1° Giorno

Giovedì 23 aprile 2009

VERONA – GUADALUPE

L’autobus per Guadalupe parte alle 15, ma per trovarlo ho dovuto penare; chiedere ripetutamente perché nessuno alla Stazione Sur sapeva esattamente che esistesse, che fosse giornaliero e soprattutto da che darsena partisse. Per fortuna avevo già prenotato il biglietto con Internet e, all’arrivo a Madrid, avevo preso un taxi che dall’Aeroporto mi portasse alla Stazione degli Autobus in modo da aver tempo e non essere affannata nella mia ricerca.

L’uscita da Madrid è alquanto deprimente con un arido territorio giallo e piatto che procede per molti chilometri.

Verso Talavera de la Reina, ricca cittadina, probabilmente industriale, posta sulla riva destra del Tago, dove ci fermiamo un attimo, il panorama migliora. Inizia il verde, iniziano i fiori. La città di circa 65.000 abitanti, che intravedo passando, è di origini romane ed è famosa per la fabbricazione degli azulejos (ceramica) blu e gialli.

Resto estasiata poi dal Puente de Obispo (vescovo), che ritengo medievale e che dà il nome alla località successiva dove nuovamente ci fermiamo. Tutto il paese con l’antico palazzo-castello s’arrocca, come al solito, su una collina.

Dopo, il pullman inizia a salire e le fermate si intensificano per servire tutti i paesini. L’autista è stanco e nervoso, non scende come di consueto per controllare i bagagli che i passeggeri ritirano ed ogni tanto, al riguardo, ha qualche discussione, ma ad ogni paese però saluta i vecchi seduti lungo le strade.

Le case ed i recinti sono di pietra, tante le pecore intorno e molto verde. Le dilatate vallate danno un senso di benessere e di pace, ma l’isolamento è quasi totale.

L’Alto di San Vicente, 850 metri, è il punto più alto che raggiungiamo. Poi scendiamo, talvolta vorticosamente. Ci sono molte curve ed inizio a star male nonostante sia seduta davanti. Sono stupita; pensavo che Guadalupe fosse un Monastero incastonato sul punto più alto di una montagna, come accade spesso da noi. Invece ci vuole ancora molto tempo e molta discesa prima di arrivarci e non si vede da lontano, come immaginavo. E’situato in Extremadura, provincia di Caceres, a circa 30 chilometri dalla Castiglia.

Infine, alquanto esausta per il malessere e la lunga giornata, appena arrivata deposito lo zaino in Hotel (Cerezo II - E. 30), proprio nella piazza.

Non salgo neppure a vedere la stanza, corro in Chiesa poiché dovrebbe chiudere a breve, se non è già chiusa. Invece ci sarà la Messa alle 21, ma per la visita al Museo, al Chiostro ed al Monastero arrivo troppo tardi. Stanno chiudendo, non si commuovono alle mie suppliche, ma acconsentono a mettermi il “sello”, pur con una loro certa meraviglia (lo devono andare a prendere) perché immagino che i Pellegrini, di Santiago, fin lì non arrivino. Riesco anche a comprare velocemente qualche rosario ma niente di più.

Alquanto delusa, rientro in hotel per una meritata doccia. La stanza è graziosa, sebbene sembri una cella per il soffitto basso e la strana piccolissima finestra che dà su un cortile.

Poco dopo esco per vedere il paese, quel poco che c’é.

Guadalupe è un piccolo paese di 2000 abitanti sull’omonima sierra lambita dal fiume Guadalupejo che gli dà il nome.

Deve la sua importanza al “Real Monasterio de Nuestra Senora de Guadalupe” che, nel 1340, re Alfonso XI di Castiglia fece costruire dopo aver vinto i mori.

In questo luogo però esisteva già una piccola chiesa che accoglieva una statua della Madonna che, secondo la tradizione, fu scolpita da San Luca. Fu portata e sepolta qui da un gruppo di sacerdoti per evitare che finisse in mano agli arabi quando questi sbarcarono a Gibilterra nel 711.

Ed è qui che, nel XIV sec., la Madonna apparve ad un pastore chiedendogli di essere disseppellita e di costruire una chiesa a lei dedicata.

Nel 1326 iniziarono a giungere i primi Pellegrini e nel 1496, vi furono battezzati i primi indigeni d’America portati da Colombo.

Grazie alla protezione dei Re Cattolicissimi accrebbe il suo splendore con l’istituzione di scuole di grammatica e di medicina ed in quest’ultima, nel 1402, avvenne la prima dissezione umana . Inoltre furono costruiti 3 ospedali (oggi parador), la farmacia ed una delle più importanti biblioteche di Spagna.

Saccheggiato da Napoleone nel 1808, il Monastero fu abbandonato nel 1835 a seguito della legge spagnola che confiscava i beni ecclesiastici.

Fu rioccupato nel 1908 dai francescani e nel 1928 la Vergine fu proclamata patrona dei popoli “spagnoli”.

Il culto di questa Madonna accompagnò la storia di Spagna e soprattutto dei molti Conquistadores che partirono per le “Americhe”. Lì, inoltre, il culto fu rafforzato da un’ulteriore apparizione miracolosa, vicino a Città del Messico, nel 1531. Ad un azteco convertito apparve la Madonna per ben tre volte e, sul suo mantello, lasciò impressa la propria immagine. Immagine che tutt’oggi si conserva nella Basilica eretta in suo onore in quel luogo.

Il grande complesso monumentale è costruito sulla sommità della piccola collina da cui poi si dipana il paese. L’architettura è molto articolata per il numero e lo stile, per lo più gotico e mudejar, degli edifici che compongono il Monastero. Una scala centrale porta alle due porte della chiesa, cui si accede lateralmente. La Chiesa esternamente è un po’ troppo restaurata, per cui mi appare alquanto artefatta, pur mantenendo il fascino della irregolarità. Edifici, torri merlate, pinnacoli, tutto è addossato alla Chiesa, il complesso è enorme. Ci sarebbe da visitare: la Chiesa nuova, il Chiostro mudejar e quello gotico, la Sala capitolare con il Museo delle Miniature ed il “Camarin” del XVIII sec. (dietro l’altare), luogo che accoglie la Vergine riccamente vestita. Inoltre la Sacrestia con otto ritratti di monaci dipinti da Zurbaran e la Hostelleria dei Nobili del ‘500 dove, in passato, soggiornavano i reali; è ora trasformata in un albergo gestito dai monaci.

Ma di tutto ciò ammiro la sola Chiesa aperta per la Messa. L’interno è a tre navate gotiche con cappelle rinascimentali e molte opere d’arte. Un’imponente importante inferriata dorata separa l’altare dalle navate. C’è molta gente che ascolta la Messa e ne resto stupita, ma ancora di più lo sono per l’enfasi del giovane bel francescano e perché la Messa, omelia e canti compresi, dura solo 15 minuti.

Quando esco i piccoli negozi di souvenir stanno chiudendo e mi invitano a tornare il giorno dopo.

Il caldo di oggi, 28°, sta scemando ed una brezza addolcisce la sera.

Mi fermo a mangiare nella piazza. I tavoli dissestati del mio Hotel Cerezo II, sono disposti con enorme pendenza; mi lascio lusingare da una “paella” (sono in Spagna mi dico), fatta oggi a mezzogiorno, mi assicura il cameriere, ma il pesce e la carne che la compongono, avranno due mesi e ripetute “riscaldature”. Mangio il solo riso e neppure un quarto di quanto servitomi. E’ veramente nauseante, indecente! Sono arrabbiata con me stessa per esserci ricascata in così malo modo: che stupida, cosa mi aspettavo?

E dopo tanta fatica non ho visto granché.

Sono proprio delusa!.

Non è stato un viaggio d’arte, come volevo, ma un vero Pellegrinaggio che ha provato la mia capacità di comprensione. Non ne ho molta stasera e mi è difficile accettarlo, né penso di rimanere qui domani per visitare quello che non ho visto. Salgo a dormire. La stanza e il paese sono silenziosi ed in pace ed in questa pace mi riconcilio con la Vergine e mi vergogno.

Domani l’autobus ci sarà alle 7,30; informazione avuta con tanta fatica e cammino (su e giù per il paesino) per trovare il luogo e l’esatto orario della partenza.