SEGUENDO IL FILO 

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A PARTIRE DA “ELPIS”, UNA PORTA CHE DEVE ESSERE APERTA DA TEMPO 

di Isabel Xhamballati 


La speranza non è altro che un lieto fine nella nostra mente, un tentare di andare avanti a testa alta nel futuro. Non era vista di buon occhio nemmeno dagli antichi greci, che la collegavano al mito del vaso di Pandora. Zeus infatti, per punire anche gli uomini del furto di Prometeo, mandò a loro la donna. Le consegnò un vaso, che per nessuna ragione avrebbe dovuto aprire. La sua curiosità, come è noto, fu più forte di lei: scoperchiando il vaso si abbatterono sul genere umano pazzia, gelosia, malattia, collera, dolore e vizio. Tra tutti i mali solamente uno fu trattenuto nella giara: la speranza, Elpis. Ma la speranza è un bene, l’unica cosa che rimane ai mortali in un mondo pieno di sciagure, o un male, quello più subdolo e nascosto in fondo al vaso, tra tutti gli altri mali del mondo? Forse tutti e due insieme: simbolo della condizione umana perdutamente lontana dalla felicità, è anche ciò che rende il dolore sopportabile, e ci dà la forza di affrontarlo. La speranza, è una delle tre virtù teologali, quella che più abbraccia al suo interno la drammaticità e il dolore umano, ma che vede tutto ripagato nella salvezza. La speranza, quindi, è in qualche modo diversa da come è stata dipinta all’inizio, in quanto non è l’illusione di un futuro incerto, ma l’attesa e la fiducia nella realizzazione del disegno divino. Non è un affidamento passivo, ma un cammino guidato dalla fede. La speranza è invece spesso vista in modo diverso: speriamo che si apra una porta, che vediamo tutti i giorni davanti a noi, ma che non riusciamo a liberare dalle catene che la serrano. Ci vediamo già attraverso, è fatta solo di sbarre di ferro, ecco, direi più un cancello. Se questo cancello si aprisse, e noi riuscissimo a varcarlo, il nostro cammino sarebbe meno difficoltoso. E se ogni giorno, invece di passarci davanti, con lo sguardo basso, girandoci attorno e guardandolo con una sorta di speranza o indifferenza, invece lo aprissimo noi, quel cancello? La speranza, alla fine dei conti, come disse Francesco Bacone, è una buona colazione ma una pessima cena.

SPERANZA E FIDUCIA IN NOI

di Pietro De Sabata 


Guardiamoci intorno: il mondo è zeppo di problemi; ovunque ci guardiamo sembrano esserci solo cose che non funzionano. La gente spera che le cose si risolvano da sole oppure che qualcuno le sistemi per loro. Altri sperano di essere abbastanza forti per affrontare la vita, che si mostra così complessa e difficile. Qualcun altro ancora teme di essere travolto dai cambiamenti. Ma guardiamo invece a chi ha preso in mano la situazione, sperando di cambiare qualcosa, anche poco, basta che il mondo grazie a quel piccolo cambiamento migliori. Se non speriamo in niente, non andiamo avanti. Se non abbiamo fiducia in noi, niente cambia. In che cosa sperate, lettori? Un voto migliore, una riconciliazione, meno compiti? Se avete fiducia in voi, forse qualcosa cambierà. Se avete la speranza di poter cambiare qualcosa, forse ci riuscirete. Se coinvolgete altra gente, la probabilità aumenta. Insomma, come dice un vecchio proverbio: “l’unione fa la forza”. Funziona, che si tratti di muovere un masso o di far cadere una dittatura. 

SPERO PER VIVERE

di Carlotta Cantini 


Speranza è una parola che al giorno d’oggi, soprattutto negli ultimi anni, viene nominata spesso. "Andrà tutto bene!”, “Le cose miglioreranno!”, “Questo incubo finirà presto!” sono solo alcune delle frasi che esprimono chiaramente questa sensazione potente, che ci spinge a vedere il lato positivo anche delle situazioni più terribili e che ci fa andare avanti nonostante le difficoltà. Possiamo dire che la speranza sia collegata alla felicità, anche se la presenza di una non implica necessariamente quella dell’altra: gli uomini, per natura, sono alla costante ricerca della felicità; dunque possiamo dire che questa sia, in un qualche modo, il senso della nostra vita. Per quanto sarebbe bello, tuttavia, la gioia e la spensieratezza non sono sempre presenti nella nostra quotidianità: talvolta le nostre giornate sono infatti intrise di tristezza, rabbia, preoccupazione o sconforto. In questi momenti la vita sembra essere un’enorme sofferenza, quasi un peso, e viene spontaneo chiedersi: “Che senso ha sopportare tutto questo?”. Eppure, nonostante tutto, qualcosa ci spinge ad andare avanti. E quel qualcosa è proprio la speranza, la fiducia che ci sarà un domani migliore, una giornata alla fine della quale potremo dire: “Ne vale proprio la pena di vivere”. È per questo che è possibile dire che la speranza sia collegata alla felicità: è quella sensazione che ci spinge a continuare la ricerca del senso della nostra esistenza, che ci permette di andare avanti nonostante le avversità. Viene dunque spontaneo chiedersi: “Esiste questa luce che chiamiamo felicità e che tanto desideriamo?” La risposta è sì, ma ognuno di noi la trova in una maniera diversa: solo ascoltando questa forza chiamata speranza, che ci spinge a continuare a cercare questa luce, potremo realizzare noi stessi e scoprire la felicità tanto attesa. Dobbiamo solo sperare un po’ di più. 

CHE COS'E' LA SPERANZA

di Andrea Vicentini 

 

Tutti noi abbiamo dei sogni ed ovviamente vogliamo che essi si avverino, ossia abbiamo una speranza…ma che cos’è la speranza? Per capirlo affidiamoci al metodo dell’uomo che dà il nome alla nostra scuola: cominciamo con l’osservare che cosa sia questo sentimento e che cosa provoca. Probabilmente verrebbe da dire che la speranza ci sprona, infatti è proprio lei a dirci di proseguire nei momenti difficili. Del resto quanto spesso si sente qualcuno dire: “speriamo che…”? Senza la speranza ci arrenderemmo e basta, senza nemmeno provare a cambiare le cose, tanto “è inutile”. Questa, dunque, può essere la nostra ipotesi: la speranza ci spinge ad andare avanti. Ora non resta che sperimentare ed il tutto sembra funzionare, ma che cosa succederebbe se la speranza venisse riposta in qualcosa di impossibile o in qualcuno di inaffidabile? Ecco che la nostra ipotesi crolla: infatti qui, come risultato, vi è un’auto-avvelenamento, questo perché non appena ci si rende conto dell’impossibilità delle proprie aspettative si sta ancora peggio di come si sarebbe stati senza questa illusione. Dunque che cos’è la speranza? È un qualcosa di positivo o un qualcosa di negativo? Semplicemente non è nessuno dei due, un dualismo molto ricorrente e che ci rispecchia. La speranza può quindi essere considerata sia una cosa positiva sia una cosa negativa, in base ai casi ed a in che cosa o chi essa viene riposta. Perciò la speranza serve, ma va comunque sempre confrontata con la realtà dei fatti per evitare di stare peggio. 


LA SPERANZA NELLA NEVE

di Azzurra Trevisani 

 

Ricordo qualche giorno fa quando piccoli e soffici fiocchi di neve aleggiavano nell’aria per poi posarsi sul duro asfalto, sui tetti delle case di città, sulle macchine parcheggiate e sugli alberi oramai spogli… Ricordo gli occhi luccicanti di tutti i ragazzi che appena hanno notato una “goccia” insolita tra la pioggia hanno gridato: “Sta nevicando!!” E lo stupore marchiato in quei sorrisi che non riuscivano a distogliere lo sguardo da quella bellezza così rara e preziosa che da anni non bussava alla finestra. Non è magnifico poter osservare come tutti all’unisono tornano ad essere bambini sognanti? Come tutti, dopo anni bui, sono riusciti a scorgere un barlume di gioia in un giorno di scuola che si prospettava non meno diverso dai precedenti? In fin dei conti, in tanti una volta nella vita, abbiamo visto la neve cadere, ma chissà per quale bizzarro motivo la reazione di quei giovani di oggi non è più o meno pacata di quella dei giovani di ieri. Forse ciò accade poiché il cadere della neve, quel qualcosa dentro di noi fornitoci anche dall’immaginario comune, ci ricorda momenti felici passati a costruire pupazzi e a disegnare angeli sul manto imbiancato sotto i piedi. Ed ecco che l’arte di sperare ci accomuna tutti perché era inconfondibile e pura speranza quella celata tra le iridi di tutti qualche giorno fa. Dopotutto sperare è umano, sebbene però, molto spesso esso sia un’arte che appartiene di più ai piccini, ancora ingenui, inconsapevoli del male del mondo, con due occhioni grandi affamati di vivere e scoprire. Nonostante ciò, credo che quella scintilla che splende e si spegne nei cuori di tutti non se ne vada mai tra le avversità e l’età. Certamente c’è chi, per le vicende della vita, è più fiducioso e chi invece ha bisogno di prove più tangibili per poter finalmente tornare a sperare in qualcosa di nuovo in un giorno che piange. Ma ciò che conta è che, per nostra fortuna, l’arte di avere speranza non è ancora scomparsa dalla Terra e mi auguro che mai se ne andrà come quei giorni di neve in mezzo a tanti giorni di pioggia. 

LA MELODIA DI UN UCCELLINO

di Laura Gualtieri 

 

La melodia di un uccellino Speranza. Attesa fiduciosa, più o meno giustificata, di un evento gradito o favorevole; ma veramente questa definizione riesce a dare giustizia ad una parola così profonda? Un uccellino sul ramo di un albero verde, estate, inverno, lui è lì suonando una melodia. Comincia a piovere ma lui non si muove, canta più forte, in modo che tutti gli altri animali lo sentano. Nonostante non ci sia nessuno lì con lui, non si sente solo, sa che gli esserini lo ascoltano. Ha smesso di piovere, in cielo splende il sole caldo, piano piano tutto asciuga e le note del piccolo uccellino saltellano ancora da albero ad albero senza fermarsi. Tutti gli animaletti hanno superato la pioggia, escono in gran festa per ringraziare l’uccellino, che è ancora lì e con tutto il fiato nel suo piccolo becco canta. Ecco per me questa è la speranza, pioggia, neve o fulmini quell’uccellino è rimasto e rimane tutt’ora su quel ramo senza paura e timore, lui canta e sorride. Quando vi sentite soli, perché pensate che non ci sia nessuno che può sentire il vostro dolore muto, ricordatevi che il vostro uccellino è da qualche parte, anche se non appare ai vostri occhi, e fischietta speranzoso.