La morte di Cicerone

L'eroica morte dell'uomo che diede la vita per la Repubblica

Marco Tullio Cicerone il 7 dicembre del 43 a.C. moriva a Formia. Dopo l'assassinio di Cesare divenne acerrimo avversario di Marco Antonio, finendo sulle liste di proscrizione di quest'ultimo. Cicerone, conscio del pericolo si rifugiò nella sua villa di Formia. Da grande uomo di politica qual era, Cicerone decise di forzare il corso degli eventi, tentando di influenzare l’opinione della decadente Repubblica verso una più mite forma di dittatura. Riunitosi il senato, Cicerone pronunciò la prima filippica, un’invettiva contro Antonio. Cicerone voleva recuperare, con questa sua ultima battaglia, tutta la gloria passata, e liberare così nuovamente la Repubblica dalla minaccia dell’Oriente. Pronunciata la prima filippica, Antonio rispose con la propria invettiva, pronunciata il 19 settembre 43 a.C. nonostante l’assenza di Cicerone. Accusato di essere sleale e immorale, cicerone rispose alle accuse con le successive tredici filippiche, che presentavano Antonio come il principale nemico della Repubblica, tentando di sminuire l’influenza dei sostenitori di Antonio sullo stato. Costretto però alla pace, Antonio, Ottaviano e Lepido si riunirono in triumvirato. Nonostante fosse chiaro a tutti l’affetto che Ottaviano nutriva per Cicerone, questi nulla poté fare per salvare l'amico Cicerone.

Livio (in Seneca il vecchio, suas) ci dice:

“Marco Cicerone all’arrivo dei tribuni si era allontanato dalla città, sapendo per certo, cosa che era vera, che non si poteva sottrarre ad Antonio più di quanto Cassio e Bruto si potessero sottrarre a Cesare (Ottaviano). In un primo momento era fuggito nella villa di Tusculo, per vie traverse, parte per la villa di Formia, con l’intenzione di imbarcarsi da Gaeta. E dopo tante volte che preso il largo, ora i venti contrari lo avevano riportato indietro, ora non poteva egli stesso sopportare il rollio della nave in balia del mare agitato, infine fu preso dal tedio della fuga e della vita, e ritornato alla villa, che dal mare poco più di mille passi, disse: "Morirò nella patria che spesso l'ho salvata". È noto che i suoi servi erano pronti a combattere coraggiosamente e fedelmente, ma egli ordinò di deporre la lettiga e di sopportare tranquilli ciò a cui l’iniqua sorte lo costringeva”.

La Tomba di Cicerone a Formia, lungo la via Appia antica

Deposta la lettiga, la tradizione tramanda che Cicerone, udito uno scalpitio a distanza, avesse posto il capo fuori da essa e, fronteggiando la morte, lasciò che i suoi assassini gli tagliassero la testa.

E poi ancora:

“A lui che si sporgeva dalla lettiga e che offriva il collo immobile fu tagliata la testa. Questo non fu abbastanza per la stolta crudeltà dei soldati, gli tagliarono anche le mani, rimproverandole di aver scritto qualcosa contro Antonio. Così il capo fu portato ad Antonio e per suo ordine fu posto sui rostri fra le due mani”.

Il corpo di Cicerone, strenuo difensore della Repubblica, sparì poi in circostanze poco chiare. La tradizione vuole che fosse stato sepolto proprio a Formia, lungo la via Appia antica, in quella che oggi è definita “la tomba di Cicerone”.


Articolo di Lorenzo Soldati