3° Giorno

Giovedì 22 aprile 2010

ENTREPENAS – PUEBLA DE SANABRIA

(Km. 19)

Questa mattina Carlos è già qui pieno di buonumore e di verve. Nel bar grandi cartelli proibiscono il fumo ed in cuor mio ne sono proprio contenta anche se questo risultato è dovuto alla salute di Carlos. Inoltre, mi pare, che anche i clienti del luogo, non potendo fumare, siano diminuiti e questo mi dispiace. Lui prepara la colazione velocemente e mi chiama il taxista. Non è quello di ieri che viene a prendermi, ma la “streghetta” dello scorso anno: Eusebio.

Mi faccio riportare alla Chiesa di Entrepenas ma quando esco dal piccolo paese, dopo la tanta acqua e grandine di ieri, non oso continuare per il Cammino e proseguo sulla carretera.

Lentamente mi avvio sotto una acquerugiola, da noi primaverile, ma qui imperante. Intorno dominano le lagunas d’argento dove piante spettrali riflettono la voglia di vivere che si manifesta nel risveglio della primavera.

Chissà quando ti sarai specchiata

nelle acque argentee di queste lagune?

Chissà se gli occhi ed il cuore

riflettevano i sogni esauriti della tua vita.

In questa bizzarra rincorsa di giganti ingrigiti

rimangono ancora ombre tenebrose che ti abbracciano,

che rassicurano il tuo andare con l’ultimo loro affanno.

Fa freddo ed intorno nuvole basse di bambagia avvolgono i laghi con ali amorevoli. Sotto, tutto sembra scuro e triste, tutto il mondo è intriso d’acqua e sembra in attesa. Lentamente spiove ma il livore della giornata mantiene la sua tristezza e la cupezza del vivere. Tutto sfuma nel grigio delle nebbie che risalgono i pendii lontani.

Arrivo in fretta ad Asturianos ed immagino che il suo nome sia dovuto al fatto che un gruppo di abitanti di quella regione si siano insediati qui in epoche remote.

Il paese è in ordine ma solo manutentivamente perché nessun restauro è stato fatto per dare nuovo splendore alle antiche abitazioni; molte sono abbandonate e cadenti.

Il paese è piccolo, poche case srotolate lungo la strada ed una cappella semplice, Nostra Senora del Carmen, che dovrebbe nascondere tesori, ma al solito tutto è chiuso.

Attraverso il paese nell’irreale silenzio del mattino. Il traffico si intensifica, ma con la costruzione dell’autostrada è irrilevante.

Sempre avanti fra salite e discese raggiungo Palacios de Sanabria (ab. 322) che si preannuncia da lontano con la sua grande casa liberty all’inizio del paese. Chissà se il numero degli abitanti corrisponde? I paesi mi sembrano quasi tutti disabitati, probabilmente il numero comprende gli abitanti del circondario.

Palacios è un paesino grazioso con poche case che avvolgono la cima di una montagna ma, ancora più in alto, una chiesa solitaria e silenziosa domina il luogo.

Prendo il caffè in un bar ricavato in un bell’edificio antico restaurato, ma l’ambiente è così buio e fumoso che desidero solo scappare.

Più avanti, a Remesal, vorrei riprendere il Cammino ma vengo sconsigliata ed allora proseguo sulla statale fino a Otero de Sanabria. Il paesotto resta all’interno della statale ma si dipana lungo la calle principale che porta alla notevole Pieve di S. Tommaso Apostolo.

La Chiesa a tre navate, segno dell’importanza del luogo, è grande, massiccia e recintata. Propone ancora il passaggio dei secoli; il tempio romanico fu elevato su uno preesistente ma ora presenta anche tracce neoclassiche, mudejar e barocche. All’interno conserva un grande pregevole altare di legno policromato.

Otero è molto grazioso con magnifiche costruzioni rurali sebbene, anche qui, in parte cadenti e disabitate. Pietra, legno e ardesia raccontano storie di un passato lontano con la malinconia dell’abbandono, anche nel ricordo. Ma il loro declino, la loro lacerante tristezza è irrimediabile, la vita qui è troppo dura ed ora, con la nuova autostrada, neppure qualche distratto turista si fermerà più qui.

Poco avanti, uscita dal paese ed attraversata la statale, vi è il Santuario dedicato alla Nostra Signora dei Rimedi. Sorge solitario in mezzo al un ampio prato con un grande albero che gli fa compagnia. Il Santuario è di origini romaniche e coevo alla chiesa del paese, ma trasformato in un poderoso edificio a tre navate in epoca barocca. Le due imponenti torri della facciata, della seconda metà del XIX sec., si devono: una a scalpellini venuti da Astorga, l’altra a scalpellini galleghi. A suo tempo, con un proprio Hospital, fu tappa obbligata ed importante per i Pellegrini.

Appena rientro sulla carretera vengo sfiorata da un camion che ne sorpassa un altro in curva ed in discesa. Incredibile! Mi sfiora a velocità pazzesca e senza che io me ne accorga. Se mi fossi spostata solo di 10 cm. in più non sarei qui a raccontare!

Mi occorre molto per arrivare in vista di Puebla de Sanabria e del suo Lago. Tento anche qualche tratto sul Cammino, ma è veramente impraticabile e con il fango è impervio e sdrucciolevole. Occorre troppo tempo per percorrerlo in questa situazione.

Puebla di Sanabria, sfolgorante in un cielo bianco e azzurrissimo, appare struggente come una visione, su un grande sperone irraggiungibile e protetta dalle sue alte mura. Sotto scorre il fiume Tera e dall’altro lato vi è anche il Rio Castro che la rendono invulnerabile.

Vi è una lunga discesa abitata prima di raggiungere il fiume ed a metà vi è il Rifugio privato LUZ. Per curiosità vi entro. E’ accogliente e non c’è nessuno, ma vi è il timbro per la credenziale che metto da sola, ma ne farò mettere un altro in chiesa dal parroco.

Lungo la discesa ci sono molti hostales e ristoranti per turisti e Pellegrini.

Molto lentamente raggiungo il Ponte che attraverso per risalire verso il pueblo. Qui incontro Isacco che è arrivato prestino da Palacios ed ha già visitato la cittadina. Tanta festa, tanti saluti e tanti abbracci. Non lo rivedrò più, penso. Mancano pochi passi per arrivare ma la stanchezza mi sommerge ed inoltre zoppico un po’. Ho un nuovo problema. Il tallone, questa volta sinistro, mi duole nell’appoggio. Ma infine rientro e pranzo velocemente e solo quando sono in camera riprende nuovamente a piovere intensamente.

Più tardi esco di nuovo per andare alla ricerca di un fiore per la moglie di Carlos che compie gli anni, ma fiorai non ce ne sono. Compro però un bel bastone che, ahimè, andrà perso fra gli aerei del ritorno. Di presepi diversi da quello dello scorso anno non ne trovo e allora gironzolo un po’, ma la stanchezza ed il male al piede mi demotivano.

Il clima inclemente con il sapore dell’inverno, esasperato poi dal fumo dei camini accesi, mi rimanda a tempi lontani, a nostalgie dimenticate, a desideri improvvisi, a balzi dell’animo. Ma bisogna sempre ricordare che pioggia e neve fanno parte del quotidiano vivere dei luoghi.

Anche se lo scorso anno mi ero ripromessa di visitare meglio la cittadina ed il suo Castello, ora non ho voglia di salire sulla torre o di visitare nuovamente Puebla, sebbene sia una delle cittadine più belle e importanti della zona e del Cammino.

Le sue origini risalgono all’età del ferro ma, data la sua posizione preminente sulle vallate circostanti, fu sempre zona militare e di fortezze con alte mura difensive.

Fra i suoi antichi abitanti merita ricordare gli Zoelen, una tribù asturiana del IV sec. a.C..

Ma fu conquistata anche dai romani nel 25 a.C. e successivamente dagli svevi.

Appare comunque, come parrocchia consegnata ad Ourense, in un documento del 569 (attualmente è però sotto la diocesi di Astorga) e divenne anche importante centro di conio.

Dopo l’invasione araba il territorio fu organizzato in feudi e, con scontri continui, in gran parte dovuti anche al diritto di pesca nel vicino lago, appartenne al Monastero di San Martin di Castaneda.

Poco si sa del Medioevo sanabrese, ma dopo un grave spopolamento nel XIV sec., si ebbe nel XV sec. un notevole sviluppo con la costruzione del Castello.

Questo fu eretto da Rodrigo Pimentel, conte di Benavente dopo lunghe polemiche e cause legali contro la famiglia Losada.

Il castello però finì spesso in rovina a causa delle numerose lotte che lo contrapposero spesso al Portogallo ed infine anche alla Francia. Inoltre epidemie e peste ne decretarono il definitivo declino.

Dopo un lungo periodo di abbandono venne ceduto al Comune di Puebla de Sanabria, sebbene con molte limitazioni.

Solo nel 1991 inizia il suo ruolo culturale con l’installazione della Biblioteca ed è nel 2006 che il “Macho” (la torre) diviene Centro di interpretazione delle fortificazioni.

Ed anche qui, nelle ultime propaggini castigliane, così come anche in Galizia, l’isolamento è stato responsabile di massicce emigrazioni con il conseguente abbandono della propria cultura e tradizione.

Tradizione ricca di credenze popolari e superstizioni e di numerose leggende, molte delle quali, legate al suo lago. Danze, musica, costumi popolari, pellegrinaggi sopravvivono nella loro storia.

La gastronomia è ricca di piatti tipici giacché, oltre alla pesca in fiumi e laghi vi sono anche immensi pascoli con conseguenti allevamenti.

L’architettura di Puebla è straordinaria anche perché tutto è rigorosamente restaurato. E mentre le caratteristiche rurali di pietra e legno con stalla a terra ed abitazione al piano superiore appartengono ai paesi montani limitrofi, qui l’architettura della cittadina ha una sua affascinante peculiarità data soprattutto dall’ardesia dei suoi tetti, dalle facciate in pietra con grandi blasoni e ricche di balconi e dagli sporgenti modiglioni di legno scolpito che sostengono i tetti. Sono costruzioni talvolta raffinate e ricche di soluzioni tecniche e d’inventiva che tuttora ricordano la ricchezza ed il benessere dei loro antichi proprietari.

Dopo tanto abbandono noto però che in basso, sotto la cinta muraria, si stanno costruendo nuovi quartieri a seguito di qualche insediamento industriale e questo potrebbe essere la nuova rinascita dei luoghi.

Aspetto pazientemente sotto il portico del Municipio, seduta sugli antichi sedili in pietra, che spiova o che apra la Chiesa per la Messa delle 20.

La chiesa, dedicata alla Nuestra Senora del Azogue, fu costruita alla fine del XII sec. ed è una delle più rappresentative opere del romanico zamorano.

Infine la mia pazienza viene premiata e così posso ammirarne anche l’interno ad unica navata con un bell’altare dorato ed un magnifico organo.

Ridiscendo verso “casa” per le strade, quest’anno sistemate e restaurata è anche la piccola Ermita vicino all’Hotel.

Scendendo noto che alla fontana alcuni riempiono delle bottiglie d’acqua. Mi dicono che è particolarmente buona ed inoltre vengo a sapere che il famoso lago di Sanabria, di origine glaciale, è la più grande riserva d’acqua potabile d’Europa (non so se sia vero). Ha un’estensione di 318 ettari e la sua profondità massima arriva a 51 metri. E’ situato a 997 metri s.l.m. e le montagne che lo circondano raggiungono i 2124 metri.

Querce, betulle, salici, agrifogli, tassi sono i padroni di questi luoghi, con cervi, lupi, pernici, aquile e lontre che vi abitano protetti.

Piove ancora. Ora non ho più desideri per nuove scoperte e nuovi ricordi.

Rientro senza un pensiero per la moglie di Carlos, ma un enorme fascio di rose rosse è messo in piena vista sul bancone del bar.

Carlos questa mattina è partito presto per Braganza per procurarsi le rose per sua moglie. Che meravigliosa romanticheria dopo tanti anni di matrimonio! La Signora è comunque felice anche dei soli miei auguri che contraccambia commossa con un abbraccio ed un bacio.

Ceno di nuovo, ma le porzioni sono enormi. E sebbene dica di volere un menù molto ridotto Carlos insiste perché mangi tutto. “I Pellegrini hanno bisogno di mangiare” mi dice. Sono pertanto costretta anch’io ad ingurgitare troppo cibo. Meno male che domani lo lascio; restando qui ingrasserei ancora di più. (3 notti più colazioni e cene E.150).