5 La chiesa

Una chiesa protestante vera e propria di lingua italiana è stabilita a Londra, insieme ad altri ex-sacerdoti ed ex-frati dal prete e garibaldino Alessandro Gavazzi e da Camillo Mapei, dal 1847, dopo cinque anni di evangelizzazione fra gli italiani (esuli e non),

Essa era stata fortemente incoraggiata a Londra, attraverso conferenze pubbliche, da Giacinto Achilli sulla base delle esperienze similari avute a Corfù ed a Malta. In chiave polemicamente anti-romana e puntando ad un’esplicita alternativa al Cattolicesimo fra gli italiani, le sue argomentazioni possono essere giudicate a dir poco ingenue e teologicamente non abbastanza qualificate. La lettera di convocazione a Londra dell’adunanza preparatoria del “Primo Concilio della Chiesa italiana”, dell’8 luglio 1847, a firma di Raffaele Ciocci, fa appello alla “Chiesa italiana di già esistente nei membri che la compongono, dispersi in vari luoghi e dentro e fuori d’Italia” per stabilire: “intorno alle dottrine che dobbiamo confessare concordemente … intorno alla forma di culto che dovremo ritenere unanimemente” e “sul governo di questa chiesa medesima”. Il carattere di questa chiesa è definito non settario, e sarà decisamente minimalista. La confessione di fede, proposta da Filippo Pistrucci, vorrebbe essere solo: “Tutto ciò che sta rivelato nella Bibbia”, evitando “sia le costruzioni sistematiche della chiesa romana, sia lo spirito settario dei protestanti”. Si rilevano subito due tendenze, quella “anglicana”” dell’Achilli, Ciocci e Di Menna, e quella influenzata dal Risveglio e dal Darbismo, di Ferretti, Bruschi e Mapei. Concordi sul fatto che la “chiesa italiana” non debba rispecchiare minimamente il sacramentalismo e sacerdotalismo cattolico, le definizioni dottrinali vengono lasciate espressamente molto vaghe, non approfondite. Come gli elementi del culto, nulla deve pregiudicare la libertà dello Spirito, in ogni caso, nulla che vada al di là dei dogmi cristologici ecumenici. Viene pure evitata ogni definizione ecclesiologica, lasciando spazio all’assemblearismo.ed alle manifestazioni spontanee dello Spirito.

Sarà Salvatore Ferretti a dare continuità ed unità alla comunità, per circa 20 anni attraverso una diligente cura d’anime, una predicazione edificante, la pubblicazione del periodico “L’Eco di Savonarola” e l’educazione evangelica dell’infanzia. Si sentirà nella sua tendenza prevalente la chiara influenza del darbismo, di provenienza non tanto britannica, ma dalle idee risvegliate ce si erano affermate nella Svizzera del Vinet e che erano state assorbite dal Ferretti. La cosa si rileverà spesso occasione di polemiche, così pure come il latente sospetto ed il tenersi ad una certa distanza dal Protestantesimo classico, dovuto alla particolare formazione di questi personaggi. Da qui l’impressione che questo movimento sia da considerarsi non tanto in continuità al Protestantesimo classico, ma in parallelo, affinità ma non identificazione, anche se, evidentemente, con esso coltiva costanti contatti. Non pare esserci però in questa chiesa italiana un sostanziale contatto con i vivaci movimenti denominazionali della Londra di quel tempo tempo: il battiamo, il metodismo, il presbiterianesimo ed i suoi esponenti in quel tempo. L’interesse reciproco e il dialogo fra la chiesa italiana ed essi esiste, ma non vi sarà mai un’identificazione. Si potrebbe dire che la chiesa evangelica italiana sia un Cattolicesimo riformato dedito all’evangelizzazione che non avrà modo di strutturarsi, salvo che trovare continuità più tardi nell’evangelicalismo (spesso semplicista), ma non nel Protestantesimo propriamente detto. Da qui anche la scarsa propensione delle chiese storiche a riconoscersi in questo movimento, salvo l’appello di queste a confluire e sciogliersi in esse, assumendone le caratteristiche.

L’accento evangelistico di queste comunità è rilevato bene dai suoi avversari. Dal 1850, afferma Twattle-Basket[1] “gli evangelici italiani residenti a Londra si diedero a tutt’uomo a fare proseliti” avvalendosi anche dell’editoria.

[1] Twattle-Basket, p. 56.