Capitolo I

Mia carissima mamma,

Appena mi sono alzato sono sceso nell’orto e ho reciso un po’ di tutti i tuoi fiori, li ho raccolti a mazzo e sono venuto al cimitero. Ho cambiato l’acqua dei vasi e li ho sistemati. Il lumino era ancora acceso. Ormai so che dura tre giorni. Ho pulito, ho detto qualche preghiera.

Poi sono andato in Chiesa. Il tuo posto era vuoto, ma io immaginavo, come al solito, di vedere da dietro i tuoi capelli bianchi. Stamattina mi sono fatto forza. Non riuscivo ad andarci, perchè sapevo che avrei pianto anche in Chiesa. C’erano tutte le tue compagne, la zia... Stranamente il parroco, che quasi sempre dice le stesse cose, oggi era come ispirato, ha fatto la sua miglior predica. Ha concluso dicendo che bisogna accettare le sofferenze, perchè sono nulla, rispetto alle gioie che aspettano i giusti. E tu, mamma, lo eri davvero.

Adesso sono a casa e ascolto la messa che vedevamo insieme ogni domenica. Ho tanta voglia di pregare, anche se, come sai, le cose le faccio sempre a modo mio. Ho programmato la radio in modo che si accenda ogni volta che c’è il Santo Rosario su Radiomaria e ho registrato gia due cassette di un’ora e mezzo ciascuna con tutti i Santi Rosari che ho trovato su internet, e mi piace recitarli come non mai, tenendo in mano una delle tue coroncine. La radio si accende anche all’alba, e mi sveglio pregando. Non so da dove mi viene tutta questa voglia. Non pregavo da secoli. Non riuscivo più a farlo. E’ questo l’ultimo regalo che mi hai fatto. Lo so per certo. Grazie.

Non posso, non voglio, non debbo dimenticare. Il minimo ch’io possa fare è scrivere questa memoria, che forse nessuno mai leggerà.

Le persone vivono pensando che le cose succedano solo agli altri. Si affannano, corrono, si preoccupano per cose insignificanti, a volte senza senso. Ma quando le cose ti succedono, allora ti rendi conto di aver sbagliato tutto, che tutto quello che hai fatto non è servito a niente, che altre erano le cose importanti da fare e da dire. Troppo tardi. Troppo tardi per ogni rimedio, per ogni recupero.

Le persone vivono pensando che tutti i giorni si somiglino, che succederanno più o meno sempre le solite cose. Ma ci sono giorni che inconsciamente aspetti, che aspetti da quando sei nato, solo che non sai quando succederà quello che temi. Non sai quando, né come. Il Signore ha stabilito così, ed è sicuramente meglio che sia così. E questi giorni arrivano, oh se arrivano. E ti crolla il mondo. Tutti i tuoi progetti, i tuoi desideri e quello che hai già preparato non valgono più nulla. E non sai più da che parte iniziare, se trovi la forza di iniziare. E pensi che sarebbe stato più utile stare vicino alle persone che amavi in vita e che ami ancora, e che amerai per sempre, e che saranno sempre vive in te, specialmente se sono state sempre presenti, specialmente se per te erano tutto.

E quando pensi agli ultimi giorni che hai avuto vicino a te la persona più cara, la persona che più di tutte ti ha amato e ti amerà, allora non ti bastano dita da mordere, non ti bastano le lacrime che hai dentro gli occhi, non ti basta la tua forza interiore, non ti bastano i tuoi nervi e il tuo cuore. Solo la fede può sostenerti e salvarti, che non è un ripiego, ma, come poi ti accorgi, è l’unica “cosa” che dà senso alla tua vita. E chi non c’è più, più ha avuto fede, più diventa uno splendente testimone.

Mi è venuta subito una immensa voglia di pregare, e forse ho finalmente imparato a pregare, leggendo quelle stesse righe del libro di preghiere che leggeva mia mamma. Ho riscoperto preghiere e versi che avevo imparato da bambino, e che avevo dimenticato. E ho finalmente capito come erano importanti.

Ed è in questi momenti che vedi la realtà così com’è veramente, nella sua essenzialità. E ne cogli i suoi delicati equilibri, forse la sua ragione vera e la ragione della sofferenza, che è uno dei più grandi misteri.

E pensi, pensi e ripensi ai tuoi sbagli, mentre tutto ti passa davanti, mentre il tempo scorre inesorabile e non c’è più possibilità di tornare indietro, anche se, nei primi momenti, ti sembra veramente che possa accadere. Il tempo passa e tu non sei mai uguale a quello di un attimo prima. Cala l’oscurità e vorresti l’indomani riaprire gli occhi trovando tutto com’era. Cala l’oscurità anche nel più profondo della tua anima. Ma solo nel buio tutto ti è finalmente chiaro. E se ci sono attimi in cui ti sembra non avere più alcuna speranza, se ti senti perduto, ripensando agli occhi, a quegli occhi della persona che più ti ha dato per il tuo bene, beh, allora non puoi più tirarti indietro, non puoi più abbandonarti, perché se lei ti vede o ti sente, o se comunque ti aspetta, se ha dato tutta se stessa per vederti realizzato, allora è il momento che ti rialzi e inizi a camminare con le tue gambe. Lei sarà sempre con te. Non può abbandonarti, anche se le hai fatto del male. Una parte di lei è anche fisicamente dentro di te. Lo studio delle cellule staminali sta dimostrando che tutta l’essenza della vita è concentrata in un unico punto e ha una forza spaventosa, una capacità meravigliosa.

Non abbiamo bisogno di miracoli per credere nel Signore. Il vero e più grande miracolo è davanti a noi e dentro di noi. E’ la vita, è la nostra ragione, sono i nostri sentimenti, sono i ricordi. E’ la vita di tua madre che tanto ha amato e che non può non aver lasciato traccia in questo universo che sembra senza confini. Ma se esso è tanto grande ci sarà pure una ragione, e da qualche parte non può non esserci una realtà diversa, che obbedisca anche a leggi diverse. Abbiamo solo echi di quello che c’è. Ma nessuno, in questa vita lo saprà mai.

Ottant’anni, quattro mesi e due giorni: questo il tempo che hai vissuto su questa Terra, mamma, anche se eri diventata un vegetale già trentaquattro giorni prima. Pretendere di più? No. Ci sono bambini che muoiono, giovani, intere famiglie distrutte. Certo né il Signore, né noi può tollerarle. Ma anche alle morti più tragiche ci si può rassegnare, se c’è una causa conosciuta. Almeno credo. Magari mi sbaglio. Ma io, pur in un quadro critico di quella che era la tua salute, non trovo ancora una ragione. Nessun medico è stato in grado di dirmelo o di prevederlo. La loro è stata sempre una constatazione dei fatti. Niente hanno saputo fare per prevenire. Niente hanno saputo fare per tentare soluzioni diverse o per rendersi realmente conto, con opportune analisi della situazione. Purtroppo il dottor House non c’è nella realtà e l’organizzazione della sanità fa proprio pena.

I medici tra di loro non comunicano. Non seguono direttamente il malato. Si alternano su centinaia di pazienti. Ogni volta devi ricordare loro lo stato delle cose. Stessa cosa vale per gli infermieri e gli ausiliari. Ognuno prende le sue consegne, ma poi fa tutto meccanicamente. Pochi minuti di visita, osservazioni superficiali e via.

Senza quelle ultime carezze, ora non so che fine avrei fatto. Forse la tua sofferenza è diventata estrema proprio per farmi quelle carezze.

Per tutta la vita siamo stati sempre insieme, sempre a contatto. Ne abbiamo passato di cotte e di crude. A volte te ne ho combinato di brutte. Ma ti giuro, mamma, non c’è stato mai un attimo che io non t’abbia voluto bene.

L’affetto che prima hai avuto ora non c’è, ma non può essere svanito. Se respiro profondamente, se guardo il cielo, se chiudo gli occhi, se prego sinceramente, lo sento, lo sento che c’è, che vuole di nuovo ritornare da me. La morte è solo un incidente di percorso. E’ un qualcosa che per qualche ragione deve esistere, come pure la sofferenza.

La morte è forse anche un modo per pensare a quello che siamo e a quello che dovremmo essere anche in questa vita terrena. Anche se mai nessuno leggerà queste parole, la mia missione sarà quella di dire a tutti che Dio non può non esistere; che se Gesù è stato l’uomo più grande di tutti i tempi, non possiamo non credergli, che se migliaia, forse milioni, forse miliardi di persone hanno dato la loro vita per amore, per il bene degli altri e in nome Suo, Dio non può non esistere. Non possono essere usciti tutti pazzi, e quel poco di sentimento che alberga anche in noi, divenuti miseri esseri a causa nostra, nonostante venuti da una grande madre, quel poco di sentimento non può venire dal nulla o dalla materia inanimata.

Se avessi modo di comunicarlo agli altri, direi che il dolore stesso che senti quando muore tua madre è la prova più evidente che puoi avere dell’esistenza di Dio. Diversamente non ci sarebbe ragione per piangere. E la seconda prova che hai è quella del suo incommensurabile amore. E’ il fatto che egli ancora ti lasci in vita, nonostante la tua cattiveria, e ti dia un’altra possibilità, un’altra ancora.

I miei pensieri sono cambiati. Le cose che prima avevano importanza e che impegnavano il mio tempo ora non rappresentano nulla. Si va sempre avanti e indietro, si va sempre in cerca di qualcosa, si vuole ottenere chissà cosa, ma le cose che contano sono spesso davanti a noi. E’ un luogo comune, lo so, ma è vero.

Per quanto mi sia preparato a questo momento, per quanto abbia immaginato spesso questo scenario, la realtà, come sempre supera l’immaginazione. E’ come se mi fosso crollato addosso un grattacielo.