Femminicidio e violenza di genere

Femminicidio: perché esiste una distinzione dal semplice omicidio? Quant’è grande il suo impatto? Perché se ne parla solo ora?


A causa del triste caso di femminicidio avvenuto qualche giorno fa, il fenomeno si è diffuso ed è finito sulle bocche di tutti. Molti hanno espresso idee a riguardo, talvolta contrastanti, creando una grande confusione tra chi cerca di capire quale sia il problema alla base dei terribili avvenimenti che spesso caratterizzano la vita di alcune donne.

Sebbene il tema del femminicidio, così come quello della violenza di genere, sia complesso e impossibile da riassumere, contando innumerevoli studi sociali e antropologici a rigurado, cerchiamo tuttavia di mettere un po’ di ordine, partendo da alcune delle domande che sono state pronunciate più spesso negli ultimi giorni a proposito del femminicidio: perché esiste una distinzione dal semplice omicidio? Quant’è grande il suo impatto? Perché se ne parla solo ora?



Cos’è il femminicidio e perché è diverso dall’omicidio?

Femminicidio è un termine derivante dallo spagnolo feminicidio. Contrariamente all'opinione comune, che spesso lo confonde con il termine di origine inglese femmicidio (che effettivamente era diffuso nel 1800 con l'accezione di femminicidio e che indica le uccisioni di donne, perpetrate da uomini sulla base del genere), il femminicidio ha in realtà conseguenze molto più profonde, che mettono in discussione l'intero tessuto politico-sociale del mondo occidentale.


Marcela Lagarde, che per prima utilizza questo termine nel 2004,  lo definisce come  “la forma estrema della violenza di genere contro le donne, prodotto dalla violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato attraverso varie condotte misogine, quali i maltrattamenti, la violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale, che comportano l'impunità delle condotte poste in essere, tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una condizione indifesa e di rischio, possono culminare con l'uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all'insicurezza, al disinteresse delle istituzioni e all'esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia”.


Spesso, parte dell'opinione pubblica, tende ad entrare in contrasto con questo termine, ritenendo che gli omicidi di questo genere non siano in alcun modo differenti dal semplice delitto. In realtà, il motivo per cui questo tipo di atto viene differenziato da un comune assassinio sta nel fatto che non sia un’azione indipendente bensì il passaggio finale di una serie di violenze psicologiche, fisiche o di altro tipo.



Alcune statistiche 

Questa distinzione non vuole in alcun modo collocare i reati nei confronti di donne sopra quelli diretti ad altre categorie, bensì evidenziare dati statistici che vedono questo gruppo sociale come vittima ricorrente. Secondo un'inchiesta ISTAT del 2018, su 417 sentenze emanate tra il 2012 e il 2016 per l'omicidio di una donna, quelle che corrispondono alla definizione precedentemente fornita di femminicidio corrispondono a 355, ovvero l'85%.

Sembra, al contrario, confortare il dato che colloca l'Italia al quart'ultimo posto nella classifica Europea per femminicidi; in realtà il dato resta comunque considerevole, con una media degli ultimi dieci anni di circa 127 casi all'anno.


Il fatto che gli omicidi di donne sulla base del genere o come conseguenza di costanti abusi fisici e psicologici sia così rilevante nei casi di delitti, mette in evidenza un problema strutturale della nostra civiltà che spesso pone la donna in una situazione di subordinazione.

Ci si potrebbe sentire accusati nel sostenere che il problema è di tipo sociale, poiché noi stessi costituiamo la società in cui viviamo: ammettere che ci sia un problema di matrice culturale, in realtà, è solo il primo passo per metterne in luce la causa. Da anni ormai sono moltissimi gli studi psicologici e antropologici che cercano di comprendere le cause del fenomeno e che tentano di trovare una soluzione. Il semplice utilizzo di comportamenti violenti o di un lessico errato, ritenuto insignificante, ma che aggettiva la donna con qualsiasi tipo di insulto, ad esempio, entra a far parte dell'inconscio di ciascun individuo, a maggior ragione se nelle fasi dello sviluppo cognitivo, e porta col tempo alla messa in pratica di tali comportamenti violenti.

É importante ricordare, come già affermato, che il femminicidio è solamente l’ultimo passo di un lungo percorso di offese, violenze e abusi che possono e spesso caratterizzano la vita delle donne. Se infatti il femminicidio è così diffuso, ancora di più lo sono stupri, violenze e offese. 



Perché se ne parla solo ora?

Data la grande importanza del problema della violenza di ogni tipo sulle donne, molti si chiedono dunque perché solo ora si sia iniziato a parlare di questo argomento: la verità è che il femminicidio e tutti i comportamenti che portano alla violenza sul genere femminile sono sempre stati oggetto di un’accesa discussione; la grande diffusione mediatica avuta dal triste caso di qualche giorno fa si è limitata a evidenziare ancora di più questo problema e a metterlo sotto gli occhi anche di tutti coloro che non se ne sono mai interessati per davvero.

Da anni il movimento femminista combatte perchè, anche sul piano politico, aumentino le tutele nei confronti di donne vittime di questi crimini, riuscendo a ottenere nel tempo grandi traguardi come l’abolizione del matrimonio riparatore, nel 1981, la definizione di stupro come crimine contro la persona, del 1996, o l’introduzione del reato di stalking, nel 2009. Il movimento, in alcuni Stati, è riuscito addirittura ad avere un'influenza tale sulla politica da spingere i governi di questi a integrare il femminicidio nel proprio codice penale come crimine indipendente. È importante invece notare che in Italia il femminicidio non sia considerato come un reato a sé stante, ma rientri semplicemente nella categoria di omicidio. Ciò tuttavia non sminuisce in alcun modo la validità di tale fenomeno sul piano sociale.


Altrettanto fondamentale è non ritenere gli sforzi del movimento femminista come un’offesa al singolo individuo o a una specifica categoria: molte donne e il movimento si limitano a chiedere che venga riconosciuta l’esistenza di un problema culturale. Il femminismo è un movimento egualitario che si impegna affinché ci sia una parità di genere e che tutela i diritti della donna, inclusi il diritto alla vita e alla libertà.




Le recenti proteste e la giornata internazionale

Il simbolo delle nuove proteste, iniziate nell’ultimo mese, incredibilmente vicini al 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è una poesia di Cristina Torres Cáceres, scritta nel 2011 per denunciare le violenze nei confronti del genere femminile e che è oggi più attuale che mai.


Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.

Se non ti dico che vengo a cena. 

Se domani, il taxi non appare.

Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera.

Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.

Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.

Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata.

Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.

Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l'alcool nel sangue.

Ti diranno che era giusto, che ero da sola.

Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.

Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.

Lo giuro, mamma, sono morta combattendo.

Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto.

Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome.

Perché lo so, mamma, non ti fermerai.

Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella.

Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti.

Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.

Sono loro, saranno sempre loro.

Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono.

Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me.

Combatti per urlare più forte di me.

Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.

Mamma, non piangere le mie ceneri.

Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.

Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.


-Cristina Torres Cáceres




Mirea Malvicini