Poesie del premio Spallicci
QUARANT’ANNI
Amica, povera
amica mia da cui compro
qualche ora di oblio e di riposo –
amica che senti il tuo corpo sfiorire
come un’esausta corolla -
quanto amo quanto amo perdermi
nel crepuscolo mite del tuo sguardo
quasi più che nell’ombra
tiepida del tuo ventre
Il tuo respiro disperde la cenere dei giorni –
acqua di Lete scorre, lenta
e cupa nelle tue vene
E le tue membra logore
sono simili a queste parole
offerte come vittime al silenzio
disperse sulle carte come incensi
di un rito inascoltato -
tu quasi fioco verbo
fatto carne
Così è sorella alla tua
la mia tristezza -
così verso il mio niente
nel tuo niente
IL VELO DELLE PAGINE
……senza velo è l'abisso……….
Giobbe, 26, 6
Godere dei pomeriggi ventilati
dici, e delle grandi albe miti
e delle colazioni piene di luce
e sorrisi, e profumi, e colloqui tenui -
godere di ogni istante, di ogni breve
parola o gesto o bacio
come di un dono
(Ma se fosse – mi chiedo – questo nero abisso
che pulsa dietro il velo delle pagine
meno labile, meno
infìdo di quel chiarore
che lo nasconde?)
AL FIGLIO
Figlio che non avrò, che non sarai
altro che sogno o mite desiderio -
come lieve il tuo corpo inconsistente
fatto di luce e d’aria e disperata
speranza che geme in fondo al cupo
abisso del possibile
Io non conoscerò la calda attesa
del tuo primo respiro, la vicenda
delle notti insonni e fervide, la fertile
tenebra del seme, il balenìo
dei tuoi occhi feriti dalla luce
Tu sarai puro e vano
come la neve, come il canto, come
un pensiero smarrito ed incompiuto
che fa ogni giorno più vuota una dispersa
solitudine