Il respiro della critica

(Fuoricasa Poesia, 10 ottobre 2004)

«La critica è naturale come respirare», scriveva Eliot, a cui volentieri si rifanno, oggi, i tanti fautori di una “spontaneità” e diun’”autenticità”, non meglio precisate, del dire poetico. «I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando», suonano versi ormai logorati e svuotati (quasi quanto il rimbaudiano «Je est un autre»…) dagli abusi di quanti vorrebbero farne un manifesto di naïveté, di beata incoscienza, o di extrarazionale, semidivina inspiratio: il respiro, la vita della poesia risiedono, semmai, proprio nel dictamen, nell’ars dictaminis, in quell’autocoscienza letteraria che è consapevolezza tecnica e insieme senso acceso e amoroso della tradizione, attivo ascolto - scrive il teorico del De vulgari - dei regulares poetae e delle doctrinatae poetriae

La stessa «svolta del respiro» di cui parla Celan, la deviazione o il clinamen della parola poetica che spiazza e disarticola la convenzione linguistica e apre nuove prospettive d’espressione e di conoscenza, non può imprimersi senza una precisa coscienza critica. E la poesia che si è protesa spasmodicamente verso l’Altro non può che tornare, ricorsivamente, su se stessa, come il Meridiano immateriale e inafferrabile - ripiegare e rinchiudersi nell’autoriflessione anche a costo dell’ammutolimento, del bianco, del silenzio. 

Scindere la poesia dalla poetica, disancorare la parola dalle sue radici e dalla sua storicità, gettarla in balia di una Babele di linguaggi, di canali e di codici che non le sono propri, che la deformano e la alienano, vuol dire troncarle il respiro, snaturarla, farla morire. 

Respiro critico significa cultura, senso della tradizione e dello stile - perché no, erudizione, poiché non si può che voler conoscere e proteggere e tramandare la storia, lo spessore e la profondità temporali di ciò che si ama, di ciò per cui e grazie a cui si è più vivi. Respiro è, infine, quel «senso storico» di cui - dice ancora Eliot - non può più fare a meno chi «voglia continuare a fare il poeta dopo i venticinque anni».