tolleranza e coltiva valori dell’umanesimo [4]; ma al tempo stesso parla anche di jihad, di lotta contro i miscredenti, di apostasia e di molte altre cose, interpretate in maniere diverse. Tutto è relativo, tutto dipende dall’interpretazione che viene data di questo o quel versetto». Infatti l’ambiguità delle scritture considerate sacre – che siano dell’ebraismo, del cattolicesimo o dell’islam - è tale da consentire sempre interpretazioni anche molto diverse e addirittura opposte.

È infatti un dato di fatto che non solo gli uomini si sono allegramente scannati in nome delle proprie diverse religioni (cristiani con musulmani e viceversa, buddhisti e musulmani, musulmani e yazidi), vedendo gli altri come infedeli, ma perfino gli stessi cristiani si sono scannati fra di loro in nome dello stesso Dio. Sono incontestabili le radici cristiane dell’Europa, ma queste radici sono state anche abbondantemente bagnate da sangue cristiano [5]. Alla fin fine, i papi hanno ucciso più cristiani per imporre la religione cattolica di quanti ne abbiano uccisi gli imperatori romani perseguitando il cristianesimo: allora come mai anche i bambini sanno delle persecuzioni romane, ma nessuno parla mai dei morti causati dalla stessa Chiesa? [6] Non ci si riferisce solo all’Inquisizione, ma alle vere e proprie guerre di religione [7] scatenate fra i cristiani, e dai cristiani contro gli eretici cristiani. Il tutto sempre in nome del Cristo e della Verità. È vero che la verità è la persona di Cristo, ma spesso è stata confusa con il complesso dottrinale prodotto e definito dalla Chiesa, per cui la definizione di verità data dalla Chiesa finisce col sostituirsi alla verità vivente che è il Cristo. E, soprattutto la Verità Unica proclamata dalla Chiesa, come si è visto nell’articolo sul Relativismo del mese scorso, non dà spazio a nessun’altra voce [8]. Ha ben detto un teologo e matematico [9] che una formula può essere ‘verità’ solo se si prevedono tutte le obiezioni. Ma per prevedere tutte le obiezioni bisogna prima averle esposte. Ne deriva che la verità è un giudizio che racchiude in sé anche il limite, sì che ogni verità è contraddittoria, e non può che essere così.

L’idea di Verità Unica, che supera ogni relativismo, trova oggi finalmente una certa resistenza anche fra noi cristiani. Ormai si tende a non riconoscere questa unità [10], e vengono creduti sempre meno quegli estremisti che gridano che esiste una sola Verità eterna: la loro.

Il termine vero o verità, che deriva dal sanscrito var, e inizialmente aveva significato di ‘ciò che è scelto’, in quanto ‘si distingue’ (dal falso) [11], l’abbiamo spesso ridotto alla verità di un insegnamento, di una legge, di un dogma che lega, che obbliga, che comprime. La verità, invece, è ciò che ci fa vivere meglio. Gesù, almeno, la pensava così, visto che ha detto: «Chi fa la verità viene alla luce» (Gv 3, 21) [12]. Ma quando la fede si riduce all’accettazione di piccole verità incasellate in una dottrina, non porta alcuna luce; anzi divide le persone, le separa e le fa scontrare reciprocamente [13], per cui la fede in Gesù Cristo non può essere mai un’adesione a un sistema dottrinale o accettazione di particolari formule teologiche, dovendo invece essere un modo pratico di comportarsi che ricalca il suo [14].

Gesù ha anche detto che la verità ci farà liberi (Gv 8, 32), ma questa verità non è di nuovo quella dottrinale, bensì quella che si vive nei rapporti con gli altri: la verità, cioè, va vissuta con tutto il nostro essere. Noi cristiani crediamo che la Parola si è fatta carne, il che significa appunto che occorre vivere la verità con tutto il nostro essere; invece per noi la Parola ha finito col diventare astrazione, ha fatto scrivere complicatissimi libri di teologia dimenticando che Dio va vissuto [15]. Ci è stato anche insegnato che la Verità Assoluta si trova solo nella Chiesa, unica depositaria di tutta la verità; fuori resta solo l’errore [16]. Se però il magistero parla di povertà, ma non è povero, siamo davanti a un’impostura. Se parla di amore, ma poi non si comporta amorevolmente, siamo davanti a un’impostura. Neanche la Chiesa può creare la verità, che “è”, e che tutti possono scoprire. Inoltre la Verità è una in sé ed è unificatrice: [17] non può dividere, perché tutti concordano su ciò che è realmente vero. E allora è evidente che la convinzione di possedere la validità assoluta, su cui non tutti concordano, si trasforma facilmente in violenza per chiunque non condivida tali convinzioni.

Ha fatto un’analisi di questo tema scabroso il sociologo tedesco Wolfgang Sofsky [18]. Per Sofsky è giusto riconoscere il bene che le religioni fanno a tanta gente, in quanto danno un senso alla vita di molte persone, assicurano la coesione dei gruppi umani creando norme condivise e ideali comuni, che per molti sono fonte di bene e di speranza. Ma è altrettanto certo che la religione «genera pretese di validità che non tollerano obiezione alcuna». Infatti nessun dio che tenga veramente a sé tollera un altro dio al suo fianco. E qui è dove iniziano i problemi. Perché la validità assoluta delle proprie convinzioni si converte automaticamente in violenza (psicologica e/o fisica) verso chiunque non condivide tali convinzioni. Ecco perché «nessun dio che conta sulla verità tollera altri dèi insieme a lui. La sua pretesa è assoluta: pretesa di verità, di evidenza e di obbedienza. Che dio sarebbe quello che consente l'esistenza di altri dèi assieme a lui? Che ragione sarebbe quella che è indulgente con gli uomini che si consegnano alla superstizione? Che comunità di valore sarebbe quella che ammette nelle sue file estranei e scettici?».

Ebbene, la risposta a queste serie di scomode domande è dura, però abbastanza realista: le idee grandiose costano numerosi sacrifici. Esse giustificano la violenza e la desiderano. Come i vampiri, gli alti valori hanno bisogno di sangue per rinnovare le proprie energie (così spiega Baumann Z., un altro sociologo ben noto). Le guerre si fanno in nome di valori molto alti, e le atrocità si commettono per glorificare il proprio dio che a quel punto è ridotto a idolo. «Si predicano crociate religiose contro gli infedeli; i selvaggi e i barbari sono sterminati dai civilizzati con un gesto di superiorità culturale e vocazione missionaria. Il terrore rivoluzionario si dispiega sotto il segno della virtù, della ragione o della giustizia».

Il vero problema sta allora nel fatto che le religioni, invece di risolvere queste tensioni, di frequente non fanno che aggravarle fino all’estremo inimmaginabile della violenza. Non solo aumentano la violenza, ma perfino la giustificano, perché riescono a dare alla violenza e all’inumanità spiegazioni di carattere «spirituale» o perfino «trascendente». Allora è come se fosse lo stesso Dio il primo a volere e perfino ad esigere la violenza: cioè la violenza chiama in causa Dio stesso [20]. In particolare, nel cristianesimo, la cristologia è stata una rotellina indispensabile dell’ingranaggio della violenza, perché l’affermazione secondo cui Cristo è l’unico Mediatore fra Dio e gli uomini, ed è anche l’unico Salvatore per gli esseri umani, ha fatto di questa teologia l’argomento più chiaro e più forte della supremazia del cristianesimo su tutte le altre religioni. E pertanto, ha fissato in Gesù un motivo di divisione, essendo assai difficile pervenire all’unione fra gli uomini con questa pretesa. In questo modo Gesù, invece di umanizzarci, finisce col disumanizzarci, senza che noi neanche ci rendiamo conto di questo [21]. Siamo agli antipodi di quanto Gesù ha insegnato con la sua vita. Se solo si leggono i vangeli si avverte questa distanza enorme fra quella che è stata la vita di Gesù di Nazareth e quello che ci ha insegnato la Chiesa.

La verità dottrinale cattolica si basa su due elementi: la tradizione e l’autorità. Tradizione significa che l’insegnamento viene dal passato e dal passato ad oggi è stato trasmesso sempre uguale, a cominciare dagli apostoli. Se così fosse, però, non saremmo più davanti a una realtà vivente, ma a uno stagno immobile, mentre sappiamo che all’inizio i vangeli erano testi viventi e modificabili in base all’esperienza della chiesa- comunità. Noi ripetiamo gli schemi del passato, mentre Dio ha bisogno di persone che creano, non che ripetono (“Io faccio nuove tutte le cose” – Ap 21, 5). Dio ha bisogno di manifestarsi in forma creativa, tant’è che la vita, nella sua esuberanza, si è sempre manifestata in mille forme diverse. Avete mai pensato che, siamo miliardi di persone al mondo, eppure non c’è una persona esattamente uguale all’altra?

Autorità significa: “Tu stai zitto! Quello che io ti insegno è così perché è stato stabilito che è così, e chi l’ha stabilito è più importante di te e tu devi solo obbedire” [22]. Nessuno può permettersi di esporre insegnamenti che ledono la dottrina della fede [23]. Dunque risulta evidente che quando per fede s’intende semplicemente l’obbligo di aderire e obbedire a una dottrina insegnata dal magistero della Chiesa cattolica, il magistero tende a divinizzarsi, perché si vede infallibile e non confutabile; se è infallibile solo gli atei miscredenti possono pensare di criticare chi già possiede la verità.

Potremmo dire: ‘beati coloro che vivono in queste certezze’. Ma salendo ancora più a monte di queste impegnative certezze, dovremmo porci un’altra domanda: visto che in nessun punto i Vangeli ci dicono che cosa è la verità [24], cosa s’intende per verità nel campo religioso?

Oggettivamente già la parola “verità” è di per sé parola piuttosto ambigua, perché si deve riconoscere che, nel nome di essa, sono state compiute spesso anche spaventose efferatezze. Eppure, ogni religione è talmente impregnata di orgoglio che tende a considerare sé stessa migliore delle altre, essendo certa che solo da lei si apprende la Verità, quella con la “V” maiuscola. Ritenuta la scrittura (sacra) in suo possesso espressione definitiva della volontà di Dio, ogni religione ha la brutta abitudine di presentarsi come l’unica e vera, escludendo tutte le altre che vengono invece denunciate come false e perniciose opere del demonio. Tutte le religioni assicurano che solo l’accettazione dei propri insegnamenti e la pratica dei propri precetti condurranno alla salvezza (che si chiami paradiso o nirvana); tutte assicurano che la disobbedienza e la trasgressione ai propri insegnamenti e ai propri precetti andranno severamente punite in questa vita e/o in quella futura. Visto che nessuno deve azzardarsi ad andare contro questa Verità ormai acquisita è facile che si inneschino forme crescenti di violenza morale, psicologica e, quando le leggi di uno Stato lo consentono, anche fisica. Se infatti capita l’occasione storica favorevole, gli eretici vengono forzatamente “corretti,” gli infedeli vengono forzatamente obbligati ad abbracciare la vera fede e ad osservare i veri precetti; e se poi insistono ancora nell’opporsi, vengono gioiosamente eliminati in nome di Dio.

Questo conferma che ogni religione sente di avere il diritto e perfino il dovere di intervenire in ogni ambito della vita degli uomini, anche in quelli che esulano dall’aspetto meramente religioso e spirituale, per imporre la divina volontà, che ovviamente solo lei conosce e sa rettamente interpretare. Questa certezza di incarnare il Bene e di possedere la Verità, permette di indicare l’altro come l’incarnazione del Male, e soprattutto consente di combattere, con qualunque mezzo, tutto quel che si ritiene sia di opposizione al trionfo del suo Bene [25]: chi non segue la vera dottrina sta dalla parte del male e va estirpato come una zizzania pericolosa.

Ora, è vero che il Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, riporta, fra l’altro, queste affermazioni:

“Dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi ... La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani ... Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza”.

C’è da augurarsi che, pian piano, anche grazie al dialogo interreligioso, questi principi vengano non solo proclamati ma accettati da sempre un maggior numero di persone: al momento sembrano più che altro pregevoli aspirazioni dei due firmatari, e non è un caso se papa Francesco viene anche ‘violentemente’ contestato fra gli stessi cristiani (non ho notizie di come sia stata accolta la presa di posizione del Grande Iman nel mondo sunnita). Per quello che si è finora visto nella storia umana, questa presa di posizione resta una pia illusione degli uomini di buona volontà, e credo che le grandi religioni non riusciranno a portare la pace nell’umanità, almeno fino a quando saranno gestite da una gerarchia di uomini che si pone in cima alla piramide, nella convinzione che il gregge sottostante deve solo obbedire. Finché queste gerarchie di chierici restano convinte di essere le uniche in grado di gestire la verità per chi sta sotto di esse, inevitabilmente tenderanno a volere annientare tutto il resto.

Perché oggi restiamo sconcertati davanti ai combattenti dell’Isis che si sacrificano come kamikaze, su invito dell’autoproclamato califfo, certi di ottenere altrettante ricompense spirituali? È che ci siamo dimenticati dei nostri Templari, monaci guerrieri costituiti in ordine nel XII secolo, subito dopo la prima crociata. Oggi ci sembra contraddittorio parlare di Dio-amore e di soldati di Cristo combattenti con la spada, ma allora non lo era; anzi, “a esaltare la sacra violenza era il papa in persona e ai cavalieri che brandivano la spada nel nome di Dio si promettevano ricompense spirituali” [26]. Se guardiamo alle crociate, le storie musulmane e quelle cristiane si rassomigliano molto: lo stesso zelo religioso, la stessa caratterizzazione spregiativa per i nemici (cani saracini nelle cronache cristiane, porci cristiani nelle cronache musulmane) [27]. Ogni religione è pienamente convinta che il Male sia qualcosa che appartiene solo alle altre religioni.

Ancor più grave è il fatto che ogni religione è, poi, convinta di essere portatrice di pace, perché – è opinione diffusa fra le persone religiose [28] - che ogni autentica religione implica una permanente volontà di conversione e miglioramento. In realtà, anche se le religioni aspirano ad unire e ritengono che solo le sette separano, finiscono loro stesse per dividere, perché cercano di imporre la propria verità con la forza e/o la paura; e se l’unione alla fine riesce, ciò avviene solo perché l’altro si sottomette. Cioè hanno quasi sempre operato in modo contrario a quanto proclamato ad Abu Dhabi.

C’è poi un’ulteriore elemento che dovrebbe farci pensare tutti. Qui da noi ancora in tanti sono convinti che l’unica vera religione sia quella cattolica, appresa fin da piccoli, mentre le altre sono tutte false. Effettivamente in Italia (forse ancora per poco), credente è comunemente inteso come sinonimo di osservante cattolico; ma nel Nord Europa credente è sinonimo di protestante, e in Marocco è sinonimo di musulmano. Essere qui cattolici, lassù protestanti e laggiù musulmani fa parte della propria identità, ed è una realtà inconsapevole prima ancora che consapevole [29]. L’appartenenza religiosa, dunque, è determinata in realtà da una mera variabile geografica: si può dire che dipende dal posto in cui uno è nato. Chiunque di noi fosse nato, infatti, in un Paese musulmano e avesse fin da piccolo assorbito quella religione, sarebbe certo che l’unica vera religione è la sua, che qui invece ritiene intrinsecamente sbagliata solo perché è nato un po’ più a nord del Marocco, e non certamente perché dopo lunghi e approfonditi studi ha concluso con cognizione di causa che l’islam è effettivamente intrinsecamente sbagliato.

Il Documento sulla fratellanza umana permette la libertà di culto. In politica chi passa da una parte all’altra viene chiamato “trasformista”. Nella religione cattolica, chi l’abbandona viene chiamato apostata [30]. Su questi individui si abbatte ovviamente l’esecrazione morale quando lasciano la nostra parte per passare a quella dell’avversario, mentre saltare il fosso nella direzione opposta è apprezzato come evidente manifestazione di saggezza [31]. Come mai – per tutte le religioni - chi abbandona è un traditore, mentre chi si unisce è necessariamente un saggio? Evidente che il principio di libertà di coscienza nella scelta della religione, proclamato nel Documento di Abu Dhabi sopravvisto, non si è ancora largamente condiviso.

La causa dell’innesco delle forme crescenti di violenza va allora cercata sempre in quella pretesa di monopolio sulla verità, per cui solo la propria sacra scrittura è ritenuta espressione definitiva della volontà di Dio. Ma questa pretesa contiene in sé un seme di violenza che aspetta solo di uscire, perché dà il diritto alla religione di dividere le persone tra fedeli e infedeli, tra puri e impuri, e soprattutto di promettere un premio o di minacciare (e a volte infliggere direttamente) un castigo. Dunque, ecco perché tutte le religioni che pretendono di essere le uniche vere si sono finora dimostrate intrinsecamente violente [32], anche se a parole parlano di amore e di pace, perché inducono i propri fedeli a demonizzare senza pensarci su due volte le idee altrui, sì che qualsiasi idea diversa è vista come una pericolosa deviazione [33]. Quando siamo dalla parte giusta, allora dobbiamo essere spietati, sia pure dolorosamente, con chi tende ad inquinare la “giusta” realtà [34]: ecco allora il malicidio (cioè l’omicidio dell’infedele, che non viene affatto visto come omicidio), ecco la tortura [35] delle streghe e degli eretici da parte di chi pretende di padroneggiare la verità. Questo si è dimostrato in passato vero per il cristianesimo, ma in precedenza anche gli ebrei avevano affermato che versare il sangue del malvagio era offrire un sacrificio gradito a Dio [36], ed hanno ammazzato senza pensarci due volte Gesù che osava presentare alla gente un’immagine diversa di Dio. Del resto, già la Bibbia apprezzava il malicidio per glorificare il proprio Dio (Nm 25, 8): il figlio di Eleazaro e nipote di Aronne ha ucciso in pubblico con la lancia un ebreo e sua moglie, una Medianita, solo perché c’era il rischio che l’uomo seguisse la religione (ovviamente falsa e perniciosa) di quella donna, come avevano già fatto altri ebrei prima di lui, provocando altrettanto ovviamente la giusta ira del vero Dio. Si ammazza in nome di Dio, e questo Dio è talmente contento dell’ortodossia del suo popolo dimostrata da Eleazaro che non solo non lo castiga per aver violato il V comandamento, ma da quel momento inizia un’alleanza di sacerdozio perenne. Si è già visto come il cattolicesimo non è stato da meno, e niente di diverso sostiene oggi l’integralismo islamico che ci fa tanta paura. Dio sembra sempre contento se si ammazzano gli infedeli. Immaginate com’erano contente le popolazioni musulmane quando vedevano arrivare al galoppo i crociati.

È stato anche messo giustamente in rilievo [37] come l’esistenza di una parentela profonda fra religione e violenza si spiega innanzitutto col fatto che l’atto supremo della religione è il sacrificio. Il sacrificio, che consiste essenzialmente nella morte rituale della vittima, è di per sé un atto violento, e questa violenza facilmente viene deviata poi contro altri essere umani, soprattutto quando sono visti come nemici della religione. Non a caso, perfino la morte di Gesù ci è stata spiegata a lungo come un sacrificio [38]. Dunque, si deve mestamente concludere che finché ci saranno religioni che pretendono di essere le uniche depositarie di tutta la verità con la “V” maiuscola, ci saranno sempre guerre di religione, come ci sono state in passato. Questo cesserà solo quando ogni religione riconoscerà che Dio può essersi manifestato in ogni religione, perché Dio è sempre più grande di ciò che insegna ogni religione. Gli scontri termineranno quando accetteremo che ogni religione ci porta verso il centro. Per noi cattolici è la Parola incarnata, per i musulmani il centro è Allah, e lo stesso per gli indù che pur danno un altro nome all’Innominabile. I raggi che partono dalla periferia differiscono, ma nel centro si unificano, anche se non riusciamo a definire cos’è il cuore dell’essere [39].

Allora, restiamo pure contenti sul nostro raggio, dove le norme stabilite e i rituali prescritti sono utili per mantenere la comunione nella fede. Ma, per lo meno, cerchiamo di farlo in modo che la comunione mai si converta in pretesto per produrre esattamente l'effetto contrario: la divisione, lo scontro e le mille fratture che hanno generato l'autoritarismo di coloro che, con la rigida argomentazione di mantenere unita la comunità, quello che realmente hanno fatto e fanno è dividere e provocare ferite e fratture, che mai si curano e mai si risolvono.

 

Dario Culot

   

[1] Maalouf A., Le crociate viste dagli arabi, ed. SEI, Torino, 1994, 53.

[2] È bene ricordare che le parole “fanatico” e “fanatismo” derivano dal latino fanum, che significa “sacro”.

[3] La sensibilità per la non violenza registra fortunatamente una diffusione sempre più ampia sotto l’influsso, anche e soprattutto, di riconosciuti “apostoli” del pacifismo come Gandhi. Da noi è indubbio che il Dio spesso violento della Bibbia ha intriso di violenza il comportamento cristiano. Se Dio è creduto violento, sia pure per nobilissime e giuste cause, parimenti violenta sarà la religione. Di fatto la storia passata ha vissuto dolorosamente forme molteplici dell'aggressività distruttiva del cristianesimo, giustificate in nome della Bibbia e dell'immagine bellicosa e violenta del Dio biblico (Barbaglio G., Dio violento?, Cittadella, Assisi, 1991, 5).

[4] Basta pensare al Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, dal papa e da Ahamad al-Tayyib, Grande Imam di al-Azhar (il maggior centro teologico del mondo sunnita).

[5] Maggi A., La bestemmia del figlio dell’uomo, in AA.VV. E se Dio rifiuta la religione?, ed. Cittadella, Assisi, 2005, 58.

[6] Si chiede giustamente Russel B., Perché non sono cristiano, ed. Longanesi, Milano, 1972, 26.

[7] Ma senza fermarsi alle guerre di religione, pensiamo anche al comportamento della Chiesa nelle guerre che lei non ha scatenato, ma solo vissuto. Uno straordinario scrittore popolare, semianalfabeta che non aveva fatto in tempo ad andare a scuola perché a sette anni aveva dovuto cominciare a lavorare per mantenere la numerosa famiglia (il padre era morto), e che come bracciante era stato inviato sul fronte di Asiago, ha raccontato questo episodio della I Guerra Mondiale (traduco in italiano dal suo siculo-italiano: “un giorno si è consegnato a noi un austriaco che parlava italiano, ed essendo domenica l’ho portato con me a messa perché mi era stato consegnato. Quando il prete ha detto che pregava affinché Dio ci facesse la grazia di scacciare il potente nemico (l’Austria) lui si è messo a ridere, e ha detto che la domenica prima il prete austriaco aveva detto esattamente le stesse parole, solo che il potente nemico era l’Italia. Ha allora chiesto se forse ci sono due Padrieterni, uno in Italia e l’altro in Austria, e noi non si capiva più niente, ma visto che continuava ridere il prete si è innervosito e ha gridato di portare via quello tipo che andava contro la religione. Ce ne siamo andati e l’ho portato al campo di concentramento, ma era uno che diceva la verità” (Rabito V., Terra matta, Einaudi, Torino 2007, 58).

[8] Pensiamo a cosa è accaduto nel campo della medicina per curare il coronavirus. Non esiste un’unica scelta curativa esatta rispetto a tutte le altre che sono sbagliate. Ma lo stesso avviene anche nel mondo del diritto, per cui nel mondo attuale, orientamenti diversi non solo sono da considerarsi legittimi perché supportati da serie motivazioni, ma alla fine possono anche risultare più fecondi della scelta unica.

[9] Florenskij P., La colonna e il fondamento della verità, ed. Rusconi, Milano, 1998, 194s.

[10] Pannenberg W., Strutture fondamentali della teologia, ed. EDB, Bologna, 1970, 8.

[11] Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, Paolombi, Roma, 2010, 414.

[12] Mancuso V., Verità è ciò che fa fiorire la vita, "Fraternità di Romena" n.3/2014, 11.

[13] Castillo J.M., I poveri e la teologia, ed. Cittadella, Assisi, 2002, 256s.

[14] Ortensio da Spinetoli, Bibbia e Catechismo, ed. Paideia, Brescia, 1999, 89.

[15] Vannucci G., Gandhi, la sperimentazione della verità, Romena, Pratovecchio (AR), 1981, 12s.

[16] Gordon Urquhart, The Pope’s Armada, London, Bantam, 1995, 290.

[17] Vannucci G., Gandhi, la sperimentazione della verità, Romena, Pratovecchio (AR), 1981, 18s.

[18] Sofsky W., Saggio sulla violenza, ed. Einaudi, Torino, 1998, passim.

[19] Oggi inorridiamo a leggere certi Salmi, tipo “Beato chi i tuoi pargoli/ potrà afferrare/ e sbattere contro la roccia” (Sal 137, 7-9). Ma forse è ancora più stupefacente leggere autori moderni i quali, non potendo negare la violenza del Dio biblico, perché ad esempio in più di cento passi Yhwh ordina espressamente di uccidere, di distruggere, anziché cercar di giustificare la cosa dicendo che Dio non può essere l’autore della Bibbia, preferiscono ancora trovare una giustificazione inaccettabile e scrivono: “Violento il nostro Dio? Sì, ma in senso buono” (Girard M., La violence de Dieu dans la Bible juive: Approche symbolique et interprétation théologique, in «Science et Esprit» 39 (1987) 169).

[20] Barbaglio G., Dio violento?, Cittadella, Assisi, 1991, 15.

[21] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 229.

[22] Mancuso V., Cosa vuol dire la salvezza al di fuori della Chiesa, “La Repubblica”,  28.4.2009, 1.

[23] Benedetto XVI, L’elogio della coscienza, ed. Cantagalli, Siena, 2009,98.

[24] Schillebeeckx E., Per amore del Vangelo, ed. Cittadella, Assisi, 1993, 76.

[25] Si pensi, in tempi recenti, ai fondamentalisti musulmani che vedono il “Grande Satana” negli americani; e agli americani che vedono “il Male” da estirpare in governi di altri Stati si oppongono alla loro politica.

[26] Philips J., Sacri guerrieri, ed. Laterza, Bari-Roma, 2011, 458. Richard J., La grande storia delle crociate, ed. speciale per “Il Giornale” da Newton & Compton, Roma, 1999, 50 s.

[27] Gabrieli F., Storici arabi delle crociate, ed. Einaudi, Torino, 1963.

[28] Così padre Loaqìn Alliende, “Famiglia Cristiana”, n. 49/2010, 41.

[29] Ristagno S., La teologia protestante, in Le Chiese della Riforma, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 23.

[30] In passato l’apostata, cioè colui che rinnegava il cristianesimo per passare ad altra religione, era non solo considerato peccatore (Chimirri G., Libertà dell’ateo e libertà del cristiano, ed. Coop. Fede&Cultura, Verona, 2007, 24), ma per di più il suo peccato era irremissibile. Motivo per cui ancora San Tommaso invitava a costringere sia gli ebrei convertiti che gli eretici a mantenere la fede che avevano ricevuto (Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, 10, 8, in www.documentacatholicaomnia.eu). Perché noi oggi cristiani ci lamentiamo se in alcuni posti i musulmani fanno quello che raccomandava san Tommaso?

[31] Per avere un esempio, basta leggere Magdi C.A., Grazie Gesù, ed. Mondadori, Milano, 2008.

[32] Per un approfondimento, Girard R., Violenza e religione, ed. Raffaello Cortina, Milano, 2011.

[33] Basta leggere una lettera di un pio credente italiano di oggi in “Famiglia Cristiana”, n.3/2012, 11, dove si parla dell’Islam come di una religione luciferina, visto che nega la divinità di Gesù.

[34] Maggi A. e Thellung A., La conversione dei buoni, ed. Cittadella, Assisi, 2005, 45.

[35] Ad esempio, papa Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura nel processo ecclesiastico alle streghe, in data 15.5.1252 con bolla Ad extirpanda (in http://www.icar.beniculturali.it/biblio/pdf/bolTau/tomo_03/6b_T03_547_592.pdf, parte II/XXVII/ p.552 [testo solo in latino]), ed il rogo venne giustificato come comandato dalle Sacre Scritture (Es 22, 17; Lv 20, 27; Gv 15,6). Invece, stando ai vangeli, Gesù non ha mai ucciso od ordinato di uccidere nessuno. E questo la gente l’ha intuito o capito anche contro l’insegnamento del magistero o dei grandi teologi, che possono anche sbagliare. V’immaginate quale credibilità potrebbe avere oggi Gesù Cristo, che ha sempre e solo parlato di un Padre amorevole, se fosse venuto alla luce anche un solo episodio in cui, durante la sua vita terrena, avesse imprigionato anche un’unica persona torturandola a morte (ovviamente nel rispetto della legge e a fin di bene)?

[36] Midrash Rabbà XXI, 3.

[37] Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 25.

[38] Che però tale non è, come si è visto nell’articolo Chierici e laici di questo mese (https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20202/numero-560---7-giugno-2020/chierici-e-laici).

[39] Vannucci G., Gandhi, la sperimentazione della verità, Romena, Pratovecchio (AR), 1981, 21.