Sopra il canto d'una viola
Testi apparsi su «Hyria», 1997, n. 79-80, p. 55 (ripubblicati qui con varianti)
SOPRA IL CANTO D'UNA VIOLA
Voce dell'ombra gravida di pianto
senza respiro, inascoltato dire
di profeti derisi, per te, viola
che delle gelide tue corde riempi
i portici deserti, ancora prego
che una moneta cada nel cappello
del vecchio mendicante che ti suona
davanti alla sua nera soglia.
E questa
povera voce desolata allora
sarà la voce buona che consola
chi piange un pianto eternamente vano,
mormora piano come i pescatori
che calano le barche annose, gettano
i tramagli nelle acque che già seppero
avare, bestemmiano e poi levano
a mezza voce una preghiera acre
e non domandano più nulla, attendono.
Natale 1990
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Sali fin dove l'aria si fa lieve
e rara come il pensiero e il canto, e incendia
lo sguardo l'alta luce della neve
Qui la montagna sibila il suo verbo
alto e severo come il volo
dell'aquila inghiottita dalle nubi
Sia la tua rabbia immane e pura
come la valanga, la tua rovina altera
e cupa come la frana e la voragine –
sia la tua paura quieta
e nobile come la fuga del cervo
sorpreso dal tuono
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È con segni di morte che il mondo ci parla -
la farfalla libera il suo alato incanto
morendo la sua vita di crisalide
il giardino nasconde col sorriso
delle gemme il tormento
delle radici, e la terra trae alimento
da fetide reliquie
come una cupa fede
È con segni di morte che ci parla
il mondo –
e con un velo
di colori lievi
nasconde le sue ferite
come una donna dal sorriso triste
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IN CORRIERA, UNA MATTINA
Un giorno, quando sarò tanto vecchio
ci andrò anch'io in cielo, chiese
il bimbo alla madre nel dolce
dormiveglia cullato dal ronzio
sopito dei motori
E intanto si sgranava la via Emilia
come un vecchio rosario, coi paesi
di provincia invasi dal sopore
di un polveroso agosto -
tu no, rispose, i tuoi pensieri
voleranno lassù, tra le nuvole e l'aria e le segrete
celesti scaturigini del vento
e della pioggia, ma la tua carne
resterà qui, chiusa tra queste povere
cose mortali -
e ormai siamo arrivati
Matteo Veronesi