VOCI DEL GALILEI

racconti

LA VEDOVA DEL MARE

di Pietro De Sabata

 

Una ventosa mattina di fine inverno due donne vestite di bianco rammendano le reti sulla spiaggia, guardando ogni tanto l’orizzonte; si tratta delle mogli di due pescatori, i quali sono in mare da settimane. Mentre ricuciono le reti, le due dame cantano una canzone malinconica che parla di un faro perso nella nebbia; attorno a loro, la spiaggia è disseminata di residui della recente tempesta: alghe, pezzi di legno, corde, brandelli di vela… relitto di decine di piccole barche travolte dalla furia della tempesta. Delle due donne sulla spiaggia, la più giovane è locale, dalla pelle abbronzata e con gli occhi e i capelli neri, tipici della costa. Il suo sorriso sarebbe un’esplosione di schiuma candida, se non lo tenesse nascosto per la preoccupazione. È infatti in ansia per l’altrettanto giovane marito, che potrebbe essere stato inghiottito dal mare. L’anziana compagna è invece alta e secca, con capelli rossi, occhi grigio-azzurri e pelle color avorio, tratti tipici delle popolazioni delle montagne interne; anche lei è tesa per il marito, un vecchio stagionato dalle molte stagioni di pesca già passate. Lentamente, un peschereccio scassato compare all’orizzonte; spinto da una vela macchiata dal sale, sta a malapena a galla. Man mano che si avvicina, compare anche chi la sta guidando: un ometto nudo e dalla pelle ramata, incrostata di sale. I suoi occhi color ossidiana puntano dritti verso terra. Nessuna traccia invece del suo compagno, il vecchio marito dell’anziana. La nave si incaglia nella sabbia, mentre il giovanotto balza agilmente giù dalla nave, portando alcuni barili di pesce salato. La vecchia chiede sgomenta: “dov’è il mio uomo?” “Seppellito negli abissi, signora. Il mare lo ha chiamato a sé. Durante la tempesta, mi ha detto di prendermi cura di lei, prima di cadere in mare”. La giovane abbraccia con trasporto il marito, dopo essersi levata il vestito candido. Nudi e fieri, i due innamorati si baciano avvinghiati davanti alla vecchia, che li guarda con occhi smarriti, gonfi di pianto. Un paio di mesi dopo, la vedova si trasferisce a casa dell’amica, ormai rassegnata alla perdita del marito. Ma dietro il suo sorriso di neve rimane un velo di tristezza, glauco come i suoi occhi e il mare che custodisce il corpo del marito. Nella piccola borgata arroccata a dominare il mare il tempo passa. Ad inizio autunno, quindi sei mesi dopo la morte di lui, la matrona comincia a recarsi al santuario della Madre Eusina, in cima al paese, a pregare per il ritorno del suo uomo… Scompare in una tempestosa mattina di novembre: non la si trova da nessuna parte, ma il sacerdote del santuario ricorda di averla vista andare verso il Volo del Gabbiano, uno sperone basaltico poco ad occidente del paese, che si protende nel vuoto sopra al mare. Si conclude che la donna si è lanciata dall’orrido durante la notte, per unirsi al marito sepolto negli abissi.  Questa versione trova conferma nel ritrovamento di due collane di corallo a lei appartenute da parte di un altro pescatore. Tre anni più tardi, nella cittadina arriva una ragazza che è identica alla vedova, e subito cominciano a correre le voci: in paese si mormora che sia una figlia segreta della vedova suicida… “Non siamo parenti in nessun modo” lei commenta dopo aver sentito di queste voci. Ma resta comunque colpita dalla storia, che le viene raccontata dal sacerdote, al punto di divulgarla anche nella sua città. Al suo ritorno nel paesino, la balconata del santuario è decorata con una statua femminile di roccia nera, dedicata alla Vedova del Mare. I suoi occhi guardano il mare. Alla sua base c’è una targa in pietra bianca, che reca incise queste poche parole: “Alla vedova del Mare/ che conobbe un amore così forte/ da farle sfidare la morte” 

Quella sfida l’ha persa, ma ha vinto l’immortalità.