Dialoghi con Léuco - Pavese

Dialoghi  con Leucò, di Cesare Pavese

È Pavese stesso a presentarci i Dialoghi con Leucò come un’opera singolare e nuova se messa a confronto con i suoi altri lavori. Qui le caratteristiche che spesso vengono associate ai libri dell’autore -il realismo, le colline delle Langhe a cui è tanto affezionato, i piccoli paesi di campagna- vengono meno per fare spazio all’immenso e da sempre affascinante mondo dei miti classici.

In 27 brevi dialoghi tra divinità o eroi greci si tenta di sviscerare alcune questioni esistenziali presentate attraverso l’analisi poetica e lirica -spesso con nuove interpretazione- dei miti. 


Dalla rivisitazione della storia di Orfeo e Euridice secondo cui l’eroe si volta per una sua scelta ponderata, consapevole dell’irreversibile cambiamento dell’amata che non potrà più essere la stessa dopo aver visto le tenebre dell’Ade, all’intensa amicizia di Achille e Patroclo che è l’unica arma per sfuggire alla morte, gli spunti di riflessioni sono così tanti che spesso ho dovuto interrompere la lettura per elaborare al meglio le idee. 

Tra gli altri, geniale è a mio avviso il racconto di Apollo che conosce l’intero destino degli uomini e dunque anche la sorte dell’amato Giacinto, di conseguenza non lo ama per ciò che è, ma per il magnifico fiore purpureo in cui sarà trasformato dopo la tragedia della sua morte. 


La grande sensibilità di Pavese pervade ogni pagina, intingendole con una sorta di malinconia che fa da sfondo a discorsi sull’amore, sull’amicizia, sul destino e soprattutto sulla morte.

Non a caso, quando deciderà di togliersi la vita in una camera d’albergo, lascerà sul tavolino una copia dei “Dialoghi con Leucò”, l’opera a lui più cara, accompagnata da queste parole: 

“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi.” 


Elisa Caruso