9° Giorno

Mercoledì 11 maggio 2005

RIBADESELLA – COLUNGA

(Km. 27 circa)

Alle 8, molto tranquillamente, sono già in strada, prendo un caffè all’unico bar aperto, pieno di operai che vanno al lavoro e che mi guardano incuriositi; poi gironzolo per il paese nell’intento di perdere un po’ di tempo, perché sto aspettando le 10, quando apriranno le grotte di Tito Bustillo. Nonostante avessi incaricato l’albergatore di prenotarmi una visita e fossi andata a chiedere all’Oficina del Turismo, non era stato possibile prenotare un posto perché le grotte aprono oggi, mercoledì. Nella piazza stanno allestendo alcune bancarelle, ci sarà il mercato, ma io vado all’Ufficio Postale che è stranamente già aperto. Entro, spedisco cartoline, un pacco di libri e depliants a casa, nel tentativo di alleggerirmi un po’. Oggi, però, sono partita con pochi chili sulle spalle, perché ho lasciato gran parte del mio vestiario in Hotel, dove intendo ritornare stasera. Quindi, lenta e leggera attraverso il ponte e mi dirigo alle grotte.

Il fabbricato di servizio è basso, bianco, lungo ed anche brutto, anche se rinnovato nel 2001. Sono le 8,30 e nella lunga attesa mi documento su tutto ciò che c’è da sapere su Ribadesella, le grotte ed il Camino che mi aspetta. Spero mi facciano entrare subito o tardi stasera, in modo da non perdere la mia giornata di cammino. Quando, alle 9,45, arriva un dipendente del Museo e gli espongo il problema, mi dice che ne parlerà al Direttore. Nel frattempo, sopraggiungono tre pullman carichi di gente, 150 persone penso; non entrerò mai! Una delle loro guide mi dice di aver prenotato 5 mesi prima e che ha dovuto lasciare a casa delle persone, perché non c’era più posto. In ogni caso, ormai attendo ancora e quando entro, ovviamente sono la prima. Manifesto al mio interlocutore i miei desideri di Pellegrina, ma egli mi dice in malo modo che questi sono problemi miei, non certamente suoi, che deve ogni giorno scontrarsi con la realtà delle sue restrizioni. Sarei anche fortunata, mi lascerebbe entrare alle 14,30, ma la gente mi pressa dietro ed io non riesco a prendere una decisione, perciò desisto. Sono venuta per il Camino, come faccio a perdere un altro giorno? E non posso neppure pensare di partire ora alle 10,30, per tornare fra poche ore. Non so come sia il Camino né dove arriverò e se troverò un mezzo per ritornare; e, per finire, se mi perdo come al solito? Alquanto delusa ed arrabbiata con me stessa per essermi illusa, mi avvio per la giornata. Ho lo zaino più leggero e volo.

Ritorno al Lungomare di Santa Marina con splendide ville fine ‘800 (alcune sono state trasformate in alberghi) ed ammiro il mare. Sono venuta anche ieri sera quando pioveva e la marea era alta. Ieri le onde si scagliavano infuriate contro le mura di protezione sul lungomare, quasi a volerlo demolire. Stamani c’è un magnifico sole, la marea si è ritirata ed il mare ha una dolcezza struggente; tutto denota pace e serenità e qualcuno gioca con i propri cani lungo la spiaggia sottostante. In ogni caso, da qui, l’intensità del mare si accentua e diventa zona amata dai surfisti. Avanzo e nella riva opposta il promontorio protegge gran parte della spiaggia e l’uscita del fiume. Certo che i nostri avi sceglievano posti magnifici per insediare le loro famiglie! Penso che il luogo era già stato scelto nella preistoria, 14.000 anni fa, quando il freddo aveva richiesto all’uomo di ripararsi nelle grotte. Qui era in posizione strategica per vivere, poteva nutrirsi con il pesce di mare e di fiume, la caccia nei boschi e la natura intorno gli offrivano ogni ben di Dio. Attraverso un delizioso parco creato come riserva per molte specie d’uccelli. Nei laghetti ci sono papere, germani ed alcuni cigni. Poi, finito il lungomare, la montagna riprende il sopravvento. Al suo riparo sono state erette un’infinità di nuove costruzioni estive. Non c’è una finestra aperta in nessuna di queste case, come succede anche da noi del resto: una vera tristezza! Qualche chilometro di costruzioni e ne stanno costruendo di nuove, mentre sulla Sierra del Sueve (da Iovii – Giove) dedicata al Dio romano, dalla parte opposta, stanno costruendo nuove strade e svincoli stradali, per non sovraccaricare la statale e la città, soprattutto in estate. La cosa importante, che però io non vado a vedere data l’ora tarda, è che lungo la costa ci sono orme di dinosauri e giacimenti giurassici. In un paese vicino c’è anche un relativo Museo, ma non sono molto interessata a questi animali.

La strada, per fortuna, abbandona questo agglomerato infinito e si inerpica in mezzo al verde verso San Pedro, un paesino graziosissimo con antiche case e horreos. Più avanti, vicino ad una bella chiesetta e cimitero, c’è anche la deviazione per Leces, dove c’è il Rifugio per i Pellegrini. Ma io proseguo salendo, avanti in mezzo a boschi solitari e meravigliosi e poi scendo attraversando il piccolo paese di La Vega con bella architettura e notevoli granai lungo la via principale che si dirige precipitosamente al piano.

Poco avanti si arriva alla sua magnifica spiaggia solitaria; il posto è splendido, forse perché situato lontano dal paese arroccato ed anche perché in questa stagione è deserto e solitario. Ci sono solo due piccoli bar che guardano la spiaggia; in uno mi fermo pochi minuti per un caffè, poi proseguo. Attraverso un piccolo ponte di legno che attraversa un rio, ma subito quello che sembra un bellissimo sentiero lungo la spiaggia si trasforma e si inerpica in mezzo a due recinzioni di prati. In realtà è sassoso e fangoso e per fortuna si sale, perché scendere sarebbe pericolosissimo e quello che sembra fango superficiale nasconde brutte buche ed un paio di volte vi sprofondo in modo vergognoso. Ma non c’è solo fango, ci sono in aggiunta vari escrementi, perché in questa stradina passano anche gli armenti che vanno al pascolo. Il viottolo è da dimenticare, pieno d’acqua per lo scolo dei ripidi prati soprastanti, viscido e pieno di alte erbacce roride di pioggia. Non vedo l’ora di finirlo; poi, in un prato al sole, cerco in qualche modo di ripulirmi ed asciugarmi. In quanto alla puzza, mi farà compagnia per qualche chilometro. Pazienza! Poi il sentiero migliora, nel senso che è più asciutto, ma continua a salire, passa attraverso miniere di fluorite abbandonate ed arriva a Berbes.

In Berbes nel 1678 fu fondato un ospedale per i Pellegrini, ma oggi non se ne conserva traccia. La Chiesa parrocchiale del 1957 non è degna di memoria. Quando si arriva dai viottoli, però, non ci sono segnali che indichino il paese per cui si comincia a girare a vuoto. E finalmente trovo la freccia gialla che mi fa scendere in un viottolo viscido e lercio, pieno di ortiche e zanzare, che altro non è che la discarica del paese. E’ quasi sconvolgente per la sporcizia, ma porta velocemente alla statale. Poiché non vedo ulteriori indicazioni, mi avventuro su per la ripida, tortuosa e lunga salita che attraversa il paese. Alle 13.30 non c’è anima viva intorno. Quando, alla fine del paese, chiedo informazioni a due operai stradali, mi accorgo d’aver sbagliato la direzione. Sto tornando a Ribadesella. Ed allora giù, ritorno all’inizio del lungo paese, due chilometri, o forse più, buttati. Avanti di nuovo e finalmente trovo altre indicazioni. Dovrei avventurarmi per un sentiero con erba che arriva alla cintura. Ne ho percorso uno anche ieri, però io desidero vedere dove metto i piedi e con l’esperienza precedente, per oggi, di sentieri bagnati ne ho abbastanza. Tra l’altro quest’anno ho già visto 3 serpentelli (una era senza dubbio una viperetta), per fortuna uccisi da qualcuno passato prima di me. Procedo per la carretera non molto trafficata, ma ci sono molti camion che vanno e che vengono e che poi, scopro, deviano all’interno di un bosco. E’ una cava di ghiaia o stanno costruendo una strada? Non m’interessa, ma da lì in poi godo di relativa tranquillità.

E arrivo a Prado, paese lunghissimo ed articolato. Alla fine trovo anche un bar, ma ahimè, orribile per la sporcizia, tant’è che non oso neppure utilizzare il bagno ed esco. In ogni caso i paesini sono deliziosi con i loro horreos sempre spettacolari. Si dovrebbe scendere alla spiaggia della Espansa con i resti dell’antico conclave Templare, ma io, ormai, procedo per la statale. Arrivo infine alla Isla, di nuovo il mare è vicino, con splendidi panorami e splendide spiagge. Qui c’è anche un Rifugio per i Pellegrini, ma io continuo per il lungo rettilineo della statale e, nel frattempo, piove. Siccome sul mare c’è il sole, anche se le montagne al mio fianco sinistro sono dense di nuvole nere, penso la pioggia duri poco ed aspetto ad attrezzarmi, perciò continuo imperterrita sotto l’acqua abbondante.

Noto una deviazione per Gobiendes e per la Cappella di Santiago, preromanica. Molte frecce ad indicarla, anche quelle del Camino. Ed allora perché non vederla? Su per la ripida salita e poi senza indicazioni; solo la vista di una serie di costruzioni agglomerate me ne indica la strada. Vi giungo dal retro; la Chiesa preromanica, (c’è un grande muro, forse un cimitero, che ne impedisce la visuale), non mi sembra granché, ha il solito frontone e portico davanti, come migliaia di molte altre, soprattutto in Galizia, costruite lungo l’arco di molti secoli. Nel grigiore del momento, mi sembra anonima, non noto particolari differenze che ne indichino la meraviglia diversa. E, al solito, è anche chiusa, così non comprendo il valore della prima Chiesa per cui son giunta fin qui! Il portico mi consente di coprirmi meglio e con molte difficoltà (continuo ad andare avanti ed indietro in cerca di qualcuno che mi indichi la strada per raggiungere Colunga) alla fine mi decido a proseguire. Adesso, forse per la delusione e la pioggia, sento la stanchezza e l’inquietudine dell’incertezza. Per fortuna procedo senza dover ulteriormente salire.

Smette di piovere, torna il sole ed arrivo alla prima periferia di Colunga. La prima costruzione che incontro è un distributore di benzina e, per non sbagliarmi, chiedo al benzinaio informazioni, e per non dimenticarmi poi, gli chiedo anche il sello .M’informa (ma non c’è nessun cartello che ne indichi la parada), che l’autobus, proprio di fronte, su richiesta, si ferma. Anzi, ce n’è proprio uno che passa ora. Figurarsi, lo ringrazio molto e prendo l’autobus letteralmente al volo. Una meraviglia, io che, per l’età che avanza, non ho pazienza nelle attese. Dopo tanti contrattempi un po’ di fortuna! Di Colunga, però, vedrò domani solo velocemente dall’autobus i palazzi e la Chiesa. In mezz’ora sono in Hotel e solita routine di docce e lavaggi. Poiché il ristorante di fronte oggi è chiuso, il primo bar che trovo è “mio”, tanto tutti hanno raciones da proporti; allora il solito pesce fritto con patatine e per oggi sono a posto.