Come Galileo, per comprendere le leggi della fisica studiò piani inclinati, pendoli e gravi, Newton arrivò a formulare le leggi della dinamica studiando gli urti tra diversi oggetti.
In particolare, studiò gli urti istantanei di sistemi isolati, cioè urti che durano un tempo molto breve e nei quali l'azione delle forze esterne è trascurabile rispetto al contributo delle forze che si sprigionano tra gli oggetti coinvolti.
Vale la pena sottolineare che possono essere analizzati con gli stessi strumenti concettuali anche urti prolungati nel tempo. Un esempio è l'effetto di "fionda gravitazionale" che usiamo per mandare i satelliti in esplorazione nel sistema solare. Per accelerare una sonda, la mandiamo a "scontrarsi" con la luna o con un pianeta. L'urto e il successivo "rimbalzo" durano giorni o mesi, ma l'effetto finale è simile a quello che si avrebbe se una biglia urtasse frontalmente un treno. Nell'animazione qui accanto, l'orbita del Voyager 2 che negli anni "80 ha attraversato l'intero sistema solare prima di dirigersi nello spazio interstellare
Negli urti che avvengono in sistemi isolati, si conserva la quantità di moto.
Se gli oggetti che si urtano sono due, e conosciamo le quantità di moto iniziali, possiamo determinare le quantità di moto finali?
La conservazione della quantità di moto da sola non basta: ci serve un sistema di due equazioni per determinare le quantità di moto finali incognite.
E' abbastanza chiaro che il risultato finale dipende molto dalla natura degli oggetti che si urtano: un urto tra due palle da biliardo è molto diverso dall'urto di due gocce d'acqua.
Dobbiamo quindi classificare gli urti a seconda del loro tipo.