18° Giorno

Domenica 27 Aprile 2008

ALDEANUEVA DEL CAMINO– Hervas – BANOS DE MONTEMAYOR

(Km. 18 circa)

Non avendo impegni con altri Pellegrini, pur non avendo fretta, tanto la tappa oggi è cortissima, parto ugualmente con il buio. Il percorso è sulla Carretera perché il Cammino non va a Hervas. I Piemontesi ciclisti si fermano proprio qui per far colazione; saluti molto cordiali perché, ovviamente, non li rivedrò più.

La deviazione è proprio davanti all’Hotel e, penso, guadagno 2 km. sugli altri, ma di altri, che vanno a Hervas, non ce ne sono, neppure i ciclisti che in pochi minuti potrebbero arrivarci. Non ce ne erano neppure a Plasencia! Ma questi Pellegrini sono solo ligi al Cammino; perché ignorare tante bellezze che ci stanno intorno?

Oggi è domenica e, nonostante l’ora, un po’ di traffico c’è ma non me ne lamento, dopo tante lagune ed arroyos preferisco camminare qui. Le scarpe sono ancora bagnate ed ho due ampollas, ma ormai ho finito, è corta e resisterò.

Mi fa male anche il piede sinistro per la storta di ieri, ma dopo un po’ di riscaldamento tutto scompare. Però, sarà la storta, sarà la salita o la mia mente che non accetta più la sfida, procedo molto lentamente.

Appena arrivata mi accolgono giardini ed un meraviglioso parco ombroso ma non sono poi così interessanti nel freddo della mattina.

Hervas, in antico, fu territorio vettone, ma abbiamo fonti a partire dal XIII sec. con Alfonso VIII. Appartenne alla Signoria di Bejar e all’Ordine del Tempio. Deve però la sua importanza attuale al suo nucleo giudaico, uno dei più belli e meglio conservati di Spagna (dichiarato bene Storico Artistico) con sorprese architettoniche ed angoli nostalgici, vicoli ciechi e labirinti, archi e terrazze, case bianche ed a graticcio, piccole e alte.

Ad Hervas le famiglie ebree si dedicavano al commercio ed alla tessitura. Dopo aver conquistato la Spagna (e quasi subito anche l’America) i Re Cattolici, ossessionati dalla purezza del sangue e l’integrità nazionale, con l’editto d’espulsione del 1492, cacciarono gli ebrei e subito dopo anche i musulmani, diversamente, dovevano forzatamente convertirsi.

L’attività tessile proseguì fino a tutto il XVII sec. trasformandosi poi in attività collegate al legno. Solo nel XVIII sec. fu riconosciuto ad Hervas il nome di città.

Nonostante l’architettura sia prettamente popolare, vanta alcuni bei palazzi e due musei: uno di motociclette antiche. La Chiesa di Santa Maria dell’Assunzione fu costruita nel XIII sec. sui resti di un antico castello (XI sec.) e domina le vallate sottostanti. Fu molto rimaneggiata nei secoli successivi ma la sua posizione mantiene intatto il suo fascino.

In fondo al paese, nel punto più alto, ma non così dominante, c’è la Chiesa di San Juan Bautista costruita nel 1682 ma con una brutta facciata più recente. Apparteneva all’antico convento dei Padri Trinitari, oggi divenuto un’importante Hotel di lusso (non Parador).

Hervas è deliziosa anche se mi delude un po’ per: il “deserto” della città, alle 8,30, le bottiglie rotte a terra davanti ai bar e perché avevo aspettative diverse. La visita è molto veloce, tutto è chiuso.

Riprendo da un’altra strada per riallacciarmi alla carretera 630 che mi porterà a Banos de Montemayor.

Ed ora naturalmente scendo per poi risalire, quanti saliscendi in questo Cammino e pensare che credevo di trovare la piatta meseta!

Quando arrivo alla statale ci sono industrie per la lavorazione della pelle con eleganti negozi; non che mi interessi, ma potrebbe, visto che poi non porterò più lo zaino, o quasi. Naturalmente tutto è chiuso e procedo.

Poco più avanti mi colpisce una enorme villa pretenziosa costruita a metà montagna, al centro di una estesa proprietà. C’è anche un’imponente cancello con barriere e telecamere: Proprietà del Barone……. C’è anche un cartello che informa come il terreno sia qualcosa di scientifico per la ricerca, ma non avendo preso appunti, non ricordo. Certo che se il Barone voleva passare inosservato c’è proprio riuscito! Quando al mattino chiedo informazioni al bar, mi dicono che la finca è proprietà privata del Barone, costruita però con i fondi Europei. Se volete provate a fare altrettanto?

Sono in fondo alla vallata con la Sierra innevata di Bejar a destra e l’autostrada a metà costa sull’altra montagna. Il rumore del traffico giunge fino a me ma ormai sono distaccata e un po’ triste, sono in conflitto: una parte di me si spiace per non poter continuare, proprio ora che tutto andava a meraviglia, l’altra ha voglia di casa e vorrebbe già esserci. Invece, ho ancora qualche giorno “spagnolo” da far passare!

Quando intravedo le prime case del paese, scopro anche il Cammino, più in basso, verso cui scende una macchina. Mi avvicino per vedere se mi convenga andarci ma, il dover poi ancora risalire e le pozzanghere d’acqua che vi scorgo, mi fanno desistere, però perdo il passaggio sull’antico tracciato romano. Arrivo prima di mezzogiorno; la prima costruzione è la Chiesetta del Cristo dell’Umiltà del XVI sec. e poi, lentamente salendo, si snoda il paese, molto rimaneggiato e con poche case attraenti. La cui attività principale, oltre alle Terme, è la cesteria.

Bagni di Montemayor (mt. 706 – 1.000 ab.), è un paesino prettamente turistico con 3 balneari e 20 alberghi.

Era la mansio Caelionicco romana. In un balneario si utilizzano tuttora le antiche Terme e, restaurati recentemente, i loro impianti sono tra i più moderni d’Europa. A causa di questi restauri sono affiorate ulteriori vestigia che confermano l’importanza del luogo in epoca romana.

In periodo medievale fu zona di frontiera e, come per Aldeanueva, Montemayor nei secoli successivi fu divisa in modo che la Chiesa di S. Catalina del XVI sec. con importante portale, apparteneva alla Castiglia con diocesi di Plasencia, mentre la Chiesa di Santa Maria, sempre dello stesso periodo, apparteneva al regno di Leon con diocesi di Coria. La facciata a Nord di questa Chiesa è di stile rinascimentale-spagnolo e molto originale risulta il suo campanile.

Solo nel 1883 la cittadina diventò un unico Municipio sotto la diocesi di Plasencia.

Nelle terme l’acqua sulfurea-sodica e oligo-metallica esce a 43° e sembra faccia bene a tutto. Le Terme sono proprietà del paese solo dal 1995, dopo 75 anni di appartenenza privata.

Per quanto abbia cercato di poterle vedere, insieme ad un piccolo museo collegato, la visita è possibile solo il martedì e venerdì dalle 17 alle 19.

Raggiungo l’Hostal Eloy, proprio di fronte le Terme, lascio lo zaino, ma non mi cambio: ho altre idee. In Hotel mi chiedono se intendo pranzare e cenare la sera, ma poiché dovrei attendere le 13,30 opto per la cena alle 21, ed esco. Sono già pentita perché dovrò attendere fino a tardi.

Mi dirigo ad un bar vicino per una tapa. Poiché noto che molti avventori hanno una strana frittura marron, la chiedo anch’io: è grugno di porco fritto: straordinario.

Poi rinfrancata esco, mi accingo ad affrontare una tortuosa e ripidissima salita. Voglio arrivare al Puerto di Bejar (mt. 850), non credo di tornare fin qui il prossimo anno perché da qui e fino a Salamanca non ci sono Hotel.

Non solo; poichè Banos de Montemayor è l’ultimo paese d’Extremadura e Puerto de Bejar è il primo, sulla Via de la Plata, in Castiglia e Leon; voglio arrivare fin lì, iniziare una nuova regione.

Pertanto incomincio a salire calpestando l’antico tracciato romano forse un po’ troppo restaurato; è subito fuori dal paese. Inizialmente piena di volontà, ma poi abbastanza sfinita per la fatica, arrivo al paesino.

Puerto de Bejar è alquanto disastrato ma carino, con il sapore di vecchi tempi. Ha case montane e la Chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione, quasi quadrata, è praticamente sommersa dalle case intorno. Non sono proprio così soddisfatta di essere arrivata fin qui e non so se valeva la fatica ma, ridiscendendo, quando guardo le vallate: di Bejar da una parte e Montemayor sotto, beh, adesso sono più contenta e soddisfatta.

Rientro e, dopo la doccia, esco di nuovo. Le Chiese sono chiuse ma il sello lo faccio mettere al Rifugio dei Pellegrini, restaurato recentemente, con molta passione. La gentilissima signorina che m’accoglie si scusa perché il timbro è molto grande; meglio, dico, così lo distinguerò e vedrò fin dove sono arrivata.

Il Rifugio è nell’antico quartiere che si arrampica sul lato destro del paese e qui le case che spesso hanno le date di costruzione sulle porte (1700 ed oltre) sono più belle; non hanno più l’aspetto turistico-commerciale della via principale. C’è anche un fiume che arriva impetuoso in mezzo ad enormi massi e che si tuffa per andare non so dove, sotto il manto stradale, ma non ne vedo il ponte.

Nella Piazza dell’Ayuntamento (Municipio) ritrovo lo spagnolo di Galisteo, insieme ad altri due Pellegrini spagnoli, che prendono il sole seduti su una panchina. Sono sempre l’unico Pellegrino italiano, anche se, per quest’anno e sono ormai all’ultima tappa. Loro non hanno deviato per Hervas e, da lì, sono 8 o più Km. da percorrere, però arrivano da Caparra e, allora, sono circa una trentina. Sono stanchi, ma lo sono anch’io.

Mi siedo vicino a loro per chiacchierare un po’, devo aspettare le 21 per la cena, cosa ho fatto mai? Poi li abbandono e vado alla ricerca di una Chiesa in un labirinto di vie.

In una calle nascosta trovo un Pellegrino solitario, ma con zaino, seduto su una panca. Pensando sia appena arrivato e che non riesca a trovare il Rifugio; mi offro di accompagnarlo. Lui rifiuta e dice di aver fame….Evito i particolari, gli do tutto il denaro che ho nel piccolo portafoglio quotidiano e vado via, ma poi scappo, perché realizzo che forse era un tossico-dipendente. Con lo zaino e l’aria emaciata e stanca probabilmente impietosiva gli sprovveduti come me. Mi poteva andare peggio.

Rientro in Hotel e devo aspettare le 21. Mi avvisano che nel comedor non c’è posto e che posso mangiare nella saletta di lettura. Non indago per conoscere la causa per cui manchi un solo posto, dopo che la Signorina aveva tanto insistito perché le dicessi, al mio arrivo e non dopo, per regolarsi, se mi fermavo a cena; forse la Pellegrina non è vestita adeguatamente rispetto i Signori del luogo? A dire il vero la saletta è molto più bella e lussuosa del comedor eppoi vengo servita per prima ed in 5 minuti ho finito.

Il menù: sopa d’aglio che non prendo, trota impanata con maionese, crocchette, biscotto al pomodoro e quemada (simile a panna cotta) con miele per dessert, acqua. € 12. Il conto dell’Hotel, l’indomani € 38, ma il pattuito era 30.

E così non mi sono pentita di aver utilizzato entrambi i letti. Infatti nella vana speranza di poter dormire ho cercato di allontanarmi dalla fonte della mia insofferenza: il mio vicino di stanza russava in modo indescrivibile.