15° Giorno

Giovedì 24 Aprile 2008

PLASENCIA

Avendo notato la Parada dell’Autobus proprio sotto l’Hostal ed avute informazioni dal mio oste (felicissimo per la mia ulteriore permanenza) sulla possibilità di andare a Plasencia da lì, ho colto l’occasione al volo. Intenzione di andare a vederla l’avevo, ma pensavo di raggiungerla poi. Plasencia non fa parte della Calzada romana ma ha sempre fatto parte del Cammino del sud o Camino Mozarabico verso Santiago (che io riprenderò dopo Zamora).

Mi sono alzata prestino per partire con l’autobus delle 7,15. E’ ancora buio, ci sono due donne che vanno all’Ospedale in città e degli studenti. L’autobus, per accompagnare studenti e lavoratori, prima di approdare alla stazione degli autobus alle 8,30, fa un giro infinito, intorno a tutta la periferia della città. Ed in questo modo vedo i resti dell’antico acquedotto (sono rimasti 55 archi per mt. 300) che fu costruito nel XVI sec. per rifornire d’acqua la città. Inoltre ci sono anche delle imponenti mura; non sono romane, ma assomigliano vagamente a quelle di Leon o di Lugo.

In una rotonda stradale mi colpiscono alcune sculture in ferro che rappresentano delle cicogne. Anche qui ce ne sono dappertutto ed immagino che le nacchere siano nate per imitare il loro rumore. Infatti il suono che emettono questi uccelli assomiglia a due bastoni cavi che battono fra di loro.

Risalgo la via che arriva alla Porta del Sol e alla piazza antistante, già animata, quella di San Pietro di Alcantara.

Plasencia (350 mt.,40.000 ab.) sorge alta su una collina che domina il fiume Jerte. La presenza umana, in questa zona, risale al neolitico e si ritiene che prima della sua fondazione fosse abitata da una popolazione musulmana chiamata Ambroz. Fondata nel 1178 dal re di Castiglia Alfonso VIII, è circondata da mura della fine del XII sec. con 6 porte e 68 torri semicircolari. Nella parte più alta della città esisteva un alcazar, scomparso nel XX sec. Nel 1488 passò sotto la protezione dei Re Cattolici che, per la sua ripopolazione, attirarono anche qui, come a Caceres, duchi, conti e marchesi che la elessero come residenza, dotandola, con i secoli, di un importante nucleo artistico che in gran parte conserva. Inoltre anche i conquistatori ed i colonizzatori d’Extremadura, che tornarono dall’America, la arricchirono di Chiese e Palazzi.

Fu sede vescovile già 2 anni dopo la sua fondazione e, nel tempo, anziché ampliare la Cattedrale romanica fu scelto di erigere una nuova Cattedrale addossata alla preesistente.

Nei secoli acquisì importanza come città commerciale ed agricola; dal 1200, ogni martedì in piazza Mayor esiste un importante mercato.

La plaza Mayor, attorniata da antiche case con bassi portici, è dominata dalla Casa Consistorial, del XVI sec., gotico-rinascimentale con rilevante scudo di Carlo V e con un importante e caratteristico personaggio aggrappato al suo piccolo campanile: il nonno Mayorga che batte le ore per la popolazione. Vicino c’è anche l’antico carcere costruito nel XVII sec.

La piazza è invasa da tende e bancarelle (che tolgono visuale e fascino) perché ci sarà una manifestazione che più tardi accoglierà tutti i bimbi delle scuole con carta e colori. Dalla Piazza Mayor partono 10 strade che ci rammentano un passato in cui le corporazioni erano importanti (Via delle scarpe, dei formaggi etc.)

Tutto apre alle 11, per cui, in attesa, vado al Parador, il più bello di quest’anno, ricavato nell’antico Convento de San Felice Ferrer. Fu costruito nel XV sec., con uno splendido chiostro e la bellissima sacrestia è adornata da azulejos di Talavera. Anche qui la caffetteria apre alla 11 per cui esco e visito la Chiesa romanica di S. Nicola, aperta casualmente per pochi minuti dal Sacrestano che mi fa anche da guida (mi ha fatto una cortesia) ma non mi permette di fotografare perché ha fretta e vuole richiuderla.

Adossato al Parador c’è anche il Palazzo dei Marchesi di Mirabel, uno degli edifici più belli della città. Fu costruito dai Duchi di Plasencia, Don Alvaro de Zuniga e Dona Isabel Pimentel, nel XV sec., con balcone plateresco. All’interno vi è un magnifico patio neoclassico a 2 piani e collezioni, tra l’altro, anche di reperti archeologici romani di provenienza italiana, inoltre azulejos e l’interessante collezione della casa del Duca de Arion. Per visitarlo però occorre una prenotazione molto anticipata. Vicino c’è anche Palazzo Monroy o casa delle due Torri, il Palazzo più antico della città.

Passo davanti all’Oficina del Turismo e qui un gentilissimo giovane signore mi illustra il meglio della città in un perfetto italiano e poiché mi complimento con lui, mi dice di aver fatto uno stage a La Spezia. Parla benissimo e molto ricercato ed è così felice di farlo che mi riempie di carte, pur sapendo che come Pellegrina non potrò portarle. Mille consigli e mille informazioni. Mi suggerisce di visitare la Chiesa della Maddalena che trovo con molta difficoltà, sepolta com’è in mezzo alle calli e meno male che ci vado perché lui è là con una visita guidata per i ragazzini della città.

La Chiesa era una Ermita romanica perché poco è rimasto, ma un valente architetto ha trasformato il luogo in un mondo meraviglioso. E’ quasi a ridosso delle mura e conserva solo un vecchio forno con una enorme cupola e pochi lacerti di affresco, ma negli scavi sono riemerse antiche sepolture che ridatano la città. Non c’è altro, se non la storia! Ci salutiamo cordialmente e me ne vado.

Più avanti la Chiesa di S. Esteban, quasi addossata ad una casa modernista e il Convento di S. Chiara.

Il monumento più importante è ovviamente la Cattedrale, anzi le due Cattedrali, ma la prima che incontro è quella rinascimentale-plateresca che fu terminata nel 1588 e per costruirla furono chiamati i migliori architetti spagnoli del XVI sec. E’ addossata a quella romanica ed è in restauro e non visibile, pertanto non parlo né del ricco interno né del suo tesoro.

Circa la Cattedrale vecchia dovrei premettere qualcosa. Abbiamo visto come l’Extremadura sia stata da sempre terra di frontiera e non solo verso il Portogallo ma anche fra Arabi e Regno di Leon. La ripopolazione di queste terre tenne conto della Riconquista cristiana e le costruzioni, religiose in primis, vennero erette abbattendone altre di epoca precedente, eliminando in gran parte un patrimonio di architettura raffinata come era quella araba (e non solo; a Cordoba, per eliminare la testimonianza dell’antica cultura, vennero bruciati libri). Inoltre la cultura e l’arte erano filtrate dagli Ordini religiosi che governavano il territorio. Per tale motivo la costruzione romanica delle Chiese si svilupperà molto tardi, venendo quasi subito sostituita dal gotico.

Pertanto in Extremadura pochi, ma straordinari, sono gli esempi del romanico giunti fino a noi

La Cattedrale vecchia di Plasencia del XIII sec., romanico-gotica ne è una rara testimonianza. Ha una facciata di semplice aspetto ed è ornata da un ricco portale, del Perdono, con sovrastante rosone. L’interno è a tre navate con volte stellate. Sull’altare c’è una indimenticabile e commovente statua della Vergine del Perdono, policroma e duecentesca. Notevole è il chiostro gotico, di ispirazione cistercense. Eretto nel 1438 con una fonte al centro ha lateralmente una toccante immagine della Vergine Bianca del XIII sec. C’è anche la Sacrestia ed una Cappella di San Paolo di stile romanico-gotico e perfino arabo-bizantino ed inoltre la Sala Capitolare la cui cupola è ricoperta da un intreccio di squame di pietra di tipo bizantino. Il Museo diocesano è però chiuso.

In fianco alla Chiesa sorge il Palazzo Episcopale del XV sec. e successivi ma, ancora altri e molti importanti bellissimi palazzi; altre Chiese, il quartiere giudaico e la Porta di Berrozanas, la più bella della città, i ponti e quant’altro.

Non posso però andarmene senza aver visto il Museo Etnografico ricavato nell’antico Ospedale di S. Maria. La maggior parte dei suoi 5.000 pezzi apparteneva alla collezione di Pedro Perez Enciso ed oltre a pizzi e tessuti, vestiti etc. ci sono ceramiche, mobili e molto di più, ma a forza di andare avanti ed indietro sono di nuovo stanca. Ritorno in Piazza e mi siedo per mangiare ancora una volta orecchie di porco ed ancora diverse; hanno un sugo rosso ed un gusto aromatico che non riesco a definire, ma sono ottime. Incontro solo due Pellegrini che gironzolano per la città, ma nessuno di quelli che conosco ha pensato ad una deviazione per questa città veramente incantevole.

E ritorno alla stazione degli autobus perché alle 15 c’è quello per il ritorno. Ora il caldo si fa sentire, ma per fortuna in 40 minuti sono al mio Hostal Malaga.

Leggo, scrivo, mi preparo per l’indomani e torno in paese.

Un uomo alto e grosso, sui 40 anni, un po’ strano (ha la coda e lineamenti creoli) sta giocando con alcuni bambini; mi rincorre e mi “abborda” letteralmente, ma è gentile, colto ed educato. Dice di avermi notata anche il giorno prima, quando sono arrivata (ed io che credo sempre di passare inosservata) e, penso, dal mio “perfetto spagnolo” ha capito che ero italiana.

Preoccupato mi chiede perché sia ancora lì. “Non sto male, sono stata a Plasencia” e continuiamo a chiacchierare. Lui è Juan Sarli figlio di una madre italiana di Cefalù e di padre cileno. Fa lo scultore ed il poeta e ha girato il mondo. Mi dice che l’enorme scultura del Rifugio di Ponferrada (nel Cammino Francese) è sua e mi elenca altre sue opere che non conosco. Con il denaro ricevuto da quella vendita è stato in Turchia. E’ un artista! Almeno credo! Chiacchieriamo per un po’, lui felice di poter parlare la lingua della madre. E’ innamorato della gente siciliana che conosce bene.

Ha vissuto inoltre 4 anni in Israele, ma anche in Francia, in Italia, in Germania e non so dove altro ancora. Ha percorso 5 Cammini di Santiago, ma non quello del nord. Mi dice che qui raramente passano Pellegrini italiani perché normalmente sono quasi tutti tedeschi. Conosce 6 lingue e da due anni abita qui; gli piace il luogo. Non è certo tra i migliori che ho visto ma, immagino, si sia fermato per i forni abbandonati e che lui, come artista, può utilizzare per le sue fusioni.

Certo che deve soffrire di solitudine perché quando rientro lo ritrovo al bar ed al mattino presto, quando parto, è di nuovo lì per salutarmi.