I Paesi Baschi (Euskadi)

Ero molto ansiosa di visitare i paesi baschi e conoscere la loro cultura ed a questo in gran parte (oltre alle chiese preromaniche d’Asturia) è dovuta la mia scelta di compiere il Camino del norte oltre, e soprattutto, all’idea di percorrere il primo Camino. Probabilmente le loro danze e la loro musica mi hanno suggestionata e le mie aspettative di un popolo dalla indomita fierezza e libertà sono state un po’ deluse dalla realtà attuale.

L’interno del paese, che risale su ripide montagne e scende al mare, è di un verde abbagliante, quasi gagliego, con rari baserri (in basco) o caserios (in spagnolo) sparsi qua e là; sono l’equivalente dei nostri casali o fattorie. Per certi aspetti mi è sembrato di tornare alle origini, ai masi dell’Alto Adige, lindi e ordinati, con tanto verde intorno ed i boschi più lontani a guardia delle montagne.

Le rias sottostanti, con antichi porti pescherecci, a cui spesso si sono aggiunti quelli molto più estesi derivanti dall’industrializzazione, hanno perso il fascino antico. Il fascino di antichi racconti di pirati, corsari e bucanieri, già perché questi fiumi che sono navigabili all’interno per chilometri e chilometri, protetti alla foce da promontori o da isolotti, hanno dato facile vita a questi uomini sprezzanti del pericolo e delle leggi.

La lunghezza della loro costa è di circa km. 250 e nelle 3 province basche vivono poco più di 2.000.000 di abitanti.

I baschi sono stati grandi pescatori, ma soprattutto grandi balenieri. Nei loro sport attuali viene mantenuta l’esaltazione della loro forza e del loro orgoglio, riproponendo giochi che una volta erano la vita quotidiana, come il sollevamento di pietre di varie forme e peso, gare fra taglialegna o fra falciatori d’erba, ma anche gare fra barche da traino, perché le grandi navi in passato, quando non c’erano i moderni rimorchiatori, venivano trascinate al porto da piccole barche con pochi forzuti rematori.

La loro lingua, l’euskara, è antichissima e di origini ignote, e la loro musica mi richiama lo stesso fascino di quella tzigana, ungherese o russa, con la stessa struggente malinconia di prati e cavalli liberi nelle brughiere.

Probabilmente proprio per il loro ambiente naturale, con valli di difficile accesso e scarse vie di comunicazione, hanno potuto mantenere le loro tradizioni al di là del progresso. Gli stessi romani preferirono insediarsi al sud, in Alava, che con Gipuzkoa e Bizkaia è una delle province basche. Erano organizzati in tribù e nel medioevo erano sottomessi al regno di Navarra, che però li governava con signorotti feudali che li dominavano dalle loro case fortificate. Il Camino di Santiago, con il continuo transitare dei Pellegrini diede nuova vita al paese, interrompendone l’isolamento. Ne conseguì il passaggio alla corona di Castiglia. I baschi, però, conservarono la loro autonomia con i Fueros (leggi) che i re di Castiglia dovevano giurare, e la frontiera con la Castiglia sul fiume Ebro. Ogni provincia era amministrata da una sua Juntas Generale. Ottimi marinai, con eccellenti cantieri navali, ebbero rilevanza nell’espansione spagnola in America. Il forte sviluppo si consolidò fino a tutto il XVI sec, prima che l’eccessivo sfruttamento delle ricchezze americane, la pirateria e le epidemie portassero alla crisi economica.

Nel XVIII sec. la dogana fu nuovamente spostata sul fiume Bidasoa e si ebbe un nuovo impulso, ma anche rivolte popolari.

Nel XIX sec. si vissero con intensità le guerre carliste, soprattutto intorno ad un conflitto monastico tra due candidati al trono, che portarono all’abrogazione dei Fueros nel 1876, terza guerra carlista. (Fernando VII annullava la legge salica che impediva agli altri membri della famiglia, riservando solo ai figli, il diritto di accedere al trono e quindi sua figlia Isabella, invece di suo fratello Carlo Maria Isidro, divenne regina di Spagna. Per questo motivo ci fu la Rivoluzione carlista con tre guerre interne.) Le dogane furono trasferite sulla costa, al confine con la Francia. Vi furono però accordi economici tra le provincie basche che si occupavano di riscuotere le tasse, pagando allo Stato una quota annuale. La rivoluzione industriale, unita alla liberalizzazione economica ed ad una forte immigrazione, trasformarono radicalmente i Paesi Baschi.

La dittatura di Franco abolì gli accordi economici e cercò di sopprimere ogni segno di identità dei baschi. Solo nel 1979 (dopo la morte di Franco), a Gernika vennero istituiti un Parlamento e un Governo, propri dei Paesi Baschi, ripristinando la loro capacità di riscuotere autonomamente le tasse, ma soprattutto di autogovernarsi con le Juntas Generales.

A ciò, probabilmente, è dovuto l’eccessiva industrializzazione che ha richiamato una forte immigrazione (raddoppiando addirittura la popolazione della Bizkaia), con enormi condomini accatastati e senza zone di verde intorno, che hanno degradato in modo irreversibile l’enorme patrimonio che la natura aveva messo a loro disposizione. Il loro territorio, inoltre, è ricco di ferro e questo ha creato, con siderurgia ed indotto, una miriade di industrie, ma non mancano cementifici e raffinerie. E per finire il turismo ha completato l’opera con un’urbanizzazione incredibile, talvolta distruggendo oltre al patrimonio naturale, anche quello culturale, in ogni caso spesso difficile da identificare, sommerso com’è, nella cementificazione ossessiva.

La loro preistoria è fra le più antiche del mondo, perché i loro antenati vivevano qui già 100.000 anni fa. I baschi dell’età della pietra ci hanno lasciato menhir, dolmen, cromlech e pitture rupestri nelle grotte di Santimamine, di Ventalaperra, di Ekain e di Altxerri; perché nelle grotte si credeva vivessero gli Dei. La dea Mari è la terra con due figli, il bene ed il male. La dimora di Mari è la grotta e l’uomo primitivo vi albergava per esservi vicino, poi l’uomo uscì….