8° Giorno

Giovedì 30 aprile 2009

ZAMORA

Una notte infernale per il gran frastuono. Di dormire neanche a parlarne, neppure con tappi di fortuna negli orecchi e nascondendomi sotto le coperte. Quelli che credevo rumori per i lavori in corso nella piazza (che bravi mi dicevo, lavorano anche di notte, sebbene il disturbo……) erano il via vai continuo dei camion che da tutti i paesini della provincia entravano e uscivano dal Correo proprio lì sotto. Quindi, ora lo so, mai alloggiare vicino alle “Poste”. Il grande smistamento centrale è durato tutta la notte e nel tentativo di far passare le ore più velocemente ho esaurito le mie parole crociate e la mia rabbiosa decisione, alzandomi alle 6,30, è stata di andarmene. Non mi importava di aver chiesto di restare 3 notti, non potevo trascorrere altre due notti in questo modo. Esco per la colazione e per andare alla posta, considerando che so dov’è ed attendo che apra. Chiedo informazioni per spedire il mio pacco. In effetti la cosa risulta un po’ costosa eppoi devo attrezzarmi di buste e quant’altro. Lo farò domani mi dico; in realtà porterò tutto con me perché poi gli orari degli uffici postali non coincideranno più.

Mi dirigo fuori le mura (ma è tutto molto vicino) alla ricerca di un Hotel tranquillo. Proprio fuori la Porta di Dona Urraca che ha due solidi torrioni cilindrici del XII sec., in direzione del Cammino che dovrò percorrere, trovo un Hotel Urraca, 3 stelle molto più gratificante e soprattutto nuovo con soli 3 euro in più (E. 35 anziché 32). E per fortuna hanno libera una camera interna, quindi più silenziosa.

Rientro per le 9 ed attendo l’arrivo della signorina addetta alla reception per disdire la camera. Questa però è molto più gentile della collega di ieri, e si dispiace con me per la nottata insonne. Ma, penso, di Pellegrini che non sanno a cosa vanno incontro ne arriveranno ogni giorno e forse non tutti avranno difficoltà a dormire con il rumore, considerando che nei Rifugi dormono in camerate e talvolta qualcuno russa in modo spaventoso.

Dopo aver saldato il mio conto risalgo a prendere il bagaglio già preparato e mi avvio verso il nuovo albergo con un senso di liberazione e di sollievo. La stanza non è ancora pronta, data l’ora del mattino ed allora lascio i bagagli. La gamba che ho fasciato strettissima, regge bene e mi avventuro alla scoperta della città.

Di Zamora avevo vagamente sentito parlare nella storia di Spagna, ma la ritenevo una città di confine senza nessuna importanza. E, vagamente, passando con il treno 4 anni fa per andare a Salamanca, avevo intravisto qualche campanile ed il suo ponte, laggiù in basso e distante, ma nulla avrei immaginato di quanto mi aspettava.

Zamora, l’antica mansio romana Ocellum Durii, (mt. 649 con 65.000 ab.) è la città del romanico per eccellenza; oltre alla Cattedrale ci sono, sparse qua e là, altre 22 chiese, di cui solo 12 aperte e 3 in restauro; chiese che hanno saputo, sebbene talvolta in parte trasformate, sopravvivere allo scempio del tempo.

La storia della città risale alla preistoria, ai Celti ed ai Romani (perché qui passa la Via de la Plata) ed agli arabi.

A questi ultimi deve il nome che deriva dall’arabo Zamarat (smeraldo) dovuto alla pietra verde che si trovava nei giacimenti della zona. Ma sul nome vi è un’ulteriore ipotesi. Sembra che nel periodo visigoto vi fosse una zecca che, col nome di Semure, batteva moneta.

Il periodo di maggior espansione e splendore è proprio dal X al XIII sec., epoca in cui si fonda la città attuale.

Situata su un’alta collina sulla riva destra del Duero è capoluogo di provincia e sede vescovile dal 901. Sotto Fernando I, nel 1037, fu dotata di fueros conseguendone l’espansione al di fuori delle mura. E’ ricca di storia e di leggende legate anche a El Cid (sec. XI).

Dopo alterne epoche di decadenza e di prestigio, l’arrivo della ferrovia nel XIX sec., che univa la Galizia a Madrid, le diede nuovo impulso.

Il Monumento più importante è

- la Cattedrale della Trasfigurazione, del XII sec., che si nota da lontano per la sua inconsueta cupola bizantineggiante rivestita di piastrelle ed il tozzo campanile romanico incompiuto, ma eretto forse con intento difensivo. Ma i molti cambiamenti nei secoli hanno tolto fascino alla chiesa così imponente. Vi accedo con un biglietto da pensionista, E. 1,50 anziché E. 3, ma quando uscendo chiedo il sello che mi viene messo, il ragazzo alla cassa mi restituisce anche il costo del biglietto perché sono Pellegrina; resto sbalordita.

Il Museo Diocesano ha straordinari dipinti, sculture, mobili, manoscritti ed oreficeria di varie epoche; emergono però alcuni eccezionali arazzi fiamminghi dei sec. XV e XVII. Dal Chiostro del XVII sec. si accede all’interno della Cattedrale. E’ a tre navate, ricco di altari e d’arte con coro delimitato da un recinto in pietra e ferro lavorati. Belli gli stalli in legno del XVI sec. e l’altare maggiore, plateresco.

- Nella piazzetta retrostante, in fianco alla Porta del Vescovo del XVII sec., è allocato il Palazzo Arcivescovile del XVIII sec. e, subito vicina, c’è anche la Casa di El Cid.

Esco dalle mura per la vista panoramica sul Duero che scorre molto più in basso e scorgo gli antichi mulini fra le vecchie case del borgo sottostante. Li ci sono anche due chiese romaniche dedicate a:

- S. Claudio de Olivares ed a Santiago de los Caballeros. In quest’ultima fu nominato cavaliere Rodrigo Diaz de Vivar, el Cid. Ma non scendo a visitarle e risalgo fino ai giardini che in parte circondano la cattedrale. Qui vi è anche il

- Castello con torre pentagonale e con le mura (tre recinti) volute da Alfonso III nell’893. E’ tutto chiuso per i grandi lavori di risanamento della zona. Poco più sotto però oltre al

- Postigo de la Traicion, (Cancello del Traditore) dove Sancho II fu tratto in inganno e pugnalato nel 1072, vi è un’ulteriore

- chiesa romanica, molto semplice, dedicata a S. Isidoro. Fatta erigere da Dona Urraca, sorella di Alfonso VII, fu molto modificata nel XVIII sec. Ha una sola navata con abside a forma quadrata.

Più avanti incontro:

- la Chiesa di S. Pedro e Idelfonso, particolarmente imponente ma molto rinnovata nel XV secolo. Della primitiva costruzione rimane solo l’abside semicircolare e la cappella maggiore che però è oscurata da un enorme altare dorato.

- La Chiesa della Magdalena, che appartenne all’Ordine di S. Giovanni, è particolarmente interessante per il portale strombato a 5 archivolti, decorato a motivi vegetali e con 46 volti sorridenti che rappresentano il paradiso.

Ma la Chiesa che apprezzo di più, una delle più antiche della città, è quella dedicata a

- S. Cipriano che con Ildefonso è il Patrono della città. E’ vicina al Rifugio e nel recente restauro hanno tolto gli orpelli di secoli (tetto ribassato, muri imbiancati ed altari dorati) per lasciare parlare l’umiltà della chiesa con lacerti di affreschi ed alcuni capitelli rimasti. Ha una triplice abside quadrata ed è a navata unica con enormi archi gotici che sostengono il soffitto in legno. All’interno vi trovo una coppia di turisti veneziani, venuti a trovare alcuni amici e anche loro, non immaginavano di trovare tante meraviglie.

- La Chiesa di S. Juan, sulla Piazza Mayor ha un portale ed un rosone magnifici e l’interno conserva un soffitto in legno del XVI secolo.

- Quella di S. Maria la Nueva è forse la più antica. Fu ricostruita nel 1158 perché in parte distrutta da un incendio causato da una sommossa popolare contro la nobiltà. Notevole è l’abside con piccole finestre e colonnine. Degni di nota anche un fonte battesimale ed alcuni capitelli. Eppoi vicino vi è il

- Museo della Settimana Santa. All’interno, in un enorme padiglione a sfondo nero che fa risaltare i vivaci colori delle statue ma, ritengo anche, per creare l’effetto della sofferenza e del terrore, sono disposti, sebbene molto addossati fra loro, enormi gruppi scultorei che rappresentano la passione di Cristo. Le statue coloratissime sono a grandezza naturale e riccamente vestite. Alcune sono state create da insigni artisti ed alcune sono sistemate su straordinarie pedane di legno scolpito e dorato. Nella settimana di passione (dichiarata di interesse turistico internazionale nel 1986) i pasos vengono fatti sfilare per le vie della città grazie a 17 confraternite di origini medievali.

Ci sarebbe anche una chiesa romanica dedicata a

- Santiago e particolarmente bella, ma è tutta recintata e chiusa per lavori di restauro.

Ed infine, ma ce ne sono altre, quella di

- S. Lucia (però questa ricostruita nel XVIII sec.), è la prima incontrata ieri dopo aver attraversato il Ponte di Pietra del XII sec. con 16 arcate. La chiesa è chiusa ma nell’annesso

- Palacio del Cordon del XVI sec., è stato ricavato il Museo provinciale di Archeologia e belle Arti che visito meravigliandomi per l’esposizione e la bellezza degli oggetti in mostra. Ci sono reperti soprattutto archeologici: preistorici, romani, medievali. Pochi e brutti i dipinti ma mi colpisce (ne ho però visti altri nella zona) un Cristo medievale con i piedi storti; molto commovente.

Inoltre vi sono alcuni Palazzi come quello de

- los Condes de Alba & Aliste con imponente patio rinascimentale a doppio ordine di archi e medaglioni di eroi sopra le colonne portanti, oggi diventato il Parador della città;

- il Vecchio Municipio del XVI sec. con una facciata a doppio ordine di archi e

- il Palacio de los Momos con grandi e decoratissime finestre in stile gotico-isabelino (è uno stile portoghese elaborato, assimilabile al plateresco spagnolo), è l’attuale Palazzo di Giustizia.

C’è anche il barrio giudaico ed un nuovo Museo etnografico.

E, sparsi nelle vie principali, ci sono ancora notevoli grandi Palazzi dell’epoca modernista con ricchi decori di opulenza.

In un bar della Plaza Mayor prendo uno spuntino e la cameriera, che sa un po’ d’italiano, si intrattiene con me; le siamo simpatici. Ed infine, visito anche il Museo Etnografico e nello stesso Museo anche una piccola mostra temporanea di strumenti musicali africani. Rientrando mi lascio attirare da delle magnifiche fragole (un po’ di vitamine fanno sempre bene) e, al solito, da due sacchettini di peperoncino di Benavente che compro e che dovrò ulteriormente portare, ma non domani.