Sopra il canto d'una viola

Testi apparsi su «Hyria», 1997, n. 79-80, p. 55 (ripubblicati qui con varianti)



SOPRA IL CANTO D'UNA VIOLA


Voce dell'ombra gravida di pianto

senza respiro, inascoltato dire

di profeti derisi, per te, viola

che delle gelide tue corde riempi

i portici deserti, ancora prego

che una moneta cada nel cappello 

del vecchio mendicante che ti suona

davanti alla sua nera soglia.

                                          

                                                    E questa

povera voce desolata allora

sarà la voce buona che consola

chi piange un pianto eternamente vano,

mormora piano come i pescatori

che calano le barche annose, gettano

i tramagli nelle acque che già seppero

avare, bestemmiano e poi levano

a mezza voce una preghiera acre

e non domandano più nulla, attendono.

                                    

                                       Natale 1990


                                                     *****


Sali fin dove l'aria si fa lieve

e rara come il pensiero e il canto, e incendia

lo sguardo l'alta luce della neve


Qui la montagna sibila il suo verbo

alto e severo come il volo

dell'aquila inghiottita dalle nubi


Sia la tua rabbia immane e pura

come la valanga, la tua rovina altera

e cupa come la frana e la voragine –

sia la tua paura quieta

e nobile come la fuga del cervo

sorpreso dal tuono

            

                                                      ******


È con segni di morte che il mondo ci parla -

la farfalla libera il suo alato incanto

morendo la sua vita di crisalide

il giardino nasconde col sorriso

delle gemme il tormento

delle radici, e la terra trae alimento

da fetide reliquie

come una cupa fede


È con segni di morte che ci parla

il mondo – 

                  e con un velo 

di colori lievi

nasconde le sue ferite

come una donna dal sorriso triste


                                                      *****


IN CORRIERA, UNA MATTINA


Un giorno, quando sarò tanto vecchio

ci andrò anch'io in cielo, chiese

il bimbo alla madre nel dolce

dormiveglia cullato dal ronzio

sopito dei motori 


E intanto si sgranava la via Emilia

come un vecchio rosario, coi paesi 

di provincia invasi dal sopore

di un polveroso agosto - 

tu no, rispose, i tuoi pensieri

voleranno lassù, tra le nuvole e l'aria e le segrete

celesti scaturigini del vento

e della pioggia, ma la tua carne

resterà qui, chiusa tra queste povere

cose mortali - 

e ormai siamo arrivati


                                           Matteo Veronesi