8° Giorno

Venerdì 7 maggio

GERNIKA LUMO – BILBAO (Getxo)

(Km. 20 circa)

Alle 7 il taxista è puntualissimo.

Sotto l’acqua, perché piove a dirotto anche stamane, mi aiuta a caricare lo zaino nel bagagliaio e mi spiace sia claudicante. È un bell’uomo sorridente. Subito annota i chilometri perché non vuole imbrogliarmi, ma non vuole neanche imbrogliarsi, penso io. La sera al telefono non ha voluto fissarmi il prezzo, ma che sarebbero stati circa 30 Euro. Ci avviamo e dopo avermi chiesto da dove provenissi, che ero pellegrina per Santiago lo sapeva già, mi racconta di tutto e tutta la sua vita. (Questi baschi non sono curiosi, ma ansiosi di farsi conoscere). Ha 60 anni e chiede anche la mia età, al che penso, ahimè! non vorrà farmi proposte? No, si limita a questo e prosegue. È originario di Markina, che ha lasciato da pochi mesi per interessi personali. Ha studiato in seminario ma non aveva vocazione; si era sposato anni prima con una vedova con 2 figli, la cui figlia si sposò perché incinta, 3 mesi prima di loro. Dopo 10 anni di matrimonio ebbe la separazione civile e dopo altri 4 l’annullamento della chiesa. Per cui ora vive da solo, da quando sua madre morì, a 96 anni, due anni fa. Dei vicini amici lo accudiscono e lui sta bene così. Ha amici importanti in tutte le parti del mondo, perché è stato campione professionista di pelota (non oso chiedergli se la sua menomazione è conseguenza di questo sport). Infatti a Natale è stato per tre mesi a Las Vegas e, poco prima, da altri amici nelle Filippine. Il figlio del Governatore portoghese di Macao è stato uno dei suoi migliori amici. Gli chiedo qualcosa sull’indipendenza basca e mi dice che non si interessa di politica, ma mi fa capire che chi protesta non ha motivo di farlo perché lui ha 8 antenati baschi, mentre i molti che contestano e che si dicono baschi, hanno antenati che provengono dall’Andalusia e da Caceres, quindi non dovrebbero parlare e per definire il tutto mi racconta che il governatore portoghese gli diceva “voi baschi siete idealisti, ma bisogna essere realisti”.

Mi narra non so quante avventure della sua vita e si preoccupa oltre a meravigliarsi che io sia sola, perché, anche lui dice, che in giro ci sono molti drogati (il benessere) ma i drogati, penso e mi auguro, non vanno certo in giro nei boschi al mattino presto. È simpatico e chiacchierone e quando mi lascia a Lezama, dopo molti conteggi, mi chiede Euro 24. Che dire è stato corretto e credo indimenticabile con tutte queste avventure! Con tutte queste avventure ho goduto poco del paesaggio intorno, anche perché la strada sfiora i paesi: alcuni piccoli sobborghi altre zone molto industrializzate ed abitate ed in distanza la ria di Mendaka Quando mi lascia a Lezama, che ha un nucleo antico con qualche casa degna di nota, l’Humilladero de Santa Cruz del 1542 e l’interessante Chiesa di Santa Maria, gotica e barocca, con il portico che aveva anche funzioni di cimitero, mi sento un po’ più sola.

Dopo qualche chilometro di strada statale trafficatissima, al solito, si incontra Zamudio con la Chiesa di San Martino romanica-gotica del XV sec. e la vicina torre di Malpica gotica civile. Superato Derio e Sondika, nonché in salita la cima di Artxanda, si scende alla Basilica di Begona. Dall’alto, Bilbao, proprio là sotto, è impressionante, con la ria che entra per chilometri, con i ponti, le navi, le enormi fabbriche ed il rumore della città che arriva fin qua. È un ammasso incredibile di cemento, ma tutta questa confusione data dalle case che risalgono le ripide coste della ria a soffocare il verde, ti ipnotizza. Proseguo veloce fino ad arrivare alla chiesa.

La Basilica di Begona è sul luogo dove esisteva una ermita dedicata a Santiago, la più antica della città, anzi ancora prima che la città esistesse. Nel 1300 Don Diego Lopez de Haro concesse il titolo di città al piccolo villaggio di fabbri, marinai ed agricoltori e la chiesa ne divenne la parrocchiale. Quella attuale è del XVI sec., in posizione panoramica, ma la Vergine che vi si venera è del XIII sec. Vi sono anche numerosi quadri di Luca Giordano. Alcuni gradini portano ad un giardino e ad un enorme portico in pietra che scorre lungo un lato della Basilica. L’ingresso laterale è preceduto da un grande atrio, dove si affollano mendicanti e confusione. Entrando però vi è silenzio e raccoglimento, forse per il buio che regna. La struttura della chiesa è gotico-vasca ed i costoloni stellati della volta come al solito ricamano meraviglie. Il pavimento, anche qui in legno, è in forte pendenza. Uscendo con la città ai tuoi piedi vi è una scalinata infinita, la mitica calzadas de Mallona, che porta in fondo alla Bilbao medievale. Ogni tanto vi è qualche crocifisso (purtroppo alcuni mancanti, rotti o violentati), che fa parte di una via Crucis. Io per fortuna scendo, ma salire tutti quei gradini è veramente una penitenza. In ogni caso arrivo in fondo ad una piazza molto animata, ma con lo zaino sulle spalle la ignoro. Chiedo e mi dirigo alla stazione ferroviaria dove troverò la metropolitana e, come da istruzioni del “concierge”, poi anche il mio Hotel.

Appena arrivo alla stazione mi informo per sapere se in un giorno o due riesco ad andare fino a Santiago, perché quest’anno è giubilare, ma dovrei partire alle 9 per arrivare alle 20 ed anche da Santiago l’orario è lo stesso. A parte i due giorni completi di viaggio, me né occorre un altro, perché certamente la cattedrale non è aperta la sera, né la mattina presto. Pertanto delusa, rinuncio; pensavo ci si potesse mettere meno, scendo nella metropolitana e poi a Las Arenas. Una lunga scala mobile mi porta in superficie dove, a protezione, vi è una particolare moderna tettoia in vetro e, qualche via più in là, l’Hostal Areata, che per due notti mi chiede 88 Euro. La scala d’ingresso è brutta e maleodorante nonché dissestata e forse stanno facendo dei lavori per sistemarla, ma l’interno della pensione è nuovo, quasi pretenzioso. Lascio il bagaglio e dopo una doccia torno velocemente nel Casco Viejo di Bilbao.

Bilbao è il capoluogo di Biskaia, anzi di Biscaglia e tradotto mi riporta ai soliti bucanieri, non solo, la ria navigabile entra per moltissimi chilometri. Questo ha consentito l’enorme industrializzazione del luogo. A Bilbao abita la metà di tutta la popolazione basca, impegnata nella siderurgia e nei cantieri navali, perchè le miniere di ferro, già sfruttate fin dall’epoca romana ed il mare, sono la principale risorsa del paese. Il fiume Nervion costituisce l’enorme porto della città ed il fatto che fosse navigabile per un lungo tratto, permise dapprima l’imbarco delle merci della Castiglia verso tutta l’Europa, in particolare verso Bruges e Nantes, per poi estendersi all’Inghilterra e all’America. Successivamente si intensificò lo scambio con la Gran Bretagna, da cui si importava il carbone per esportare l’acciaio. In ogni caso, nonostante gli altiforni, lo sviluppo attuale di Bilbao (Bi albo = due fiancate, in lingua basca), si avviò solo dopo le guerre carliste del 1874. Allora si riunirono le varie località limitrofe e si costruirono edifici importanti, il teatro, la borsa. Nella riva sinistra si ebbe uno sviluppo industriale, mentre la destra è per lo più residenziale. È’ considerato il primo porto di Spagna per movimento merci e nel recente sviluppo culturale ha perso la fama di brutta città industriale: veramente non è migliorata molto, ma la città, complessivamente, ha qualcosa da ricordare. Intanto il centro storico, compreso nelle 7 calli e restaurato dopo i gravi danni causati dalle alluvioni nel 1983 è ricco di palazzi, chiese, ponti e giardini nonché di negozi di vario genere e con prezzi piuttosto elevati. Vado a pranzare alle 15, questa volta sono in regola come orario, in un delizioso bar, ma anche il prezzo è più “delizioso”, per loro. Poi, sempre nel centro storico, torno sotto la scalinata di Begona per entrare al Museo Storico Archelogico Etnografico Basco, al quale si accede dal chiostro della Chiesa di San Giovanni.

Era anche l’antico Hospital per i Pellegrini perché poco più in là, vicino alla Chiesa di San Anton, vi era un ponte romanico che attraversava la ria. Ci sono steli e sarcofagi romani, statue e croci, capitelli ed armi, preistoria e attrezzi per la pelota, attrezzi agricoli e musicali e chi più ne ha più ne metta. Però non è enorme ed alla fine resto un po’ delusa, anche se, comunque affascinata dalla parte etnica che documenta la pesca alla balena. Il coraggio e la forza incredibili, in un mare sempre in burrasca, hanno creato il mito di questa gente.

Vado anche a vedere quello delle Belle Arti rinnovato e ricavato in mezzo al parco. Quest’ultimo è nell’Ensanche, così è chiamata la parte più recente della citta, costruita a fine ‘800 con alcuni palazzi interessanti e collegata alla parte antica dal ponte dell’Arenal. Con l’autobus mi faccio portare, non poteva mancare, anche davanti al Museo Guggenheim. Entro al bar a prendere qualcosa, ma è affollatissimo e non vedo l’ora di scappare. Questa architettura di titanio vetro e cemento mi lascia perplessa ed esterrefatta. Certo ha dato nuovo impulso alla città. Non so come giudicarla, certo che ce ne è voluta di fantasia per creare una simile opera che ha ben 11.000 metri quadri di superficie espositiva. Chissà se della confusione esterna vi è traccia anche all’interno, perché talvolta nei musei si perde il senso logico dell’esposizione. Non ho nessuna voglia di vederlo internamente perché, dopo tanti chilometri, un po’ meno oggi, non ho proprio voglia di farne altri per l’arte moderna, di cui apprezzo l’originalità, l’inventiva, l’uso dei materiali e del colore, ma che non riesce mai a parlare al mio cuore. Il Museo è stato costruito da O. Gehry e lì vicino c’è anche il Ponte delle Università di Santiago Calatrava. Sotto stanno lavorando per sistemare enormi giardini. È tutta una zona navale dismessa che hanno utilizzato per i palazzi fieristici, il Museo e quant’altro oltre che per i giardini. Al rinnovamento di Bilbao, inoltre, non bisogna trascurare la metropolitana che ha collegato la ria, fino al mare, in modo veloce.

Ed il rinnovamento di tutta la Spagna penso sia sottolineato dalle parole che oggi ha detto, alla TV, il rappresentante spagnolo dell’Unicef. “Giusto nel 1954, 50 anni fa, la Spagna era aiutata dall’Unicef, ora è lei che aiuta abbondantemente i paesi più bisognosi”.

A proposito di benessere, noto come ogni bar abbia anziché una cassa, un computer ed i “nuovi” bambini, appena nati, hanno carrozzine costosissime con 3 ruote, quelle a 4 vecchie non esistono più. Insomma, intorno, tutto denota opulenza, perfino l’abbigliamento delle persone ed i prezzi dei negozi.

Siccome c’è un vento fortissimo e freddissimo, però ora non piove, lascio subito il luogo per tornare alla Gran Via e, da lì, passando davanti alla Stazione, al Teatro Arriaga ed attraversando il Ponte sono all’Arenal, un’enorme piazza a giardino. Sono di nuovo nella città Vecchia. E qui finalmente mi entusiasmo, perché a parte la bella Chiesa dedicata a San Anton del XV sec. ed il Mercato della Ribera, lì vicino, ma un po’ più in là, vi è la Cattedrale di Santiago (cattedrale solo dal 1949), trasformata gotica alla fine del XIV sec., e successivamente nel XVIII sec., ma esisteva ancora prima della città. Sul fianco destro ha un alto portico trapezoidale. E’ rinascimentale, mentre da un portale con conchiglie e bordoni si accede allo splendido chiostro. L’interno di tre navate con triforio nella navata centrale, è spoglio, ma intriso di spiritualità ed in aggiunta, un maestro organista insegna, ad un notevole tenore, come eseguire una musica sacra. Ritengo sia per la Messa dell’indomani. È tutto così coinvolgente che mille emozioni mi assalgono; non vorrei più andarmene. La penombra, la stanchezza (già perché anche questo visitare musei e città sono chilometri in più sulle gambe) e la voce del tenore mi trasportano fuori del tempo. Vorrei un sello proprio qui e non trovo nessuno in giro a cui chiedere; la sacrestia è chiusa ed i musicisti lassù, nell’enorme coro, non sentirebbero certo la mia voce. Finalmente una suorina esce dalla sacrestia e la rincorro, torniamo indietro e mi porta nella lunga sacrestia che probabilmente è addossata al lato della chiesa, mi mette il sello molto professionalmente ma anche indifferentemente ma io esco felice. Nelle vie spiccano ancora bei palazzi blasonati ed antichi casoni, ma ormai son stanca ed alle 20 ritorno a casa, si fa per dire. Decido che quel che ho visto mi basta, ma siccome ho fissato due notti, penso di fare la tappa dell’indomani attraversando la ria per mezzo del Ponte in ferro, proprio lì vicino in fondo alla strada, ma la storia la rimando a domani. Ceno in un piccolo bar sotto l’Hostal e mangio gamberi davvero deliziosi, poi rientro per scrivere e dormire.