Gli effetti negativi delle attività umane

Le alterazioni ambientali in genere

Relativamente al fenomeno della predazione, cui accennavamo in precedenza, l'esperienza dimostra che, qualora si alteri, per qualsiasi motivo, un sistema di prede e predatori, le prede tendono ad aumentare, causando danni spesso maggiori di quelli che, ma­gari, si volevano evitare. Ma ormai è scientificamente provato che qualunque tipo di alterazione ambientale, sia fisica sia biologica, oltre una certa soglia, produce effetti nefasti. Gli esempi sono numerosi e ampiamente descritti. Ci sono ricerche e studi stati­stici i quali dimostrano inconfutabilmente che l'inquinamento, la di­struzione delle foreste e l'estinzione di specie animali provo­cano all'uomo stesso seri problemi e, in numerosissimi casi, la morte.

Lo sfruttamento dell'Antartide

Lo sfruttamento petrolifero e minerario dell'Antartide potreb­be dimostrarsi altamente pericoloso. La polvere delle miniere e le chiazze di petrolio renderebbero più scura la superficie del ghiac­cio, riducendone il potere riflettente, che farebbe aumentare, data la vasta estensione del continente, il calore assorbito dall'atmo­sfera. Il ghiaccio, così, potrebbe sciogliersi e far aumentare di decine di metri il livello degli oceani e dei mari, i quali sommerge­rebbero migliaia di località costiere — le prime case che ne farebbero le spese sarebbero, naturalmente, quelle abusive —; le correnti at­mosferiche e marine, poi, non sarebbero più in grado di mitigare il clima dell'intero emisfero australe. In caso di incidenti le operazioni di bonifica avrebbero effetti assai limitati, dato il clima estremo e il buio dell'inverno polare. Grosse perdite di greggio nelle acque cau­serebbero la morte di centinaia di balene, alterando l'ecosistema marino.

Le piogge acide

Le piogge acide, che hanno origine dall'inquinamento atmosferi­co, già oggi hanno causato numerosi danni. È ovvio che aumen­tando l'inquinamento aumenterebbero anche questi danni — per molti pare però ancora che non sia così —. In particolare le piogge acide uccidono i pesci, in quanto liberano alluminio che va ad ostruire le loro branchie; fanno assottigliare il guscio delle uova, rendendo impossibile covarle; erodono edifici e monumenti, per i quali gli stati sono poi costretti a spendere fior di miliardi; alterano la composizione del suolo in modo da non risultare più adatto alle piante. La metà circa degli alberi del Nord America e del Nord Eu­ropa sembra già soffrirne.

I “buchi nell'ozono”

Attualmente esistono due buchi nello strato di ozono stratosfe­rico, causati dagli ormai famigerati C.F.C. (clorofluorocarburi). Uno è proprio sull'Antartide, grande quanto gli Stati Uniti, e per qualche tempo una sua propaggine ha lambito il cielo di Mel­bourne, in Australia; l'altro è sull'Artide e si estende quasi fino alla Scandinavia.

Pare che già un semplice assottigliamento dello strato di ozono costituisca un pericolo per molte forme di vita presenti sulla Terra. Anche molti eventi naturali del passato avrebbero però dovuto far diminuire enormemente lo strato di ozono: per esempio l'immane eruzione vulcanica del Kracatoa, del 1895, che lanciò nell'atmo­sfera enormi quantità di composti di cloro, che avrebbero dovuto, secondo le stime, far diminuire l'ozono del 30%, e cioè più del dop­pio di quanto potrebbe avvenire, sempre secondo le stime, nel 2010, se i C.F.C. continuassero ad essere prodotti ed immessi nell'aria al ritmo attuale.

Il fatto è che forse nessuno sa con certezza quanto tempo impie­gano i C.F.C. a raggiungere l'ozono e a “mangiarselo”, nonostante i modelli di simulazione che possono elaborare i computer — se rie­scono a prevedere che tempo farà fra due giorni è già tanto —; nes­sun computer, infatti, oggi è in grado di calcolare la risultante della somma di tutti gli eventi che accadono nell'atmosfera. Potrebbe darsi che la riduzione odierna dell'ozono sia da collegare a quella lontana eruzione. Non bisogna perciò essere catastrofisti. Ciò non toglie però che l'uomo, con i suoi comportamenti abbia aggravato e continui ad aggravare la situazione.

L'“effetto serra

L'“effetto serra”, che sembra aver origine da alcuni gas quali l'anidride carbonica e il metano, in costante aumento nell'atmo­sfera a causa dello sviluppo delle attività agricole e industriali, non è ancora certo, poiché l'incremento della cappa di foschia attribuibile a particelle di composti solfatici e polvere del suolo potrebbe anche produrre un effetto di raffreddamento che con­trobbilancierebbe il primo. In ogni modo è statisticamente accertato che negli ultimi 150 anni la temperatura media del nostro pianeta è aumentata di mezzo grado. Se per una qualche moltiplicazione di fattori la tendenza all'aumento dovesse accelerare, le conseguenze, come ciascuno può immaginare, sarebbero terribili.

La distruzione delle foreste

La progressiva deforestazione potrà avere conseguenze tragiche:

1) diminuzione dell'umidità atmosferica con conseguente aumento della siccità e di fenomeni di desertificazione;

2) scomparsa di riserve alimentari per milioni di persone che vivono “a contatto con la natura”;

3) scomparsa di specie animali inserite in cicli biologici e magari anche utili per ricerche di vitale importanza;

4) scomparsa di specie vegetali che potrebbero rivelarsi utili all'uomo in agricoltura o per cure naturali, anche contro i tumori (come è già successo per la Vinca Rosea del Madagascar. Pare che tale pianta abbia una parente stretta con proprietà quasi...miracolose. Purtroppo è diventata rarissima);

5) aumento notevole dell'anidride carbonica;

6) erosione dei suoli;

7) aumento della temperatura terrestre a causa della ridotta ca­pacità di assorbimento del calore (le foreste sono scure, i campi, i prati e la terra arida sono invece chiari).

8) diminuzione della biomassa e quindi delle capacità di recupero dell'intero pianeta. Sono infatti piante, animali e microrganismi che condizionano il clima, che si sviluppano in un senso, piuttosto che in un altro per “costruire” ambienti ospitali, che convertono so­stanze per noi tossiche in altre invece innocue.

L'esplosione demografica

Secondo alcune stime sulla terra potrebbero vivere agiatamente 10 miliardi di persone. Al ritmo attuale di crescita, questo tetto sarà sfondato tra qualche anno. L'aumento incontrollato e non pro­grammato della popolazione in diversi paesi del Terzo Mondo acui­sce già notevolmente il problema della fame. Più popolazione significa anche più attività agricole ed industriali, perciò più sfrut­tamento di risorse e più inquinamento.

È stato rilevato che il tasso di aumento della popolazione è più elevato là dove lo status sociale delle donne è più basso. Pare che queste, per avere maggior prestigio nelle loro comunità, siano spinte ad avere molti figli. In molte zone depresse anche per gli uomini avere molti figli è un segno della loro virilità. Poiché il suc­cessore del capofamiglia deve essere per tradizione un maschio, molti fanno figli fino a quando non hanno un maschio. Pare inoltre che la prolificità sia elevata quando il tasso di mortalità è pure elevato, così come avviene per alcune specie animali. Per molte persone, infine, l'unica alternativa alla povertà sono i figli, i quali, già da piccoli possono dare una mano in famiglia, oltre al fatto che rappresentano spesso le uniche gioie dei genitori.

Molti pensano che la Natura alla fine provvederà da sola a rego­lare la crescita della popolazione. Ciò, probabilmente, è vero, ma è pur vero che allora assisteremo a immani catastrofi, che potrebbero riguardarci anche direttamente, poiché già oggi avvertiamo i sin­tomi di un malessere ormai diventato insostenibile e che ha colpito tutti quei popoli che ormai premono ai nostri confini.

L'estinzione di specie e la diversità biologica

Ogni anno si estinguono quasi mille specie di esseri viventi, in gran parte per colpa dell'uomo, che distrugge habitat e caccia e pesca indiscriminatamente. L'estinzione di una specie spesso rap­presenta l'interruzione di una catena alimentare, comportando l'estinzione di altre specie. Se il fenomeno continuerà ad espandersi, la qualità e la lunghezza della vita dell'uomo medesimo potrebbero risentirne, poiché tutte insieme le varie forme animali e vegetali si sono strettamente legate e organizzate in maniera tale da poter disporre sempre di ambienti più o meno stabili e biologicamente funzionali. Sono esse stesse, infatti, che influiscono sull'umidità atmosferica, sul tasso dei gas presenti nell'acqua e nell'aria, sulla composizione del terreno e delle rocce, sulla densità delle popolazioni, sull'evoluzione. È necessario, perciò, che la diversità biologica che si è venuta delineando nel corso di milioni di anni non sia alterata, creando, per così dire, dei buchi qua e là.

La diffusione dei pesticidi, dei fertilizzanti e dei de­tersivi

Nessuno può assicurarci che l'assimilazione di una modica quantità di pesticidi sia innocua, eppure questi continuano ad es­sere adoperati nonostante tumori ed allergie, nonostante l'inqui­namento di suoli e falde acquifere. Perfino il micidiale DDT, nei paesi in via di sviluppo viene ancora usato. Si dice che esso si de­positi solo sulla superficie delle piante e che non è assorbito dalle stesse (da alcuni dati, però, non sembra nemmeno vero), per cui basta lavare ciò che si mangia per non correre alcun pericolo. Il problema è che gli animali, dei quali l'uomo si ciba, non hanno ancora imparato a farlo; né l'acqua, che l'uomo e gli animali bevo­no, riesce ad autodepurarsi.

I fertilizzanti azotati e il fosforo dei detersivi, insieme ai li­quami fognari — questo lo sanno ormai anche i bambini — ren­dono le acque troppo ricche di sostanze nutritive, favorendo spesso una crescita smisurata di alghe. Queste, quando muoiono, ven­gono decomposte da particolari microorganismi che consumano gran parte dell'ossigeno disciolto nelle acque, causando perciò la morte delle varie specie ivi presenti. È in questo modo che il Mar Baltico è diventato un'immensa tomba. Oggi vengono tanto recla­mizzati i detersivi senza fosfati, ma alcuni contengono N.T.A., un sale sodico già abolito nello stato di New York.

Il consumismo

Gli acquisti disinvolti di noi occidentali sono già spesso causa di stragi. Ciò avviene, ad esempio quando si comprano pellicce, palle da biliardo e pianoforti con tasti in avorio. Quando si acquistano altre merci, probabilmente si evitano stragi di animali, ma è chiaro che per ciascuna di quelle merci è stata sacrificata un po' di natu­ra, sia che si tratti di una matita, sia che si tratti di un'automobile.

L'accumulo dei rifiuti

Grandissima parte dei rifiuti non biodegradabili non potranno mai essere smaltiti senza produrre diossina o metalli pesanti; d'altronde, qualora non venissero in qualche modo elaborati, fra qualche anno si accumulerebbero in quantità tali da rendere l'aria irrespirabile ed infetta, l'acqua del sottosuolo, oltre che infetta, ricca di sostanze tossiche, e perciò inutilizzabile a scopi agroali­mentari; il territorio occupato dalle discariche e quello circostante, nel raggio di una decina di chilometri, non avrebbe sorte migliore; fra l'altro tutto il paesaggio ne verrebbe deturpato, forse per sem­pre.

Già oggi, poi, esistono diatribe e contenziosi vari tra cittadini e Comuni, tra Comuni e Comuni, perché nessuno vuole, ed è logico, una discarica sotto casa sua. Grossissimi problemi stanno anche sorgendo per la sistemazione di rifiuti tossici (pensiamo alle scorie nucleari, ai treni di amianto, ai residui delle industrie chimiche, alle navi cariche di veleni che girano tutto il mondo, il più delle volte vere bagnarole colabrodo clandestine). Immaginiamoci cosa potrebbe succedere tra vent'anni, se non ci fosse una inversione di tendenza.

Le catastrofi nucleari

Fino a quando non verrà risolto il problema dello smaltimento delle scorie radioattive ed eliminato o quasi il pericolo di incidenti gravi, l'uso indiscriminato dell'energia nucleare, nel lungo periodo, non potrà che aggravare i danni economici e ambientali delle varie nazioni. Inutile parlare di Three Miles Island e di Chernobyl. Solo qualche dato relativo all'esplosione del reattore di quest'ultima località:

    • numero di persone morte e che moriranno quasi certamen­te a causa dell'incidente = 43.000 (fonte:United States De­partment of the Environment);

    • numero massimo possibile di persone che potrebbero morire = 1.000.000;

    • numero di persone evacuate = 235.000;

    • numero di persone attualmente esposte ad un livello di ra­diazioni anormale = vari milioni;

    • numero di animali di allevamento evacuati = 86.000;

    • costo complessivo del disastro = 18.400.000.000.000 — di­ciottomilaquattrocentomiliardi — di lire italiane, circa.

Le guerre e gli esperimenti militari

L'uso di gas tossici, di armi biologiche e nucleari, anche in guerre locali, è completamente irrazionale, poiché, a parte i danni immediatamente visibili — ammesso che qualcuno rimanga vivo! — che possono provocare, hanno effetti incontrollabili non completa­mente conosciuti anche per millenni.

La società del benessere — cosiddetta! —

In una città oggi si vive sotto una cappa di polveri, piombo, anidride carbonica, monossido di carbonio, monossido di azoto, anidride solforosa, benzopirene, ozono “basso” e altro. Ciascuna di queste sostanze provoca e/o aggrava malattie di diverso tipo. Ad elevate concentrazioni si sono già registrati casi di sviluppo fetale alterato, indebolimento delle funzioni mentali, paralisi del sistema nervoso centrale, edema ed enfisema polmonare, ne­frite e bronchite cronica, saturnismo, leucemia, cancro.

Non è affatto raro passare le giornate con cento decibel di rumore di fondo, in edifici poco traspiranti a più piani, posti su suoli con corsi d'acqua sotterranei o in prossimità di faglie o fratture geologiche, in corrispondenza, magari, di incroci delle fasce elettromagnetiche della crosta terrestre, senza essere protetti da dispositivi d'interferenza; accade anche che si è circondati da ampie superfici di alluminio o di materiale plastico, da cavi e circuiti elettrici non schermati, da moni­tor, video e terminali vari, da antenne trasmittenti. Tutto ciò pare sia poco salubre, anzi, niente affatto, nonostante oggi sia ritenuto normale.

Ma non è tutto. Secondo l'International Agency for Research in Cancer il 90% dei materiali da costruzione e d'arredamento sembra abbia effetti nocivi: sono gomme artificiali, resine, solventi, vernici e adesivi con i quali si incollano moquette e tappezzerie (per la costruzione di una casa bioecologica dare un'occhiata alla bibliografia e rivolgersi all'Istituto nazionale di bioarchitettura di Bolzano. I costi potranno lievitare di un 10% circa, ma l'investimento sarà ottimo, non vi pare?).

Ai prodotti per la pulizia della casa spetta il 40% dell'inquinamento dome­stico, i quali perciò non puliscono ma sporcano e avvelenano — ah, le belle ragnatele, la polvere sopra gli armadi piena di animaletti, alcuni anche simpatici, che al massimo ti potevano pizzi­care...—. L'acido nitroso, precursore dei nitriti, noti per le loro proprietà cancerogene, può scaturire dagli ossidi di azoto prodotti dalle fiamme alimentate a gas; muri, carte da parati, tessuti e altro ne sono spesso pregni. Da numerosi mobili e pannelli prodotti industrialmente viene sprigionata la formaldeide, che può dar origine ad irritazioni bronchiali spesso croniche. Il fumo di sigaretta, che contiene un pericoloso idrocarburo aromatico, il benzopirene, misto ad ossido di azoto, può pro­durre nitrocomposti più cancerogeni degli stessi idrocarburi — siamo ancora convinti di vivere nella società del benessere? —

Una idea che ci può lievemente tranquillizzare, anche se forse è solo una teoria, è che il nostro organismo, con ogni probabi­lità, in parte, e solo in parte, si abitui a convivere con i vari agenti chimici, sviluppando come una specie di immunità. Esiste comunque senz'altro una soglia oltre la quale le malattie hanno il sopravvento e in numerosi casi è stata senz'altro superata.

La devastazione delle piattaforme continentali e delle coste

Se l'uomo continuerà a devastare le zone delle piattaforme con­tinentali, dove avviene gran parte del sotterramento del carbonio e su cui, invece, vengono fatti i primi tentativi di oceanocultura, ciò potrà essere letale per la vita.

Le innumerevoli “villette a schiera” delle nostre coste, in molta parte abusive, hanno quasi fatto sparire la “macchia mediterra­nea”, contribuendo, con il cemento delle strade ai processi di deser­tificazione.