Morfologia e sintassi

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1. Introduzione 2. Aspetti morfologici e sintattici. 3. Proverbi 4. Modi di dire 5. Benedizioni, "Jestigne" (maledizioni bonarie), caricature e filastrocche 6. Nomi di luoghi e di persona 7. Bibliografia e sitografia

A B C D E F G I J L M N O P Q R S T U V Z

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Pronuncia e relativa simbologia

L’esatta pronuncia di sillabe va ascoltata (prima o poi farò delle registrazioni audio), perciò quanto segue ha carattere puramente indicativo. Caratteristiche importanti sono in ogni modo la trasformazione di consonanti da dentali e gutturali in palatali, il suono spesso sibilante della r e l’esistenza di un suono particolare che abbiamo indicato con il gruppo scj. Alcuni segni di punteggiatura, come ad esempio gli apostrofi che si utilizzano normalmente all’inizio di parole come ‘mbrazza o ‘mparavisu, sono stati volutamente omessi per non appesantire il testo.

Ecco di seguito quello che bisogna tener presente.

: si legge con la o che tende quasi alla a.

dd: si legge appoggiando la lingua alla parte anteriore del palato, emettendo un suono sordo, diversamente dal dialetto parlato a San Pietro in Guarano, dove diventa “ddr”.

dr: è palatale, con la r leggermente sibilante.

chi: è palatale, col distacco della lingua nel momento in cui viene articolato il suono nella parte anteriore della bocca, con alcune eccezioni.

ghi: si legge con un’articolazione simile a “chi”, ma facendo partire il suono dalla gola.

sc’: si legge come in sc(i)

sr: palatale (in altri vocabolari scritto str), con la r leggermente sibilante.

scj: si legge allontanando maggiormente i denti rispetto alla pronuncia di sc’.

tr: è palatale, con la r leggermente sibilante.

Fenomeni linguistici

Nel nostro dialetto la doppia ll diventa dd.

Accade anche che nf si trasforma in mp: cumporma - conforme, Sam Pranciscu - San Francesco.

La n diventa m anche anche davanti a parole che iniziano per b o p: Sam Pietru - San Pietro, Sam Pasquale - San Pasquale, 'm brazza (mbrazza) - in braccio.

In certe situazioni, ad esempio quando si chiama una persona, alcune parole vengono interrotte: ma: mamma; pa: papà; ecc. E’ il fenomeno dell’apocope.

Contrariamente alcune parole monosillabe possono essere prolungate con determinati suffissi: si: sini; no: noni; cchi: chidi. Questo fenomeno viene detto epitesi.

A volte alcune parole possono iniziare indifferentemente con “v” o con “bb”, dipende dall’uso consolidato nel tempo. Ad esempio si può dire:

U milu l’è trovatu verminùsu.

La mela l’ho trovata piena di vermi.

Oppure:

U milu è bberminùsu.

La mela è piena di vermi.

Il raddoppio di alcune parole serve a rafforzare alcuni concetti.

Camina a rasa rasa.

Cammina sempre lungo il margine della strada.

Gli articoli

Determinativi

u, ru = il, lo

a = la

i = i

li = gli

e = le

Indeterminativi

nu = un, uno

na = una

Il loro diverso uso

Alcuni articoli presentano doppia forma:

I nomi

La pronuncia

I nomi di persona, a volte, sono detti senza la sillaba finale (Antò’, Francì’, Nicò’); altre volte, se la persona è distante, sono pronunciati come prima e poi ripetuti per intero (Antò’, Antoniu, ecc.); altre volte ancora sono preceduti da un “oi” vocativo (oi Antò’).

Singolare e plurale

Alcuni nomi hanno rimangono invariati sia al singolare che al plurale: a manu, e manu: la mano, le mani.

Qualche altro nome ha diverse forme di plurale: stentinu (intestino) può dirsi stentini o stentina.

Maschile e femminile

I nomi di diversi frutti sono al maschile, quando in italiano sono invece al femminile: nu milu, una mela.

Contrariamente i nomi di alcuni alberi sono al femminile: na castagna significa sia una castagna, sia un castagno.

Alterazioni

Accrescitivo: man-ona = man-una.

Diminuitivo: man-ina = man-idda.

Vezzeggiativo: man-uccia = man-uzza.

Dispregiativo: man-accia = man-azza.

I verbi

Il troncamento dei verbi

In alcuni casi i verbi vengono contratti: esse o essa = èssare: essere; tèna = tènare: tenere; ecc.

Il verbo dovere

Il verbo dovere viene sostituito con altre forme verbali (devo fare: haju de fare; è fare).

L’uso dei suffissi possessivi è frequente, specialmente se si tratta di parenti (muglierma: mia moglie; marituma: mio marito).

Particolarità

Nel dialetto altavillese non esistono il passato remoto (con rarissime eccezioni), il futuro semplice, il congiuntivo presente, con i corrispondenti tempi composti.

Il passato remoto viene sostituito dal passato prossimo, ad es.: un giorno andai al mare: nu juörnu signu jutu aru mare; il futuro semplice e il congiuntivo presente col presente indicativo o con l’imperfetto congiuntivo ad es: quando andrai via: quannu tinne vai; penso che quell’uomo sia intelligente: pienzu ca chir’uomine eni spiertu; che tu sia andato: ca tu si jutu; ca tu fuossi jutu.

Al posto del congiuntivo si può trovare anche il condizionale (Se avessi avuto fortuna: s’averr’avutu furtuna). Ciò induce in errore gli allievi che imparano l’italiano.

Al contrario i tempi del modo condizionale vengono sostituiti spesso con l’imperfetto e il trapassato congiuntivo, ad es.: ...avresti tanti amici: avissi tanti amici; ...saresti stato premiato: fuössi statu premiatu.

Molti verbi assumono un significato diverso a seconda della frase nella quale compaiono. Esempi. Quannu se ricoglie: Quando torna. Cchi ricoglie?: Cosa raccoglie? Ricogliete: Lascia stare.

Spesso in dialetto il verbo avere viene scambiato con il verbo essere. Ad esempio "l'ho preso" può essere reso sia con l'haiu pigliatu, sia con l'è pigliatu.

Aggettivi e pronomi

Personali

Con funzione di soggetto

Io, tuni, iddu, nue (nua), vue (vua), iddi.

Con funzione di complemento

me: me piace = mi piace;

te: te scrivu = ti scrivo;

ne: ne chama = ci chiama;

u: u pigliu = lo prendo;

ce o le: ce dicu, le dicu = gli dico;

se: se gratta = si gratta;

ve: ve piace? = vi piace?;

e: e jetti = li getti;

mmie: a mmnie = a me;

ttie: a ttie = a te.

Possessivi

Miu, tue, sue, nuosru, vuosru, loru;

mia, tua, sua, nosra, vosra, loru;

mia, tua, sua, nuosri, vuosri, loru.

Mio e mia, tuo e tua diventano ma quando si unisconono a parole che indicano una relazione di parentela: patrima, cuginama, ziuta, nannata: mio padre, mia cugina, tuo zio, tua nonna.

Dimostrativi

(Tra parentesi le forme abbreviate)

chissu (‘ssu) = questo, codesto;

chiru, chiddu = quello;

stessu = stesso, medesimo;

chissa (‘ssa) = questa, codesta;

chira, chidda = quella;

stessa;

chissi (‘ssi) = questi, codesti;

chiri, chiddi = quelli;

stessi;

chisse (‘sse) = queste, codeste;

chire, chidde = quelle;

stesse.

Indefiniti

angunu o ngunu = qualcuno, alcuno;

nuddu o nessunu = nessuno.

Interrogativi

cchidi? = che?

chine? = chi?

Relativi

chi = che, il quale, la quale, i quali, le quali .

Numerali cardinali

Unu, dua, tria, quattru, cinque, sia (sie), sette, ottu, nove, dece, unnici, dudici, tridici, quattordici, quinnici, sidici, diciassette, diciottu, diciannove, vinti… cientu… duacientu (duicientu)… tricientu… siecientu (siacientu)… duimila… nu milione…

Il due vicino a nomi maschili diventa dui.

Numerali ordinali

Primu, secunnu, terzu, quartu, quintu, sestu, siettimu, ottavu, nonu, decimu, unnicesimu…

Numerali collettivi

Duina, triina, quattrina, cinquina, siina, settina, novina, decina, unnicina, dudicina, tridicina, ecc.

Pronomi combinati

m’u = me lo;

m’a = me la;

m’e, mi re = me li, me le;

t’e, ti re = te li;

cci u = glielo, ce lo;

cci a = gliela, ce la;

cc’e, cci re, cci le = glieli, gliele;

ci nnè = gliene;

s’u = se lo;

s’a = se la;

s’e, si re = se li, se le;

v’u = ve lo;

v’a = ve la;

v’e, vi re = ve li;

v’e, vi re = ve le;

s’u = se lo;

s’a = se la;

s’e, si re = se li, se le;

mi nne = me ne;

ti nne = te ne;

si nne = se ne;

ni nne = ce ne;

vi nne = ve ne;

si nne = se ne;

u nne = non ne;

m’ha = me lo ha;

t’ha = te lo ha;

ci ha = ce lo ha;

ci amu = ce lo abbiamo;

ci u aviti = ce lo avete;

ci hannu = ce lo hanno.

Preposizioni

Semplici

de, a, da, m- o n- (unito al sostantivo), ccu, supa, ppe, tra, fra.

Articolate

Du = del, dello;

da = della;

di = dei, degli;

dde l’ = degl’;

aru = al, allo;

ara = alla;

ari = ai, agli;

a ll’ = agl’;

are = alle;

ddu = dal, dallo;

dda = dalla;

ddi = dai, dagli;

de l’ = dagl’;

ddè = dalle;

ntru = nel, nello;

ntra = nella;

ntri = nei, negli;

ntra l’ = negl’;

ntre = nelle;

ccuru = col, con lo;

ccura = con la;

ccuri = coi, con gli;

ccu l’ = con gl’;

supa u = sul, sullo;

sup’a = sulla;

sup’i = sui, sugli;

supa l’ = sugl’;

ppe ru = per il, per lo;

ppe ra = per la;

ppe ri = per i, per gli;

ppe r’ = per gl’.

Preposizione articolata al posto di preposizione semplice

Quando si dice che si va da qualche parte al posto della preposizione semplice si usa quella articolata; ad esempio: è jutu a ra scola: “è andato alla scuola (lett.)”, è andato a scuola; è juta a ra gghjesa: “è andata alla chiesa”, è andata in chiesa.

Avverbi

Avverbio di luogo al posto di preposizione semplice o articolata

Quando si dice che si va da qualcuno, al posto della preposizione semplice o articolata si usano a dde o a dda, che, fondamentalmente sono avverbi di luogo; ad esempio si dice vaiù a dde papà, che letteralmente vuol dire “vado dove è papà”, mentre in italiano si traduce “vado da papà”; è jutu a dda suöru: “è andato dove è la sorella (traduzione letterale)”: “è andato dalla sorella”. Rimando ai rispettivi lemmi per un approfondimento. Questa particolarità induceva in errore i bambini della scuola elementare di un tempo che parlavano in casa il dialetto.

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1. Introduzione 2. Aspetti morfologici e sintattici. 3. Proverbi 4. Modi di dire 5. Benedizioni, "Jestigne" (maledizioni bonarie), caricature e filastrocche 6. Nomi di luoghi e di persona 7. Bibliografia e sitografia

A B C D E F G I J L M N O P Q R S T U V Z

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