Ricapitolando
Notazione scientifica, misura, incertezza, unità di misura, SI, dimensione fisica, formula per l'incertezza sulla somma/differenza, metodo sperimentale, metodo delle rette di massima e minima pendenza.
Notazione scientifica, misura, incertezza, unità di misura, SI, dimensione fisica, formula per l'incertezza sulla somma/differenza, metodo sperimentale, metodo delle rette di massima e minima pendenza.
Consiste nel rappresentare un numero n come prodotto tra un numero -10 < x < 10 e una potenza di 10:
345,15 come 3,4515 x 10^2
Misurare significa confrontare un oggetto con un oggetto di riferimento. Ad esempio, per determinare la lunghezza di una cattedra, possiamo confrontarla con la nostra spanna e osservare quante spanne sono necessarie per coprire l'intera lunghezza della cattedra. Allo stesso modo, per misurare il peso di un oggetto, possiamo utilizzare una bilancia a piatti e osservare quanti oggetti campione sono necessari per bilanciare il peso dell'oggetto in questione.
In tutti questi casi, stiamo stabilendo un rapporto (nel senso di divisione) tra una caratteristica dell'oggetto da misurare e la stessa caratteristica di un oggetto di riferimento o campione. I matematici greci si limitavano a concepire questo tipo di rapporto, tra quantità omogenee. Non avrebbero mai considerato, ad esempio, il rapporto tra uno spazio e un tempo, che noi usiamo per definire la velocità.
La caratteristica dell'oggetto di riferimento che utilizziamo per il confronto, nell'esempio sopra, la spanna, prende il nome di unità di misura. I fisici utilizzano un sistema, detto Sistema Internazionale (SI), basato su 7 unità fondamentali da cui ricavano tutte le altre:
Metro (m): L'unità di misura della lunghezza. Il metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto durante un intervallo di tempo di 1/299.792.458 di secondo.
Chilogrammo (kg): L'unità di misura della massa. È definito come la massa del prototipo internazionale del chilogrammo, un cilindro di platino-iridio conservato presso il Bureau International des Poids et Mesures a Sèvres, in Francia. Tuttavia, si sta lavorando per riformulare la definizione del chilogrammo in termini di costanti fondamentali.
Secondo (s): L'unità di misura del tempo. È definito come la durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli energetici dello stato fondamentale dell'atomo di cesio-133.
Ampere (A), Kelvin (K), Mole (mol) e Candela (cd) sono le altre quattro unità di misura fondamentali nel SI, utilizzate rispettivamente per l'intensità di corrente elettrica, la temperatura termodinamica, la quantità di sostanza e l'intensità luminosa.
Quest'anno ci concentreremo solo sulle prime tre unità fondamentali e alcune unità derivate da esse. Ad esempio, la velocità sarà espressa come lo spazio percorso in un determinato intervallo di tempo e verrà misurata in metri al secondo (m/s); l'energia sarà misurata in chilogrammi per metri al quadrato diviso per secondi al quadrato (kg m^2/s^2), e per comodità verrà denominata Joule (J).
Ogni volta che indicheremo una quantità fisica, scriveremo anche la sua unità di misura. Ad esempio: "3 m" per tre metri, "7 m/s" per sette metri al secondo, "15 J" per quindici Joule, eccetera.
Quando due unità di misura possono essere utilizzate per misurare la stessa caratteristica di un oggetto, o quando una unità di misura può essere utilizzata per misurare l'altra, diciamo che queste due unità hanno la stessa dimensione fisica. Ad esempio, possiamo misurare la lunghezza di una cattedra sia in spanne che in metri (o centimetri, pollici, iarde, anni luce, eccetera). Pertanto, queste unità di misura condividono la stessa dimensione fisica chiamata "lunghezza".
Se due unità di misura hanno la stessa dimensione fisica, il loro rapporto rappresenta un numero puro e funge da fattore di conversione per passare da un'unità all'altra. Ad esempio, un pollice (in) corrisponde a 2,54 centimetri (cm). Possiamo misurare un segmento lungo 1 pollice utilizzando un righello graduato in centimetri e stabilire che sono necessari 2,54 centimetri per corrispondere a 1 pollice. Se desideriamo convertire la dimensione di un televisore, che ha una diagonale di 40 pollici, in centimetri, basta moltiplicare 40 per 2,54 e ottenere 101,6 centimetri.
Come buona abitudine quando fate gli esercizi, utilizzate sempre le unità di misura del SI e non i loro multipli o sottomultipli. Ricordate che l'unità base per la massa nel SI è il kg e non il g.
Ogni misura è sempre affiancata da un'incertezza. In fisica, non possiamo semplicemente affermare che "questo oggetto pesa 3 kg" senza specificare la precisione di questa affermazione. Quando stimiamo l'incertezza di una misura, stiamo affermando che il valore misurato non differisce dal valore dichiarato per più di un certo margine di incertezza. Ad esempio, se affermo che la lunghezza di una cattedra è di 78,5 cm con un'incertezza di 0,5 cm, sto mettendo la mano sul fuoco che non sia più corta di 78 cm né più lunga di 79 cm.
Quando in un esperimento facciamo una misura, abbiamo due fonti di incertezza:
la sensibilità dello strumento: se per effettuare una misura di temperatura uso un termometro che ha le tacche ogni 0,1 °C, non posso usarlo per misurare il milionesimo di grado ma devo associare ad ogni misura fatta con questo termometro una incertezza pari alla sensibilità dello strumento;
le difficoltà sperimentali: anche disponendo di strumenti precisissimi, non sempre è possibile prendere misure altrettanto precise, sia perché noi sperimentatori possiamo sbagliarci, sia perché gli oggetti che andiamo a misurare non sono oggetti ideali. Nell'esempio della temperatura, potremmo non essere in grado di immergere perfettamente il termometro nell'oggetto da misurare o potrebbero esserci variazioni di temperatura tra un punto e l'altro dell'oggetto.
Operativamente, l'incertezza non può mai essere minore della sensibilità dello strumento e deve essere valutata in modo da essere sicuri che la misura reale dell'oggetto disti dalla misura che noi stimiamo a meno dell'incertezza.
L'incertezza di misura associata a una quantità viene indicata con un delta minuscolo (δ) davanti alla quantità stessa. Ad esempio, se indichiamo una lunghezza con "x", la sua incertezza viene indicata come δx. È importante distinguere l'incertezza (δx) dalla moltiplicazione di δ per x: δx rappresenta una singola variabile.
Per esprimere il risultato di una misura della quantità x, ad esempio 15,3 metri, con un'incertezza δx di 0,1 metri, utilizziamo la notazione x ± δx = 15,3 ± 0,1 metri.
A meno di casi particolari che non incontreremo (ad esempio quando l'incertezza ha origine statistica), l'incertezza deve essere sempre indicata con una sola cifra significativa: è accettabile δx = 8, δx = 500 o δx = 0,007 ma non δx = 18, δx = 501 né δx = 0,017, perché se non sappiamo con certezza la cifra delle decine, non ha senso dichiarare la cifra delle unità e così via.
Supponiamo di avere due misure omogenee, cioè due quantità x e y espresse nella stessa unità di misura. A x è associata un'incertezza δx, mentre a y è associata un'incertezza δy.
Definiamo la differenza z = x - y tra queste due quantità e ci chiediamo quale sia l'incertezza δz da associare a z. Indichiamo con X il vero valore della prima quantità, che deve essere inferiore o uguale a x + δx; allo stesso modo, Y deve essere maggiore o uguale a y - δy, quindi -Y ≤ -y + δy. Mettendo tutto insieme, otteniamo Z = X - Y ≤ (x + δx) + (-y + δy) = (x + y) + (δx + δy) = z + (δx + δy). In maniera analoga, possiamo dimostrare che Z ≥ z - (δx + δy). Pertanto, il vero valore della quantità Z è compreso tra z - (δx + δy) e z + (δx + δy). Concludiamo quindi che l'incertezza sulla differenza si ottiene con la formula
δz = δx + δy.
L'incertezza sulla differenza è uguale alla somma delle incertezze. È facile dimostrare, in maniera del tutto analoga, che questa formula vale anche per l'incertezza sulla somma.
Per esercizio, dimostra che se z = 5x, allora δz = 5δx, o più in generale, che l'incertezza sul prodotto tra una quantità e una quantità esatta è uguale al prodotto tra la quantità esatta e l'incertezza.
Il metodo sperimentale è uno strumento utilizzato per confrontare una congettura con la realtà osservabile. Si inizia progettando un esperimento che consenta di confrontare le previsioni derivate dalla congettura con i dati sperimentali ottenuti attraverso misurazioni empiriche. È fondamentale che l'esperimento sia ripetibile, cioè che possa essere replicato da altri ricercatori ottenendo risultati coerenti.
Se i dati sperimentali concordano con le previsioni della congettura, allora quest'ultima può essere considerata una legge sperimentale, una regola generale che descrive il comportamento del fenomeno in questione.
Al contrario, se i dati sperimentali non sono in accordo con le previsioni della congettura, questa viene scartata o abbandonata. Ciò significa che la congettura non è in grado di spiegare adeguatamente il fenomeno osservato e può essere necessario formulare una nuova ipotesi o adottare un diverso approccio teorico.
I passi del metodo sperimentale sono:
Osservazione: Si osserva un fenomeno fisico senza troppi preconcetti
Congetturazione: Si formula un'ipotesi di lavoro riguardante il funzionamento del fenomeno osservato, basata sull'osservazione e sulla conoscenza esistente.
Progettazione di un esperimento: Si progetta un esperimento che sia ripetibile e in grado di testare la nostra ipotesi, cioè in modo che permetta di respingere l'ipotesi se l'esito fosse negativo. Vengono identificate le variabili coinvolte e i metodi di misurazione appropriati.
Esecuzione dell'esperimento: Si esegue l'esperimento seguendo la progettazione stabilita. Si stimano le incertezze di misura da associare ai dati e si effettuano le misurazioni.
Confronto tra congettura ed esito dell'esperimento (analisi dei dati): Si confrontano i dati sperimentali ottenuti con le previsioni derivanti dalla congettura. Si esamina la compatibilità dei dati empirici con l'ipotesi formulata, utilizzando strumenti di analisi e valutazione appropriati.
Conclusione: Se i dati sperimentali sono compatibili con l'ipotesi, quest'ultima diventa una legge sperimentale, una regola generale che descrive il fenomeno in questione e che può essere utilizzata fino a prova contraria per fare nuove previsioni e progettare nuovi esperimenti. Se, invece, i dati non sono compatibili con l'ipotesi, questa viene scartata o riformulata per adeguarsi ai risultati osservati.
Una delle fasi cruciali di un esperimento è quella in cui si confrontano i dati sperimentali con la congettura teorica, al fine di stabilire se accettare o respingere la congettura.
Quest'anno la gran parte delle congetture consisterà in una legge lineare che lega due quantità x e y che andremo a misurare, cioè una legge del tipo
y = m x + q,
dove m e q sono dei parametri che ci interessa misurare.
Per questo tipo di problema, uno strumento molto efficace è quello del confronto grafico su un diagramma cartesiano x-y. In questo diagramma, la congettura è rappresentata da una retta; tracciando una retta, sarà quindi possibile un confronto diretto con i dati sperimentali, anch'essi rappresentati nel diagramma cartesiano
Rappresentazione dei dati con le loro incertezze di misura:
Supponiamo di aver effettuato una misura che ci ha fornito un valore x ± δx, in corrispondenza del quale abbiamo misurato la quantità Y trovando y ± δy.
rappresentiamo il punto (x;y) nel piano cartesiano (dopo aver scelto una scala opportuna)
disegniamo una croce di altezza 2δy e lunghezza 2δx centrata nel punto (x;y). Inscriviamo questa croce in un rettangolo con lati paralleli agli assi cartesiani. Il significato di questo rettangolo è che il valore reale del dato (X;Y) ricade nel rettangolo stesso.
Ripetiamo la procedura per tutte le coppie (X;Y) che abbiamo.
Verifichiamo che esista una retta che passi per tutti i rettangoli che abbiamo disegnato. Se la retta non esiste, la congettura è stata falsificata e deve essere abbandonata. Solo per esercizio, vi chiedo comunque di escludere alcuni dei rettangoli sperimentali e calcolare comunque il coefficiente angolare m come descritto sotto.
Se la retta esiste, vogliamo misurare il coefficiente angolare m ed assegnare a quest'ultimo un'incertezza sperimentale. A tal fine, usiamo il metodo delle rette di massima e di minima pendenza: Tra tutte le rette che intersecano i rettangoli sperimentali, tracciamo la più inclinata e la meno inclinata. Se non c'è nessun punto teorico nel grafico (o in generale nessun punto cui è associata una incertezza nulla), le rette di massima e di minima pendenza si incrociano in un punto che è tra i rettangoli sperimentali.
Misuriamo il coefficiente angolare m_max della retta di massima e pendenza individuando due punti sulla retta e usando la formula per il coefficiente angolare per la retta tra due punti; lo stesso facciamo per il coefficiente angolare m_min della retta di minima pendenza.
il coefficiente m cercato sarà la media tra m_max ed m_min; la sua incertezza δm sarà la semidifferenza tra gli stessi valori.
Altri metodi, che noi non vedremo, permettono di stimare il coefficiente q.
Una variante interessante di questo metodo, che incontreremo spesso negli esperimenti di quest'anno è la congettura di proporzionalità diretta tra y e x, cioè la legge
y=mx.
Si tratta di un caso particolare della relazione di linearità, di una congettura più forte di quella appena discussa. Dal punto di vista geometrico, stiamo cercando rette che passino per l'origine, che diventa un punto teorico. Si procede come sopra ma le rette di massima e minima pendenza devono passare per l'origine (0;0), che deve essere rappresentata nel grafico e che sarà il punto in cui le due rette si intersecano. Se, nel corso di un esperimento non trovate una retta che passi per l'origine e che attraversi tutti i rettangoli sperimentali, dovete abbandonare la congettura di una relazione di proporzionalità diretta e verificare se invece non sussista una relazione lineare (cioè ricondurvi al caso precedente).
Se nello scorso esperimento avevamo discusso la congettura di linearità e quella, più forte, di proporzionalità diretta, nel corso di questo esperimento abbiamo testato una congettura ancora più forte: che la costante di proporzionalità fosse proprio π.
Operativamente, invece delle rette di massima e di minima pendenza, abbiamo tracciato la retta di equazione
y = π x
e verificato se attraversava tutti i rettangoli sperimentali. Nel caso la retta teorica non dovesse attraversare i rettangoli, la congettura va scartata. Automaticamente, mettete a verifica la congettura di proporzionalità diretta e se questo non bastasse, anche quella di linearità.