I LUOGHI DELLA VICENDA DEI PROMESSI SPOSI
I LUOGHI DELLA VICENDA DEI PROMESSI SPOSI
Nel romanzo dei "Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni vengono nominati molti luoghi e tra questi ci sono:
Casa di Don Abbondio e Perpetua razziata
Duomo di Milano
Case di Milano
Porta orientale
Casa di Cecilia
Casa di Don Ferrante
Paesino di Renzo e Lucia
Nasce sulle rive del ramo meridionale del lago di Como e si trova non distante da Lecco.
Il nome di questo paesino non viene mai citato nel romanzo perché Manzoni non vuole far capire che il Manoscritto è stato inventato da lui. Il paesino è descritto come una piccola comunità contadina, i cui abitanti sono molto uniti e pronti a darsi una mano a l’un l’altro ,anche se la popolazione si mostra sottomessa a Don Rodrigo e incapace di ribellarsi alle sue minacce.
Nel capitolo I viene descritta la strada che porta al paese e che don Abbondio percorre tornando a casa dalla passeggiata serale, si divide in prossimità del tabernacolo dove i bravi attendono il curato, e una strada porta in alto al paese e l'altra scende e arriva a un torrente, il paese si trova in cima a una collina cioè in posizione elevata.
La casa di Renzo si trova nel centro del paese invece quella di Lucia e Agnese è messa in fondo al paesino, appartata dal resto delle case e viene descritta su due piani, è circondata da un muricciolo e il suo isolamento favorirà il tentativo di rapimento di Lucia dai bravi.
Nel capitolo VII viene descritta l'osteria il punto dove Renzo cena in compagnia di Tonio e Gervaso detta la notte del "matrimonio a sorpresa.
Tabernacolo di Don Abbondio e i Bravi
Il Tabernacolo è una stradina che Don Abbondio percorreva tutti i giorni mentre leggeva il breviario .
Un giorno ossia il 7 novembre 1628 Don Abbondio mentre percorreva la stradina per tornare a casa incontrò i bravi ( che erano dei soldati di Don Rodrigo ) .
Casa di Lucia
La casa di Lucia si trova a Lecco al centro del villaggio ed è raffigurata nel capitolo II , è una casetta a due piani semplice tipica lucchese con un piccolo cortile tutta recintata da un piccolo muretto
Convento di Fra Cristoforo
Il convento di Fra Cristoforo si trova a Pescarenico , ed è situato al di fuori del piccolo paesino , e si trova in mezzo alla strada che da Lecco conduce a Bergamo
Paesino di Renzo e Lucia
Nasce sulle rive del ramo meridionale del lago di Como e si trova non distante da Lecco.
Il nome di questo paesino non viene mai citato nel romanzo perché Manzoni non vuole far capire che il Manoscritto è stato inventato da lui. Il paesino è descritto come una piccola comunità contadina, i cui abitanti sono molto uniti e pronti a darsi una mano a l’un l’altro ,anche se di fatto la popolazione si mostra sottomessa a Don Rodrigo e incapace di ribellarsi alle sue minacce.
Lecco
Piccolo comune della Lombardia, situato sulla sponda sud del Lago di Como, vicino al punto in cui si restringe, diventa simile a un fiume all'epoca della vicenda era poco più di un borgo di campagna.
Il paese di Renzo e lucia si trova non lontano da lì, essendo una terra che si trovava nel suo territorio, nelle vicinanze del ponte di Lecco.
A Lecco vive e lavora l’avvocato Azzecca -Garbugli , cui Renzo chiede un consiglio legale dietro suggerimento di Agnese , è questa l’unica circostanza del romanzo in cui Lecco è mostrata come effettiva ambientazione del territorio di Lecco è spesso citato per indicare i luoghi in cui si svolgono le vicende del romanzo o alcuni dei fatti storici riferiti dell’autore .
Pescarenico I e IV
Proprio da Pescarenico si apre il romanzo con la famosa frase: ”quel ramo del lago di Como…”
Pescarenico è un piccolo villaggio di pescatori a sud del ponte di lecco sulla riva sinistra dell’Adda nel punto in cui il lago di Como si restringe.
La costa è formata dal deposito di tre grossi torrenti, tra due monti: il san martino e il Resegone. La parte estrema della costa è quasi tutta ricoperta di ghiaia e ciottoloni e in parte vi sono campi, vigne e casali.
A Pescarenico troviamo il convento dei cappuccini dove vive Fra Cristoforo, fuori dalla zona abitata, all’ingresso del paese, vicino alla strada che conduce da Lecco a Bergamo
Palazzo di Don Rodrigo
sorgeva isolato sulla cima di una collina, come una piccola fortezza squadrata a circa tre miglia dal paese e a quattro miglia dal convento di Pescarenico. Ai piedi della collina dalla parte rivolta a sud e verso il lago, si trovavano un gruppo di casette abitate dai contadini di Don Rodrigo; era come se fosse una piccola capitale del suo piccolo regno. Per arrivare al castello c’era una piccola strada a tornanti. Don Fra Cristoforo descrive il palazzo con piccole e poche finestre che si affacciavano sulla strada, chiuse da imposte vecchie ma con grosse inferriate. Fra Cristoforo continua dicendo che la casa sembrava abbandonata, c’era un gran silenzio se non fosse stato per due Bravi che facevano la guarda sdraiati su delle panche all’entrata; inoltre sulla porta due carcasse inchiodate di avvoltoi. L’interno dell’edificio non viene descritto in modo molto dettagliato; solo una serie di molte sale e salotti, un’angusto cortile ma senza dettagli.
Il palazzotto di Don Rodrigo viene anche citato nel capitolo VII quando Agnese, Renzo e Lucia, guardando, mentre lasciano il paese sulla barca, i monti, i villaggi, le case, notano anche il palazzotto di Don Rodrigo che dominava tutto dall’alto con un’aspetto cupo.
Osteria
Nel settimo capitolo troviamo un nuovo luogo della vicenda dei Promessi Sposi, L’Osteria o Locanda.
Nel capitolo 7 l'osteria diventa il punto d'incontro di due progetti opposti: l'osteria dei Bravi e l'osteria di Renzo e Tonio.
Nel capitolo 7 la breve descrizione ,dell'osteria non è altro che quello che direbbe Manzoni, infatti lascia parlare Renzo delle pericolose aspettative del proprietario e dell'osteria stessa.
Secondo la parole di Renzo la pericolosità degli osti è peggiore di quella degli altri padroni di casa.
Monza
Nei capitoli 9 e 10, l'autore racconta la storia passata di Gertrude la figlia di un principe milanese che era il feudatario della città di Monza. Monza è la prima vera città che entra in scena nella vicenda, in seguito alla fuga dal paese detta "notte degli imbrogli", anche se non viene mostrato quasi nulla a eccezione del monastero, dove Agnese e Lucia restano rinchiuse tutto il tempo. l'unico "esterno" dopo il loro arrivo coincide con l'uscita di Lucia dal chiostro che fu inviata da Gertrude con il pretesto di fare una commissione urgente e segreta per il padre guardiano dei cappuccini, ma si tratta di una trappola ordita dall'innominato per rapirla.
Milano XI
Renzo arriva a Milano, vedendola per la prima volta, vede la sagoma del duomo che Manzoni descrive come “l’ottava meraviglia”, scrivendo anche che sembrava sorgere in mezzo a un deserto, svettando da solo verso il cielo.
Renzo costeggia il lazzaretto nella zona di porta orientale, la porta è formata da due pilastri e una tettoia, con una “casuccia” dei gabellieri da un lato, e dall’altro che portava all’interno della città; la strada era divisa in due da un fossato che finiva in una fogna vicino alla via del Borghetto.
Viene citata anche la piazzette di Cordusio dove si era sparsa la voce che ci fosse stato un’assalto ad un altro forno. Vengono anche citate la strada di pescheria vecchia, piazza dei mercanti dove è descritta l’antica statua del sovrano spagnolo Filippo II dell’artista Andre Biffi.
Vicino si trova anche la casa del vicario di Provvisione (cap. XIII).
Il Forno delle Grucce ( Milano) XII
È la bottega di Milano che viene assalita dalla folla in tumulto nel 1628, in occasione della sommossa scatenatasi a causa del rincaro del pane dopo la revoca del calmiere imposto da Ferrer : si trova in quella che allora si chiamava la Corsia dei Servi che significa proprio il forno delle grucce in Toscano, infatti gruccia era il nome dato alla pala del fornaio.
Manzoni sottolinea che in nome del forno in milanese è impronunciabile e quindi non lo ha scritto.
E’ nel forno delle Grucce che si svolge una scena molto concitata, tanto che arrivò il capitano di giustizia con gli alabardieri invitando la gente a stare calma e tornare nelle proprie case. Malgrado questi interventi per calmare la gente, i rivoltosi sfondarono la porta ed entrarono, rubando pane e soldi.
Osteria della luna piena XIV
Nel capitolo XIV viene descritta l’osteria della luna una locanda mal frequentata e molto chiassosa di Milano dove Renzo arriva in compagnia di un poliziotto sotto” mentite spoglie”, il quale lo vuole portare al palazzo di giustizia pensando sia uno dei capi del tumulto di San Martino per il discorso che aveva appena tenuto a un gruppo di persone. Qui Renzo si ubriaca e con l’aiuto dell’oste il poliziotto ha il modo di spiccare un mandato di cattura. Renzo riesce a fuggire nella zona del Bergamasco grazie all’aiuto di alcuni popolani. Renzo solo all’ora capisce di aver commesso un’errore e da quel momento decise di non entrare mai più in una locanda.
Castello innominato XX
Il castello dell’innominato si trovava a cavallo di una vallata stretta e cupa, rocciosa, con tanti precipizi e senza vegetazione, sulla cima di un colle, che sporgeva su una serie di cime impervie. Il fondo della valle era un letto di ciottoloni, dove scorreva un rigagnolo che serviva da confine ai due stati: il ducato di Milano e la repubblica di Venezia. Questo non era un caso poiché la scelta di questo luogo era stata individuata per motivi strategici dell’innominato. L’altra parete della valle avevano una parte coltivata, il resto era composto da schegge e macigni, nelle fenditure, tra gli spuntoni di roccia e senza strada. L’innominato viene descritto come “un’aquila dal suo nido insanguinato” che domina tutto intorno la sua residenza dove affinché nessuno potesse raggiungerlo. Nessuno poteva andare più in altro di lui. Dal suo castello l’innominato, poteva controllare e vedere tutto; e in caso di pericolo i Bravi avrebbero potuto intervenire.
Manzoni ha descritto in modo molto dettagliato il castello nello stesso modo in cui l’innominato poteva essere raffigurato.
Osteria della Luna Piena
Nel capitolo XIV viene descritta l’osteria della luna piena dove Renzo, su consiglio di un passante, si ferma per passare la notte. L'Osteria della Luna Piena è una locanda di Milano e consiste in un locale malfamato frequentato da molte persone losche e considerate pericolose.
Quest'Osteria si tratterà di un luogo di peccato per Renzo, il quale privo di lucidità si fa scappare qualche parola di troppo tanto che il poliziotto fraintenderà che sia uno dei capi della Rivolta del Pane .
Lazzaretto
Il Lazzaretto è un recinto di forma rettangolare messo al di fuori delle mura di Milano e viene descritto come una grossa fabbrica lunga e bassa che appunto costeggia le mura, era destinato al ricovero dei malati durante l'epidemia di peste del 1630.
Il Lazzaretto è presente per la prima volta nel capitolo 11 quando Renzo arriva a Milano dopo aver lasciato il paese a causa del tentativo fallito di rapire Lucia, padre Cristoforo al convento dei cappuccini gli aveva consigliato di seguire il fossato che circondava il lazzaretto così sarebbe arrivato a porta Orientale.
Nel capitolo XXXI, il lazzaretto ospita gli appestati, curati con l'aiuto dei Frati Cappuccini: essi, in sei mesi, salvano cinquantamila persone. Uno dei frati sopravvissuti al morbo, Felice Casati, diviene il presidente del lazzaretto.
Fiume Adda
L'Adda è un fiume che segna il confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia . Incontriamo il fiume Adda nel capitolo VIII , durante il quale un barcaiolo trasporta Renzo, Lucia e Agnese sulla riva destra dell'Adda
Osteria
Nel settimo capitolo troviamo un nuovo luogo della vicenda dei Promessi Sposi, L’Osteria o Locanda.
Nel capitolo VII l'osteria diventa il punto d'incontro di due progetti opposti: l'osteria dei Bravi e l'osteria di Renzo e Tonio.
Nel capitolo VII la breve descrizione ,dell'osteria non è altro che quello che direbbe Manzoni, infatti lascia parlare Renzo delle pericolose aspettative del proprietario e dell'osteria stessa.
Secondo la parole di Renzo la pericolosità degli osti è peggiore di quella degli altri padroni di casa.
Casa di Don Abbondio e Perpetua razziata
Nel capitolo XXX, Agnese trova la sua casa razziata e ringrazia Dio d’esser caduta in piedi, mentre Don Abbondio e Perpetua non possono dirsi così fortunati: il focolare è distrutto, e, coi resti dei carboni, sono stati scarabocchiati i muri. In giardino, la fossa del morto è vuota. Il curato e la domestica chiedono aiuto economico ad Agnese; lei dà loro gli scudi d'oro donatele dall'Innominato: in questo modo, i due riescono a riparare la porta, priorità di Don Abbondio contro nuove invasioni.
Duomo di Milano
Nel capitolo XXXI, il Duomo è teatro di uno scandalo: coloro che credono che la peste venga propagata apposta tramite ungenti e magie varie ed eventuali, fanno controllare al tribunale della Sanità un assito di legno, il quale, secondo loro, è stato avvelenato davanti al Duomo il 17 di maggio. L’assito e vari oggetti vengono portati fuori dalla chiesa per essere lavati, ma chi li vede si convince che siano coperti di veleno.
Case di Milano
Nel capitolo XXXI, le case di Milano vengono coperte da una sporcizia giallognola, biancastra, sparsavi come con delle spugne: Manzoni traduce ciò in una falsa voce messa in giro da qualcuno o in un sogno collettivo (che non sarebbe il primo). Fatto sta che il popolo crede uno degli ungenti creati apposta per spargere il morbo.
Porta orientale
Casa di Cecilia
Casa di Don Ferrante